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E' lecito che un'azienda controlli i siti visitati dai dipendenti?

Redazione

Autore: Redazione

Categoria: Sicurezza informatica

14/04/2000

Sono sempre piu' diffusi i programmi per monitorare le ''navigazioni'' dei cybernauti da ufficio. Cosa ne pensa il Garante.

La diffusione di Internet negli uffici ha portato notevoli vantaggi, tuttavia molte aziende lamentano un utilizzo improprio da parte dei dipendenti di questo prezioso strumento di lavoro.

Una ricerca svolta negli USA ha rivelato che il 40% degli impiegati che si connettono ad Internet navigano su siti che non hanno alcuna relazione con il proprio lavoro.
In Europa la situazione sembra essere analoga.

Per correre ai ripari grandi aziende italiane hanno deciso di limitare l'accesso a determinate tipologie di siti; la Fiat, ad esempio, ha chiuso l'accesso a siti riguardanti pornografia, droga, razzismo.
Cio' non solo per motivi morali, ma anche per una questione economica, in quanto un dipendente che non produce reca un danno all'azienda.

In Italia si possono trovare programmi realizzati da societa' statunitensi in grado di filtrare gli accessi alla rete, tra i piu' diffusi c'e' quello della Websense, distribuito dalla Itway.
La Websense offre la possibilita' di calcolare gratuitamente con un programma quanto costano le navigazioni per futili motivi.
Il prodotto di filtering offre tre opzioni: il blocco totale per i siti non lavorativi, il blocco parziale per alcuni argomenti, l'accesso libero ma monitorato quotidianamente, con la possibilta' di individuare tutti i siti visitati.
Questo programma e' stato installato su ventimila computer, tra i quali quelli di due ministeri.

Ma e' lecito utilizzare questi mezzi? Dalle registrazioni dei siti visitati potrebbero emergere aspetti della vita privata del dipendente. Ci sono sentenze che vietano il controllo a distanza del lavoratore.
L'articolo 4 dello Statuto dei lavoratori vieta il controllo a distanza dei lavoratori se non con un accordo sindacale e di cui siano stati informati i diretti interessati.

Rodota', Garante per la privacy, commentando la questione del controllo della navigazione in rete, ha affermato che se l'azienda decide di bloccare l'accesso a determinati siti deve informare i dipendenti.
Nel caso vengano registrati anche i tentativi di ingresso nei siti, il lavoratore ha il diritto di conoscere quali siano le informazioni raccolte su di lui e l'utilizzo che ne viene fatto.
I programmi dovrebbero pertanto essere utilizzati all'interno di un ''quadro di garanzie''.
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