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INFORTUNI SUL LAVORO E INCIDENTI STRADALI: PENE PIU’ SEVERE

Rolando Dubini

Autore: Rolando Dubini

Categoria: Sicurezza stradale

03/04/2006

Cambia il codice penale. Infortuni sul lavoro e incidenti stradali: forte inasprimento delle pene per lesioni gravi e gravissime e omicidi colposi dal 1° aprile. Di Rolando Dubini.

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Con la LEGGE 21 febbraio 2006, n. 102, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale. n. 64 del 17.03.2006 è stato disposto un significativo inasprimento delle pene della reclusione e, dove possibile, della multa, per i reati di omicidio colposo e di lesioni colpose gravi e gravissime derivanti dalla violazione delle norme in materia di prevenzione infortuni e delle norme sulla circolazione stradale: per quest'ultimo caso viene introdotta la possibilità per il giudice civile o penale di assegnare al danneggiato una provvisionale pari ad una percentuale variabile tra il 30 e il 50 per cento della presumibile entità del risarcimento che sarà liquidato con sentenza, qualora da un sommario accertamento risultino gravi elementi di responsabilità a carico del conducente, convenuto nel giudizio civile ed imputato nel processo penale.

In sintesi la legge che prevede sanzioni giustamente severe per violazioni da cui conseguano incidenti stradali o infortuni sul lavoro e rende più rapida la procedura di risarcimento dei danni. In particolare, l'articolo 1 aumenta il periodo di sospensione della patente in caso di lesione personale grave o di omicidio colposi. L'articolo 2 eleva le pene per i reati di omicidio colposo e di lesioni colpose gravi e gravissime. L'articolo 3 prevede che alle cause di risarcimento dei danni per morte o lesioni conseguenti ad incidenti stradali si applichino le norme processuali delle cause civili. L'articolo 4 abbrevia i termini per le indagini preliminari e la fissazione della data del giudizio. L'articolo 5 consente la liquidazione anticipata di somme in caso di incidenti stradali. L'articolo 6 prevede la prestazione di lavoro di pubblica utilità quale sanzione amministrativa accessoria per il condannato. Sparisce, per effetto del forte innalzamento delle pene, la competenza in materia del giudice di pace: ora è competente il Tribunale. Questa rimodulazione inasprita delle pene va anche letta alla luce della legge 5 dicembre 2005 n. 251 c.d. ex Cirielli che ha modificato tutti inoltre, i tempi della prescrizione, che passano da 5 a 6 anni per le lesioni, e 12 anni per l'omicidio colposo.

Di Rolando Dubini, avvocato in Milano

 

 

Sulla Gazzetta Ufficiale n. 64 del 17 marzo 2006 è stata pubblicata la legge 21 febbraio 2006, n. 102, recante “Disposizioni in materia di conseguenze derivanti da incidenti stradali”, che entra in vigore 15 giorni dopo la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale, ovvero il 1° aprile 2006.

Gli elementi di maggior rilievo della legge sono:

1. l’inasprimento delle pene per i reati di omicidio colposo e di lesioni colpose gravi e gravissime derivanti dalla violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro e di quelle relative alla disciplina della circolazione stradale;

2. la possibilità, per quel che riguarda i soli incidenti stradali, per il giudice civile o penale di assegnare al danneggiato una provvisionale pari ad una percentuale variabile tra il 30 e il 50 per cento della presumibile entità del risarcimento che sarà liquidato con sentenza, qualora da un sommario accertamento risultino gravi elementi di responsabilità a carico del conducente, convenuto nel giudizio civile ed imputato nel processo penale:

3. previsione che nel pronunciare sentenza di condanna alla pena della reclusione per un delitto colposo commesso con violazione delle norme del codice della strada, il giudice può disporre altresì la sanzione amministrativa accessoria del lavoro di pubblica utilità consistente nella prestazione di attività non retribuita in favore della collettività da svolgere presso lo Stato, le regioni, le province, i comuni o presso enti o organizzazioni di assistenza sociale e di volontariato: il lavoro di pubblica utilità non può essere inferiore a un mese ne' superiore a sei mesi. In caso di recidiva, ai sensi dell'articolo 99, secondo comma, del codice penale, il lavoro di pubblica utilità non può essere inferiore a tre mesi..

 

Il nuovo articolo 589 comma 2 del codice penale ha aumentato la pena prevista che è ora della reclusione da 2 a 5 anni (mentre prima il minimo edittale era di 1 anno):

Nuovo Art. 589 codice penale (Omicidio colposo). - Chiunque cagiona per colpa la morte di una persona e' punito con la reclusione da sei mesi a cinque anni.

Se il fatto e' commesso con violazione delle norme sulla disciplina della circolazione stradale o di quelle per la prevenzione degli infortuni sul lavoro la pena e' della reclusione da due a cinque anni.

Per quel che riguarda invece le lesioni personali gravi e gravissime, in proporzione, l'inasprimento è ancora più forte, perché vengono innalzati i minimi e i massimi [lesioni gravi passano da una reclusione da 2 a 6 mesi, ad una reclusione da 3 mesi ad un anno, mentre le lesioni gravissime passano da una reclusione da 6 mesi a due anni, ad una reclusione da 1 anno a 3 anni, con abolizione della sanzione penale pecuniaria alternativa della multa], la multa viene abolita per le lesioni gravissime, e aumentata per quelle gravi [prima da 247 a 619 euro, ora da 500 a 2000 euro]. pecuniaria, nonché la multa:

Nuovo Art. 590 (Lesioni personali colpose). - Chiunque cagiona ad altri per colpa una lesione personale e' punito con la reclusione fino a tre mesi o con la multa fino a lire seicentomila.

Se la lesione e' grave la pena e' della reclusione da uno a sei mesi o della multa da lire duecentoquarantamila a un milione e duecentomila, se e' gravissima, della reclusione da tre mesi a due anni o della multa da lire seicentomila a due milioni e quattrocentomila.

Se i fatti di cui al secondo comma sono commessi con violazione delle norme sulla disciplina della circolazione stradale o di quelle per la prevenzione degli infortuni sul lavoro la pena per le lesioni gravi e' della reclusione da tre mesi a un anno o della multa da euro 500 a euro 2.000 e la pena per le lesioni gravissime e' della reclusione da uno a tre anni.

Nel caso di lesioni di più persone si applica la pena che dovrebbe infliggersi per la più grave delle violazioni commesse, aumentata fino al triplo; ma la pena della reclusione non può superare gli anni cinque.

Il delitto e' punibile a querela della persona offesa, salvo nei casi previsti nel primo e secondo capoverso, limitatamente ai fatti commessi con violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro o relative all'igiene del lavoro o che abbiano determinato una malattia professionale».

 

Per tutti i fatti commessi prima dell'entrata in vigore della Legge 102/2006, e quindi dei nuovi articoli 589 e 590 del Codice penale, continuerà ad applicarsi la disciplina degli articoli 589 e 590 del codice penale antecedenti la modifica: trattamento più favorevole dell'imputato imposto dall'art. 2 comma 3 del codice penale, ai sensi del quale "se la legge del tempo in cui fu commesso il reato e le posteriori sono diverse, si applica quella le cui disposizioni sono più favorevoli al reo, salvo che sia stata pronunciata sentenza irrevocabile."

 

Questa rimodulazione inasprita delle pene va anche letta alla luce della legge 5 dicembre 2005 n. 251 c.d. ex Cirielli che ha modificato tutti inoltre, i tempi della prescrizione, che passano da 5 a 6 anni per le lesioni, e 12 anni per l'omicidio colposo.

a) per il delitto di omicidio colposo il termine di cui all'art. 589 c. 2 c.p. ora ordinario deve essere raddoppiato (12 anni dalla commissione del fatto, Art. 157 del Codice penale: La prescrizione estingue il reato decorso il tempo corrispondente al massimo della pena edittale stabilita dalla legge e comunque un tempo non inferiore a sei anni se si tratta di delitto e a quattro anni se si tratta di contravvenzione, ancorché puniti con la sola pena pecuniaria. ... Omissis… I termini di cui ai commi che precedono sono raddoppiati per i reati di cui agli articoli 449 e 589, secondo e terzo comma, ...);

b) per le lesioni personali gravi e gravissime è stato innalzato da 5 anni (com'era previsto in precedenza, poiché le pene edittali erano punite con pene inferiori a 5 anni di reclusione) a 6 anni;

c) l'aumento, nel caso di atti interruttivi, non può superare un quarto del tempo a prescrivere, ovvero altri tre anni per l'omicidio colposo, e un'altro anno e mezzo per le lesioni gravi o gravissime.

 

Cambiano anche i termini processuali, ora più restrittivi, anche se non corredati da una normativa sanzionatoria nel caso di violazione degli stessi

A) Lesioni personali gravi o gravissime:

- proroga del termine per le indagini preliminari: art. 406 comma 2 ter codice procedura penale: non più di una volta

- termine per il decreto di citazione a giudizio: art. 552 comma 1 bis codice procedura penale, entro 30 giorni dalla chiusura delle indagini preliminari;

- termine per la comparizione:non oltre 90 giorni dalla data di emissione del decreto di citazione.

 

B) Omicidio colposo:

- proroga del termine per le indagini preliminari: art. 406 comma 2 ter codice procedura penale: non più di una volta

- termine per il decreto di citazione a giudizio: art. 552 comma 1 bis codice procedura penale, entro 30 giorni dalla chiusura delle indagini preliminari;

- termine per la comparizione:non oltre 60 giorni dalla data di emissione del decreto di citazione.

 

Sebbene non sia stato esplicitamente previsto il ri-trasferimento al Tribunale Ordinario, anziché al Giudice di pace, della competenza in materia di reati di lesioni colpose gravi e gravissime commessi con violazione delle norme sulla disciplina della circolazione stradale o di quelle per la prevenzione degli infortuni sul lavoro di cui al nuovo terzo comma dell’art. 590 c.p., esso risulta in modo evidente dal coordinamento delle nuove disposizioni con quelle previgenti.

Infatti ora gli articoli 15 della legge 24.11.1999 n. 468 e 4 del D.L.vo 28.8.2000, n. 274, dopo queste innovazioni, non consentono più al Giudice di pace di giudicare in materia di lesioni personali colpose gravi e gravissime riconducibili a violazioni delle norme in materia di circolazione stradale, ovvero a violazioni di quelle per la prevenzione degli infortuni sul lavoro.

Difatti l’art. 2, comma 2, della legge 102/2006 ha sostituito il terzo comma dell’art. 590 c.p. prevedendo che: “Se i fatti di cui al secondo comma sono commessi con violazione delle norme sulla disciplina della circolazione stradale o di quelle per la prevenzione degli infortuni sul lavoro la pena per le lesioni gravi è della reclusione da tre mesi a un anno o della multa da euro 500 a euro 2.000 e la pena per le lesioni gravissime è della reclusione da uno a tre anni”.

Mentre invece le regole in materia di competenza per le sanzioni attribuita al Giudice di pace non gli consentono di ritenere di sua competenza la materia così come oggi ridisegnata dalla nuova legge.

Infatti l’art. 52 del D. Lgs. n. 274/2000 (Sanzioni), titolo II “Sanzioni applicabili dal Giudice di pace”, prevede [comma 2, lettere a) e b)] che "lettera a) “quando il reato è punito con la pena della reclusione o dell’arresto alternativa a quella della multa o dell’ammenda, si applica la pena pecuniaria della specie corrispondente da € 258 ad € 2582; se la pena detentiva è superiore nel massimo a sei mesi, si applica la predetta pena pecuniaria o la pena della permanenza domiciliare da sei giorni a trenta giorni ovvero la pena del lavoro di pubblica utilità per un periodo da dieci giorni a tre mesi”";

lettera b) “quando il reato è punito con la sola pena della reclusione o dell’arresto, si applica la pena pecuniaria della specie corrispondente da euro 516 a euro 2.582 o la pena della permanenza domiciliare da quindici giorni a quarantacinque giorni ovvero la pena del lavoro di pubblica utilità da venti giorni a sei mesi”;

- l’art. 16 della legge delega n. 468/1999 prevede a sua volta che: “Con il decreto di cui all’articolo 14, l’apparato sanzionatorio relativo ai reati devoluti alla competenza del giudice di pace è modificato secondo i seguenti principi e criteri direttivi: a) previsione, in luogo delle attuali pene detentive, della sola pena pecuniaria per un importo non superiore a euro 2.582 e, nei casi di maggiore gravità o di recidiva, di sanzioni alternative alla detenzione, quali la prestazione di attività non retribuita a favore della collettività o di altre forme di lavoro sostitutivo per un periodo non superiore a sei mesi, l’obbligo di permanenza in casa per un periodo non superiore a quarantacinque giorni, ovvero misure prescrittive specifiche determinando la misura o il tempo della sanzione indipendentemente dalla commisurazione con le attuali pene edittali; b) previsione, in caso di mancato pagamento della pena pecuniaria, della conversione in lavoro sostitutivo, per un periodo non inferiore ad un mese e non superiore a sei mesi, nonché dell’applicabilità delle disposizioni di cui agli articoli 102, quarto comma, e 108, primo comma, della legge 24 novembre 1981, n. 689, e successive modificazioni; c) previsione di uno specifico delitto, punito con pena detentiva fino ad un anno non sostituibile, in caso di inosservanza grave o di violazione reiterata degli obblighi connessi alle sanzioni alternative alla detenzione, da attribuire alla competenza del Tribunale”.

È facile dedurre che ora la competenza in materia di lesioni personali colpose aggravate ai sensi nuovo comma 3 dell’art. 590 c.p. spetta al Tribunale Ordinario in composizione monocratica.

 

L’art. 4 della legge 102/2006, al comma 1, introduce una disciplina specifica relativamente alla proroga del termine previsto per le indagini preliminari dall’art. 405 codice procedura penale laddove si proceda in relazione ai reati di cui all’art. 589 c.p. e 590 c.p., limitatamente alle ipotesi di cui al nuovo 3° comma, prevedendo che, dopo il comma 2bis dell'articolo 406 del codice di procedura penale, sia inserito il comma 2 ter secondo cui: “Qualora si proceda per i reati di cui agli articoli 589, secondo comma, e 590, terzo comma, del codice penale, la proroga di cui al comma 1 può essere concessa per non più di una volta”.

La nuova disciplina dei termini delle indagini preliminari relativamente alle ipotesi di lesioni colpose gravi o gravissime dipendenti da violazioni delle norme in materia di disciplina della circolazione stradale o di quelle sulla prevenzione degli infortuni sul lavoro è finalizzata all'esigenza di tenere in debita considerazione le esigenze di rapida definizione del processo per quei casi che incidono pesantemente sull'esistenza delle vittime e che sono di facile accertamento, come gli incidenti stradali, e quelle della necessaria completezza dell'accertamento laddove, nei casi di lesioni gravi o gravissime dipendenti da violazioni di specifiche norme di prevenzione infortuni, è più complessa l'individuazione delle cause degli infortuni sul lavoro, tale da richiedere tempi più dilatati rispetto a quanto previsto in materia di circolazione strale - art. 16 D.Lgs. 274/2000.

Dunque a seguito della modifica dell’art. 406 codice procedura penale, i termini di durata massima delle indagini preliminari relativamente alle ipotesi di cui all’art. 590, comma 3, c.p. risultano raddoppiati, passando dai quattro mesi, più due eventuali altri disposti dal pubblico ministero, previsti dal citato articolo 16 del D.Lgs. n. 274/2000, a sei, più ulteriori sei in ipotesi di accoglimento da parte del giudice per le indagini preliminari della richiesta di proroga formulata dal pubblico ministero. Di contro, risultano ridotti i potenziali termini massimi di durata delle indagini preliminari in relazione all’ipotesi di cui all’art. 589, comma 2, c.p. considerato che non potrà più essere richiesta una terza proroga.

L’opposta tesi del mantenimento in capo al Giudice di pace della competenza a decidere anche tali ipotesi di reato comporterebbe, infatti, la inoperatività in concreto del previsto aggravamento sanzionatorio.

Ed invero, non potendo il Giudice di pace mai applicare la pena della reclusione, né quella della multa (i riferiti articoli 16 della legge 468/99 e 52 del D.L.vo 274/2000 prevedono, non a caso, l’applicazione di una pena pecuniaria la cui mancata esecuzione per insolvibilità del condannato comporta conseguenze diverse [quelle individuate dagli articoli 55 e segg. del D.L.vo 274/2000] da quella previste in ipotesi di mancato pagamento delle pene della multa e dell’ammenda, disciplinate dagli articoli 136 c.p. e 102 e segg. della legge 24.11.1981, n. 689), ne conseguirebbe che la più gravosa disciplina sanzionatoria introdotta dal citato art. 2, comma 2, della legge 102/2006, rimarrebbe comunque lettera morta, in palese contrasto con la ratio dell’innovazione ribadita anche in occasione della votazione finale sul riferito disegno di legge n. 3337[1].

 

Né si potrebbe affermare che, limitatamente alle ipotesi di cui all’art. 590, comma 3, c.p. così come novellato, il Giudice di pace potrebbe eccezionalmente applicare la pena della reclusione (o della multa limitatamente alla ipotesi di lesioni gravi) contrastando tale opzione ermeneutica con la previsione della legge delega che ha espressamente inteso escludere la possibilità per quel particolare magistrato onorario che è il G.d.P. di poter mai applicare le pene principali previste dal codice penale (articoli 22-27 c.p.).

b) Il processo avanti al Giudice di pace viene attivato con la citazione a giudizio dell’imputato da parte del PM ai sensi e nei termini di cui all’art. 20 del D.L.vo 274/2000, come parzialmente sostituito dall’art. 17, comma 4, della legge 31.7.2005, n. 155; quindi con un atto introduttivo specifico e diverso (anche nominalmente) dal decreto di citazione a giudizio di cui all’art. 552 codice procedura penale che introduce il giudizio avanti al Tribunale in composizione monocratica.

Ebbene, l’art. 4 della citata legge 102/2006, recante “Abbreviazione dei termini per le indagini preliminari e per la fissazione della data del giudizio”, introduce specifiche modifiche al riferito art. 552 del codice di procedura penale proprio con riferimento alle ipotesi di cui all’art. 590, comma 3, c.p. prevedendo, dopo il comma 1, i commi 1 bis e 1 ter:

1 bis “Qualora si proceda per taluni dei reati previsti dall'articolo 590, terzo comma, del codice penale, il decreto di citazione a giudizio deve essere emesso entro trenta giorni dalla chiusura delle indagini preliminari”.

1 ter “Qualora si proceda per taluni dei reati previsti dall'articolo 590, terzo comma, del codice penale, la data di comparizione di cui al comma 1, lettera d), e' fissata non oltre novanta giorni dalla emissione del decreto”.

L’innovazione è chiaramente sintomatica della devoluzione del reato di cui all’art. 590, comma 3, c.p. al Giudice Ordinario; diversamente opinando dovrebbe ipotizzarsi che per il solo reato di cui all’art. 590 c.p., laddove aggravato ai sensi del terzo comma, il meccanismo introduttivo sia diverso e disciplinato in un contesto normativo (il codice di rito) diverso da quello che contiene le disposizioni specifiche del procedimento avanti al Giudice di pace, tra le quali quella che disciplina l’atto introduttivo del giudizio.


c)Sempre l’art. 4 della legge 102/2006, al comma 1, introduce una disciplina specifica relativamente alla proroga del termine previsto per le indagini preliminari dall’art. 405 codice procedura penale laddove si proceda in relazione ai reati di cui all’art. 589 c.p. e 590 c.p., limitatamente alle ipotesi di cui al novellato 3° comma, prevedendo che, dopo il comma 2 bis dell'articolo 406 del codice di procedura penale, sia inserito il comma 2 ter secondo cui: “Qualora si proceda per i reati di cui agli articoli 589, secondo comma, e 590, terzo comma, del codice penale, la proroga di cui al comma 1 può essere concessa per non più di una volta”.

Ora, relativamente ai reati devoluti alla competenza del Giudice di pace, la durata delle indagini preliminari e l’eventuale proroga delle stesse è specifica e diversamente disciplinata rispetto a quella ordinaria prevista dagli articoli 405, 406, 407 codice procedura penale (v. art. 16 D.L.vo 274/2000).

Ebbene, laddove il legislatore avesse effettivamente inteso mantenere al giudice di pace la competenza a decidere anche le ipotesi di reato di cui al novellato terzo comma dell’art. 590 c.p., è ragionevole pensare che oggetto di modifica avrebbe dovuto essere il riferito articolo 16 e non già anche l’articolo 406 codice procedura penale che disciplina la proroga delle indagini da parte del G.I.P. e, quindi, da parte di un organo che nel procedimento avanti al giudice di pace (nella persona del g.d.p. individuato dal comma 2° dell’art. 5 D.L.vo n. 274/2000) non risulta competente a statuire sulla proroga del termine di durata massima delle indagini preliminari spettando tale potere direttamente al pubblico ministero in ipotesi di ritenuta particolare complessità del caso.

La nuova disciplina dei termini delle indagini preliminari relativamente alle ipotesi di lesioni colpose gravi o gravissime dipendenti da violazioni delle norme in materia di disciplina della circolazione stradale o di quelle sulla prevenzione degli infortuni sul lavoro appare peraltro comprensibile e pienamente giustificata in un’ottica di ottimale contemperamento tra le esigenze di celerità nella definizione di procedimenti particolarmente incidenti sull’esistenza delle vittime di sinistri qualificati e quelle di compiutezza ed esaustività degli accertamenti che, nei casi di lesioni gravi o gravissime dipendenti da violazioni di specifiche norme di settore, risultano evidentemente più complessi e come tali necessitanti di un lasso temporale più ampio di quello previsto dall’art. 16 D.L.vo 274/2000.

 

In buona sostanza: a seguito della modifica dell’art. 406 codice procedura penale, i termini di durata massima delle indagini preliminari relativamente alle ipotesi di cui all’art. 590, comma 3, c.p. risultano raddoppiati, passando dai quattro mesi, più due eventuali altri disposti dal pubblico ministero, previsti dal citato articolo 16 del D.L.vo n. 274/2000, a sei, più ulteriori sei in ipotesi di accoglimento da parte del giudice per le indagini preliminari della richiesta di proroga formulata dal pubblico ministero. Di contro, risultano ridotti i potenziali termini massimi di durata delle indagini preliminari in relazione all’ipotesi di cui all’art. 589, comma 2, c.p. considerato che non potrà più essere richiesta una terza proroga.

d) L’articolo 6 della legge prevede ancora che, dopo l'articolo 224 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, e successive modificazioni, è inserito il seguente: “Art. 224bis (Obblighi del condannato). 1. Nel pronunciare sentenza di condanna alla pena della reclusione per un delitto colposo commesso con violazione delle norme del presente codice, il giudice può disporre altresì la sanzione amministrativa accessoria del lavoro di pubblica utilità consistente nella prestazione di attività non retribuita in favore della collettività da svolgere presso lo Stato, le Regioni, le Province, i Comuni o presso enti o organizzazioni di assistenza sociale e di volontariato. 2. Il lavoro di pubblica utilità non può essere inferiore a un mese ne' superiore a sei mesi. In caso di recidiva, ai sensi dell'articolo 99, secondo comma, del codice penale, il lavoro di pubblica utilità non può essere inferiore a tre mesi. 3. Le modalità di svolgimento del lavoro di pubblica utilità sono determinate dal Ministro della giustizia con proprio decreto d'intesa con la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281. 4. L'attività è svolta nell'ambito della provincia in cui risiede il condannato e comporta la prestazione di non più di sei ore di lavoro settimanale da svolgere con modalità e tempi che non pregiudichino le esigenze di lavoro, di studio, di famiglia e di salute del condannato. Tuttavia, se il condannato lo richiede, il giudice può ammetterlo a svolgere il lavoro di pubblica utilità per un tempo superiore alle sei ore settimanali. 5. La durata giornaliera della prestazione non può comunque oltrepassare le otto ore. 6. In caso di violazione degli obblighi di cui al presente articolo si applicano le disposizioni di cui all'articolo 56 del decreto legislativo 28 agosto 2000, n. 274”.

Ebbene, con tale disposizione viene introdotta una sanzione amministrativa accessoria che solo il Tribunale potrà applicare essendo espressamente condizionata alla pronuncia di una condanna alla pena della reclusione per un delitto colposo commesso con violazione delle norme del Codice della Strada; pena che, come abbiamo più sopra ricordato, non può mai essere applicata dal giudice di pace.

E’ di tutta evidenza che se la competenza a decidere in merito a fatti reato integranti le ipotesi di cui all’art. 590, comma 3, c.p. potesse tuttora spettare al giudice di pace, anche tale sanzione amministrativa accessoria finirebbe col rimanere inevitabilmente lettera morta non potendosi mai verificare il presupposto (condanna a pena detentiva) al quale risulta condizionata.

Senza poi dire che il lavoro di pubblica utilità cui fa riferimento il citato art. 224 bis del D.L.vo 285/1992 costituisce il contenuto di una sanzione amministrativa accessoria, mentre la stessa misura nel procedimento avanti al giudice di pace ha natura e valore di pena e, quindi, di sanzione penale; con la differenza che, mentre il lavoro di pubblica utilità disposto a titolo di sanzione amministrativa prescinde dal consenso del destinatario della misura, qualora venga disposto a titolo di pena deve essere necessariamente preceduto dalla specifica richiesta dell’imputato (richiesta comunque indispensabile anche in ipotesi di conversione ai sensi dell’art. 102 della legge 24.11.1981, n. 689).

 

Concludendo, la particolare rilevanza attribuita dal legislatore alle sanzioni in materia di incidenti stradali - incidenti il cui contenimento risulta all’evidenza il vero obbiettivo delle novità introdotte con la riferita legge 102/2006 (non a caso rubricata “Disposizioni in materia di conseguenze derivanti da incidenti stradali” pur facendosi nella stessa riferimento anche alle violazioni delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro che hanno diversa genesi e diversa disciplina) - comporta di necessità la devoluzione al Tribunale Ordinario della competenza a statuire sui reati di cui all’art. 590, comma 3, c.p. .

Diversamente argomentando, infatti, nessuna delle nuove sanzioni, né penali, né amministrative, potrà mai trovare effettiva applicazione per inidoneità del giudice di pace a farne applicazione.

In ipotesi di lesioni (gravi o gravissime) di più persone a causa e in dipendenza di un sinistro stradale verificatosi per violazione delle norme del Codice della Strada, ovvero a causa e in dipendenza di un infortunio sul lavoro verificatosi per violazione delle norme di prevenzione degli infortuni, si applicherà poi l’aggravante (non modificata dalla 102/2006) di cui al comma quarto dell’art. 590 c.p.

E’ appena il caso di osservare che appuntandosi la rinnovata competenza del Tribunale a giudicare in materia di lesioni colpose gravi o gravissime sulle diverse e più gravi sanzioni previste dall’art. 2 della legge 102/2006, la competenza rimane in capo al giudice di pace per tutti i fatti reato in ipotesi integranti violazione dell’art. 590, comma 3, c.p. commessi in data anteriore all’entrata in vigore della disciplina novellata.

Ciò posto, l’articolo 4, comma 1, lettera a), del D.L.vo 28.8.2000, n. 274 dovrà essere letto, quanto al reato di cui all’art. 590 c.p., nei seguenti termini:

Il giudice di pace è competente: a) per i delitti consumati o tentati previsti dagli articoli (omissis) 590, limitatamente alle fattispecie perseguibili a querela di parte e ad esclusione delle fattispecie connesse alla colpa professionale e dei fatti commessi con violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro o relative all’igiene del lavoro o che abbiano determinato una malattia professionale quando, nei casi anzidetti, derivi una malattia di durata superiore a venti giorni, nonché dei fatti commessi con violazione delle norme sulla disciplina della circolazione stradale quando derivi una lesione personale grave o gravissima ai sensi dell’art. 583 c.p.”.

Ciò detto quanto al tema della competenza, pare opportuno sottolineare in questa sede di primo commento della legge 21.2.2006, n. 102, alcune incongruenze della disciplina recentemente introdotta.:

a) Il riferito articolo 224 bis del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, prevede, al comma 2 che “In caso di recidiva, ai sensi dell’art. 99, secondo comma, del codice penale, il lavoro di pubblica utilità non può essere inferiore a tre mesi”. Ora, è evidente che il legislatore della 102/2006 aveva in mente le ipotesi di cui all’art. 99, numeri 1 e 2, c.p. .

Sennonché, il testo dell’art. 99 c.p., così come risultante a seguito della sua sostituzione disposta dall’art. 4 della legge 5.12.2005, n. 251, non prevede più la possibilità di contestare la recidiva in ipotesi di più condanne per reati colposi, con l’ovvia conseguenza che il più lungo termine minimo di lavoro di pubblica utilità non potrà mai essere disposto nei confronti di soggetti che siano stati condannati in relazione a più reati di cui agli articoli 589 e 590 c.p. commessi con violazione delle norme del Codice della Strada e siano stati poi nuovamente condannati alla pena della reclusione per un nuovo reato dello stesso tipo.

 

In altre parole, la recidiva di cui all’art. 99, comma 2, c.p. cui fa riferimento il citato art. 224bis C.d.S. deve essere limitata alle ipotesi di cui ai numeri 2 e 3.

b) L’art. 5, rubricato “Liquidazione anticipata di somme in caso di incidenti stradali” prevede che all’articolo 24 della legge 24 dicembre 1969, n. 990, e' aggiunto, in fine, il seguente comma: “Qualora gli aventi diritto non si trovino nello stato di bisogno di cui al primo comma, il giudice civile o penale, su richiesta del danneggiato, sentite le parti, qualora da un sommario accertamento risultino gravi elementi di responsabilità a carico del conducente, con ordinanza immediatamente esecutiva provvede all'assegnazione, a carico di una o più delle parti civilmente responsabili, di una provvisionale pari ad una percentuale variabile tra il 30 e il 50 per cento della presumibile entità del risarcimento che sarà liquidato con sentenza”.

Ora, è evidente che nel dibattimento una tale delibazione sommaria non potrà che basarsi sugli atti contenuti nel fascicolo del dibattimento di cui all’art. 431 codice procedura penale, ovvero su quelli che le parti dovessero concordare di acquisire ai sensi dell’art. 493 codice procedura penale; certamente il giudice non potrà richiedere al PM di esibire il fascicolo al solo fine di pronunciarsi sulla richiesta del danneggiato.

Sennonché tale preclusione potrebbe rendere nel processo penale oggettivamente difficoltoso provvedere alla assegnazione della provvisionale laddove non sia stata svolta un’indagine tecnica sulla dinamica del sinistro e le responsabilità emergano sulla sola base delle dichiarazioni rese dalle persone assunte nel corso delle indagini (ed ovviamente non ancora assunte quali testimoni nel processo).

c)L’art. 4, comma 4, della novella prevede che: “4. Dopo il comma 1 dell'articolo 552 del codice di procedura penale sono inseriti i seguenti:

“1 bis. Qualora si proceda per taluni dei reati previsti dall'articolo 590, terzo comma, del codice penale, il decreto di citazione a giudizio deve essere emesso entro trenta giorni dalla chiusura delle indagini preliminari.

1 ter. Qualora si proceda per taluni dei reati previsti dall'articolo 590, terzo comma, del codice penale, la data di comparizione di cui al comma 1, lettera d), e' fissata non oltre novanta giorni dalla emissione del decreto”.

Secondo l’apparente tenore del nuovo comma 1 bis il pubblico ministero, quale organo competente ad adottare il decreto di citazione a giudizio di cui all’art. 552 codice di procedura penale, qualora intenda procedere esercitando l’azione penale nei confronti di soggetto che ritiene responsabile del reato di cui all’art. 590, comma 3, c.p., dovrebbe inevitabilmente “emettere” il decreto nel riferito termine.

 

Sennonché tale previsione trova in concreto i seguenti ostacoli:

1) non tiene conto dei termini ben più ampi che decorrono tra il deposito in segreteria dell’avviso di cui all’art. 415 bis e la notificazione dello stesso alla persona sottoposta ad indagini ed al suo difensore, nonché del fatto che questi hanno ulteriori venti giorni (termine peraltro ordinatorio) per presentare memorie, produrre documenti, depositare documentazione relativa ad investigazioni del difensore, chiedere al pubblico ministero il compimento di atti di indagine, nonché di presentarsi per rilasciare dichiarazioni ovvero chiedere di essere sottoposto ad interrogatorio; non tiene, ancora, conto della concreta possibilità che il pubblico ministero, a seguito delle richieste dell’indagato, possa ritenere necessario disporre nuove indagini per la cui effettuazione, come previsto dal comma quarto dello stesso articolo 415 bis, dispone di trenta giorni, più eventuali altri sessanta in caso di proroga autorizzata dal giudice per le indagini preliminari.

Non potendo ritenersi che il legislatore abbia voluto con tale disposizione precludere alla sola persona sottoposta ad indagini preliminari in relazione al reato di cui all’art. 590, comma 3, c.p. l’esercizio delle facoltà difensive di cui ai citati commi tre e quattro dell’art. 415 bis, ne consegue che il decorso dei riferiti termini (peraltro non comprimibili) finirà inevitabilmente per spostare il momento di emissione del decreto di citazione a giudizio ben oltre il previsto termine di trenta giorni dal deposito in segreteria dell’avviso di conclusione delle indagini preliminari;

2) non tiene ancora conto del fatto che il pubblico ministero potrà emettere il decreto di citazione a giudizio (firmandolo e depositandolo in segreteria) solo dopo che il Presidente del Tribunale gli avrà comunicato la data dell’udienza ex articoli 132 e 160 disp. att. codice procedura penale, in mancanza della quale il pubblico ministero, anche ipotizzando che la notificazione dell’avviso sia avvenuta il giorno stesso del suo deposito i segreteria e l’indagato non abbia avanzato istanze, non potrà quindi comunque rispettare il riferito termine di trenta giorni.

Per quanto il termine sia ordinatorio e non siano previste conseguenze processuali per la sua inosservanza, sta di fatto che viene introdotta a carico del pubblico ministero un obbligo che lo stesso, pur essendovi tenuto ai sensi dell’art. 124 codice procedura penale, potrà oggettivamente non poter rispettare per circostanze indipendenti dalla sua volontà.

 

di Rolando Dubini, avvocato in Milano

 

 

 

 

 



[1] “Discussione e approvazione del disegno di legge:

(3337) Disposizioni in materia di conseguenze derivanti da incidenti stradali (Approvato dalla Camera dei deputati in un testo risultante dall'unificazione d'iniziativa dei deputati Carboni; Misuraca e Amato; Lucidi; Foti e Butti) (Relazione orale)

ZANCAN, relatore. Raccomanda la rapida approvazione di un disegno di legge che prevede sanzioni giustamente severe per violazioni da cui conseguano incidenti stradali e rende più rapida la procedura di risarcimento dei danni. In particolare, l'articolo 1 aumenta il periodo di sospensione della patente in caso di lesione personale grave o di omicidio colposi. L'articolo 2 eleva le pene per i reati di omicidio colposo e di lesioni colpose gravi e gravissime. L'articolo 3 prevede che alle cause di risarcimento dei danni per morte o lesioni conseguenti ad incidenti stradali si applichino le norme processuali delle cause civili. L'articolo 4 abbrevia i termini per le indagini preliminari e la fissazione della data del giudizio. L'articolo 5 consente la liquidazione anticipata di somme in caso di incidenti stradali. L'articolo 6 prevede la prestazione di lavoro di pubblica utilità quale sanzione amministrativa accessoria per il condannato.

PRESIDENTE. Non essendovi iscritti a parlare in discussione generale e dopo che il rappresentante del Governo ha rinunciato a intervenire, dà lettura dei pareri della 5a Commissione (v. Resoconto stenografico). Procede quindi all'esame dell'articolo 1 e degli emendamenti ad esso riferiti.

PRESIDENTE. Stante l'assenza dei presentatori, dichiara decaduto l'emendamento 6.0.1. Passa alla votazione finale.

DALLA CHIESA (Mar-DL-U). Annuncia il voto favorevole del Gruppo che, condividendo l'impianto legislativo del provvedimento, ha deciso di ritirare gli emendamenti presentati. Il disegno di legge si iscrive nel solco dei positivi interventi già realizzati dal Parlamento per arginare il drammatico fenomeno degli incidenti stradali, spesso causati da gravi violazioni del codice della strada, che non possono essere sanzionati con pene irrisorie se da esse derivano conseguenze drammatiche; si prevede pertanto l'inasprimento delle pene detentive per i reati di omicidio colposo e di lesioni colpose gravi e gravissime, ma anche efficaci sanzioni deterrenti e di rapida applicazione come il ritiro della patente. Infine, è da sottolineare la positiva valenza della possibilità di obbligare il condannato a risarcire la collettività per il danno ad essa arrecato, attraverso la prestazione di attività di utilità sociale non retribuita, il che presenta l'ulteriore vantaggio di non aggravare la già pesante situazione carceraria.

CALVI (DS-U). Il ritardo con cui si è proceduto all'esame del provvedimento ha precluso la possibilità di ulteriori modifiche migliorative; in particolare, gli emendamenti che sono stati ritirati per garantirne la definitiva approvazione nello scorcio finale della legislatura avrebbero offerto maggiori garanzie alle vittime degli incidenti stradali. Pertanto, condividendo le finalità del provvedimento e auspicando nella prossima legislatura un intervento più coerente sotto il profilo sistematico, annuncia il voto favorevole del Gruppo.

CHIRILLI (FI). Il disegno di legge è finalizzato ad una maggiore sicurezza stradale e a tal fine prevede l'inasprimento delle pene per i reati di omicidio colposo e di lesioni colpose gravi e procedure più celeri per il risarcimento del danno. Il ritiro degli emendamenti è stato quindi motivato dalla volontà di garantirne l'approvazione, sebbene alcune delle proposte modificative, in particolare quella relativa alle procedure per il controllo delle condizioni psicofisiche dei conducenti che abbiano provocato incidenti, avrebbero migliorato il testo in votazione. Annuncia quindi il voto favorevole del Gruppo.

GIULIANO, sottosegretario di Stato per la giustizia. Ringrazia i Gruppi del Senato per la sensibilità dimostrata con la decisione di ritirare gli emendamenti, che consente la definitiva approvazione di un provvedimento che, dopo l'istituzione della patente a punti, prosegue l'intervento per migliorare la sicurezza stradale. Nel merito degli emendamenti, quelli finalizzati a trasferire al giudice di pace la competenza sul risarcimento dei danni non avrebbero comunque trovato accoglimento da parte del Governo, mentre l'interessante proposta del senatore Fassone volta a prevedere una sanzione minima per il ritiro della patente potrà essere recepita da un'accorta applicazione della norma.

Il Senato approva il disegno di legge nel suo complesso.

PRESIDENTE. Ringrazia il relatore, il Governo e tutti i senatori per avere facilitato l'approvazione del provvedimento. Sospende la seduta in attesa dell'esito dei lavori della 5a Commissione”.

 

 

 

 

 

 

 

 

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