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Rapine in banca: quali conseguenze per le persone coinvolte?

Redazione

Autore: Redazione

Categoria: Banche e vigilanza

19/07/2006

Per il mondo bancario, l’aspetto di maggior delicatezza nel campo della sicurezza anticrimine è rappresentato dall’evento rapina. I risultati di una indagine tra i dipendenti bancari. Di Antonio Zuliani e Chiara Varalta.

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Pubblichiamo un articolo tratto da PdE, Rivista di psicologia applicata all’emergenza, alla sicurezza e all’ambiente.

 

Rapine in banca: quali conseguenze per le persone coinvolte? Di Antonio Zuliani e Chiara Varalta.

Per il mondo bancario, l’aspetto di maggior delicatezza nel campo della sicurezza anticrimine è rappresentato dall’evento rapina, sia per la numerosità dei casi sia per le possibili conseguenze sui dipendenti e sulla clientela, oggetto quest’ultime di una ricerca condotta in collaborazione con la FABI.

Nel campo della sicurezza anticrimine, relativo al mondo bancario, l’aspetto di maggior delicatezza è rappresentato dall’evento rapina, sia per la numerosità dei casi sia per le possibili conseguenze sui dipendenti e sulla clientela.

I dati dell’Italia diffusi dal Viminale mostrano come il numero delle rapine alle banche è stato di 8.610 nel quadriennio luglio 1993- giugno 1997, per salire a 11.886 nel periodo luglio 1997-giugno 2001 e scendere a 10.373 nel quadriennio luglio 2001-giugno 2005.

Le banche hanno assunto impegni precisi, sottoscrivendo con le Prefetture il Protocollo di intesa per la prevenzione della criminalità, che rappresenta un fondamentale parametro per l’adempimento degli obblighi derivanti dal D. Lgs. 626/94 e dal CCNL del 12 febbraio 2005.

Scopo della ricerca
Lo studio è stato sviluppato con l’intento di contribuire alla conoscenza dei problemi psicologici che possono interessare le persone vittime di quell’evento traumatico che è la rapina.

In particolare si è cercato di individuare le reazioni più frequenti e quelle che causano al soggetto più sofferenza, tentando di verificare se, nel campione raccolto per questo studio, si sia arrivati a sviluppare un vero e proprio Disturbo Postraumatico da Stress.

Con l’appoggio e la collaborazione della Federazione Autonoma Bancari Italiana (FABI) è stato possibile raccogliere un gruppo di 40 impiegati bancari: 17 uomini e 23 donne, di età compresa tra i 25 e i 46 anni.

Delle persone intervistate 24 sono laureati, mentre i rimanenti 16 hanno conseguito un diploma di scuola media superiore.

Per quanto concerne la mansione svolta: 4 dei soggetti intervistati sono direttori di banca, 27 sono operatori di sportello (cassieri) e 9 consulenti di retrosportello che sono stati comunque direttamente coinvolti nell’evento rapina.

La maggior parte dei partecipanti sostiene di aver subito più di una rapina (qualcuno anche 5), per questo dato il campione presenta una media di 1,7 rapine subite.

Strumenti utilizzati
Per l’indagine sono stati utilizzati un colloquio nel quale si chiedeva di descrivere la rapina e gli eventuali problemi avuti in seguito e tre questionari: l’Intervista Clinica Strutturata per il DSM IV (SCID-II) per il Disturbo Post-Traumatico da Stress di First M.B.; lo State-Trait Anxiety Inventory (S.T.A.I.) inerente l’ansia e il Beck Depression Inventory-II (BDI-II).

Conclusioni
In dato più rilevante da cercare è stato quello riguardante lo sviluppo della Sindrome Post Traumatica da Stress.

Osservando i risultati raccolti dallo SCID-II si nota che il 15% degli impiegati bancari intervistati (6 soggetti) hanno risposto positivamente a tutti i criteri del Disturbo Post-traumatico da Stress, quindi sono diagnosticabili per tale disturbo.

Tale percentuale (15%) in sé non appare statisticamente significativa, anche se si colloca al di sopra di quella riferita da altri studi. Kessler et al. (1995) hanno stimato la prevalenza del disturbo nel corso della vita nella popolazione generale pari allo 7,8%, precisando che per gli uomini è del 5%, mentre per le donne è del 10,4%.

Uno studio dell’International Critical Stress Foundation del 2002 indica come il 10-15% del personale addetto alle forze dell’ordine statunitensi sia affetto da PTSD.

Nikki et al. (2002) hanno riscontrato tale disturbo nel 7,9% dei sopravvissuti all’attacco terroristico dell’11 settembre 2001 al Pentagono.

Anche in uno studio italiano del 2003 che ha investigato gli effetti sulla salute del terremoto di San Giuliano (Molise) del 2002, la percentuale degli intervistati con “possibile” Disturbo Post-traumatico da Stress è pari al 14%.

Considerando i dati presentati, dobbiamo constatare che la percentuale ottenuta rispetto alla presenza del PTSD statisticamente non appare significativa, ciò nonostante appare interessante osservare la grande quantità di sintomi riportata dai soggetti e la durata degli stessi, in particolare relativamente a: disturbi del sonno, difficoltà di concentrazione e agitazione.

Nell’intervista iniziale il 60% dei soggetti afferma di soffrire d’insonnia, il dato è rafforzato dai risultati del BDI-II dove il 67,5% degli impiegati bancari dichiara disturbi del sonno ed in particolare di dormire meno o molto meno del solito, di avere difficoltà nell’addormentarsi, di svegliarsi 2-3 ore prima senza riuscire a riprendere sonno.

Questo dato è confermato anche dallo SCIDII dove nell’item F56 il 65% dei soggetti dichiara difficoltà ad addormentarsi o a mantenere il sonno.

Per quanto riguarda la difficoltà di concentrazione, nel BDI-II il 65% dei soggetti la segnala e il 25% in modo molto rilevante.

Questo conferma il dato rilevato dall’item F58 dello SCID-II con il 52,5% degli impiegati che dichiara difficoltà a concentrarsi.

Altro aspetto significativo è ricavabile dall’item F59 dello SCID-II dove il 65% dei soggetti mostra la presenza del sintomo dell’ipervigilanza.

Questo disagio è segnalato anche dalle interviste laddove l’entrata in banca di persone che anche vagamente ricordino i rapinatori o addirittura un particolare suscita preoccupazione che si ripercuote nell’intera equipe di lavoro.

Il rapporto col luogo di lavoro appare particolarmente difficile anche dall’item F49 dove il 62,5% dei soggetti dichiara di essersi sforzato di evitare i luoghi e le persone coinvolti nella rapina, con conseguente sviluppo di assenteismo dal lavoro (vedi testimonianza).

Dall’elaborazione dei dati raccolti attraverso lo S.T.A.I., gli uomini e le donne del nostro campione presentano un’ansia di stato e di tratto certamente superiore al campione statistico nazionale (livello di significatività p<0,01). Dai dati in nostro possesso non possiamo desumere che tale risultato dipenda esclusivamente dall’esperienza traumatica della rapina.

Ci si chiede perciò, e su questo sarà necessario un ulteriore approfondimento, se vi siano altri aspetti legati alla tipologia del lavoro che possano influire su tali risultati.

Dai risultati emersi appare evidente la presenza di un significativo disagio nei bancari soggetti a rapine e si auspica di poter approfondire gli studi utilizzando strumenti clinici più approfonditi e adeguati, fidando per questo nella collaborazione degli istituti bancari.

Questo approfondimento appare tanto più necessario in considerazione del fatto che si è potuto rilevare come i soggetti coinvolti nelle rapine abbiano potuto utilizzare come supporto allo stress prevalentemente i colleghi e la famiglia, per la mancanza di offerte professionali più adeguate da parte del sistema bancario.

Cosa fare
Relativamente alle misure adottabili per diminuire l’effetto e la portata dei disagi segnalati dalla ricerca vi sono due programmi di intervento utili.

In primo luogo l’organizzazione di un piano di “psicoeducazione” per tutto il personale che lo renda edotto di quelle che sono le reazioni “normali” che possono scaturire da un evento così “patologico” come quello della rapina.

Tale reinquadramento della sofferenza come reazione “normale” ne diminuisce gli effetti più negativi, come quelli relativi al pensarsi particolarmente fragili, non idonei o poco “uomini”.

Questi pensieri negativi rappresentano un pesante aggravio per la sofferenza del singolo, che può trovare nella spiegazione di quello che sta vivendo una strada per una sua più veloce soluzione.

In secondo luogo la predisposizione di un progetto formativo per i responsabili di filiale, che possa renderli avvertiti sulle misure relazionali e organizzative più adeguate ad aiutare il personale coinvolto nel suo naturale percorso di risoluzione dell’ansia connessa a tale esperienza.

Il modo in cui reagisce l’ambiente circostante, ed in particolare i colleghi, e le modalità organizzative che si attivano (riposi, ferie, malattia, ecc.) appaiono decisivi per favorire la risoluzione o l’aggravio delle sofferenze comunque vissute in relazione all’evento rapina.

 

Fonte: PdE, Rivista di psicologia applicata all’emergenza, alla sicurezza e all’ambiente

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