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Indici di frequenza e dimensione aziendale

Tiziano Menduto

Autore: Tiziano Menduto

Categoria: Artigianato e PMI

01/08/2008

Accogliendo l’invito di un nostro lettore raccogliamo alcuni dati relativi agli indici di frequenza tratti dal Rapporto annuale Inail 2007. I settori più a rischio e le piccole e medie aziende artigiane e industriali.

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Qualche giorno fa abbiamo pubblicato un articolo relativo ad un Focus, intitolato “La ripetitività degli infortuni nelle aziende” e contenuto nel Rapporto annuale Inail 2007 (pag. 71-77), che cercava di indagare il ‘dove’ degli infortuni per capire in quali realtà aziendali e con quale frequenza si creassero le condizioni per l’accadimento di uno o più infortuni.

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Alcuni dei dati tratti da questo Focus, ed in particolare quelli in relazione al numero di addetti,  indicano che nel comparto industriale “le piccole aziende (fino a 15 addetti) che non subiscono nemmeno un infortunio nell’anno costituiscono ben il 94,7% del totale, mentre per quelle di grandi dimensioni (oltre 250 addetti) la percentuale scende al 4,6%”.
Dunque nelle microimprese “la probabilità di subire almeno un infortunio nell’anno è molto bassa e pari a 1 su 20”, mentre “per le grandi imprese la probabilità invece è quasi certa (95 su 100)”.
 
Il rischio di questi dati grezzi, specialmente se estrapolati dal contesto, rischiano tuttavia di generare degli equivoci e far pensare che le piccole aziende siano considerevolmente più sicure di quelle di grande dimensione.
Accogliamo dunque il consiglio di un nostro attento e gentile lettore che ci chiede di “far comprendere la situazione reale” presentando “l'indice di frequenza che testimonia la probabilità che una persona-lavoratore (e non un’entità giuridica aziendale) possa incorrere in un episodio infortunistico sul lavoro”.
 
Indice di frequenza di cui non c’è traccia nel Focus, ma che è invece considerato nel capitolo 2.4 del Rapporto annuale Inail 2007, dedicato agli indicatori strutturali di rischio per territorio e settore di attività.
 
L’Inail, per esprimere “il reale rapporto che esiste tra infortuni e forza lavoro”, elabora degli indicatori di rischio, gli indici di frequenza, secondo “rigorosi criteri statistici, primo fra tutti quello di far riferimento alla media dell’ultimo triennio consolidato per rendere la base statistica più stabile e significativa”. Dal triennio 2000-2002 per il calcolo di questi indici “vengono esclusi dal computo gli infortuni ‘in itinere’, in quanto si ritiene non siano strettamente correlati al rischio corso dal lavoratore nell’esercizio della propria attività” e per uniformarsi “alla metodologia di rilevazione degli infortuni sul lavoro adottata da EUROSTAT”.   
 
Riguardo all’ultimo triennio consolidato (quello riferito agli anni 2003-2005) a livello nazionale l’indice è pari a 30,79, “con una diminuzione di circa il 4% rispetto al precedente triennio, a conferma dell’andamento riflessivo che il fenomeno mostra già da diversi anni”.
 
Nel capitolo relativo agli indicatori strutturali di rischio, che abbiamo già citato nel nostro articolo di presentazione del Rapporto a proposito delle realtà territoriali e dei settori più a rischio, si ricorda che “le aziende di tipo artigianale sono caratterizzate da un indice di rischio decisamente più alto rispetto a quello delle aziende di tipo industriale: infatti da una media di quasi 30 infortuni indennizzati per mille addetti delle aziende industriali passiamo a quasi 38 di quelle artigiane”.
 
Addirittura, riguardo alla dimensione delle aziende artigiane, che rappresentano il 42% delle aziende assicurate, si nota che l’indice di frequenza “raddoppia nella classe da 1 a 15 addetti: è pari, infatti, a 60,07”.
E se a livello generale il settori più pericoloso è quello della Lavorazione dei metalli, “per le aziende artigiane le attività più rischiose sono l’Industria dei Mezzi di Trasporto (auto, moto, barche, ecc.), e la Lavorazione del Legno, con 55 indennizzi su 1.000 addetti”.
 
Tornando al comparto industriale l’indice di frequenza degli incidenti è più alto, invece, oltre che nella Lavorazione dei metalli, nella “Lavorazione dei minerali non metalliferi, le Costruzioni e la Lavorazione del Legno con indici nettamente superiori a quello medio generale”.
 
Infine “per le aziende industriali non sembra riscontrarsi, tranne che in particolari settori, una influenza decisiva sui livelli di rischio da parte della dimensione aziendale”.
 
 
 
Tiziano Menduto



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