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I lavoratori atipici sottostimano i rischi per la sicurezza

Redazione

Autore: Redazione

Categoria: Lavoratori

22/06/2006

L'Istituto di Ricerche Economiche e Sociali ha presentato una ricerca sulla percezione dei rischi dei lavoratori “atipici”: relegata in secondo piano la salute e la sicurezza a favore delle preoccupazioni relative al mantenimento del posto di lavoro.

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L'Istituto di Ricerche Economiche e Sociali ha oggi presentato la ricerca dal titolo "Percezione dei rischi e politiche di tutela nel lavoro post-fordista" in cui si indagano le relazioni tra le percezioni dei lavoratori sui rischi d'impresa con le variabili strutturali e organizzative del contesto aziendale.

Sono i lavoratori legati all’azienda con un contratto atipico a dichiarare, nel 30,1% dei casi, la totale assenza di fattori di rischio nei luoghi di lavoro, contro il 16,9% delle risposte fornite dai lavoratori a tempo indeterminato. Questo nonostante i lavoratori non standard costituiscano la categoria di lavoratori più spesso occupati in reparti e lavorazioni maggiormente a rischio e, soprattutto per quanto riguarda le donne, i giovani e gli immigrati, più esposti al pericolo di contrarre una malattia professionale o un infortunio. È proprio la condizione contrattuale di tipo atipico e flessibile che porta a relegare in secondo piano i temi della salute e sicurezza, favorendo invece le preoccupazioni relative al mantenimento del posto di lavoro.

Da questa prospettiva, i dati della ricerca IRES sono eloquenti: sono gli atipici, nel 61,9% dei casi, ad essere molto preoccupati dell’eventualità di perdere il lavoro, contro il 15,2% dei lavoratori standard.

La percezione dei rischi varia significativamente in funzione della qualifica professionale: tra lavoratori manuali e lavoratori di concetto.

Ammonta, infatti, al 39,9% la percentuale dei lavoratori manuali che reputa di massimo livello i rischi per danni alla salute fisica in riferimento alle condizioni strutturali dell’ambiente di lavoro e al pericolo di contrarre malattie o subire infortuni, contro l’8,5% dichiarato dai lavoratori di concetto.

In particolare, è l’ambiente di lavoro con il suo microclima, la presenza di agenti fisici, di fumi, di polveri, di agenti chimici, di agenti biologici a preoccupare i lavoratori manuali in relazione a condizioni di contesto difficili e pericolose, con fattori di rischio giudicati molto alti per il 20% di loro, contro il 7,1% dei lavoratori di concetto. I fattori di rischio psicosociale, al contrario, sono percepiti in misura sostanzialmente analoga dai lavoratori appartenenti alle due qualifiche.

È il fattore contrattuale che risulta determinante nella percezione dei rischi, infatti anche nella stessa tipologia di mansione esso discrimina fortemente tra chi è consapevole o meno dei pericoli che corre. A parità di condizioni, lavoratore manuale con contratto atipico percepisce, in misura inferiore ad un suo collega con contratto a tempo indeterminato, i rischi a cui è sottoposto.

Il 25,2% dei lavoratori manuali atipici non percepisce rischi lavorativi, contro il 15,4% dei manuali a tempo indeterminato. Inoltre, ben il 23,6% dei lavoratori a tempo indeterminato descrive un contesto lavorativo caratterizzato da fattori di rischio “alti o molto alti”, contro solo il 19,4% dei manuali atipici.

Al fine di identificare il target di adeguate politiche di prevenzione e tutela nel lavoro sono state elaborate 4 tipologie di lavoratori in funzione dei rischi lavorativi subiti.

L’analisi ha messo in luce come le due categorie di lavoratori maggiormente esposte ai rischi siano:
- “I Transitori” (32,7%): i quali presentano la minore consapevolezza dei rischi; sono in prevalenza lavoratori a progetto; sono i lavoratori più giovani e svolgono mansioni di tipo impiegatizio; sono più informati sulle tutele che sulle misure di prevenzione e sono i meno sindacalizzati.
- “I Preoccupati” (28,8%): i quali presentano un’alta percezione dei rischi lavorativi; sono per lo più operai; lavorano prevalentemente in piccole e piccolissime imprese; sono i più preoccupati dell’eventualità di perdere il lavoro; hanno il più basso status socio-economico; sono i meno istruiti e i meno informati rispetto ai diritti ed alle tutele.

A queste due categorie si affiancano:
- “I Consapevoli” (22,7%): che presentano la più alta percezione - e conoscenza - dei rischi; hanno la più alta professionalità; lavorano in condizioni di efficientismo esasperato e di ritmi eccessivi; presentano il più alto grado d’istruzione.
- “Gli Inseriti” (16,4%): che dichiarano il più alto livello di soddisfazione lavorativa; ritengono di essere esposti a rischi minori rispetto ad altre categorie; sono legati all’azienda prevalentemente con contratto a tempo indeterminato; sono i più anziani, i più sindacalizzati; sono, infine, mediamente informati sui temi della prevenzione e tutela del lavoro.

“Si tratta quindi di favorire tra le imprese, una cultura della sicurezza che sia considerata come un vantaggio competitivo – dichiara il Presidente dell’IRES Agostino Megale - in termini di qualità del lavoro e, quindi, di qualità dei processi e prodotti e non come vincolo alla libertà dell’imprenditore”. Inoltre, “La scarsità dell’informazione sui soggetti preposti alla sicurezza, evidenziati dalla ricerca, rende necessario il rilancio di una campagna di informazione dei lavoratori in cui coinvolgere direttamente il servizio pubblico della Rai”. 

Fonte: Ires

 

 

 

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