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La convalida del provvedimento di sequestro di un cantiere edile

La convalida del provvedimento di sequestro di un cantiere edile
Gerardo Porreca

Autore: Gerardo Porreca

Categoria: Sentenze commentate

07/12/2020

Per la valutazione di un provvedimento di sequestro di un cantiere operato dagli u.p.g. dell’organo di vigilanza non é sufficiente basarsi sulle evidenze visive dei verbalizzanti ma occorre operare una disamina completa delle risultanze investigative.

E’ un richiamo che la Corte di Cassazione fa al Tribunale del Riesame quello che emerge dalla lettura di questa sentenza della suprema Corte avente ad oggetto il ricorso per un provvedimento di sequestro preventivo di un cantiere edile operato dagli ufficiali di polizia giudiziaria di un organo ispettivo di vigilanza in materia di salute e sicurezza sul lavoro. Alla Corte suprema si era rivolto il destinatario del provvedimento che nel ricorso aveva posto in evidenza, mediante il deposito di una approfondita consulenza tecnica. l’inesistenza di elementi e l’assenza della opportuna documentazione che avrebbero giustificato il provvedimento di sequestro del cantiere, elementi che hanno portato la Cassazione ad annullare l’ordinanza del Tribunale del Riesame con rinvio ad esso della stessa per un nuovo esame per tenere delle considerazioni espresse in merito.

 

Per la valutazione e la conferma di un provvedimento di sequestro di un cantiere operato dagli U.P.G. di un organo di vigilanza, ha infatti precisato la suprema Corte, non é sufficiente basarsi sulle evidenze visive dei verbalizzanti ma occorre operare una disamina completa delle risultanze investigative disponibili e un confronto critico con la differente prospettazione articolata dalla difesa, ravvisandosi diversamente un vero e proprio difetto di motivazione di per sé idoneo a integrare una violazione di legge.

 

Il Tribunale del Riesame infatti, ha evidenziato la Cassazione, ha mancato di confrontarsi adeguatamente con le osservazioni critiche contenute dall'elaborato tecnico del consulente della difesa, limitandosi invero a qualificarle come personali interpretazioni, senza spiegare le ragioni in fatto e in diritto per cui le stesse fossero inidonee a smentire l'impostazione accusatoria. Né poteva ritenersi esaustivo, secondo la suprema Corte, il costante richiamo dell'ordinanza impugnata alle valutazioni degli operatori della P.G. che, per quanto provenienti da soggetti qualificati, dovevano essere necessariamente sottoposte a una verifica rispetto agli ulteriori elementi ricostruttivi disponibili, soprattutto se di segno contrario.


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Il caso, l’ordinanza e il ricorso per cassazione

Il Tribunale del Riesame ha confermato con una propria ordinanza il decreto con il quale il G.I.P. presso il Tribunale aveva disposto il sequestro preventivo di un cantiere edile nei confronti del rappresentante legale di una società in ordine ai reati di cui agli art. 159 comma 2 lett. c) in relazione all'art. 109 del D. Lgs. n. 81/2008, 159 comma 2 lett. c) con riferimento all'art 134 dello stesso decreto legislativo, 159 comma 2 lett. c) in relazione all'art. 151 comma 2 e 159 comma 1 con riferimento all'art. 96 comma 1 lett. g) dello stesso decreto n. 81 del 2008, reati accertati e contestati all'imputato per avere, in qualità dì responsabile di una ditta affidataria dei lavori, omesso di predisporre nel cantiere recinzioni idonee a impedire l'accesso a soggetti estranei alla lavorazione e inoltre per non aver esibito il Pimus relativo al ponteggio metallico allestito presso il cantiere, che risultava montato in configurazione diversa da quella riportata nel piano delle demolizioni, per non aver inserito nel piano delle demolizioni il programma di successione dei lavori e indicazioni sulla rimozione dì materiali di risulta, anche di parti parzialmente demolite, con pericolo di caduta degli stessi dall'alto e infine per aver omesso di predisporre nel piano operativo di sicurezza previsioni concernenti i rischi presenti in cantiere, alla luce della natura delle lavorazioni, oltre che misure relative alla rimozione di materiale di risulta e per la messa in sicurezza delle parti parzialmente demolite, anche al fine dì evitare rischi di caduta di tale materiali dall'alto.

 

Avverso l'ordinanza del Tribunale il rappresentante legale della società, tramite il proprio difensore, ha proposto ricorso per cassazione evidenziando soprattutto un difetto di motivazione dell'ordinanza impugnata per la completa assenza del materiale oggetto di indagine. Tale assenza ha infatti impedito, secondo lo stesso, una compiuta disamina delle accuse, posto che i capi di imputazione hanno fatto riferimento ad asserite carenze contenute nella documentazione di cantiere, documentazione che tuttavia non era stata né sequestrata né acquisita, non potendosi inoltre ritenere pertinente il richiamo del Tribunale alla valenza degli accertamenti visivi riferiti dai verbalizzanti.

 

Secondo la difesa, inoltre, sarebbero state ignorate le considerazioni tecniche del consulente della difesa, senza alcun approfondimento delle stesse atteso che le recinzioni erano presentì e idonee a impedire l'accesso di estranei al cantiere, la configurazione del ponteggio era quella riportata non nel piano delle demolizioni ma nel Pimus regolarmente redatto, il piano di demolizione era più che esauriente e il Pos non presentava alcuna carenza rispetto alla rimozione del materiale di risulta e alla messa in sicurezza delle strutture in parte demolite.

 

Le decisioni in diritto della Corte di Cassazione

La motivazione esposta nel ricorso è stata ritenuta fondata dalla Corte di Cassazione che ha annullata l’ordinanza impugnata con rinvio al Tribunale di provenienza. Il Tribunale del Riesame, secondo la suprema Corte aveva mancato di confrontarsi adeguatamente con le osservazioni critiche contenute dall'elaborato tecnico del consulente della difesa, limitandosi invero a qualificarle come personali interpretazioni, senza spiegare le ragioni in fatto e in diritto per cui le stesse fossero inidonee a smentire l'impostazione accusatoria. Né la Sezione III ha ritenuto esaustivo il costante richiamo dell'ordinanza impugnata alle valutazioni degli operatori della P.G. che, per quanto provenienti da soggetti qualificati, avrebbero richiesto una verifica rispetto agli ulteriori elementi ricostruttivi disponibili, soprattutto se di segno contrario. E ciò a maggior ragione ove si consideri che il giudizio sulla inadeguatezza dei vari documenti sulla sicurezza menzionati nei capi di imputazione, ovvero il Pimus, il piano delle demolizioni e il Pos, è risultato formulato dai giudici cautelari senza un esame diretto degli stessi, ma solo tramite l'adesione incondizionata alle considerazioni operate al riguardo dai verbalizzanti, talora in base ai soli "accertamenti visivi", il cui contenuto peraltro non è risultato specificato rispetto ai singoli accertamenti compiuti.

 

La decisione presa dal Tribunale del Riesame, ha così concluso la Sezione III, deve essere in ogni caso ancorata a elementi investigativi specifici, la cui valutazione non può prescindere da una disamina completa delle risultanze investigative disponibili e da un confronto critico con la differente prospettazione articolata dalla difesa, ravvisandosi diversamente un vero e proprio difetto di motivazione, di per sé idoneo a integrare una violazione di legge, deducibile con il ricorso per cassazione in materia cautelare reale.

 

Alla stregua delle suddette considerazioni la Cassazione ha pertanto annullata l'ordinanza impugnata, con conseguente rinvio al Tribunale per un nuovo esame.

 

 

Gerardo Porreca

 

 

Corte di Cassazione Penale Sezione III - Sentenza n. 25927 del 11 settembre 2020 (u. 2 luglio 2020) - Pres. Rosi – Est. Zunica – P.M. Barberini - Ric. G.G.B.. - Per la valutazione di un provvedimento di sequestro di un cantiere operato dagli u.p.g. dell’organo di vigilanza non é sufficiente basarsi sulle evidenze visive dei verbalizzanti ma occorre operare una disamina completa delle risultanze investigative.




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