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Rischio Stress: il disagio psicologico conseguente a rapine

Tiziano Menduto

Autore: Tiziano Menduto

Categoria: Lavoratori

21/07/2010

La prevenzione del disagio psicologico conseguente a rapina nei lavoratori bancari: gli atteggiamenti da assumere durante l’evento, gli effetti dell’evento rapina e il Disturbo Post Traumatico da Stress.

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Sul sito del Servizio Prevenzione Igiene e Sicurezza negli Ambienti di Lavoro (Spisal) dell’ULSS 6 di Vicenza è stata pubblicata – come intervento di promozione del benessere organizzativo nei lavoratori del settore bancario – la ricerca “La prevenzione del disagio psicologico conseguente a rapina nei lavoratori bancari”.

Tale ricerca, promossa e finanziata dalla Regione Veneto per il progetto “Promozione del benessere organizzativo negli ambienti di lavoro e sviluppo di azioni di contrasto dei rischi psicosociali” (DGR 4407 del 31/12/2005), ha riguardato gli effetti che l’evento “rapina” può determinare nel personale che opera agli sportelli degli Istituti di Credito.





Il documento ricorda che nel 2008 le rapine consumate ai danni degli sportelli bancari sono state 2.160 in Italia (Rapporto 2008 dell’Osservatorio sulla Sicurezza Fisica dell’Associazione Bancaria Italiana). In particolare nella regione Veneto sono state 83, approssimativamente 2,3 rapine ogni 100 sportelli.
Malgrado la diminuzione di rapine (a livello nazionale il 27,3% in meno rispetto all’anno precedente), non bisogna sottovalutare la rilevanza che esse hanno dal punto di vista psicologico per chi lavora in banca.
Infatti la rapina “è un evento che può provocare conseguenze di natura psicofisica per i dipendenti che, nel caso di eventi particolarmente violenti, potrebbero concretizzarsi nel Disturbo Post Traumatico da Stress (DPTS)”.
Ricordando che il Decreto legislativo 81/2008 impone al Datore di Lavoro la valutazione di tutti i rischi lavorativi compreso, espressamente, lo stress lavoro correlato, questo progetto intende offrire agli Istituti di Credito uno strumento utile” per assolvere agli obblighi previsti dal Testo Unico.

Si è dunque realizzata una ricerca sul campo (ha coinvolto 150 dipendenti Istituti di Credito della provincia di Vicenza) per “quantificare la diffusione e la gravità di sintomi patologici o di malessere” sulla base dei quali costruire dei possibili “percorsi formativi per la preparazione del personale alla gestione dell’evento in atto ed al controllo del conseguente impatto emozionale”.

Risultati
L’indagine ampiamente documentata a livello metodologico e di singoli risultati (con tabelle che vi invitiamo a visionare nel documento originale), riporta nelle conclusioni che a differenza di quanto emerso da precedenti indagini “non si è riscontrata la presenza di patologie ascrivibili alla Sindrome Post Traumatica da Stress (PTSD), così come rilevata dal test SCID-II” (uno strumento utile per la ricerca psicologica e psichiatrica che consente di formulare diagnosi).
Viene tuttavia confermata la “presenza di una varietà di sintomi che fanno pensare, indipendentemente dalla diagnosi di PTSD, a gradi di sofferenza psicologica significativi”.
In senso generale “gli intervistati mostrano un diffuso senso di sofferenza:
- la probabilità di percepire dei disturbi dopo aver subito una rapina diretta è di 6,7 volte superiore alla probabilità di percepire problemi in caso di una rapina indiretta;
- il 76% del totale dei soggetti intervistati ritiene che la rapina sia stata per loro un trauma, contro il 24% che invece lo nega”.
In particolare “il 77% (43 su 56) dei dipendenti rapinati direttamente e il 74 % (11 su 15) di quelli rapinati indirettamente definiscono la rapina un’esperienza traumatica”. 

Tra i sintomi rilevati sono compresi quelli di sopraeccitamento “per cui il sistema umano di autoprotezione è in allerta permanente come se il pericolo potesse ritornare in ogni momento”:
- “il 43% di chi ha subito una rapina dichiara di sentirsi più agitato di quanto non fosse prima; - il 39% dichiara di vivere in uno stato di maggiore allerta;
- l’82% dichiara di aver provato paura, di essersi sentito terrorizzato o impotente mentre la rapina era in corso”. Nel dettaglio, l’84% dei dipendenti rapinati direttamente e il 73% di quelli rapinati indirettamente rispondono positivamente alla domanda;
- la probabilità per coloro che hanno subito una rapina diretta di essere allarmato o sul ‘chi va là’ anche senza una ragione precisa è di 6,3 volte superiore rispetto a chi ha subito una rapina indiretta;
- la probabilità per coloro che hanno subito una rapina diretta di allarmarsi o sobbalzare facilmente, ad esempio per un rumore improvviso, è di 4,3 volte superiore rispetto a chi ha subito una rapina indiretta”. 

Una seconda area sintomatologica è riferita a tutti i “sintomi intrusivi per cui anche se il pericolo è passato e la persona rivive l’evento come se questo continuamente si ripresentasse nel presente e non è in grado di riprendere il normale corso della vita, perché il trauma continuamente lo interrompe”:
- “il 29% soffre maggiormente di problemi di sonno;
- la probabilità per coloro che hanno subito una rapina diretta di pensare allarapina anche quando non si voleva farlo è di 5,7 volte superiore rispetto a chi ha subito una rapina indiretta; - il 35% dei soggetti ha risposto di aver sognato l’evento traumatico; di questi il 43% dei lavoratori rapinati direttamente e il 7% di quelli rapinati indirettamente”;
- “il 41% del totale dei lavoratori rapinati dichiara di aver sperimentato in seguito le stesse emozioni o sensazioni provate durante la rapina”;
- “il 41% dei soggetti intervistati dichiara di aver avuto disturbi del sonno dopo la rapina; in particolare il 46% dei lavoratori rapinati direttamente e il 20% di quelli rapinati indirettamente”.

Una terza area fa riferimento al fatto che “a volte la situazione di pericolo a cui è impossibile fuggire, può provocare non solo terrore e collera ma anche, paradossalmente, uno stato di calma distaccata, nel quale terrore, rabbia e dolore si dissolvono. Gli eventi continuano a essere registrati sul piano della coscienza, ma è come se fossero stati scollegati dai loro normali significati. Le percezioni possono essere obnubilate o distorte con parziale anestesia oppure perdita di particolari sensazioni”: il 42% dei lavoratori “dichiara di aver dimenticato particolari importanti di quello che era accaduto durante l’evento rapina”.
La ricerca ha evidenziato poi un dato significativo relativo ai livelli di alessitimia presentati dai soggetti esaminati (difficoltà dei soggetti a mettersi in contatto con le proprie emozioni, a comunicarle,…).

Formazione
Una riflessione della ricerca riguarda le strategie preventive ed in particolare quanto può contribuire a un’adeguata formazione. Gli obiettivi della formazione “possono essere molteplici: conoscere quelle che possono essere le reazioni attese durante e dopo un evento potenzialmente traumatizzante come la rapina, riconoscere le proprie personali reazioni e le aree personali più soggette ad entrare in crisi, individuare le più efficaci strategie personali e di gruppo per aiutarsi a far fronte ai disagi psicologici vissuti”.
Tenendo conto quanto indicato a proposito dell’alessitimia è necessario aiutare i partecipanti a un corso di formazione, che abbiano subito una o più rapine, “a riconoscere e recuperare il senso delle emozioni vissute, collegandole all’evento scatenante, sapendo che tale operazione potrebbe essere difficile se affidata alle sole risorse individuali”.
Mentre per coloro che non sono stati esposti a tali eventi è importante “conoscere le possibili emozioni scatenate” e “assimilare tecniche di gestione delle stesse nonché saper applicare modalità relazionali efficaci nel post evento”.

Concludiamo la presentazione di questa ricerca riportando alcuni suggerimenti, a titolo di esempio, relativi agli atteggiamenti più opportuni da assumere durante una rapina:
- “non reagire, evitando gesti di eroismo o di violenza che potrebbero scatenare azioni estreme;
- sforzarsi, per quanto possibile, di non apparire impauriti per non aumentare anche la paura del rapinatore. Una reazione di panico, per quanto comprensibile, può allarmare l’aggressore e portarlo a risposte affrettate e violente;
 - assecondare il rapinatore facendo ricorso a movimenti lenti che al contempo non lo innervosiscano, ma ne rallentino l’azione;
 - avvisarlo se si attende l’arrivo di qualcuno in modo che tale fatto non scateni reazioni pericolose;
- attivare il segnale di allarme solo se si è sicuri che il rapinatore non se ne accorga;
- cercare di comunicare con lui in quanto la comunicazione può influire sull’esito della rapina;
- ricordare che il comportamento del dipendente della filiale influirà anche sulle reazioni delle altre persone presenti, soprattutto i clienti che non hanno la sua preparazione e si affidano a lui in specie nelle piccole realtà dove è conosciuto”.



ULSS di Vicenza, Regione Veneto, “La prevenzione del disagio psicologico conseguente a rapina nei lavoratori bancari”, ricerca relativa al progetto “Promozione del benessere organizzativo negli ambienti di lavoro e sviluppo di azioni di contrasto dei rischi psicosociali” (DGR 4407 del 31/12/2005), a cura del dott. Pierantonio Zanon, del dott. Antonio Zuliani, della dott.ssa Chiara Varalta e della dott.ssa Antiniska Maroso (formato PDF, 335 kB).




Tiziano Menduto



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