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Coronavirus: è necessario fermare le attività produttive per garantire la sicurezza dei lavoratori?

Coronavirus: è necessario fermare le attività produttive per garantire la sicurezza dei lavoratori?
Tiziano Menduto

Autore: Tiziano Menduto

Categoria: Interviste e inchieste

13/03/2020

Quali sono le condizioni di tutela idonee a garantire la sicurezza nelle attività lavorative? C’è sufficiente attenzione alla salute nei luoghi di lavoro in tempi di coronavirus? Ne parliamo con Sebastiano Calleri, responsabile sicurezza Cgil.

 

Brescia, 16 Mar – L’attenzione di tutti noi in queste settimane è chiaramente rivolta all'evolversi del contagio del nuovo coronavirus, al continuo incremento dei casi sul territorio nazionale e alle misure che, con diversi decreti, il nostro paese sta mettendo in atto per contenere  il virus Sars-CoV-2.

Quello che viene da chiedersi, tuttavia, è se, in questa fase, ci sia una adeguata attenzione agli eventuali rischi di contagio nei luoghi di lavoro. Attenzione che, come abbiamo visto per gli operatori sanitari con l’ intervista a Vittorio Agnoletto o con riferimento alle poche indicazioni chiare su quanto devono fare le aziende per la sicurezza dei lavoratori, sembra non essere sufficiente.

 

Per questo motivo e partendo da alcune prese di posizione sindacali e dalle proteste che sono seguite al Decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 11 marzo 2020, che sospende alcune attività lavorative considerate non essenziali, abbiamo deciso di intervistare Sebastiano Calleri, Responsabile nazionale Salute e Sicurezza nei luoghi di lavoro della Confederazione Generale Italiana del Lavoro ( Cgil).

 

Le domande si soffermano non solo sul decreto dell’11 marzo 2020 in materia COVID-19, ma anche sulle eventuali lacune della sicurezza o, più in generale, su quanto si può imparare per affrontare meglio nel futuro emergenze come questa.

 

Cosa pensano i sindacati del decreto dell’11 marzo 2020 che sospende alcune attività lavorative? C’è la richiesta che siano sospese anche altre attività?

Quali sono le condizioni di tutela idonee a garantire la continuazione delle attività in questa attuale situazione di emergenza?

C’è stata una sufficiente attenzione nei decreti governativi alla sicurezza dei lavoratori?

Si sta applicando correttamente il D.Lgs. 81/2008 in materia di coronavirus?

Cosa ci insegnerà questa esperienza riguardo alla tutela della salute e sicurezza sul lavoro?

 

L’intervista è stata realizzata la oggi 13 marzo 2020 e fa riferimento alla situazione normativa presente in quella data.

 

Questi gli argomenti affrontati nell’articolo:



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Il principio di responsabilità quale presidio socio-tecnico di sicurezza
Sviluppare e mantenere nei lavorarori una efficace consapevolezza delle conseguenze delle proprie azioni.

 

Come sempre diamo ai nostri lettori la possibilità di ascoltare integralmente l’intervista e/o di leggerne una parziale trascrizione.

 

 

La posizione sui decreti relativi al contenimento del virus

Qual è il parere suo e della Cgil riguardo ai recenti decreti in materia di COVID-19, con particolare riferimento a quello del 11 marzo che, al di là dei servizi essenziali, ha sospeso alcune attività lavorative?

 

Sebastiano Calleri: Ovviamente io farò riferimento, nelle cose che dirò durante questa intervista, come ha detto giustamente lei al Decreto dell’11 marzo. Ovviamente se dovessero determinarsi sviluppi ulteriori, come per esempio stamattina, mentre parliamo, c'è un incontro in corso alla Presidenza del Consiglio - per quanto in videoconferenza - fra il premier Conte e i rappresentanti sindacali nazionali e delle categorie produttive. Quindi potrebbero determinarsi degli sviluppi. Però parliamo, diciamo a bocce ferme, riguardo al decreto dell’11 marzo.

 

Noi abbiamo accolto positivamente il decreto anche se abbiamo espresso un giudizio articolato che, ovviamente, focalizza un punto critico che è quello dell'applicazione delle misure in determinati contesti lavorativi che sono stati comunque lasciati aperti. Tutti quanti avranno assistito, nella giornata di ieri, a diverse prese di posizione delle nostre categorie diciamo sindacali, dei metalmeccanici, ma non solo, rispetto al fatto che non c'è stato un approfondimento sufficiente riguardo alle tematiche riguardanti quei lavoratori che devono continuare a recarsi al lavoro e che non sono, a nostro avviso, adeguatamente protetti e soprattutto non è adeguatamente protetta la loro salute e sicurezza rispetto all'esposizione al virus.

 

Faccio solo un esempio chiarificatore rispetto a questo.

La gran parte dei problemi si concentra sulla distanza interpersonale che è prevista dal decreto e anche, dove essa non possa essere applicata all'interno del luogo di lavoro, alla consegna dei prescritti DPI, come ad esempio le mascherine FFP3 o N95 (…), e anche alla consegna dei guanti da parte del datore di lavoro.

Ovviamente è successo che, in questa grande discussione fra le categorie produttive e il Governo su cosa lasciare aperto e cosa no, ci si è dimenticati di dettagliare bene quali sono i diritti dei lavoratori in merito alla sicurezza, diritti che vanno assolutamente salvaguardati.

 

Per noi della Cgil, l’abbiamo detto nel comunicato della Segreteria Nazionale e in tutti i comunicati nostri che sono seguiti (…) la salute e sicurezza vengono prima di tutto e anche prima della produzione a tutti i costi. Proprio perché l'intento del decreto del governo e l'intento, concorde, nostro, è quello di salvaguardare le persone e la loro vita piuttosto che la produzione, produzione che si può articolare in maniera diversa, fermare parzialmente o anche fermare del tutto dove queste condizioni non sussistano…

 

Quando fermare le attività nei luoghi di lavoro

Come Cgil avete richiesto che alcuni settori produttivi, ulteriori rispetto al decreto dell’11 marzo, rimangono fermi? Mi pare che si parlasse anche di una data, il 22 marzo…

 

S.C.: (…) Noi siamo una grande organizzazione che è articolata per tutti i settori produttivi. (…) Abbiamo dato articolazioni diverse e anche proposte di tipo diverso. (…)

Mentre è facile mettere, diciamo così, (…) un call center in smart working perché ovviamente sono lavoratori interconnessi che usano le tecnologie digitali tutti i giorni per il loro lavoro, è molto più difficile fare un ragionamento del genere per una fabbrica metalmeccanica oppure per la filiera dell'agroalimentare.

Però questo non significa che non si può fare sanificazione, non si possono adottare le misure organizzative necessarie al distanziamento interpersonale e non si possono dare i DPI ove le condizioni indicate prima non esistono.

 

Questa è per noi la condizione imprescindibile. Ovviamente siamo disposti al confronto anche poi nelle articolazioni dei settori produttivi che ovviamente sono diversi e hanno bisogno di misure diverse. Siamo assolutamente aperti al confronto però sempre nella condizione che non si può prescindere dalla condizione delle persone.

 

Dunque, per essere chiari, voi non chiedete che siano fermati altri ambiti produttivi e non lavorativi rispetto al decreto dell’11 marzo? 

 

S.C.: Ripeto che noi non facciamo una richiesta aprioristica al di fuori della realtà.

Facciamo questa richiesta, ove se ne determinano le condizioni perché non c'è la possibilità di lavorare in salute e sicurezza, secondo i canoni del decreto: distanziazione, DPI, misure organizzative e sanificazione.

 

Per cui laddove queste cose possono essere applicate è giusto andare avanti, laddove non sono applicabili è giusto fermare le attività. Questo sarebbe il senso delle vostre richieste?

 

S.C.: Esattamente.

 

La carente attenzione verso la tutela dei lavoratori

Torniamo a parlare più genericamente del coronavirus. Lei ha parlato di alcune tutele che in alcuni casi ancora mancano nei luoghi di lavoro. Cosa è mancato nei decreti in questa fase emergenziale riguardo alla sicurezza? C'è stata una sufficiente attenzione all'ambito del mondo del lavoro?

 

S.C.: No, non c'è stata una sufficiente attenzione, perché ovviamente in queste situazioni di caos e di emergenza locale era ovvio che qualcosa sfuggisse. Però, guarda caso, è sfuggito proprio una cosa che non è esattamente da poco.

Noi abbiamo anche rilevato (…) e abbiamo accolto con irritazione alcune posizioni datoriali che dichiaravano come pretestuose le nostre richieste e le nostre osservazioni al Decreto (…). Qualcuno ha detto che i lavoratori e gli scioperi fossero irresponsabili rispetto alla nazione. Questo per noi è assolutamente inaccettabile e la nostra posizione è giusta perché noi non diciamo a priori la produzione no o la produzione sì. Dove certe condizioni, come ho detto prima, sono rispettate, diciamo sì alla produzione sempre guardando alle necessarie misure organizzative e ai DPI. (…)

 

Vediamo di affrontare il tema dell'applicazione del decreto 81 in questa particolare situazione legata al coronavirus. Ci sono aspetti o criticità che voi rimarcate riguardo all'applicazione del decreto o agli obblighi di tutela?

 

S.C.: Io non parlerei di criticità, così, in maniera secca.

La nostra posizione – e questo tempo, non solo da oggi - è che il decreto 81 sia una buona legge, che contempli molti casi fra cui anche questo. Cioè noi dobbiamo renderci conto che il coronavirus non è l'unico agente biologico che sussiste come rischio all'interno dei luoghi di lavoro. E da questo punto di vista il titolo dell'81 che affronta questo rischio è molto chiaro, molto fungibile, molto applicabile. Peraltro questo va letto in combinato disposto non solo con l’81, ma anche col 2087 del codice civile e anche con la possibilità che, forse non tutti i lavoratori conoscono e che sarebbe meglio ancora ribadire sempre in maniera molto chiara, che ove non ci siano condizioni corrette, dove ci sia un pericolo immediato per la salute del lavoratore, il lavoratore può rifiutarsi di effettuare la prestazione lavorativa. Ovviamente questi sono, come dire, casi estremi che ovviamente la nostra legislazione prevede e che sono legati a casi molto precisi. Però io penso che la legislazione sia adeguata.

Altra cosa è come la legislazione sia declinata praticamente all'interno dei luoghi di lavoro. Questa è altra cosa. (…)

 

C'è una condivisione a livello confederale di queste posizioni relative al COVID-19, ai decreti e all’emergenza?

S.C.: Assolutamente sì. Noi abbiamo appena fatto una comunicazione unitaria a tutte i nostri RLS, RLST, RLS di sito, … in cui diamo le direttive guida - che poi state ovviamente adottate nei vari contesti – appunto in maniera unitaria.

 

(…)

 

 

 

Articolo e intervista a cura di Tiziano Menduto

  

 

Scarica la normativa di riferimento:

DECRETO DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI 11 marzo 2020 - Ulteriori disposizioni attuative del decreto-legge 23 febbraio 2020, n. 6, recante misure urgenti in materia di contenimento e gestione dell'emergenza epidemiologica da COVID-19, applicabili sull'intero territorio nazionale.

 

DECRETO-LEGGE 23 febbraio 2020, n. 6 Misure urgenti in materia di contenimento e gestione dell'emergenza epidemiologica da COVID-19. (GU Serie Generale n.45 del 23-02-2020)

 

 

 

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