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Imparare dagli errori: quando la linea vita non è utilizzata

Imparare dagli errori: quando la linea vita non è utilizzata
Tiziano Menduto

Autore: Tiziano Menduto

Categoria: Imparare dagli errori

14/03/2013

Esempi tratti dall’archivio Infor.mo.: cadute dall’alto nel comparto edile correlate al mancato utilizzo di linee vita presenti sulla copertura. Posa in opera di lamiere, rimozione di coperture e ristrutturazioni. Le tipologie di ancoraggio.

 
Brescia, 14 Mar – In relazione ai lavori in quota nel comparto edile e alle frequenti cadute dall’alto, torniamo a parlare dilinee di ancoraggio e di linee vita, intese come insieme di ancoraggi temporanei o stabili ai quale si agganciano gli operatori durante i lavori in quota.
 
Come sappiamo non sempre le linee vita sono presenti laddove necessarie nel settore delle costruzioni. Uno dei problemi, che rischia di invalidare ogni campagna di prevenzione, problema è che, anche quando presenti, troppo spesso le linee vita non vengono utilizzate, come più volte rilevato dalla preziosa rubrica dedicata alle “Immagini dell’Insicurezza” e curata su PuntoSicuro da Stefano Farina.
 
Gli esempi di incidenti che presentiamo sono tratti dalle schede di INFOR.MO., strumento per l'analisi qualitativa dei casi di infortunio collegato al sistema di sorveglianza degli infortuni mortali e gravi.
 
I casi
Unprimo caso è relativo a lavori di posa in opera di lamiere di copertura di una passerella longitudinale della “via di corsa di un carro ponte, posta ad una altezza di 20 metri dal suolo”.
Un operaio, giunto al posto di lavoro in quota mediante l'ausilio di una piattaforma elevabile, insieme ad un suo collega ha sistemato una fune da utilizzare come linea vita orizzontale per agganciare le cinture di sicurezza e quindi procedere alla sistemazione delle lamiere di copertura.
Malgrado ciò l'operaio, sebbene con la cintura di sicurezza, non aggancia il relativo moschettone di trattenuta alla linea guida orizzontale predisposta.
Perde l'equilibrio e cade al suolo precipitando dalla sua postazione di lavoro a 20 metri di altezza. 
 
Ilsecondo caso riguarda attività di rimozione di copertura in cemento amianto (Eternit).
Sul fabbricato dove sta lavorando un operaio è installata una linea vita e l'infortunato è dotato di dispositivi di protezione individuale contro le cadute dall'alto. Tuttavia l’operaio cade precipitando per circa 7 m.
Gli operatori che hanno effettuato il sopralluogo successivamente all'infortunio “hanno evidenziato che vicino al corpo era presente un' imbracatura anticaduta con collegato un cordino di posizionamento. Dalla loro relazione si evince che l'imbracatura era stata tolta all'infortunato dai soccorritori, ma dallo stato della stessa pare che in copertura non fosse collegata a dispositivo retrattile anticaduta. Con ogni probabilità l'infortunato aveva solo il cordino di posizionamento e non collegato alla linea vita, nel momento in cui una lastra di copertura gli si è rotta sotto i piedi”.
Dunque anche in questo caso siamo di fronte al mancato aggancio dell'imbracatura alla linea vita.
 
Ilterzo caso è relativo ad attività diristrutturazione di un capannone industriale.
Gli operai stanno effettuando la rimozione delle lastre di eternit di copertura dello stesso. Un lavoratore, che sta lavorando a terra al confezionamento delle lastre, viene invitato da un collega “a portare in quota delle attrezzature minute necessarie al completamento delle linee vita utilizzate per il lavoro in quota”.
Sale con l'ausilio di un cestello e, una volta in quota, deposita quanto gli era stato richiesto e quindi si allontana passando accidentalmente sopra un translucido non calpestabile, che si sfonda; l'operaio cade a terra da un'altezza di 7,30 metri.
L'operaio indossava la cintura di sicurezza e in prossimità del punto di salita utilizzato dallo stesso era presente una linea vita che poteva essere utilizzata per la discesa. Si rileva che su tutta la superficie del tetto era stata spruzzata una vernice incapsulante di colore rosso, che rendeva più difficoltosa la distinzione fra le lastre e i translucidi.
 
La prevenzione
Rimandandovi alle immagini di linee vita inutilizzate e agli articoli di PuntoSicuro sui comportamenti non sicuri dei lavoratori, riprendiamo a dare informazioni sulle tipologie di ancoraggio che permettono di lavorare in sicurezza sulle coperture.
 
Nel documento “ Io non ci casco - Manuale operativo per chi lavora in altezza”, elaborato dall’ Azienda U.L.S.S. 15 “Alta Padovana”, sono presentate diverse soluzioni per lavorare in sicurezza sulle coperture non praticabili, portanti o non portanti.
Se le soluzioni più sicure prevedono l’uso di specifiche misure di protezione collettiva (ponteggi, parapetti, reti o sottopalchi), vi sono anche circostanze in cui queste misure non sono attuabili.
In questi casi non rimane che affidarsi all’uso dei dispositivi di protezione contro le cadute, ad esempio costituiti da imbracature, sistemi di trattenuta e di arresto della caduta e dispositivi di ancoraggio.
 

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Concludiamo l’articolo riportando la presentazione e il commento del documento sulle varie tipologie di ancoraggio:
 
-punto di ancoraggio fisso: “possono essere utilizzati come punti di ancoraggio: parti della struttura edilizia di idonea resistenza; opere provvisionali a loro volta ancorate a parti fisse (es.
 ponteggi); dispositivi di classe A1 e A2 progettati secondo la norma UNI EN 795 e destinati ad essere fissati a superfici verticali, orizzontali o inclinate. In via generale l’uso di punti di ancoraggio fisso risulta idoneo per lavori in postazione fissa o con ridotta necessità di movimento. Ogni ancoraggio deve avere una resistenza minima di 10 kN (circa 1000 Kg). Ad esso può essere agganciato un solo operatore” (nel documento sono presentati alcuni esempi di ancoraggi strutturali);
-ancoraggi provvisori portatili: “gli ancoraggi provvisori e portatili sono dispositivi di varia forma che sfruttano l’appoggio a contrasto con strutture portanti”. I tipi più diffusi sono: “trave trasversale, perni con ritenuta, treppiede. Sono utilizzati in casi particolari dove non esistono soluzioni alternative o per operazioni occasionali quali il salvataggio, lavori entro aperture nei solai, tetti, ecc.”;
-linea di ancoraggio orizzontale: può essere flessibile o rigida. La linea di ancoraggio orizzontale flessibile “è costituita da una fune metallica o sintetica tesa tra due punti di ancoraggio alle estremità e sostegni rompitratta ogni 6 ÷ 10 m. La resistenza minima dell’ancoraggio e delle strutture deve essere una volta e mezzo la forza consentita dal progetto del fabbricante. E’ idonea per installazioni provvisorie e per usi non frequenti. Essa risulta più facilmente configurabile. Alcuni modelli comprendono anche il dispositivo assorbitore di energia”. La linea di ancoraggio orizzontale rigida “è costituita da una guida metallica ancorata a parti fisse, su cui scorre un dispositivo di aggancio. La resistenza minima dell’ancoraggio e delle strutture deve essere di 10 kN (circa 1000 kg) più 1 kN (100 kg) per ogni operatore successivo. E’ idonea per installazioni definitive e un uso frequente. I fissaggi intermedi non ostacolano il passaggio”;
-linea di ancoraggio verticale od obliqua:  può essere del tipo flessibile o rigido. “La linea verticale od obliqua flessibile è costituita da una fune tesa, quella verticale od obliqua rigida è costituita da una guida metallica. Ad ogni linea di ancoraggio può essere agganciato un solo operatore. I punti di fissaggio della fune o guida verticale devono avere le caratteristiche di resistenza di un punto di ancoraggio fisso.  Il dispositivo assorbitore di energia può essere integrato direttamente nella linea. Entrambe le soluzioni sono idonee per spostamenti o lavori su piani verticali o molto inclinati. La linea di ancoraggio verticale rigida è idonea per installazioni definitive e un uso frequente. La linea di ancoraggio verticale flessibile è idonea per installazioni provvisorie e un uso non frequente. Essa risulta più facilmente configurabile”;
-ancoraggio a corpo morto: “dispositivi costituiti generalmente da masse metalliche modulari o di calcestruzzo (dischi, plinti), o da contenitori colmi d’acqua, con la funzione di contrappeso in caso di caduta dell’operatore. Sono dotati di uno o più punti di ancoraggio in base al numero di operatori che può essere collegato contemporaneamente, in rapporto al peso del cosiddetto ‘corpo morto’. Il corpo di ancoraggio deve essere sistemato in posizione opportuna a una distanza non inferiore a 2,5 m dai lati verso il vuoto. Tale dispositivo di ancoraggio è utilizzabile su superfici orizzontali o con inclinazione inferiore al 10 % (circa 5°). Risulta idoneo per lavori con ridotta necessità di movimento su piani orizzontali. Non è applicabile su coperture non portanti”.
 
 
 
Pagina introduttiva del sito web di INFOR.MO.: nell’articolo abbiamo presentato le schede numero 776, 1656 e 2575 (archivio incidenti 2002/2010)
 
 
 
Tiziano Menduto
 
 
 
 
Tiziano Menduto



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