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Nuove tecnologie per la ricarica di apparati portatili

Nuove tecnologie per la ricarica di apparati portatili
Adalberto Biasiotti

Autore: Adalberto Biasiotti

Categoria: Privacy

25/09/2017

La crescente diffusione di apparati portatili, perlopiù alimentati a batteria, pone dei problemi non indifferenti, per quanto riguarda la ricarica di questi apparati portatili. Quali sono le nuove tecnologie oggi disponibili per risolvere questo problema?


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Il mondo della sicurezza è fortemente coinvolto nell'utilizzo di apparati portatili, siano essi telefoni cellulari, siano essi smartphone, siano essi apparati sensori utilizzati in sistemi antintrusione via radio ed altre applicazioni similari.

 

Il problema più importante, a fronte di questi apparati, è evidentemente la soluzione del problema della ricarica della batteria incorporata. In certi casi, come ad esempio quando ci troviamo davanti a sensori di impianti antintrusione senza fili, la soluzione è quella di sostituire periodicamente le batterie. È inutile mettere in evidenza come questa operazione possa talvolta essere costosa e comunque non particolarmente efficiente ed efficace.

 

All'altro capo si trovano gli apparati smartphone, che praticamente oggi debbono essere ricaricati tutti i giorni, perché i fabbricanti devono trovare un equilibrio fra le dimensioni e l'autonomia della batteria e le dimensioni le prestazioni dell'apparato, in cui la batteria è inserita.

Qualunque tecnologia che possa permettere di ricaricare rapidamente la batteria potrebbe consentire di ridurre le dimensioni della batteria stessa ed aumentare quindi lo spazio a disposizione per inserire circuiti, che possono offrire nuovi servizi all'utente.

 

Un primo passo avanti è stato fatto qualche tempo fa quando hanno cominciato a diffondersi i caricabatterie induttivi. In questo caso il dispositivo, ad esempio uno smartphone, deve essere appoggiato sopra un ripiano, che provvede, per via induttiva, a trasmettere energia di ricarica della batteria ad un apposito dispositivo, con antenna, posto all'interno dello smartphone stesso. Ricordo che già qualche anno fa, nelle sale di attesa di aeroporti di un certo livello, questi dispositivi erano già presenti.

 

Il problema era che i fabbricanti di smartphone non erano ancora pronti ad inserire questa funzionalità degli apparati in vendita corrente.

Oggi invece questa funzionalità è assai diffusa e perfino nelle moderne automobili, cosiddette intelligenti, è possibile appoggiare il proprio smartphone su una piccola piattaforma, vicina al cambio, provvedendo alla ricarica senza contatto fisico e mentre si guida indisturbati.

Questa soluzione tuttavia non è utilizzabile quando il dispositivo alimentato a batteria è, ad esempio, un sensore di un impianto senza fili. Ecco perché una azienda americana ha cominciato a lavorare su un principio completamente nuovo, che si basa su queste considerazioni:

oggi tutti i dispositivi senza fili comunicano con antenne trasmittenti, che trasmettono segnali di grande potenza, che vengono però utilizzate in minima parte per lo sviluppo della trasmissione radio vera e propria. Se quindi è possibile inserire nello smartphone o in altro dispositivo, che riceva questi intensi campi elettromagnetici, una piccola antenna ed un convertitore a radiofrequenza, sia ha a disposizione una sorgente di energia continua, che può ricaricare la batteria.

La parte elettronica è decisamente di minimo ingombro mentre un po' più complesso è lo studio di un sistema, che possa permettere di incorporare nel dispositivo portatile un'antenna, in grado di catturare questa energia a radiofrequenza. In una versione recentemente presentata ad una mostra di settore questa antenna è costituita dal guscio dell'apparato smartphone, ma è anche possibile realizzare questa antenna con altri sistemi.

 

Le prime esperienze dimostrano che la vita utile della batteria può essere aumentata sino al 30%, senza che l'operatore debba fare alcunché. Se poi la energia che viene catturata non è sufficiente, un'altra possibile soluzione si basa sulla installazione di dispositivi trasmittenti a radiofrequenza, che coprono ad esempio un locale di ritrovo pubblico o altra zona, in cui siano presenti numerosi operatori.

 

Più si avvicina l'operatore alla sorgente di radiofrequenza, maggiore è la energia catturata e l'energia che viene quindi inviata al dispositivo di ricarica della batteria.

Anche in questo caso, è evidente che una applicazione su larga scala può aversi soltanto se i maggiori fabbricanti mondiali di questi dispositivi si mettono d'accordo per inserire questa capacità nei loro nuovi prodotti.

Tornando al caso specifico dei sensori senza fili, che vengono utilizzati negli impianti antintrusione senza fili, potrebbe non essere troppo difficile installare nella custodia del sensore dei dispositivi aggiuntivi, che ad esempio potrebbero catturare sia l'energia a radiofrequenza emessa da stazioni base, poste nelle vicinanze, sia l'energia a radiofrequenza emessa dalla centrale di comando e controllo.

 

Si tratta di soluzioni decisamente innovative che cercano di porre rimedio a questa limitazione intrinseca, tipica degli apparati portatili, laddove si cerca di aumentare sempre il livello delle prestazioni, senza però aumentare il consumo energetico.

 

Altri ricercatori, invece, hanno per esempio fatto ricorso a oggetti che possono generare energia elettrica sfruttando le microvibrazioni del supporto su cui sono montati gli alimentatori o addirittura le variazioni di temperatura che possono verificarsi tra due parti del dispositivo, utilizzandole anch'esse per generare energia, idonea alla ricarica della batteria.

 

Questi ultimi dispositivi generano una quantità molto ridotta di energia ma servono per indicare la strada per possibili future più efficienti ed efficaci soluzioni.

 

 

Adalberto Biasiotti

 



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