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Contagi da covid-19: le criticità

Contagi da covid-19: le criticità

Autore: Alessandro Mazzeranghi

Categoria: Coronavirus-Covid19

05/11/2020

Quanto hanno impattato sella gestione dell’emergenza Coronavirus la mancanza di strategia e di coordinamento internazionale e di chiarezza comunicativa? Alcune sconfitte della società mondiale.

Negli ultimi anni sono stato fedele lettore di Baumann, Sen, Rawls e diversi altri ancora per tentare di immaginare come si sarebbe evoluta la globalizzazione e quale sarebbe stato il futuro economico, politico e religioso della società globale. Non ci era difficile immaginare che il solo emergere di leader con una strategia nazionalista e imperialista (anche sotto il profilo economico) avrebbe potuto interrompere un lento cammino verso la inclusione di tutti gli esseri umani, peraltro un cammino estremamente difficile anche senza perturbazioni.

 

Poi il covid ha sparigliato tutte le carte facendo emergere la debolezza politica della globalizzazione che ha riguardato praticamente tutti gli stati che hanno scelto di proteggere i propri cittadini / elettori senza alcun coordinamento. Forse l’Italia ha fatto meglio di quasi tutti con eccezione di quei luoghi come la Nuova Zelanda che hanno nel mare una difesa naturale che aiuta il governo a quasi eliminare il contagio, per così dire, da stato a stato.

 

Ora però siamo nuovamente in una situazione difficile da gestire di cui noi cittadini fatichiamo a comprendere la reale criticità. Non siamo scienziati specializzati in virologia (così come non lo sono i nostri governanti) e, per giunta, riceviamo messaggi contrastanti anche dagli scienziati che, a loro volta, non hanno avuto tempo di studiare a fondo il virus e i suoi meccanismi di diffusione.

 

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Ma è una guerra o solo un evento insignificante?

Tutti ci dicono che la prima e la seconda ondata sono fra loro molto diverse anche in virtù delle conoscenze accumulate in questi mesi e della maggiore consapevolezza di gran parte della popolazione. Per contro vediamo numeri che nelle zone ad alta densità di popolazione sembrano francamente spaventosi.

 

Dai dati disponibili (fonte sole 24 ore) si notano, per gran parte dei paesi che presentano numeri rilevanti di contagi e di morti, due andamenti distinti:

  • Crescita circa lineare del numero di morti.
  • Crescita praticamente esponenziale per il numero di contagi.

 

Il primo dato ci parla di una pandemia che procede regolarmente, senza fermarsi, e che ha raggiunto un numero di morti nel mondo intorno al milione (da verificare!). Il secondo dato non ha molto senso perché è direttamente legato al numero di tamponi effettuati su individui asintomatici o quasi.

 

La conclusione globale sarebbe la seguente: il coronavirus continua a fare gravi danni in termini di morti e lesioni permanenti ma (forse) non è ancora in una fase di vera accelerazione incontrollata. Non è un evento insignificante, dunque, ma dovrebbe cambiare qualcosa per renderlo davvero inquietante per il futuro della umanità. Ovviamente lo dico oggi con i dati disponibili in questo momento: da domani potremmo vedere cambiamenti significativi negli andamenti, in meglio o in peggio, e non conoscendo sufficientemente i meccanismi di contagio purtroppo è possibile poco più di una statistica descrittiva, quella che trovate sui grafici citati, ma diventa problematica una inferenza statistica credibile atta a prevedere il futuro prossimo.

 

Quindi ne è seguito dall’inizio sino ad oggi un atteggiamento prevalentemente reattivo nella gestione delle misure di contenimento da parte dei governi. Comprensibile e inevitabile, ma mal gestito ancora oggi.

 

Mancanza di strategia e di coordinamento internazionale

Procedere in modo reattivo e, necessariamente, per ipotesi e tentativi, cioè procedere a vista su un mare nebbioso, potrebbe, razionalmente, portare al naufragio. Le reazioni vorrebbero essere commisurate alla violenza (virulenza) dell’attacco, bilanciate fra esigenze di protezione della popolazione ed esigenze di tutela della economia. E invece non abbiamo le conoscenze per dosarle correttamente.

 

Questo non giustifica le mancanze di cui al titolo del paragrafo:

  • Strategia: stabilire un piano organico e dichiararlo alla popolazione sarebbe come minimo utile a garantire una certa serenità a tutti evitando illusioni o paure ingiustificate. Il nemico NON ci ascolta (vecchi manifesti della seconda guerra mondiale dicevano il contrario), quindi cerchiamo di non fare cadere le cose dall’alto un giorno scarso prima della loro applicazione. Abbiamo avuto proteste di piazza francamente evitabili con una condivisione maggiore delle scelte (se non le opposizioni, almeno i sindacati andrebbero ascoltati). Mi pare che una situazione simile a quella italiana si possa rilevare in Francia, in Spagna, negli Stati Uniti, in Brasile e forse anche in India (ma la società indiana è per molti versi difficile da interpretare). Alcuni paesi, come Svezia e Paesi Bassi, sono oggettivamente privi di strategia ma, per lo meno, i cittadini ne sono informati ed evidentemente non sono contrari. Come cittadino vorrei conoscere, tramite una o più semplici tabelle, quali sono le situazioni a maggiore rischio di contagio (credo sia ovvio, ma la criticità dei ristoranti ove è oggettivamente impossibile indossare continuativamente la mascherina andrebbe spiegata a tutti) e quali sono gli indicatori che le autorità considerano come essenziali nel monitoraggio dell’avanzamento del contagio, e infine quali scenari ci dobbiamo aspettare a seconda di tale andamento.

Visto che sono ingaggiati fior di comitati scientifici mi pare che, col il loro sacrosanto diritto di sbagliare così come con la possibilità di cambiare idea, abbiamo tutti diritto ad una chiarezza che ci renderebbe fiduciosi su una gestione ordinata della crisi. Navigare del tutto a vista dopo otto mesi (almeno) mi pare assai poco serio e professionale.

Infine su questo tema vorrei fare un inciso sulle informazioni fornite alla popolazione: leggo molti studi sulla propagazione del virus nell’ambiente in funzione delle condizioni reologiche (temperatura, umidità ecc.); se ne parla assai poco anche se alcune considerazioni non virologiche ma fisiche dovrebbero diventare patrimonio comune perché possono variare significativamente le distanze di contagio. Di seguito indico un articolo di El Pais molto immediato e interessante per la comprensione della importanza della areazione nei locali chiusi:

https://elpais.com/ciencia/2020-10-24/un-salon-un-bar-y-una-clase-asi-contagia-el-coronavirus-en-el-aire.html?s=08

Purtroppo, non ci sono numeri ma almeno il concetto è chiaro, ed è quello che tutti dovrebbero conoscere. Naturalmente oltre a questo aspetto ce ne sono altri: per esempio quale è l’effetto (utile) delle mascherine chirurgiche ordinarie? Perché non utiliziamo mascherine maggiormente protettive?

  • A questo punto proviamo ad ammettere che una azienda, un ufficio pubblico, una provincia, una regione o uno stato siano talmente diligenti e chiari che in quell’ambito si applicano davvero tutte le migliori misure di prevenzione dei contagi. Sappiamo che questo, purtroppo, non esclude totalmente la possibilità di contagio ma è certamente un buon punto di partenza per contenere (di fatto ridurre) il contagio.

Ma c’è stato con la prima fase ed è presente anche oggi un grosso problema: se i paesi confinanti adottano misure più blande che consentono un protrarsi, nel tempo, delle occorrenze di contagio alla fine è plausibile che tutti gli sforzi fatti vengano invalidati in pochi mesi. Ho prima citato la Nuova Zelanda: lì la cosa è fattibile, ed è stata fatta con discreto successo. Ma come possiamo immaginare che l’assoluta permeabilità delle frontiere europee (specialmente quelle stradali e ferroviarie) possa garantire contro un ritorno del contagio, ormai ridotto (a spese della economia), da un paese vicino che ha adottato misure più blande e meno efficaci?

Il fatto che ogni nazione, anche all’interno della UE, proceda per suo conto e secondo proprie valutazioni è insito nella struttura politica che riconosce ampia discrezionalità agli stati (ricordiamolo: indipendenti) ed è assolutamente corretto dal punto di vista formale e politico, ma resta un enorme dubbio: è giusto agire così di fronte a un “attacco” che, ormai è evidente, colpisce tutti gli stati del mondo? Ad avviso di chi scrive le politiche di prevenzione, solo per fare un esempio, di Italia e Francia (che oltre che confinare hanno problemi simili) dovrebbero essere coordinate. E fra Stati uniti e Messico e Canada probabilmente vale qualcosa di analogo. Invece in Italia addirittura ci appelliamo alle autonomie regionali; posso capire le buone intenzioni ma è evidente da tempo che così non si arriva da nessuna parte.

 

Mancanza di chiarezza comunicativa

Io, per formazione e lavoro, so sviscerare gli aspetti di sicurezza (sul lavoro e domestica) e sono moderatamente capace di interpretare i numeri. Dovrei quindi essere una persona che leggendo le notizie e studiando le riviste scientifiche riesce ad avere un quadro abbastanza chiaro del significato tecnico (cosa si cerca di evitare) delle misure di prevenzione adottate dal governo così come di misure specifiche integrative scelte dai datori di lavoro con l’ausilio dei medici competenti. Invece mi sento molto confuso nel leggere eminenti scienziati e politici illustri che dicono, ognuno, una cosa diversa e contrastante. Il covid non è argomento adatto alla ricerca di visibilità o alle manovre politiche.

 

Non siamo la Cina, nessuno ha il controllo della “stampa” o della rete. Ma un empito di serietà dovrebbe coinvolgere tutti in una situazione sempre più drammatica a livello locale e mondiale.

 

Alcune domande a cui dovrebbero essere date risposte chiare e univoche per migliorare davvero i comportamenti dei cittadini:

  • Mascherine chirurgiche (quelle che indossa la maggior parte della popolazione (se le indossa): a cosa servono? Come funzionano? Perché hanno dei limiti.
  • Altri tipi di mascherine tipo FFP2 con o senza filtro e FFP3: possono dare dei vantaggi? In quali situazioni, e secondo quali principi fisici?
  • Distanziamento: perché serve (come si diffonde il virus nell’aria)? È davvero una misura sicura, ovvero se nessuno è a meno di un metro da me io sono al sicuro dal contagio (in quel preciso momento, ovviamente)? Ci sono fattori che potrebbero modificare la distanza di “sicurezza” che io posso riconoscere senza particolari conoscenze? E come dovrei comportarmi?
  • Assembramento e affollamento: esattamente cosa si intende? Cambia il concetto se mi trovo in uno spazio aperto o in uno spazio chiuso?
  • Areazione e ricircolo negli ambienti chiusi: quale è la differenza? Esistono sistemi di filtraggio dell’aria ricircolata (aerei, treni ad alta velocità ecc.) efficaci contro il covid (ovvero che intrappolano l’eventuale virus nel filtro)?

 

Potrei continuare, ma vorrei principalmente osservare che le persone devono essere trattate come esseri pensanti, non come bambini delle elementari. Cosa che a mio avviso fa questo documento (è solo un esempio) che trovate sul sito del governo:

http://www.governo.it/it/coronavirus-dieci-regole

 

Non c’è nulla di sbagliato ma per applicarlo serve un atto di fede assoluta e una discreta fantasia per capire davvero i limiti di alcune regole indicate.

 

Poiché inevitabilmente i tempi necessari per sconfiggere il covid saranno davvero lunghi (intendo l’obiettivo di vaccinare con un prodotto efficace e sicuro l’intera popolazione mondiale) dovremmo essere molto più consapevoli e diligenti nell’applicare le misure di prevenzione del contagio. E qualcuno (inevitabilmente sotto il controllo del governo) ci deve assolutamente aiutare.

 

Chiudo dicendo che esistono decine di guide “anti covid” reperibili in rete, ma considerando che per fare funzionare le misure di prevenzione tutti devono adottare le medesime e secondo un criterio uniforme, ritengo che debba essere il governo a scegliere cosa dirci: ma è importante che le risposte ci siano, e subito! Risposte semplici a domande semplici.

 

Conclusione

Io non metto in discussione le misure di chiusura dei ristoranti dopo le 18, la chiusura dei teatri o altro. Ne capisco la razio ma non sono assolutamente capace di valutarne l’efficacia. Ma insisto: se i cittadini non capiscono, sono confusi e ora anche assai sfiduciati e ostili, ci sono davvero pochi margini di tempo per recuperare la situazione informativa / formativa che sarebbe utile a dare a tutti una vita più serena.

 

Quindi regole chiare e ben spiegate e, in ultimo, capillare vigilanza da parte degli enti statali preposti (purtroppo drammaticamente a corto di organico).



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Rispondi Autore: roccosalvato@outlook.com - likes: 0
05/11/2020 (09:09:35)
L'articolo, ben scritto, illustra con assoluto buon senso e molta professionalità (ndr: doti mancanti in larga parte dei nostri gruppi politici, di governo e non) il senso di disorientamento in cui stiamo vivendo tutti noi cittadini di fronte a questa seconda ondata dell'epidemia.
Unico dato certo a cui aggrapparci è il rispetto delle regole basilari di protezione e distanziamento, come identificate nel sito del Ministero, sperando comunque in una buona dose di "buona sorte", trasponendo così la reale impossibilità di attingere livelli di rischio zero.
Rispondi Autore: Lenny - likes: 0
08/11/2020 (11:46:34)
Bravo!

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