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Le dimensioni del fenomeno dello stress lavoro-correlato

Le dimensioni del fenomeno dello stress lavoro-correlato

Un documento correlato al progetto europeo REST@Work segnala le dimensioni e le condizioni che incidono sul fenomeno dello stress lavoro-correlato. Gli obiettivi del progetto, i passi in avanti e le criticità nella tutela della salute e sicurezza.

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Roma, 29 Set - I rischi psicosociali e lo stress lavoro-correlato rappresentano attualmente uno dei problemi più rilevanti del mondo del lavoro, un problema che può “determinare pesanti ripercussioni sia sulla salute dei lavoratori, sia sulla capacità produttiva delle imprese”. E la gestione dei rischi psicosociali “appare più difficile nelle piccole e medie imprese, non solo per differenze di cultura aziendale, ma anche per la diversità delle relazioni sul lavoro, per la maggiore difficoltà ad esercitare la rappresentanza dei lavoratori e per le caratteristiche stesse del modello produttivo. La crisi economica ha inoltre inciso pesantemente in questi ultimi anni, limitando le risorse disponibili ed aggiungendo elementi di precarietà e di incertezza circa la stabilità del posto di lavoro”.

 

A presentare in questi termini il tema dello stress lavoro correlato, in relazione al Progetto REST@Work - Reducing stress at work (portato avanti in Italia dall’Unione Italiana del Lavoro, UIL) e il documento “REST@Work - REducing STress at Work. Stress lavoro correlato: un rischio da gestire insieme”, è Silvana Roseto della Segretaria Confederale UIL.

Il progetto, finanziato dall’Unione Europea, è finalizzato a condurre un’indagine quantitativa e qualitativa sulle misure, le disposizioni e le politiche attuate in merito allo stress lavoro correlato. In particolare si vuole “mettere sotto la lente di ingrandimento il problema dello stress lavoro-correlato nelle piccole e medie imprese, allo scopo di capire la dimensione del fenomeno, di indagare il livello di consapevolezza, le competenze e gli strumenti messi in campo, con l’obiettivo non solo di rilevare le criticità, ma anche di condividere e diffondere modelli e soluzioni adottabili”. E in relazione al progetto, sviluppato da otto paesi europei in partenariato (Francia, Grecia, Italia, Lituania, Portogallo, Romania, Spagna, Ungheria), sono stati prodotti alcuni documenti per presentare l’indagine e per conoscere meglio le criticità del rischio stress.

 

In “REST@Work - REducing STress at Work. Stress lavoro correlato: un rischio da gestire insieme” - a cura di Christian Nardella, Feliciano Iudicone, Silvia Sansonetti (Fondazione Giacomo Brodolini), Fulvio D’Orsi (ITAL-UIL) e Gabriella Galli (UIL) – vengono fornite innanzitutto informazioni sulle dimensioni del fenomeno dello stress lavoro-correlato.

 

Si indica che negli ultimi anni “rilevanti cambiamenti nel mondo del lavoro hanno favorito un aumento della complessità, mettendo alla prova le capacità individuali dei lavoratori di farvi fronte”, ad esempio con riferimento a:

- l’ invecchiamento della popolazione attiva e l’aumento della forza lavoro femminile: “fenomeni che determinano mutamenti sia del mondo produttivo che della società e degli stili di vita”;

- il lavoro a tempo parziale e gli orari atipici che “convivono con le tradizionali condizioni contrattuali contribuendo a creare assetti diseguali contemporaneamente presenti nelle aziende”;

- “l’esigenza di flessibilità, la precarizzazione, i continui cambiamenti nell’organizzazione del lavoro ed una gestione delle risorse umane più individuale e maggiormente orientata al risultato”;

- il diffondersi delle nuove tecnologie d’informazione e comunicazione, il telelavoro ed il lavoro mobile che “cominciano ad annullare le barriere spaziali e temporali che finora separavano il lavoro dalla vita privata”.

E in definitiva tutte queste condizioni “hanno un’incidenza profonda sul benessere delle persone al lavoro e sulla percezione di come il lavoro possa avere un impatto negativo sulla salute”.

 

Si riportano poi alcuni dati e indagini:

- in Europa il 25 % dei lavoratori “sostiene di soffrire di stress legato all’attività lavorativa per tutto o per la maggior parte dell’orario di lavoro ed una percentuale simile riferisce che l’attività lavorativa rappresenta un rischio per la propria salute (EU-OSHA 2014)”;

- la quarta indagine sulle condizioni di lavoro in Europa (Parent-Thirion et al., 2007) ha rilevato, nel 2005, “che il 20% dei lavoratori nei primi 15 stati membri della UE ed il 30% nei nuovi stati membri è convinto che la propria salute sia minacciata dallo stress lavoro-correlato”;

- nei 15 Stati membri “la stima dei costi attribuibili ai problemi di salute mentale riconducibili allo stress lavoro-correlato è del 3-4% del PIL (approssimativamente 265 miliardi di euro all’anno)”;

- un rapporto della Commissione Europea (Levi, 2000) indicava che “metà dei lavoratori della UE riferiva elevati ritmi di lavoro, il 44% rotazione di mansioni assente o molto limitata, il 50% compiti ripetitivi”.

E se dal 2005 si può registrare un calo dell’incidenza di alcuni fattori di rischio psicosociali (“meno persone dichiarano nella rilevazione dell’EU-OSHA di dover sostenere orari di lavoro prolungati o lamentano l’assenza di sostegno sociale”), si sottolinea che è “aumentata la precarietà del lavoro e un quinto dei lavoratori continua a svolgere un’attività lavorativa per molte ore o con orari irregolari”. E recentemente in alcuni paesi “sono aumentate le segnalazioni di pressione del lavoro, oltre che di violenze e molestie, le quali sono associate a cambiamenti sul luogo di lavoro riconducibili alla crisi economica”.

 

In definitiva per la maggior parte delle imprese i rischi psicosociali rappresentano una fonte di preoccupazione: “quasi l’80% dei dirigenti si dichiara preoccupato per lo stress legato all’attività lavorativa e circa uno su cinque considera la violenza e le molestie sul lavoro la maggiore preoccupazione. Se si considerano singolarmente i vari rischi, il principale problema riferito dai dirigenti riguarda i ritmi di lavoro pressanti e l’interazione con altri soggetti come clienti, pazienti o studenti (EU-OSHA, 2014)”.

 

Il documento ricorda poi che, riguardo alla tutela della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, la questione di come definire, prevenire e ridurre lo stress sul lavoro “resta oggetto di significative divergenze tra legislazione e prassi degli Stati membri dell’Unione europea.

 

Si segnala che un primo passo in avanti verso l’adozione di un approccio preventivo globale alla salute sul lavoro, con riferimento anche alla riduzione dei rischi derivanti da situazioni di stress in ambito lavorativo, si è avuto con la Direttiva quadro europea (Direttiva 89/391/CE) in tema di salute e sicurezza sul lavoro (SSL). Una direttiva che introduce “l’obbligo per il datore di lavoro di garantire la salute e la sicurezza dei lavoratori in tutti gli aspetti connessi con il lavoro (Articolo 5), ivi compresi i principi di prevenzione che possono svolgere un ruolo significativo nella prevenzione dello stress, quali: l’obbligo di adeguare il lavoro all’uomo, in particolare per quanto concerne la concezione dei posti di lavoro e la scelta delle attrezzature di lavoro e dei metodi di lavoro e di produzione, in particolare per attenuare il lavoro monotono ed il lavoro ripetitivo e per ridurre gli effetti di questi lavori sulla salute, e l’obbligo di una politica di prevenzione globale e coerente che integri nella stessa la tecnica e la tecnologia, l’organizzazione del lavoro, le condizioni di lavoro, le relazioni sociali e l’influenza dei fattori dell’ambiente di lavoro”.

 

Il documento, che vi invitiamo a leggere integralmente, riporta poi le indicazioni della Direttiva sulla valutazione dei rischi e sulle informazioni che devono essere messe a disposizione dei lavoratori o dei rappresentanti dei lavoratori. Tuttavia la Direttiva non indica “quali rischi specifici dovranno essere valutati né menziona esplicitamente lo stress lavoro-correlato, cui si fa riferimento soltanto nelle Direttive in materia di salute e sicurezza, introdotte successivamente”.

E partendo dai risultati, nel corso degli anni novanta del secolo scorso, di vari studi che hanno individuato nello stress lavoro correlato un problema sempre più allarmante, è stata avviata nel 2002 una consultazione con le parti sociali al fine di garantire un livello minimo di tutela nei confronti dello stress lavoro-correlato in tutta Europa. E l’esito della consultazione “ha portato all’avvio di negoziati tra le parti sociali europee, che sono infine sfociati nella firma dell’Accordo quadro sullo stress lavoro-correlato dell’8 ottobre 2004”, un accordo che impegna i datori di lavoro “ad inserire lo stress nell’obbligo generale di prevenire i rischi professionali definiti nella Direttiva in materia di salute e sicurezza sul lavoro”.

 

Tuttavia se, come ricordato dalla Commissione europea (2011), l’Accordo “ha avuto un impatto nel promuovere consapevolezza sulla questione, soprattutto in termini di ulteriori orientamenti e sensibilizzazione” (sette Stati membri hanno modificato il loro quadro normativo dopo la firma dell’Accordo), successive relazioni sull’attuazione dell’Accordo e studi analoghi delle istituzioni europee “hanno attestato che la sua attuazione è a rischio e che persistono significative differenze in tutta Europa anche in merito alla reale applicabilità delle sue disposizioni nei confronti dei datori di lavoro in ragione dei diversi sistemi di relazioni industriali”.

 

In definitiva si sottolinea, ritornando agli obiettivi del progetto REST@Work, come ci sia ancora “scarsa conoscenza e reale consapevolezza dello stress lavoro-correlato da parte dei lavoratori stessi e dei datori di lavoro, soprattutto per quanto riguarda le piccole e medie imprese (PMI)”.

 

Ricordiamo, in conclusione, che nei prossimi giorni torneremo su questo documento per raccogliere nuove informazioni sul progetto e, più in generale, sul tema dello stress lavoro correlato in Europa.

 

Tiziano Menduto

 

 Scarica il documento da cui è tratto l'artico:

REST@Work - REducing STress at Work. Stress lavoro correlato: un rischio da gestire insieme”, a cura di Christian Nardella, Feliciano Iudicone, Silvia Sansonetti (Fondazione Giacomo Brodolini), Fulvio D’Orsi (ITAL-UIL) e Gabriella Galli (UIL), pubblicazione realizzata all’interno del progetto REST@Work - REducing STress at Work co-financed by the European Union under the Programme Social Dialogue – DG EMPL (formato PDF, 3,77 MB).

 

Leggi gli altri articoli di PuntoSicuro sullo stress e sui rischi psicosociali nei luoghi di lavoro

 

 

 

 



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