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La formazione per ridurre gli infortuni

Autore: Alessandro Mazzeranghi

Categoria: Lavoratori

11/12/2008

La questione della formazione, vista in pratica: dove dobbiamo investire sperando in un ritorno concreto? Come insegnare ai lavoratori a rilevare i rischi e a prendere le contromisure per evitare gli infortuni? A cura di Alessandro Mazzeranghi.

Chi scrive ha letto l’editoriale del direttore di Punto Sicuro dal titolo “ La ricetta del Ministro Sacconi per aumentare la sicurezza in Italia” e si è sentito spinto a esprimere alcune considerazioni a integrazione di quanto scritto che condivido assolutamente. Il punto di partenza è l’efficacia della formazione. Una formazione sulla sicurezza è efficace non sulla base della capacità di trasmettere contenuti ai discenti ma piuttosto sulla base della effettiva capacità di ridurre gli infortuni. Questa affermazione apparentemente banale comporta alcune conseguenze significative.


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Vediamo in sintesi perché viene attribuita tanta importanza alla formazione: principalmente perché gran parte degli infortuni che si verificano nel nostro paese hanno fra le cause errori umani compiuti dagli stessi infortunati o da altri colleghi; errori che derivano da ignoranza, disattenzione, pigrizia, superficialità ecc. Attraverso una attenta analisi si riscontra quindi che molti infortuni si sarebbero potuti evitare se ci fosse stata maggiore “attenzione alla sicurezza” da parte di chi opera sul campo. Questo non esclude che in molti casi si rilevino anche gravi responsabilità aziendali, ma non è questo il tema di cui vogliamo parlare in questa sede.
Come la formazione può porre rimedio a questa situazione? La risposta più semplicistica sarebbe: insegnando ai lavoratori le corrette procedure di sicurezza da adottare in azienda. Ma questa risposta ha un difetto perché non tiene conto delle situazioni anomale, cioè di quelle situazioni che non possono essere regolamentate a priori (un esempio per tutte: la manutenzione su guasto).
 
Allora l’obiettivo deve essere diverso, e proviamo ad esprimerlo come segue: rendere capaci tutti i lavoratori di rilevare i rischi a cui sono esposti e di prendere le corrette contromisure per evitare gli infortuni.
 
Questo obiettivo passa attraverso due aspetti:
•       Competenza dei lavoratori rispetto alle tipologie di rischio a cui potrebbero trovarsi esposti.
•       Capacità di operare tenendo d’occhio gli aspetti di sicurezza.
 
Il primo aspetto si risolve più facilmente, in quanto una azienda che abbia ben sviluppato la Valutazione dei Rischi e le conseguenti regole di lavoro sicuro (procedure di gestione dei processi critici e istruzioni di lavoro per le situazioni pericolose) ha a disposizione gli elementi di base ha tutti gli elementi per impostare una formazione adeguata, che dovrebbe tenere conto di questi requisiti:
•        Le regole di lavoro sicuro non sono sempre di immediata comprensione, e non sono mai complete; è quindi necessario che i lavoratori capiscano le relazioni causa effetto fra rischi e misure di sicurezza, per avere degli elementi di partenza per elaborare misure di sicurezza “plausibili” qualora dovessero rilevare rischi non previsti all’interno delle citate regole. Quindi le regole diventano degli esempi pratici la cui illustrazione ha un fine didattico più ampio.
•        Non è plausibile pensare che i lavoratori conoscano e ricordino esattamente tutte le regole, o che le consultino sempre, prima di dare inizio a una attività; per questo è necessario trasmettere un senso generale di cosa sono e su cosa si basano le regole in oggetto.
 
Il secondo è quello davvero difficile; infatti la capacità di guardarsi intorno tenendo conto anche degli aspetti di sicurezza comporta:
•        Una capacità di pensare alla sicurezza, o piuttosto di riconoscere che ci muoviamo in un mondo pieno di rischi piccoli e grandi, già presenti in gran numero a casa, ma che sul posto di lavoro (naturalmente in funzione del contesto specifico) possono aumentare sensibilmente. Chi scrive opera nel settore industriale dove è praticamente sempre vero che i rischi presenti sono di gran lunga più numerosi ed elevati rispetto al contesto domestico. Quindi chi opera in tale contesto dovrebbe concludere che, vista la situazione, è importante destinare sempre una parte della propria attenzione alla sicurezza. Siccome, purtroppo, di fronte a situazioni di rischio tendiamo a costruire barriere psicologiche che ci consentono di operare senza venire paralizzati dalla paura, non è facile fare superare questo ostacolo riportando appunto la giusta attenzione sulla sicurezza.
•        Un livello generale di attenzione piuttosto elevato, spesso poco compatibile con determinate tipologie di lavoro (ripetitivo, faticoso ecc.); questo in alcuni casi può essere un problema in più.
 
Come risolvere questo passaggio critico? Certamente non tramite la consueta formazione in aula, che al limite è un punto di partenza per avere delle conoscenze di base comuni sulle quali si possono costruire i passaggi successivi.
Uno degli strumenti che sicuramente si possono adottare è l’affiancamento on the job, da non confondere però con l’ addestramento per affiancamento. Quest’ultimo, affiancando un lavoratore esperto a uno meno esperto (per lo meno nello specifico contesto aziendale), vuole trasmettere al secondo le regole di comportamento aziendali, sia tramite l’esempio che tramite la correzione degli errori.
Quello di cui parliamo è invece qualcosa di molto diverso: affiancare al lavoratore (esperto o meno), mentre è intento nella sua quotidiana attività in azienda, un soggetto in grado di porre quesiti (perché esegui in questo modo questa operazione? Lo sai a quali rischi sei esposto? Perché non utilizzi i DPI che hai a disposizione?), di fare rilevare i rischi presenti, di fare osservare i modi di lavoro scorretti, di dare suggerimenti. Il tutto coinvolgendo il lavoratore quale attore principale che quindi deve rispondere, dire la sua, suggerire ecc. Il docente deve essere solo uno “strumento” per facilitare il lavoratore nel prendere coscienza del mondo che lo circonda. Naturalmente perché questo approccio abbia un senso deve essere adottato all’interno della azienda, nel corso della normale attività lavorativa. Ipotetiche simulazioni per gruppi di lavoratori di aziende diverse, oppure le così dette simulazioni multi mediali non hanno assolutamente la stessa efficacia.
Anche facendo tutto al meglio non è detto che questo approccio garantisca un successo completo; le percentuali variano da caso a caso (la compatibilità fra docente e discenti è un requisito delicatissimo), ma in ogni caso si riesce ad avviare un importante processo di miglioramento.
 
Queste considerazioni, basate sull’esperienza fatta in campo, e su tanti errori commessi da tutti coloro che si occupano della materia (ovviamente, incluso chi scrive) ci sono parse doverose a fronte di ipotesi di iniziative straordinarie di formazione, che potrebbero rapidamente trasformarsi in occasioni perse, se non saranno gestite con i giusti indirizzi, e in particolare con l’obiettivo diinsegnare a tutti i lavoratori (inclusi ovviamente dirigenti e preposti)a “vedere la sicurezza”, momento per momento, mentre svolgono le loro attività quotidiane in azienda.
 
Chiudiamo con una nota polemica: in pratica le aziende devono colmare un deficit della scuola, che non insegna ai bambini e ai ragazzini (chi scrive ha tre figli) a riconoscere le situazioni di rischio presenti a scuola, a casa o per strada … Peccato che sia molto più facile fare acquisire sensibilità a un nuovo argomento a un bambino di sette anni piuttosto che a un ragazzo di ventidue (per non parlare di un anziano di cinquanta anni).
 
Quindi le aziende devono davvero fare uno sforzo straordinario per superare questa situazione che è, oggettivamente, di stallo in quanto oggi possiamo affermare che nelle aziende più attente tutto ciò che si poteva ottenere tramite interventi tecnici e regole di sicurezza sviluppate secondo lo schema “comanda e controlla”, è già stato ottenuto. È solo sul fronte del coinvolgimento reale di tutti i soggetti interessati che siamo ancora fortemente carenti.
Ultima nota: non abbiamo parlato (volontariamente) di consapevolezza del ruolo da parte di tutti i soggetti interessati. È un altro bel tema su cui c’è davvero molto da migliorare. Ne riparleremo prossimamente.
 
 


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