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Sull’omessa valutazione del rischio stress da lavoro ripetitivo

Sull’omessa valutazione del rischio stress da lavoro ripetitivo
Anna Guardavilla

Autore: Anna Guardavilla

Categoria: Sentenze commentate

28/03/2013

Una sentenza della Cassazione relativa alla carente valutazione dei rischi dei lavoratori addetti alle pulizie dei vetri relativamente al pericolo di caduta dall’alto, alle posture incongrue e allo stress da lavoro ripetitivo. A cura di Anna Guardavilla.

Milano, 28 Mar - La Cassazione Penale, con la sentenza dell’8 marzo 2013 n. 11062, ha confermato la condanna di un datore di lavoro per l’infortunio occorso ad un lavoratore addetto a lavori di pulizia il quale, mentre stava salendo lungo una  scala a pioli, è caduto dalla stessa riportando lesioni gravi.
Il Tribunale aveva accertato, sulla base delle dichiarazioni del lavoratore, che “la caduta era dovuta all’eccessiva stanchezza del lavoratore, giunto alla fine della giornata lavorativa all’ultimo vetro da pulire in quel sito, prima di passare il giorno successivo ad altro luogo di lavoro.”
 
Al datore di lavoro era stato contestato di non aver operato la valutazione del rischio da caduta dall’alto, da posture incongrue e da stress da lavoro ripetitivo”; in particolare il Tribunale riteneva “che tanto la stanchezza che la conseguente caduta fossero da ascrivere alla mancata valutazione dei rischi sopra ricordati che qualora eseguita avrebbe consentito di prevedere modalità operative tali da ridurre lo  stress da lavoro ripetitivo e da postura”.
Secondo il Giudice di primo grado, tale circostanza era anche dimostrata dal fatto che “l’organo di vigilanza aveva impartito una prescrizione avente quale contenuto proprio la valutazione dei rischi in oggetto e che la stessa era stata adempiuta, sicché la valutazione dei rischi dopo di allora conteneva la previsione di una ‘apposita procedura, che limita la durata di tali operazioni, per evitare affaticamenti e rischi derivanti da lavori ripetitivi’, con l’assegnazione del lavoratore ad altra mansione che non comporti affaticamento bio-meccanico ogni due ore di lavoro di pulizia di vetri” con scale o trabattelli, nonché altre misure dirette a fronteggiare i rischi in questione.
 
La Corte di Appello, nel confermare la sentenza di condanna, aveva aggiunto che  il lavoratore “era salito sulla scala senza attendere il collega che si era momentaneamente allontanato, pertanto operando in condizioni difformi da quelle solitamente osservate (lavoro in coppia, con alternanza sulla scala). Ciò a ragione della volontà di terminare rapidamente il lavoro, trattandosi dell’ultimo vetro da pulire. Tale condotta del lavoratore, tuttavia, non integrava causa da sola sufficiente a determinare l’infortunio, atteso che le norme di prevenzione mirano a tutelare il lavoratore anche da  negligenze, imprudenze, imperizie che egli stesso possa compiere e considerato altresì che il comportamento del P. [il lavoratore, n.d.r.] non poteva ritenersi eccezionale o abnorme.

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La Cassazione rigetta a sua volta il ricorso dell’imputato e dà ragione al Tribunale secondo il quale l’evento era stato determinato “dalla situazione di stress e di stanchezza del lavoratore, dovuta all’effettuazione in serie di un lavoro ripetitivo e che richiedeva una postura e dei movimenti disergonomici, con accentuazione dei rischi a causa delle modalità operative correnti, quali il trasporto delle necessarie attrezzature di pulizia da parte del lavoratore, durante la salita sulla scala, e la necessità dì svolgere il lavoro in tempi estremamente ristretti”.
 
La Corte precisa quindi che “è altamente probabile che se quelle condizioni di lavoro fossero state differenti (quelle poste in essere dopo il sinistro) l’infortunio non si sarebbe verificato” e ricorda che “in tema di reati colposi, la causalità si configura non solo quando il comportamento diligente imposto dalla norma a contenuto cautelare violata avrebbe certamente evitato l’evento antigiuridico che la stessa norma mirava a prevenire, ma anche quando una condotta appropriata avrebbe avuto significative probabilità di scongiurare il danno”: Sez. 4, n. 19512 del 14/02/2008)”.
 
Secondo la Suprema Corte, poi, il ricorrente ha torto quando sostiene nel ricorso che “l’omissione consistette nella mera errata redazione delle schede di valutazione del rischio”, in quanto risulta ormai accertato che egli “omise di elaborare all’esito della valutazione dei rischi, il prescritto documento contenente una relazione esaustiva dei rischi per la sicurezza e la salute sui luoghi di lavoro, con riguardo ai rischi specifici dei lavoratori addetti alle pulizie dei vetri relativamente al pericolo di caduta dall’alto, alle posture incongrue e allo stress da lavoro ripetitivo”.
 
E allorché il ricorrente cita, a sostegno delle sue argomentazioni, “la deposizione di un dipendente dell’Asur, per il quale se avesse rinvenuto contrassegnate le diciture ‘ rischio caduta dall’alto’, ‘rischio movimento ripetitivo arti superiori’ e ‘rischio stress da lavoro ripetitivo’ avrebbe ritenuto la valutazione dei rischi immune da censure”, a parere della Corte egli “in realtà non fa che confermare la mancata valutazione dei rischi indicati dall’imputazione.”
 
Per quanto attiene poi alla condotta imprudente del lavoratore, la Cassazione conclude ricordando che “è abnorme soltanto il comportamento del lavoratore che, per la sua stranezza ed imprevedibilità, si ponga al di fuori di ogni possibilità di controllo da parte dei soggetti preposti all’applicazione della misure di prevenzione contro gli infortuni sul lavoro, e che tale non è il comportamento del lavoratore che abbia compiuto un’operazione comunque rientrante, oltre che nelle sue attribuzioni, nel segmento di lavoro attribuitogli (cfr., ex multis, Sez. 4, n. 23292 del 28/04/2011)” e che, in questo caso, “non vi è incertezza in ordine al fatto che il lavoratore abbia comunque operato attendendo ai compiti che gli erano stati assegnati.”
 
Qualche precedente giurisprudenziale del 2012
 
In materia di omessa valutazione dei rischi da movimenti ripetuti, un interessante precedente giurisprudenziale (nel quale però tale omissione viene messa in relazione non ad un infortunio come nella sentenza appena analizzata bensì a malattie professionali) è rappresentato da Cass. Pen., Sez IV, 20 febbraio 2012 n. 6643, che ha condannato il “Presidente del Consiglio di Amministrazione di una s.p.a. avente ad oggetto la produzione di pizze fresche e surgelate che nella sua qualità di datore di lavoro non valutava il rischio da movimenti frequenti e ripetitivi degli arti superiori ed il rischio da movimentazione manuale dei carichi per la mansione di addetta alla preparazione ingredienti, e conseguentemente non individuava le opportune misure di prevenzione protezione.”
 
In particolare, “il tribunale ha dato atto di una segnalazione di malattia professionale pervenuta all’Azienda Sanitaria: nella comunicazione si evidenziava che due dipendenti della …S.p.A., società operante nel settore della produzione di prodotti alimentari, lamentavano patologie agli arti superiori. Le lavoratrici in questione erano due operaie addette alla preparazione degli ingredienti. Detta attività comportava anche la movimentazione e il sollevamento manuale di carichi con particolare frequenza nell’arco della giornata lavorativa”.
 
E “i relativi accertamenti, condotti da personale della competente ASL, evidenziarono che la società aveva omesso di valutare il rischio specifico concernente tali movimentazioni.
Da qui il verbale di prescrizione in cui al datore di lavoro si contestava di non aver valutato il rischio di movimenti frequenti e ripetitivi degli arti superiori ed il rischio da movimentazione manuale dei carichi e di non aver individuato le relative misure, con la prescrizione di valutare le condizioni di salute connesse alla mansione di addetta alla preparazione ingredienti, comportante il rischio suddetto”.
 
Sul tema della movimentazione manuale dei carichi vi è un’altra interessante sentenza del 2012 (Cass. Pen., Sez III, 4 luglio 2012 n. 25739) che ha condannato il “Presidente del Consiglio di Amministrazione di un supermercato per non aver adeguatamente valutato i rischi per la sicurezza e la salute dei lavoratori e le misure di prevenzione e protezione da adottarsi per la movimentazione di materiali” (oltre al gerente del punto vendita del supermercato - per un altro illecito connesso – sul quale la Cassazione si esprime così: “tale figura professionale rientra nella categoria dei dirigenti” sul piano della salute e sicurezza). 
 
In particolare, secondo la Corte “il motivo di ricorso - con cui si lamenta […] che il documento di valutazione del rischio elaborato dal datore di lavoro non sarebbe inadeguato, perché, rispetto all’attività concretamente svolta dei dipendenti, la movimentazione […] non costituirebbe un rischio specifico, ma solo un rischio generico ‘equivalente, praticamente, a quello del normale cliente’ - è manifestamente infondato”.
 
 
 
 
Anna Guardavilla
 

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Rispondi Autore: Filippo Pataoner - likes: 0
28/03/2013 (07:18:31)
Sentenza interessante. La proporrò questa sera al corso rspp datori di lavoro per imprese di pulizie civili. Già mi vedo i commenti dei poveri datori di lavoro. Come non dargli torto?

Ps: sentenze come queste fanno passare anche a me la voglia di fare sicurezza.
Rispondi Autore: claudio nardini - likes: 0
28/03/2013 (08:11:30)
I nostri giudici non si smentiscono mai; cari DDL fate bene a scappare da questa Italia assurda e grottesca, dopo di chè i nostri intelligentissimi giudici saranno contenti in quanto non ci saranno più infortuni perchè non ci saranno più lavoratori. Che un DDL debba essere responsabile anche di "negligenze, imprudenze, imperizie" di un lavoratoe è una cosa a dir poco abberrante.
Rispondi Autore: MB - likes: 0
28/03/2013 (09:47:01)
interessante "minestrone" tra rischio movimenti ripetitivi degli arti superiori e rischio stress lavoro correlato.....
Rispondi Autore: pietro ferrari - likes: 0
28/03/2013 (12:10:45)
Si può comprendere, soprattutto in questa fase, la sensazione dei datori di lavoro di sentirsi "bersagliati" da tutte le parti.
E tuttavia si dovrà essere in grado di ricondurre la problematica qui in questione, nell'ambito generale del rispetto della legge.
Il testo della sentenza considerata, nel rigettare un motivo del ricorso afferma con nettezza che esso. "appare dimentico della ferrea giurisprudenza di questa Corte per la quale è abnorme soltanto il comportamento del lavoratore che, per la sua stranezza ed imprevedibilità, si ponga al di fuori di ogni possibilità di controllo da parte dei soggetti preposti all'applicazione delle misure di prevenzione contro gli infortuni sul lavoro,..."
La durezza dell'espressione "ferrea giurisprudenza" (di solito viene usato "giurisprudenza consolidata" o "giurisprudenza prevalente" o "costante giurisprudenza") indica come la sentenza in oggetto non possa davvero venire accusata di essere vessatoria nei confronti del datore di lavoro.
Essa richiama, inoltre, come l'organo di vigilanza già prima dell'evento infortunistico avesse impartito una prescrizione che era stata [avrebbe dovuto essere] adempiuta. Nel senso di prevedere -tra altre- una apposita procedura che limitava la durata di tali operazioni. Procedura evidentemente non applicata/rispettata.
V'è piuttosto un altro aspetto, assai concreto, da considerare: la valutazione dei rischi e l'elaborazione del documento conseguente (DVR) sono in capo al datore di lavoro; ma presochè mai sono i datori di lavoro a concretale: Sarebbe da chiedersi come vengano sostenuti in questo compito i datori di lavoro (che pure pagano economicamente per questo sostegno, ..eppoi corrono il rischio di pagarne le conseguenze anche sul piano penale).
Dove sono, cosa fanno, come lo fanno, i vari consulenti, i RSPP, i medici competenti?

cordialmente
Rispondi Autore: Rolando Dubini - likes: 0
28/03/2013 (12:41:26)
C'è chi scrive "Che un DDL debba essere responsabile anche di "negligenze, imprudenze, imperizie" di un lavoratoe è una cosa a dir poco abberrante.". Io invece reputo aberrante che un datore di lavoro si tenga un simile lavoratore, se lavora così male cosa lo tiene a fare? E' evidente che è responsabile per aver negligentemente consentito di lavorare ad un lavoratore imprudente. Dopo di che la storia della sicurezza è questa: qualcuno muore, olti restano mutilati, e le famiglie subiscono questo costo umano, metre la societ, ognuno di noi paga tasse per cure mediche e risarcimenti. L'imprenditore magari chiude l'azienda, va all'estero e chi si è visto si è visto, in ogni caso qualcuno dal lavoro torna a casa ben diverso fisicamente,e questo non deve accadere mai. Dopo di che, per fortuna, i buoni imprenditori (il 99%) che ben conosco, sul tema non sono d'accordo con i loro consulenti, e reputano i lavoratori una fondamentale ricchezza dell'azienda da tutelare sempre.
Rispondi Autore: Rolando Dubini - likes: 0
28/03/2013 (12:48:23)
Preciso inoltre, per chi se ne scorda, che i giudici applicano leggi non scritte da loro, ma da chi i cittadini hanno votato, e mandato in parlamento, perciò prima di prendersela con i giudici sarebbe meglio mettersi di fronte allo specchio e chiedersi, chi ho votato? E a questo punto dare il giudizio su se stessi, che giudicare gli altri è lo sport nazionale italiano giudicare se stessi non so si fa mai, nonostante Gesù Cristo avesse detto Non giudicare e non sarai giudicato. Ma qui tutti giudicano i giudici, e difatti fioccano giudizi contro i giudicanti improvvisati dei giudici, che non capiscono come avviene il giudizio. Come avvocato questo mi da lavoro, ma sinceramente preferirei non fare mai processi penali, che invece aumentano, per infortuni mortali e mutilati, preferirei scrivere contratti e fare consulenza, cosa che avverrebbe se infortuni e malattie diminuissero drasticamente come dovrebbe avvenire in una repubblica democratica come l'italia che anche cristianamente mette al primo posto la vita(ma per questo anche buddhisti, taoisti, induisti, atei e agnostici ecc, fanno lo stesso). Iniziamo a esser eun po civile, pensando che un processo avviene perchè un nostro simile ha perso la sua integrità pricofisica, è stato menomato in un ambiente nel quale non decide nulla, tutti gli altri decidono per lui, ed è giusto verificare se questi altri hanno rispettato la vita, oppure sono stati negligenti, imprudenti, inesperti, violatori di leggi, procedure, norme tecniche. Questa è civiltà, il problema non sono i giudici e le sanzionie gli obblighi, il problema sono morti, mutilati e malati sul lavoro.
Rispondi Autore: Kendo - likes: 0
28/03/2013 (15:21:55)
Il vero problema dell'Italia è la retorica che trasuda da alcuni di questi commenti, e soprattutto il non mai aver davvero gestito un'azienda ed essersi scontrati con i problemi che gli imprenditori (grazie al quale tutti mangiamo!) ed il tessuto produttivo hanno davvero. Non viviamo in un mondo ideale ed è facile giudicare il mondo da una scrivania. Quando non rimarrà neanche più un'azienda in Italia (e la cosa purtroppo non è cosi lontana) ci accorgeremo che la valutazione dello stress lavoro correlato forse era l'ultimo dei problemi. Cosa c'entra chi è stato votato? (tra l'altro il d.lgs. 81/08 è stato l'ultimo provvedimento del governo Prodi..)..cosa c'entra Gesù Cristo? Non ho davvero parole..!!

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