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Due norme fondamentali per chi deve progettare difese antiterrorismo

Due norme fondamentali per chi deve progettare difese antiterrorismo
Adalberto Biasiotti

Autore: Adalberto Biasiotti

Categoria: Security

07/09/2020

L’attacco con autobomba rappresenta purtroppo oggi una forma relativamente diffusa di attacco, queste due norme rappresentano la risposta, conforme allo stato dell’arte, per mettere sotto controllo questo problema.

Sempre più spesso le cronache ci danno notizia di attacchi portati verso obiettivi sensibili, sia edifici civili e militari, sia assembramenti di persone, perpetrati mediante l’uso di automobili, lanciate in velocità contro il bersaglio. Questi automezzi possono avere a bordo delle cariche esplosive, ed il danno allora viene arrecato essenzialmente alle strutture bersaglio, oppure possono essere utilizzate come strumenti letali, che possono colpire in modo indiscriminato assembramenti di persone. I lettori certamente ricorderanno gli attacchi portati in Svezia, in Germania, in Francia, laddove un automezzo si è lanciato contro la folla, creando un elevato numero di morti e feriti. La difesa da questo tipo di attacco si ottiene utilizzando dei dissuasori, che debbono essere in grado di arrestare il veicolo attaccante. Evidentemente la resistenza dei dissuasori deve essere legata all’energia cinetica dell’impatto dell’automezzo; l’energia cinetica è data dal prodotto della massa dell’automezzo per il quadrato della velocità. Ecco perché la progettazione di dissuasori fissi o mobili ed un loro accurato posizionamento rappresentano aspetti fondamentali nella messa a punto di misure di difesa contro questo attacco. La situazione diventa particolarmente critica quando questi attacchi possono essere portati contro assembramenti di persone, che si trovano in aree aperte al pubblico. In questi casi occorre studiare attentamente i possibili percorsi seguiti dall’automezzo attaccante ed apprestare appropriate difese.

 

In questo delicato processo, ci vengono in aiuto due norme, per la seconda delle quali è in atto un aggiornamento. Offriamo di seguito una breve descrizione di queste norme che, come prevede il codice civile, rappresentano stato dell’arte nella messa a punto di strategie di difesa.

 

 

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IWA 14-1: 2013 – Vehicle security barriers-part 1: performance requirements and vehicle impact test method

Questa norma, che merita di essere studiata attentamente, è stata sviluppata dallo International Workshop Agreement e specifica le prestazioni che deve avere una barriera di sicurezza per i veicoli, insieme a un metodo di prova per applicare un punteggio alla sua prestazione, quando è assoggettata ad un singolo impatto da parte di un veicolo di prova, non guidato da un autista.

 

La norma specifica il sistema di classificazione per la prestazione di queste barriere, in funzione di un singolo impatto orizzontale. La norma identifica anche le tolleranze di prova e i criteri di prestazione del veicolo, che debbono essere soddisfatti perchè un prodotto sia conforme alle indicazioni e possa ricevere una classificazione oggettiva.

 

La norma è accompagnata da linee guida, illustrate nel documento IWA 14-2:2013, che garantisce la corretta installazione dell’attrezzatura.

 

Questa norma definisce il tipo di veicolo, la sua massa e la velocità di impatto, insieme alle modalità con cui è possibile effettuare accurate misure, nonché tutta una serie di informazioni sulle modalità di prova, che devono essere registrate e documentate.

 

In particolare, la norma misura la distanza di penetrazione del veicolo impattante, quando il test ha esito positivo, tra il punto in cui si trova la barriera ed il punto in cui la barriera è stata in grado di immobilizzare il veicolo. La lettura di questa distanza viene fatta dal fronte della area di carico del veicolo fino alla posizione originale della faccia posteriore della barriera.

 

La distanza alla quale vengono sparpagliati i frammenti del veicolo viene anche misurata, perché in certi siti questo elemento deve essere preso in considerazione.

 

Queste misure possono essere usate per determinare quale sia la barriera più idonea per proteggere un sito specifico. È bene sottolineare il fatto che la prova di impatto usa dei criteri di prova ripetibili, ma che potrebbero non replicare le dinamiche esatte di un attacco, effettuato in uno scenario reale.

 

Tuttavia, la norma offre una linea guida di riferimento per classificare e confrontare le barriere anti veicolo. Le barriere che sono state provate secondo questa norma devono essere installate in maniera particolarmente accurata e adattata al sito specifico e alle condizioni ambientali. Questa è la ragione per la quale è stata pubblicata la seconda norma, che appunto offre una linea guida su quest’area specifica.

 

IWA 14-2:2013- Vehicle security barriers-part 2: Application

È bene ricordare che la sigla che viene utilizzata per indicare, in forma sintetica, gli attacchi che vengono condotti con l’uso di autoveicoli, nonché la messa punto di appropriate difese, è la seguente: HVM – hostile vehicle mitigation. Con questa espressione si fa riferimento a qualsiasi tipo di attacco, che coinvolga l’utilizzo di un veicolo.

 

La norma fa presente come il veicolo possa essere utilizzato sia per attacchi vandalici sia per attacchi criminali e terroristici. Inoltre la capacità di carico del veicolo può offrire la possibilità, all’attaccante, di caricare elevate quantità di esplosivi con conseguenze anche drammatiche.

 

La mitigazione di tutte le forme di attacchi, basati sull’utilizzo di un veicolo, può essere difficile, soprattutto se le strutture di mitigazione devono essere compatibili con altre esigenze operative dell’edificio sotto minaccia. Ecco il motivo per cui la progettazione di un sistema di difesa deve tener conto di

  • elementi di sicurezza, come ad esempio la valutazione del rischio residuo, la natura dell’attacco da mettere sotto controllo, la distanza di sicurezza alla quale deve essere posta la misura di contenimento, eccetera,
  • elementi operativi, legati ad esempio al costo della attrezzatura di difesa, alla possibilità di gestire il traffico ordinario, ad una estetica accettabile e compatibile con l’obiettivo da proteggere, e via dicendo.

 

In fase di progettazione si deve quindi valutare quale sia la minaccia da mettere sotto controllo, quali sono i beni da proteggere, tenendo anche conto di possibili danni collaterali. A questo punto si effettua una valutazione del sito da proteggere, tenendo conto delle esigenze di normale movimentazione di persone e beni. Il passo successivo consiste nello stabilire, sulla base delle circostanze ambientali, quali sia la massima velocità del veicolo e l’angolo di impatto contro la struttura di difesa, per determinare le prestazioni operative delle strutture di difesa.

 

Da ciò si capisce come la messa a punto di una strategia di difesa richieda un impegno da parte di professionisti specializzati, e non possa essere affidata a strutture, anche comprendenti le forze dell’ordine, che non abbiano una specifica competenza. Ad esempio, le forze di polizia locali possono certamente avere notevoli competenze sul piano della gestione della folla, in caso di eventi con grande partecipazione di persone, ma è improbabile che possano avere le competenze necessarie per progettare appropriati sistemi di mitigazione dell’attacco. La faccenda diventa ancora più complicata quando le strutture di difesa non hanno carattere permanente, ma sono messe in opera solo per la durata dell’evento da mettere sotto protezione.

 

La criticità di questa norma è confermata dal fatto che è attualmente in corso un processo di aggiornamento e revisione, per cercare di allineare sempre più rapidamente l’evoluzione delle tecniche di attacco criminale con le tecniche di adeguata difesa.

 

Adalberto Biasiotti

 


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