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Il committente “di fatto” negli appalti: chi è e come si riconosce

Il committente “di fatto” negli appalti: chi è e come si riconosce
Anna Guardavilla

Autore: Anna Guardavilla

Categoria: Sentenze commentate

30/03/2023

L’applicazione concreta del principio di effettività alla figura del committente, le responsabilità, gli elementi di fatto da cui si deduce (es. le testimonianze, il ruolo svolto): principi ed esempi dalle sentenze della Cassazione.

 

Con una sentenza di circa sei mesi fa ( Cassazione Penale, Sez.IV, 18 ottobre 2022 n.39126) la Suprema Corte ha annullato con rinvio alla Corte d’Appello la sentenza di condanna di L.F. “in quanto ritenuto responsabile del delitto di cui agli artt.113 e 589 cod.pen. per avere cagionato, in cooperazione colposa con altri soggetti giudicati separatamente, nella qualità di committente di fatto dei lavori di trasferimento di arredi dalla vecchia alla nuova sede della A. s.r.l., la morte di R.G.”.

 

Più nello specifico, “il L.F. è stato ritenuto responsabile della violazione dell’art.26, comma 1, lett.a) d.lgs.9 aprile 2008, n.81, per non aver verificato l’idoneità tecnico professionale della ditta M. di F.L. a svolgere l’attività commissionatagli di smontaggio, movimentazione, carico e trasporto di lastre di vetro e di lastre specchiate - dalla vecchia alla nuova sede della A. s.r.l. -, tra l’altro omettendo di acquisire il certificato di iscrizione alla camera di commercio, industria e artigianato, nonché l’autocertificazione dell’impresa appaltatrice del possesso dei necessari requisiti di idoneità professionale.”

 

Inoltre, “nella condotta dell’imputato è stata, altresì, ravvisata la violazione dell’art.26, comma 1, lett.b) d.lgs.n.81 del 2008, per non aver provveduto a fornire alla ditta M. di F.L. dettagliate informazioni in ordine ai rischi specifici esistenti nell’ambiente in cui era tenuta ad operare, oltre che sulle misure di prevenzione e di emergenza adottate in relazione. alla propria attività.”

 

In particolare, tali rischi erano “derivanti dalla presenza di una rampa scalettata di notevole pendenza, sia longitudinale che trasversale, del tutto inidonea a consentire il parcheggio di un autocarro in fase di carico.”

 

Di conseguenza, “il mancato rispetto di tale regola cautelare aveva, infatti, determinato il totale sbilanciamento sul fianco destro dell’autocarro, peraltro caricato per una massa pari a kg.510, fino a provocare il ribaltamento verso l’esterno degli specchi e delle lastre ivi posizionate, che, fuoriuscendo dal camion, avevano investito R.G., dipendente della M. posizionato sulla rampa carrabile, sospingendolo violentemente contro un muretto, con conseguente verificazione del suo decesso.”

 

Tra i vari motivi di ricorso, l’imputato aveva dedotto da un lato che “il L.F. non fosse stato committente di fatto dei lavori” e dall’altro che “plurime dichiarazioni testimoniali, infatti, avrebbero dimostrato come al momento del sinistro il L.F. fosse solo un dipendente della A. s.r.l., il cui amministratore legale era, invece, S.L., cui, pertanto, perteneva la corrispondente posizione di garanzia. Non vi sarebbe prova, cioè, che alla data dell’incidente il L.F. svolgesse alcuna funzione di preposto o di delegato del S.L., né che, comunque, avesse intrapreso una propria, diversa e nuova, attività imprenditoriale, essendo sorta solo successivamente la nuova ditta A. s.a.s.”

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Secondo la Cassazione, invece, “nel caso di specie può senz’altro ritenersi che la Corte territoriale abbia fornito una chiara ed analitica rappresentazione degli elementi di fatto considerati nella propria decisione, esplicando, in modo adeguato e logico, come risulti giudizialmente comprovato, in esito a plurime acquisizioni probatorie - ed in particolare dalle risultanze scaturite dalle dichiarazioni rese dai testi F., L.B. e E.L. -, che il committente dei lavori era il L.B., e non già il S., rappresentante legale della A. s.r.l. che aveva cessato ogni attività, rispetto alla quale era subentrata la A. s.a.s., di cui, per l’appunto, l’odierno imputato aveva rivestito, dapprima in fatto e poi in modo formale, il ruolo di socio accomandatario.”

 

Di conseguenza, “era stato, quindi, il L.F. a stipulare un contratto verbale con F.L. per lo smontaggio e il trasferimento dei gabbiotti metallici, così come era stato il prevenuto a stipulare con lo stesso F.L. un contratto di locazione di un capannone da adibire a sede della nuova società A. s.a.s.”

 

Ancora, un paio d’anni fa, con Cassazione Penale, Sez.IV, 10 maggio 2021 n.18074, la Corte ha confermato la condanna di R.M. per omicidio colposo in danno di F.D.

 

In particolare, “l’addebito è mosso al R.M. nella sua ritenuta qualità di committente di fatto di lavori di pavimentazione al secondo piano di una palazzina; secondo l’imputazione, il lavoratore F.D., che stava eseguendo lavori in orario serale su un balcone privo di parapetti a un’altezza di sette metri, era privo di cinture di sicurezza o altro sistema di trattenuta; non erano state predisposte misure idonee a prevenire la caduta dall’alto.”

 

Ricostruendo la vicenda processuale, “la Corte di merito, nel confermare la condanna emessa in primo grado, ha disatteso le doglianze dell’imputato riferite, in particolare, alla sua qualità di committente di fatto (la società che aveva commissionato i lavori, E. s.r.l., era rappresentata dalla moglie del R.M., S.C., separatamente giudicata).”

 

Tutto ciò “sulla base delle risultanze emerse, in particolare, dalle deposizioni testimoniali che secondo la Corte di merito avrebbero indicato il R.M. quale soggetto di riferimento presente in cantiere, con il quale le ditte appaltatrici si rapportavano.

 

Nella parte “in diritto”, la Cassazione premette che, in termini generali, “per quanto concerne la posizione di garanzia attribuita al R.M., è necessario muovere dal principio, pacificamente affermato in giurisprudenza, secondo cui il committente, anche nel caso di subappalto, è titolare di una posizione di garanzia idonea a fondare la sua responsabilità per l’infortunio, sia per la scelta dell’impresa sia in caso di omesso controllo dell’adozione, da parte dell’appaltatore, delle misure generali di tutela della salute e della sicurezza sui luoghi di lavoro, specie nel caso in cui la mancata adozione o l’inadeguatezza delle misure precauzionali sia immediatamente percepibile senza particolari indagini”.

 

La Corte sottolinea poi che, “sull’attribuibilità della posizione di garanzia non solo in seguito a investitura formale, ma anche in seguito all’esercizio di fatto delle funzioni tipiche delle diverse figure di garante, va poi ricordato che essa deve essere individuata accertando in concreto la effettiva titolarità del potere-dovere di gestione della fonte di pericolo, alla luce delle specifiche circostanze in cui si è verificato il sinistro (ex multis vds. Sez.4, Sentenza n.57937 del 09/10/2018, Ferrari, Rv.274774).”

 

Di conseguenza, “la posizione di committente - ancorché “di fatto”, come quella attribuita al R.M. - costituisce, sul piano astratto, posizione di garanzia con riferimento ai luoghi di lavoro ove si svolgono le prestazioni oggetto di appalto, specie laddove - come chiarito dalla richiamata giurisprudenza - “la mancata adozione o l’inadeguatezza delle misure precauzionali sia immediatamente percepibile senza particolari indagini”.

 

Ed “è certamente tale il caso in cui lavori in quota vengano eseguiti da lavoratori delle imprese appaltatrici senza i necessari strumenti e dispositivi di protezione”, il che “è esattamente quanto avvenuto nella specie, trattandosi pacificamente di caduta dall’alto di un lavoratore sprovvisto di tali strumenti e dispositivi (cinture di sicurezza o altri aventi analoga funzione) sebbene fosse impegnato su un balcone privo di parapetto, oltretutto in orario serale e senza luce naturale.”

 

Tutto ciò chiarito, nel caso di specie, “il ricorrente si duole dell’affermazione di penale responsabilità contestando la sua posizione di “ committente di fatto”, ricavata dai giudici di merito essenzialmente sulla base di diverse deposizioni testimoniali, secondo le quali, se è vero che l’amministratrice della società appaltante era formalmente la moglie del R.M., nella sostanza costui si poneva nei rapporti con gli altri soggetti interessati (ditte appaltatrici, acquirenti degli immobili ecc.) come se fosse il dominus della committenza.”

 

Pertanto, “la posizione del R.M. viene tratteggiata, nella sentenza impugnata, sulla base di un coacervo di elementi di fonte testimoniale, deponenti per l’effettività, in capo all’odierno ricorrente, della posizione sostanziale di titolare dell’impresa che aveva commissionato i lavori, il quale era quasi sempre presente in cantiere, aveva affidato gli incarichi alle ditte appaltatrici con i cui rappresentanti discuteva di prezzi e pagamenti, verificava l’andamento dei lavori, e che come tale - alla luce della richiamata giurisprudenza - doveva ritenersi per ciò stesso garante dei rischi generali connessi alle attività lavorative all’interno del cantiere”.

 

Concludiamo richiamando Cassazione Penale, Sez.IV, 9 settembre 2009 n.35021, che si è pronunciata su un caso in cui era accaduto che “T.A., mentre era intento a lavori di edificazione di una cappella funeraria nell’interesse di L.P. e L.C., era precipitato al suolo da una impalcatura, riportando lesioni che lo avevano tratto a morte.”

 

Subito “nella immediatezza dei fatti T.M. e Tr.Ma. avevano dichiarato di avere trovato il congiunto in terra vicino al suo ciclomotore, al fine di fare apparire le lesioni come conseguenza di un incidente stradale, ma in seguito, verificatosi il decesso, avevano riferito che la vittima era caduta mentre era intenta ad eseguire quei lavori edilizi.”

 

E “si era appurato che la vittima era stata assunta su interessamento del “geometra” M.F., nipote delle committenti L., “e che il medesimo M. si era interessato dell’andamento dei lavori”.

 

Dunque “la sentenza impugnata ha ritenuto che tale imputato assolvesse alle mansioni di “direttore dei lavori di fatto...”, ricordando che egli (e non assume, evidentemente, alcun decisivo rilievo la circostanza della sua qualifica professionale, “geometra” o “perito industriale capotecnico”), “portatore di un interesse legato alla richiesta delle anziane zie, dopo essersi interessato per il reperimento della manodopera, andava in concreto a controllare lo stato di avanzamento delle opere, provvedeva al pagamento degli operai talvolta addirittura con propri assegni, veniva considerato dagli stessi operai il direttore dei lavori...”.”

 

In ogni caso “d’altronde, quand’anche si volesse ritenere che il ricorrente abbia agito solo quale longa manus delle committenti anziane zie (come egli sembra prospettare), su di lui, quale committente di fatto, pure incombevano gli obblighi di cui al combinato disposto del D.Lgs.14 agosto 1996, n.494, art.6, art.4, comma 1, e art.5, comma 1, lett.a). [Ora D.Lgs.81/08, Titolo IV, n.d.r.].

 

 

 

Anna Guardavilla

Dottore in Giurisprudenza specializzata nelle tematiche normative e giurisprudenziali relative alla salute e sicurezza sul lavoro

  

 

Scarica le sentenze di riferimento:

Corte di Cassazione Penale, Sez. 4 – Sentenza n. 39126 del 18 ottobre 2022 - Infortunio mortale durante il lavoro di trasferimento arredi. Mancanza di riferibilità al committente di fatto di una condotta colposa omissiva idonea a determinare la verificazione dell'evento morte.

 

Corte di Cassazione Penale Sezione IV - Sentenza n. 18074 del 10 maggio 2021 (u.p. 28 aprile 2021) - Pres. Fumu – Est. Pavich - P.M. Fodaroni  - Ric. R.M.. - Il committente è titolare di una posizione di garanzia che può renderlo responsabile per un infortunio in caso di un omesso controllo dell'adozione da parte dell'appaltatore delle misure di sicurezza specie se le carenze siano immediatamente percepibili.

 

Cassazione Sezione IV Penale - Sentenza n. 35021 del 9 settembre 2009 -  Pres. Mocali – Est. Marzano – P.M. (Conf.) Iannelli - Ric. M. F., Tr. M. e T. M.  



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