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Rischio chimico: la maggioranza delle valutazioni dei rischi è errata

Rischio chimico: la maggioranza delle valutazioni dei rischi è errata

Un’analisi di documenti di valutazione del rischio chimico e cancerogeno in un gruppo di imprese situate nel territorio modenese, mostra gli errori e le criticità delle valutazioni effettuate. Ci sono le competenze necessarie al percorso valutativo?

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Rischio chimico - 1 ora
Informazione ai lavoratori sui rischi specifici ai sensi dell'art. 36 del D.Lgs. 81/2008

Bologna, 18 Mag – Una modalità corretta di valutare il rischio chimico nei luoghi di lavoro presuppone che il datore di lavoro determini preliminarmente la presenza di agenti chimici pericolosi, adotti inizialmente misure e principi generali di tutela, analizzi il rischio chimico che persiste e concluda la valutazione classificando il livello del rischio. Ma spesso le valutazioni del rischio chimico non sono realizzate correttamente.

 

Ne abbiamo parlato nei giorni scorsi e con riferimento anche ai vari regolamenti europei, come il Regolamento REACH e CLP, con Celsino Govoni (Regione Emilia Romagna, Ausl Modena) e Augusto Di Bastiano (ECHA) intervistati ad Ambiente Lavoro di Bologna. E il Dott. Govoni ci ha fornito informazioni su alcune verifiche svolte sul territorio dell’Ausl modenese in merito alle valutazioni del rischio chimico.

 

Per cercare di raccogliere ulteriori dati e comprendere le eventuali criticità nelle aziende in ambito chimico, presentiamo oggi un intervento al convegno “REACH  2016. TU2016, REACH e CLP. L’applicazione dei Regolamenti REACH e CLP e le novità nella gestione del rischio chimico nei luoghi di vita e di lavoro” che si è tenuto a Bologna, durante Ambiente Lavoro, il 19 ottobre 2016.

 

L’intervento “Analisi aggiornata di documenti di valutazione del rischio chimico e cancerogeno dei lavoratori” – a cura di Fabrizio De Pasquale (SPSAL AUSL Modena), Raffaella Ricci (SPSAL AUSL Modena, Autorità Competente REACH e CLP), Martina Cirioni (Corso di Laurea in Tecniche della Prevenzione – Università degli Studi di Parma) e Celsino Govoni (SPSAL AUSL Modena, Autorità Competente REACH e CLP) – ricorda che durante il 2016 lo SPSAL Dipartimento Sanità Pubblica dell’ Azienda USL di Modena, nell’ambito di un progetto di tirocinio in collaborazione con l’Università degli Studi di Parma, ha “messo in campo un ciclo di verifiche documentali riguardanti, in particolare, le valutazioni del rischio chimico e cancerogeno effettuate da alcune imprese situate nel territorio modenese”.

 

Si sottolinea, tra l’altro che le modalità operative per valutare i rischi chimici e cancerogeni nei luoghi di lavoro hanno subito nel corso degli ultimi anni molti aggiornamenti sia dal punto di vista normativo sia dal punto di vista procedurale. Ad esempio con riferimento all’entrata in vigore del Titolo IX Capi I e II del D.Lgs.81/2008, del Regolamento REACH e del Regolamento CLP.

 

Riguardo alla metodologia seguita, si indica che tra le aziende ispezionate “sono state selezionate le dodici più significative per quanto riguarda la presenza del rischio chimico, in cui sono stati acquisiti i documenti di valutazione del rischio (DVR)”. Otto di queste erano imprese del comparto metalmeccanico, due del comparto tessile e due del comparto alimentare.

E valutando la stesura dei DVR è “inizialmente emerso che le ultime valutazioni eseguite avevano date certe comprese tra il 2012 e il 2015, dove 1/3 delle aziende aveva effettivamente eseguito un aggiornamento, ma solo a seguito di un intervento dell’Organo di vigilanza e 2/3 delle aziende aveva riaggiornato autonomamente il documento a seguito di modifiche del ciclo produttivo”.

 

Altre considerazioni:

- “circa il 2/3 delle aziende ha eseguito una valutazione del rischio per gruppi omogenei associando ad ogni mansione i lavoratori esposti”;

-  2 aziende su 12 hanno svolto la valutazione “riferendosi al singolo lavoratore, anche in considerazione del numero ridotto di esposti”;

- solo 2 aziende su 12 hanno eseguito la valutazione del rischio chimico “utilizzando un algoritmo (Modello di valutazione del rischio da agenti chimici pericolosi dell’Emilia-Romagna, Toscana e Lombardia) ed eseguendo i calcoli per la determinazione del rischio chimico con il programma MoVaRisCh limitandosi a fare calcoli riferendosi ai singoli agenti pericolosi utilizzati nel ciclo produttivo, anziché riferirsi al lavoratore esposto o al gruppo omogeneo di lavoratori”.

 

Queste in sintesi le conclusioni delle valutazioni del rischio chimico per la salute:

- “5 aziende su 12 si ritiene che abbiano espresso correttamente il giudizio di rischio non irrilevante per la salute dei lavoratori esposti in quanto questi erano tutti esposti frequentemente ad un numero elevato di agenti chimici pericolosi per la salute;

- 1 azienda si ritiene abbia correttamente classificato il rischio come irrilevante per la salute dei propri lavoratori per la quantità esigua degli agenti chimici pericolosi impiegati;

- 6 aziende su 12, si ritiene abbiano espresso erroneamente il giudizio finale di rischio irrilevante per la salute dei lavoratori in quanto analizzando con maggior attenzione e accuratezza la realtà di quelle aziende, la classificazione del rischio risultava chiaramente superiore alla soglia dell’irrilevante per la salute a causa delle modalità espositive dei lavoratori agli agenti chimici pericolosi”. 

E per quanto riguarda le 6 aziende con valutazione del rischio chimico difforme al dettato legislativo, le “criticità individuate erano le seguenti:

- 3 delle 6 aziende eseguivano attività in cui i lavoratori erano esposti non solo ad agenti chimici pericolosi in quantità significativa e quindi sottostimando il rischio, ma anche ad agenti cancerogeni nella saldatura di acciai speciali e nell’uso di benzina nel ciclo produttivo;

- 1 azienda con produzione e vendita di capi d'abbigliamento aveva previsto un processo di lavaggio a secco con una sostanza cancerogena di categoria 2 (percloroetilene o PCE) nel reparto lavanderia.  In questo caso la valutazione faceva erroneamente riferimento ad un ciclo chiuso di lavaggio, mentre la probabile esposizione dei lavoratori a PCE non si limitava alla sola fase di lavaggio, ma anche all'apertura della lavatrice e alla successiva rimozione del vestiario, oltre che durante la stiratura;

- 2 aziende avevano eseguito la valutazione del rischio utilizzando il Modello cosiddetto ‘MoVaRisCh’, concludendo di ricadere in una zona d’incertezza senza fare i successivi approfondimenti di non superamento della soglia del rischio irrilevante per la salute”. 

 

E per quanto concerne le valutazioni di conformità dei DVR per il rischio chimico per la sicurezza:

- “3 aziende su 12 si ritiene abbiano valutato correttamente il rischio chimico per la sicurezza dei lavoratori (2 aziende con tutti i lavoratori a rischio non basso ed un’azienda con tutti i lavoratori a rischio basso);

- per 1 azienda non è stato possibile esprimere una valutazione di merito per la mancanza di SDS dei prodotti chimici presenti”;

- 8 aziende delle 12 ispezionate “si ritiene che abbiano eseguito una valutazione del rischio chimico per la sicurezza errata. L'errore comune è stato quello di non considerare fra gli agenti chimici pericolosi quelli aventi proprietà pericolose corrosive o infiammabili o comburenti. A seguito di questo studio si è sorprendentemente constatato che anche qualora il DdL avesse preso in considerazione in maniera corretta gli agenti chimici pericolosi per la sicurezza, questi aveva comunque valutato un rischio chimico come ‘Basso per la sicurezza’ giustificandolo per: la presenza di idonei mezzi di protezione antincendio attivi o passivi (ad es. gli estintori); il possesso del Certificato di Prevenzione Incendi (CPI); l’ingiustificato uso limitato degli agenti chimici pericolosi che non potevano causare in alcun modo infortuni per i lavoratori; la dotazione dei DPI per i lavoratori esposti”.

 

Dopo aver fatto cenno ai risultati relativi al rischio da agenti cancerogeni e/o mutageni (solo “due aziende su sette avevano svolto correttamente la valutazione dell’esposizione ad agenti cancerogeni”), veniamo ad alcune considerazioni finali.

 

I dati, per quanto limitati come numero, mostrano che riguardo alla valutazione del rischio chimico per la salute il 50% delle aziende ha eseguito una valutazione errata, mentre per le valutazioni del rischio chimico per la sicurezza la percentuale di valutazioni errate sale al 67%. Per la valutazione del rischio cancerogeno la percentuale di valutazioni errate arriva addirittura al 70%.

 

L’indagine evidenzia non solo che la valutazione e la gestione del rischio chimico nelle imprese oggetto dell’indagine, anche in relazione all’applicazione dei nuovi Regolamenti europei, richiedono un approfondimento, una preparazione specifica, approfondita ed aggiornata del DdL e dei suoi collaboratori, ma che questa preparazione nel contesto delle micro e piccole imprese è praticamente inesistente”.

 

E, in conclusione, gli autori dello studio indicano che “sembra quasi che, anche a seguito dell’emanazione delle Linee Guida delle Regioni e delle Province autonome nel lontano 2002 e di numerosi modelli o procedure di calcolo elaborate per facilitare il percorso di valutazione del rischio chimico, gli RSPP, i consulenti e i professionisti della valutazione del rischio siano ancora disorientati e non in grado di adottare corrette modalità per elaborare la valutazione del rischio da agenti chimici pericolosi per la salute e per la sicurezza”.

 

    

 

Fonte:

 

Regione Emilia Romagna, Inail, Ausl Modena, “REACH. L’applicazione dei Regolamenti REACH e CLP nei luoghi di vita e di lavoro”, pubblicazione che raccoglie gli atti dei due convegni “REACH  2016. TU2016, REACH e CLP. L’applicazione dei Regolamenti REACH e CLP e le novità nella gestione del rischio chimico nei luoghi di vita e di lavoro” e “REACH edilizia. L’applicazione dei Regolamenti REACH e CLP nell’ambiente da costruire e nell’ambiente costruito”.

 

 

Tiziano Menduto



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