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Laboratori chimici: un manuale per la valutazione del rischio

Laboratori chimici: un manuale per la valutazione del rischio
Redazione

Autore: Redazione

Categoria: Rischio chimico

08/11/2017

Aggiornate le indicazioni e gli strumenti la valutazione del rischio da esposizione ad agenti chimici pericolosi e agenti cancerogeni e mutageni con riferimento all’attività di laboratorio delle agenzie ambientali. Peculiarità e indici di rischio.

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Rischio chimico - 3 ore
Informazione ai lavoratori sui rischi specifici ai sensi dell'Articolo 36 del D.Lgs. 81/2008

 

Roma, 8 Nov – L’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale ( ISPRA) è un ente che svolge attività di ricerca, sperimentazione, controllo, monitoraggio e valutazione in materia ambientale e le varie agenzie di protezione ambientale si trovano spesso a trattare sostanze chimiche con varie tipologie di pericolosità.

Per questo motivo in questi anni - anche attraverso l’attività del Centro interagenziale "Igiene e sicurezza del lavoro" istituito dal Consiglio del Sistema nazionale a rete per la protezione dell’ambiente (SNPA) - sono stati prodotti diversi documenti, tra il 2005 e il 2011, contenenti linee guida per la valutazione del rischio da esposizione ad agenti chimici pericolosi e ad agenti cancerogeni e mutageni. Linee guida che sono state recentemente riviste (“terza revisione”) con un nuovo manuale che tiene conto di diversi fattori:

- le modifiche della normativa comunitaria in tema di protezione della salute umana e dell’ambiente dai possibili rischi derivanti da agenti chimici concretizzatasi attraverso il Regolamento 1907/2006 REACH nonché di classificazione, etichettatura e imballaggio di sostanze e miscele pericolose mediante l’emanazione del Regolamento 1972/2008 CLP;

- l’intervento della Commissione consultiva permanente per la salute e sicurezza sul lavoro (art. 6 del D.lsg 81/08) con riferimento al documento del 2012 “ Criteri e strumenti per la valutazione e la gestione del rischio chimico negli ambienti di lavoro ai sensi del D.Lgs. n. 81/2008 e smi, (Reg. (CE) n. 1907/2006, Reg. (CE) n. 1272/2008 e Reg. (UE) n. 453/2010)”;

- l’esperienza derivante dalla applicazione dei criteri di valutazione del rischio chimico delle edizioni del 2006 e 2011 delle linee guida (2006 e 2011) che hanno permesso di individuare spunti di miglioramento.

 

Il nuovo documento, dal titolo “Manuale per la valutazione del rischio da esposizione ad agenti chimici pericolosi e ad agenti cancerogeni e mutageni”, curato da un tavolo di lavoro e relativo alla Delibera del Consiglio SNPA, seduta del 1 agosto 2017 (Doc. n. 18/17), tratta – come indicato in prefazione - “in maniera esaustiva e aggiornata gli aspetti riguardanti la valutazione, le misure di mitigazione e la gestione in ottica di SGSL del rischio chimico cui sono esposti gli operatori dei laboratori di ISPRA e delle Agenzie Ambientali”. Ed è arricchito da un “applicativo in formato Excel e Access per il calcolo automatico dei livelli d’esposizione agli agenti chimici pericolosi e di efficacia delle misure di tutela per gli agenti cancerogeni e mutageni, che, una volta immesse le informazioni sulle sostanze e miscele impiegate, diventa un efficace strumento di progetto, verifica e gestione delle misure di sicurezza applicate e/o applicabili per ridurre e gestire l’esposizione dei operatori”.

 

Ci soffermiamo in questo primo articolo di presentazione del documento, prima di entrare nello specifico della gestione e valutazione dei rischi chimici, su alcune considerazioni generali relative al concetto di rischio e all’importanza degli indici di rischio.

 

Il documento ricorda che il concetto di rischio “non ha mai avuto una definizione univoca “ e che attualmente  l’interpretazione comune tende ancora ad associare il rischio alle “situazioni potenzialmente dannose cui è esposta un’azienda, riconoscendolo come l’’esposizione all’incertezza che ha potenziali conseguenze negative’, considerandone quindi l’esposizione agli eventi negativi ed escludendone le possibili conseguenze positive indicate separatamente come ‘opportunità’”. E anche in letteratura l’accento “è comunemente posto sul ‘downside-risk’ (conseguenze derivanti da un evento negativo)”.  Tuttavia “nonostante alcuni rischi non siano controllabili dal management, così da cautelarsi dai possibili risvolti negativi, la maggior parte si rivela gestibile e magari sfruttabile per conquistare benefici più elevati. Abbracciando una ‘definizione neutrale’, alcuni rischi possono essere d’aiuto a studiare ipotesi per una migliore gestione”.

Si indica poi che il rischio viene connesso ad una misura dell’incertezza come “combinazione di probabilità (espressa anche in termini di frequenza, intesa come numero di volte che l’evento può verificarsi in un dato periodo di tempo) e conseguenze (‘impatto’ o ‘gravità’, quantificando l’entità del danno al verificarsi dell’evento) associate alla realizzazione dell’evento di riferimento. Il rischio quindi combina due aspetti concorrenti: il danno, cioè l’entità delle conseguenze negative, e la frequenza (o probabilità) del suo avverarsi”.

 

Veniamo all’importanza degli indici di rischio.

 

Infatti il documento indica che nel tentativo di “superare i limiti propri di un giudizio qualitativo affidato all’esperienza dei tecnici, attraverso la sistematizzazione dell’analisi dei rischi, è sorta l’esigenza di individuare indici numerici per esprimere sinteticamente il grado di rischio relativo allo svolgimento di una data attività”. E in generale le “motivazioni per l’adozione di un indice numerico rappresentativo del rischio, possono essere:

- fornire un metodo razionale per il confronto tra le situazioni di rischio in relazione alle scelte effettuate e alle situazioni analizzate;

- consentire a specialisti e non, un raffronto tra i livelli di rischio che le diverse scelte e situazioni analizzate comportano;

- mostrare come un’obiettiva analisi della realtà può eliminare pregiudizi e valutazioni emotive portando ad un più equilibrato apprezzamento del grado di accettabilità dei rischi”.

E se gli indici di rischio hanno una derivazione statistica, molte volte il dato numerico “oltre che invalidato dall’arbitrarietà delle stime è viziato da veri e propri errori logici”. E talvolta alcuni fattori indispensabili non vengono presi in considerazione, “tra questi si ricorda:

- “il grado di conoscenza del pericolo, che è ovviamente determinante in una corretta formulazione di un modello di accettazione dei rischi;

- il rapporto tra coscienza del pericolo e comportamento soggettivo degli individui esposti;

- il grado di influenza del comportamento e dello stato psicofisico degli esposti sulle condizioni oggettive di pericolo e quindi la possibilità di controllo su parametri che influenzano in modo non indifferente le condizioni globali di pericolo;

- la significatività delle medie rispetto alle situazioni specifiche;

- la dipendenza dell’integrazione del rischio per il tempo totale di esposizione nell’intera vita;

- la connessione tra accettazione e volontarietà dei rischi: si può parlare di rischio accettato solo nel caso in cui il rischio sia assolutamente volontario, mentre nel caso di totale imposizione si deve parlare di rischio subito con minore o maggiore rassegnazione, la classificazione nelle due sole categorie di rischi volontari e involontari è comunque troppo grossolana per consentire apprezzamenti quantitativi;

- la distinzione tra accettazione individuale e accettazione sociale: non è detto che il grado di disponibilità individuale a correre un determinato rischio sia proporzionale all’accettazione media di quel rischio da parte della società; e nemmeno che la disponibilità sociale verso determinati rischi sia strettamente correlata al grado di accettazione o di rassegnazione a quei rischi da parte degli individui esposti”.

In questo senso gli indici di rischio “non riescono a dare, per ogni situazione specifica, una rappresentazione tanto dettagliata da consentire l’individuazione delle singole cause di incidente; essi si limitano a fornire una indicazione su quali scelte producono livelli di danno, che può definirsi di trascurabilità dei rischi”.

 

Veniamo, infine, al rischio chimico, cancerogeno e mutageno e alle peculiarità della valutazione dei rischi nelle attività dei laboratori.

 

Il manuale sottolinea che nella realtà delle Agenzie Ambientali, “esistono diverse attività lavorative, come quelle che si effettuano nei laboratori di prova, che possono esporre i lavoratori ad agenti o a prodotti chimici e ciò può rappresentare un rischio sia per la salute (intossicazione acuta e cronica, ustioni chimiche, effetti mutageni, cancerogeni, ecc.), sia per la sicurezza (incendio, esplosione) dei lavoratori. Si tratta tipicamente di laboratori che effettuano analisi su svariate matrici ambientali e alimentari in cui è presente una vasta gamma di agenti chimici”. E si rileva che i campioni che arrivano al laboratorio sono spesso costituiti da “materiali di composizione ignota (ad esempio rifiuti abbandonati) e ciò rappresenta una fonte di rischio aggiuntivo e richiede sempre la massima attenzione da parte dell’operatore”.

È evidente che l’utilizzo di una sostanza chimica “non costituisce, di per sé, necessariamente un rischio effettivo per la salute, in quanto questo dipende e deriva solo dalle caratteristiche tossicologiche della sostanza e, in funzione di queste, dalle modalità del contatto che si realizza nel corso dell’attività lavorativa”. E la procedura di valutazione del rischio di esposizione ad agenti chimici nelle attività dei laboratori, “ha connotazioni peculiari rispetto alle valutazioni di attività in cui si fa uso di agenti chimici in cicli produttivi (industriali), nei quali si è in presenza di livelli d’emissione relativamente alti e sufficientemente costanti nel tempo. Attività per le quali può avere significato fare indagini ambientali al fine di confrontare i risultati con i valori limite di riferimento”.

Invece nelle attività di laboratorio delle Agenzie per l’Ambiente è utilizzata una “moltitudine di sostanze chimiche, dalle caratteristiche tossicologiche più disparate, in quantità molto piccole e per tempi d’esposizione molto brevi. Queste modalità operative possono rendere critica la misurazione ambientale dei contaminanti potenzialmente presenti in quanto il campionamento potrebbe non rispondere ai criteri di rappresentatività e significatività richiesti”.

 

Ricordando che il documento sottolinea l’importanza, nel settore dei rischi relativi alle sostanze chimiche, del “linguaggio” utilizzato, riportiamo brevemente alcune delle definizioni contenute nella pubblicazione:

- agente chimico pericoloso: “1) agente chimico che soddisfa i criteri di classificazione come pericoloso in una delle classi di pericolo fisico o di pericolo per la salute di cui al regolamento (CE) n.  1272/2008 s.m.i. del Parlamento europeo e del Consiglio, indipendentemente dal fatto che tali agenti chimici siano classificati nell'ambito di tale regolamento; 2) agente chimico che, pur non essendo classificabile come pericoloso ai sensi di quanto riportato al punto 1, comportano un rischio per la sicurezza e la salute dei lavoratori a causa di loro proprietà chimicofisiche, chimiche o tossicologiche e del modo in cui sono utilizzati o presenti sul luogo di lavoro, compresi gli agenti chimici cui è stato assegnato un valore limite di esposizione professionale di cui all'Allegato XXXVIII del d.lgs. 81/08”;

- agenti chimici: “tutti gli elementi o composti chimici, sia da soli sia nei loro miscugli, allo stato naturale o ottenuti, utilizzati o smaltiti, compreso lo smaltimento come rifiuti, mediante qualsiasi attività lavorativa, siano essi prodotti intenzionalmente o no e siano immessi o no sul mercato”;

- attività che comporta la presenza di agenti chimici: “gni attività lavorativa in cui sono utilizzati agenti chimici, o se ne prevede l’utilizzo, in ogni tipo di procedimento, compresi la produzione, la manipolazione, l’immagazzinamento, il trasporto o l’eliminazione e il trattamento dei rifiuti, o che risultino da tale attività lavorativa”.

 

L’indice del documento:

 

1. PREMESSA ALLA TERZA EDIZIONE

2. IL RISCHIO CONNESSO ALL’USO DI SOSTANZE PERICOLOSE
2.1 Il concetto di “rischio”
2.2 Gli indici di rischio
2.3 Il rischio chimico, cancerogeno e mutageno

3. RIFERIMENTI DEFINIZIONI E TERMINOLOGIA

 

4. SOSTANZE E MISCELE PERICOLOSE
4.1 Saper leggere le etichette e le schede di sicurezza
4.2 Sistemi di classificazione
4.3 REACH e CLP - Caratteristiche di pericolosità delle sostanze
4.4 Consigli di prudenza
4.5 Caratteristiche di pericolo nei rifiuti e classificazione CLP
4.6 Metodi e strumenti per riconoscere i pericoli

5. L’EVOLUZIONE NORMATIVA IN TEMA DI SOSTANZE CHIMICHE
5.1 La normativa di riferimento in Europa
5.2 La normativa di riferimento in Italia

6. PRINCIPI GENERALI PER OPERARE CON AGENTI CHIMICI PERICOLOSI
6.1 Introduzione
6.2 Indicazioni generali
6.3 Uso delle lenti a contatto nei laboratori
6.4 Manipolazione di agenti chimici pericolosi
6.5 Dispositivi di protezione collettiva (DPC)
6.6 I dispositivi di protezione individuale (DPI)
6.7 Bombole di gas in pressione
6.8 Liquidi criogenici
6.9 Utilizzo di apparecchiature
6.10 Impianti e apparecchiature elettrici
6.11 Norme generali per laboratori con presenza di campi magnetici statici
6.12 Comportamenti in caso di emergenza e/o incidente
6.13 Precauzioni per l’uso e lo stoccaggio degli agenti chimici pericolosi
6.14 Indicazioni sulle classi di incompatibilità delle sostanze
6.15 Valutazione delle incompatibilità: manipolazione e smaltimento

7. IL RISCHIO DA ESPOSIZIONE A SOSTANZE PERICOLOSE
7.1 I rischi connessi all’impiego di sostanze pericolose
7.2 Le vie di assorbimento degli agenti chimici nell’organismo
7.3 La rilevanza delle tipologie di esposizione
7.4 Le principali forme di tossicità
7.5 Relazione dose-risposta
7.6 L’esposizione a più sostanze ed effetti sulla salute dei lavoratori - sinergia

8. VALUTAZIONE DEL RISCHIO DA ESPOSIZIONE AD AGENTI CHIMICI PERICOLOSI
8.1 Un indirizzo metodologico per la valutazione
8.2 Introduzione
8.3 Lo schema logico di valutazione del rischio chimico
8.4 Valutazione del rischio per la sicurezza
8.5 Il rischio per la salute
8.6 Valutazione del rischio per polveri non altrimenti classificate e fibre

9. VALUTAZIONE DEL RISCHIO DA ESPOSIZIONE AD AGENTI CANCEROGENI E MUTAGENI
9.1 La procedura di valutazione del rischio cancerogeno e mutageno
9.2 L’algoritmo di valutazione dell’adeguatezza delle misure di tutela applicate
9.3 Monitoraggi ambientali e/o biologici nell’utilizzo di agenti cancerogeni / mutageni

10. PROCEDURA DI GESTIONE DEGLI AGENTI CHIMICI PERICOLOSI
11. IL MONITORAGGIO BIOLOGICO E AMBIENTALE
11.1 La misurazione degli effetti sull’organismo
11.2 Misurazione dell’agente chimico pericoloso nell’ambiente di lavoro

APPENDICE A
BIBLIOGRAFIA, NORMATIVA E SITOGRAFIA
APPENDICE B
RAFFRONTO CLP, DPP E DSP
APPENDICE C
SCHEDA RACCOLTA DATI AGENTI CHIMICI PERICOLOSI
APPENDICE D
SCHEDA RACCOLTA DATI AGENTI CANCEROGENI E MUTAGENI

 

 

 

 

RTM

 

 

Scarica i documenti da cui è tratto l'articolo:

ISPRA, Consiglio SNPA, “ Manuale per la valutazione del rischio da esposizione ad agenti chimici pericolosi e ad agenti cancerogeni e mutageni”, documento curato da un tavolo di lavoro e relativo alla Delibera del Consiglio SNPA, seduta del 1 agosto 2017 - Doc. n. 18/17 – edizione ottobre 2017 (formato PDF, 3.93 MB).

 

Consiglio SNPA, “ Algoritmo di calcolo dell’Indice di Rischio Chimico e del Rischio Cancerogeno come da MLG 73/2011 di ISPRA (Linee guida per la valutazione del rischio da esposizione ad Agenti Chimici Pericolosi e ad Agenti Cancerogeni e Mutageni, Centro Interagenziale ‘Igiene e Sicurezza del Lavoro’)” - Revisionato nel 2015-2016 (formato PDF, 7.94 MB).

 

 

 

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