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Sulla responsabilità del preposto di fatto per un infortunio del lavoratore

Sulla responsabilità del preposto di fatto per un infortunio del lavoratore
Gerardo Porreca

Autore: Gerardo Porreca

Categoria: Sentenze commentate

06/05/2013

Dirigere gli operai e impartire istruzioni sulle lavorazioni da eseguire individua una condotta che può essere correttamente collocata nel ruolo del preposto, con l’assunzione di una posizione di garanzia per la sicurezza dei lavoratori. Di G.Porreca.

 
Commento a cura di G. Porreca.
 
Ritorna ad esprimersi sempre più spesso la Corte di Cassazione sulla responsabilità di coloro che ricoprono in azienda la posizione di  preposto di fatto con riferimento ovviamente alle disposizioni contenute nell’art. 299 del D. Lgs. 9/4/2008 n. 81 contenente il Testo Unico in materia di salute e di sicurezza sul lavoro. Secondo la suprema Corte dirigere degli operai ed impartire loro delle istruzioni sulle lavorazioni da farsi e sulle attrezzature da utilizzare individuano certamente una condotta che può essere benissimo inquadrata nel ruolo del preposto di fatto e che comporta pertanto una  assunzione da parte dello stesso di una posizione nei confronti dei lavoratori stessi di garanzia in materia di salute e sicurezza. Ritenuto responsabile nel ricoprire tale funzione è stato condannato per l’infortunio occorso ad un lavoratore deceduto per il  ribaltamento di un escavatore che aveva disposto di utilizzare.
 
Il caso, l’iter giudiziario e il ricorso in Cassazione
1. Il Tribunale individuata la responsabilità di un lavoratore che rivestiva in una ditta la figura del preposto lo ha condannato in ordine al reato di omicidio colposo con violazione delle norme sulla sicurezza del lavoro in danno di un altro lavoratore e lo ha condannato al risarcimento del danno nei confronti della parte civile. Il lavoratore stava eseguendo lo sradicamento di alcune canne presenti in una scarpata utilizzando un escavatore che si è ribaltato cagionandogli lesioni letali. La macchina era risultata del tutto inidonea a lavorare in un sito con elevatissima pendenza per cui si è determinato il ribaltamento della stessa.
 
La sentenza del Tribunale è stata confermata dalla Corte d'Appello per cui l’imputato ha inteso fare ricorso in Cassazione adducendo due motivazioni. Come primo motivo l’imputato ha sostenuto di non aver commissionato l’esecuzione dei lavori che stava eseguendo l’infortunato contrariamente a quanto era stato indicato in sentenza e che da nessun atto del procedimento erano emersi indizi in tal senso. Come secondo motivo l’imputato ha fatto presente che erroneamente era stato ritenuto che lo stesso fosse un preposto o addirittura  datore di lavoro di fatto. Lo stesso, infatti, ha sostenuto che, nel dare indicazioni sulle lavorazioni da eseguire, trasmetteva istruzioni ricevute dal padre che era l’effettivo datore di lavoro e che inoltre nella ditta non disponeva in realtà di alcuna sfera di autonomia.

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Le decisioni della Corte di Cassazione
La Corte di Cassazione ha ritenuto il ricorso infondato e lo ha conseguentemente rigettato confermando la condanna dell’imputato. Secondo la suprema Corte la sentenza impugnata ha analizzato diffusamente ed analiticamente il materiale probatorio. Era stato accertato indubbiamente, infatti,  che vi era stata una telefonata da parte del ricorrente dall'utenza fissa dell'azienda. In tale occasione l'imputato aveva impartito alla vittima l'ordine di procedere all'estirpazione delle canne nate nella scarpata prossima alla sede della ditta, facendo uso di un escavatore che a tal fine era stato portato in azienda qualche giorno prima.
 
Quanto alla questione posta con il secondo motivo, la Corte d'appello ha analizzate le deposizioni testimoniali pervenendo alla argomentata conclusione che l'imputato si recava spesso sui luoghi delle lavorazioni, impartendo istruzioni sulla loro esecuzione. Egli era una sorta di capo cantiere, dirigeva gli operai per cui su di lui incombeva, nella qualità di garante, l'obbligo di assicurare la sicurezza del lavoro. Era emerso inoltre che l' escavatore utilizzato dal lavoratore infortunato era strutturalmente inidoneo a lavorare con la pendenza presente nella scarpata per cui vi era un pericolo di ribaltamento che non è stato opportunamente governato.
 
La sentenza”, ha così concluso la Corte di Cassazione, “dimostra l'esistenza di condotte che del tutto correttamente vengono collocate nel ruolo del preposto. Tale figura del sistema prevenzionistico, come ripetutamente enunciato da questa Corte (da ultimo Cass. 4, 23 novembre 2012, Lovison), sovraintende alle attività, attua le direttive ricevute controllandone l'esecuzione, sulla base e nei limiti di poteri gerarchici e funzionali adeguati alla natura dell'incarico. E le condotte attribuite all'imputato si attagliano, appunto, a tale ruolo. Dunque, correttamente si è ritenuto che sull'imputato incombesse l'obbligo di cautelare il rischio di ribaltamento, inibendo l'uso di un veicolo del tutto inadatto allo stato dei luoghi”.
 
 
 
 
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Rispondi Autore: Giuseppe Di Martino - likes: 0
05/10/2014 (19:59:42)
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Rispondi Autore: Nicola Mestriner - likes: 0
11/12/2016 (18:31:10)
sono un rls presso la mia azienda e trovo molto importante articoli come questo per capire e rendere chiaro il concetto di preposto di fatto.
ritengo sia doveroso chiarire e rendere partecipi i lavoratori a riguardo di queste informazioni su tale figura, consapevolizzandoli delle responsabilità che comporta.

grazie per il vostro lavoro di informazione,mi è utile e mi aiuta a svolgere con più professionalità il mio compito.

mestriner nicola

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