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Imparare dagli errori: la caduta di materiali dall’alto

Imparare dagli errori: la caduta di materiali dall’alto
Tiziano Menduto

Autore: Tiziano Menduto

Categoria: Imparare dagli errori

13/10/2016

Esempi di infortuni correlati al mancato o errato uso di dispositivi di protezione della testa. Le conseguenze delle cadute di materiali dall’alto in assenza di casco protettivo. La dinamica degli infortuni e le informazioni sui dispositivi di protezione.


Brescia, 13 Ott – Una delle cose che più frequentemente possono capitare in diverse attività lavorative, ad esempio in edilizia, è la caduta di materiali dall’alto e al di là della necessaria prevenzione di queste cadute, sicuramente uno strumento per evitare o ridurre la gravità degli infortuni correlati è il casco o elmetto di protezione.

Ricordiamo, a questo proposito, che un’analisi svolta sui casi di incidenti (2008-2012) in INFOR.MO., strumento correlato al sistema di sorveglianza degli infortuni mortali e gravi, mostra come le cadute dall’alto di gravi rappresentino poco meno di un quinto (16,8%) di tutti gli eventi incidentali mortali presenti in INFOR.MO. nel periodo. E i principali settori di attività economica interessate dalle cadute dall’alto dei gravi sono le costruzioni (35,1%), il comparto manifatturiero (29,6%) e il comparto agricolo (16,8%).


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Riprendiamo dunque il nostro viaggio di “Imparare dagli errori”, la rubrica che PuntoSicuro dedica al racconto e all’analisi degli infortuni lavorativi, attraverso le conseguenze relative all’uso errato o mancato uso dei Dispositivi di Protezione Individuale (DPI) nei luoghi di lavoro. E torniamo anche a parlare di protezione della testa con particolare riferimento al rischio di cadute dall’alto di gravi.

 

Segnaliamo che le dinamiche degli infortuni presentati sono tratte proprio dalle schede di INFOR.MO.

 

I casi

Il primo caso riguarda un infortunio avvenuto in un cantiere durante i lavori di ripuntellatura delle pareti divisorie all'interno di un convento.

I lavori consistevano “nella rimozione a strappo dei mattoni degradati della parete, con successiva ricucitura di nuovi mattoni e malta cementizia. Aderente alla parete era presente una cornice verticale (colonna in mattoni) che fungeva da appoggio, assieme ad un'altra cornice verticale sulla parete opposta, alla cornice orizzontale di irrigidimento del sovrastante piano. Le 3 cornici caricavano il loro peso sulla volta sottostante. Per effetto della rimozione di mattoni di appoggio della cornice verticale, la stessa si staccava dalla parete e sfondava la volta, precipitando al piano sottostante. La cornice orizzontale (in laterizio e cemento) conseguentemente, rimanendo priva di appoggio, cadeva sul piano della stanza colpendo il lavoratore alla testa”.

L'operazione di ripuntellatura della muratura, “prima di essere effettuata, richiedeva la puntellatura della parete e della volta sottostante (con idonee opere provvisionali) che all'atto dell'infortunio non era stata eseguita.

Dalle testimonianze raccolte, si evidenzia che l'infortunato non indossava il casco”.

 

Questi i fattori causali individuati dalla scheda:

- “la parete e la volta non erano state puntellate dal basso”;

- la rimozione dei mattoni di appoggio alla base della cornice verticale;

- mancato uso del casco”.

 

Il secondo caso riguarda un infortunio avvenuto in un cantiere in cui sono in corso lavori di manutenzione straordinaria di un edificio.

Un operaio, che lavora insieme ad un suo collega, dopo aver trasportato con un autocarro alcune reti metalliche elettrosaldate (dimensione 2 metri x 4 metri), le va a scaricare “senza l'ausilio di aiuto, ma servendosi di una gru a torre e di un tondino di ferro ripiegato alle estremità così adattato a gancio”.

Durante l'operazione di scarico, le reti vanno a toccare il cavo elettrico aereo che attraversa il cantiere e il gancio deformandosi le lascia cadere. Le reti colpiscono il lavoratore (frattura cranio) che si trova sotto il carico sospeso.

Il lavoratore non faceva uso del casco.

 

I fattori causali dell’infortunio indicano che il lavoratore infortunato:

- “usa un ferro piegato come gancio per il sollevamento”;

- si posiziona sotto il carico sospeso;

- mentre solleva le reti con la gru, intercetta il cavo elettrico aereo:

- non usa il casco”.

 

La prevenzione

Per conoscere più da vicino i DPI per la protezione del capo possiamo riprendere quanto indicato in un documento, dal titolo “Dispositivi di protezione individuale”, realizzato dall’Ing. Daniele Galoppa (Inail) e pubblicato sul sito dell’ Ente Scuola Edile di Cosenza.

 

Il documento ricorda che i DPI vanno usati quando i rischi non possono essere evitati o sufficientemente ridotti da:

- misure tecniche di prevenzione;

- mezzi di protezione collettiva;

- misure o procedimenti di organizzazione del lavoro.

 

E riguardo agli elmetti di protezione il documento indica che:

- “gli elmetti sono formati da un guscio esterno e da un rivestimento interno;

- il guscio esterno può essere in materiale plastico resistente (policarbonato termoplastico, polietilene HD) o rinforzato (in fibre di vetro) o metallico (alluminio o lega leggera);

- il rivestimento interno è formato dalle fasce portanti, dalla fascia perimetrale, dalla fascia posteriore, dalla fascia antisudore e dall'imbottitura interna”.

E i requisiti obbligatori degli elmetti di protezione sono:

- “assorbimento degli urti;

- resistenza alla penetrazione (dei solidi);

- resistenza alla fiamma;

- ancoraggi del sottogola;

- etichetta”.

 

E la norma di riferimento dei DPI del capo è la UNI EN 397 che “definisce le caratteristiche costruttivi ed i requisiti essenziali di resistenza degli elmetti al fine della protezione da alcuni rischi specifici: caduta di oggetti, lacerazioni, fiamme libere e dal possibile rischio di intrappolamento e soffocamento conseguente all’uso della cinghia sottogola. Tali elmetti sono ritenuti idonei per lavori in edilizia, in fossati, apparecchi di sollevamento, ecc”.

Ogni elmetto deve avere un marchio stampato o impresso che riporti le seguenti indicazioni:

- il numero della norma europea EN 397;

- il nome o la marca del fabbricante;

- l’anno e il trimestre di fabbricazione;

- il tipo di elmetto;

- la taglia o la scala taglie.

Indicazioni complementari, quali le istruzioni o raccomandazioni di regolazione, di montaggio, di uso, di lavaggio, di disinfezione, di manutenzione e di stoccaggio, sono specificate nel foglietto di utilizzo”.

 

Ricordiamo che la norma UNI EN 397:2013, relativa agli elmetti di protezione per l'industria, versione ufficiale della norma europea EN 397:2012+A1 (edizione ottobre 2012), sostituisce la norma UNI EN 397:2012 e indica che gli elmetti di protezione per l'industria sono destinati essenzialmente a proteggere l'utilizzatore da oggetti in caduta e dalle lesioni cerebrali e fratture del cranio che possono derivarne.

 

 

Sito web di INFOR.MO.: nell’articolo abbiamo presentato le schede numero 648 e 255.

 

 

 

Tiziano Menduto



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