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Codice di prevenzione incendi: la determinazione dei profili di rischio

Codice di prevenzione incendi: la determinazione dei profili di rischio
Tiziano Menduto

Autore: Tiziano Menduto

Categoria: Normativa Antincendio

23/05/2017

Un intervento si sofferma sulla determinazione dei profili di rischio vita, beni, ambiente con riferimento al decreto del 3 agosto 2015 contenente il nuovo Codice di prevenzione incendi. I profili di rischio e la progettazione della sicurezza antincendio.

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Roma, 23 Mag  – In materia di prevenzione incendi il profilo di rischio è considerato, nelnuovo “ Codice di prevenzione Incendi”, come un ‘indicatore speditivo della gravità di rischio di incendio associata all’esercizio ordinario di una qualsiasi attività’. I profili di rischio sono dunque degli indicatori veloci, degli “indicatori semplificati per valutare il rischio di incendio dell'attività”. Ed infatti posto se la prevenzione incendi è la “funzione di preminente interesse pubblico diretta a conseguire, secondo criteri applicativi uniformi sul territorio nazionale, gli obiettivi di sicurezza della vita umana, di incolumità delle persone e di tutela dei beni e dell'ambiente”, i profili di rischio servono “ad attribuire livelli di prestazione per calibrare le misure antincendio”.


 

A parlare in questi termini dei profili di rischio con riferimento al “ Codice di prevenzione Incendi”, contenuto nel Decreto del Ministero dell’Interno del 3 agosto 2015 recante “Approvazione di norme tecniche di prevenzione incendi, ai sensi dell'articolo 15 del decreto legislativo 8 marzo 2006, n. 139”, è un intervento al seminario, organizzato dalle associazioni ed enti correlati alCentro per la Cultura della Prevenzione nei luoghi di lavoro e di vita di Milano, dal titolo “ Il nuovo codice di prevenzione incendi - D.M. 03.08.2015” (Milano, 16 marzo 2016).

 

In “Determinazione dei profili di rischio: vita, beni, ambiente”, a cura dell’Ing. Gianpaolo Vietri(Funzionario Comando Vigili del Fuoco Milano) si affronta il tema degliobiettivi e della metodologia generale per la progettazione della sicurezza antincendio.

Si indica cheprogettare la sicurezza antincendiodi un’attività “significa individuare le soluzioni tecniche finalizzate al raggiungimento degli obiettivi primari della prevenzione incendi”: 

- “la sicurezza della vita umana;

- l’incolumità delle persone;

- la tutela dei beni e dell’ambiente”.

E tali obiettivi sono raggiunti con “attività progettate, realizzate e gestite in modo da:

- minimizzare le cause di incendio o di esplosione;

- garantire la stabilità delle strutture portanti per un periodo di tempo determinato;

- limitare la produzione o la propagazione di un incendio all’interno dell’attività;

- limitare la propagazione di un incendio ad attività contigue;

- limitare gli effetti di un’esplosione;

- garantire la possibilità che gli occupanti lascino l’attività autonomamente o che gli stessi siano soccorsi in altro modo;

- garantire la possibilità per le squadre di soccorso di operare in condizioni di sicurezza;

- tutelare gli edifici pregevoli per arte e storia;

- garantire la continuità d’esercizio per le opere strategiche;

- prevenire il danno ambientale e limitare la compromissione dell’ambiente in caso d’incendio”.

 

E i passaggi per la progettazione della sicurezza antincendio, continua la relazione, sono:

- “valutazione del rischio di incendio per l’attività;

- strategia antincendio per la mitigazione del rischio;

- attribuzione dei livelli di prestazione alle misure antincendio”.

 

E arriviamo in questo modo al profilo di rischio.

 

Infatti il progettista “valuta il rischio di incendio per l’attività attribuendole tre tipologie di profili di rischio:

- Rvita profilo di rischio relativo alla salvaguardia della vita umana;

- Rbeni profilo di rischio relativo alla salvaguardia dei beni economici;

- Rambiente profilo di rischio relativo alla tutela dell’ambiente dagli effetti dell’incendio”. 

In particolare il capitolo G.3 (Determinazione dei profili di rischio delle attività) del Codice fornisce al progettista:

- “la metodologia per determinare quantitativamente i profili di rischio Rvita ed Rbeni;

- i criteri per valutare il profilo di rischio Rambiente”.

Infatti il progettista “mitiga il rischio di incendio applicando un’adeguata strategia antincendio composta da misure antincendio di prevenzione, di protezione e gestionali”.

E si ricorda che per ciascuna misura antincendio “sono previsti diversi livelli di prestazione graduati in funzione della complessità crescente delle prestazioni ed identificati da numero romano (ad es. I, II, III, ….)”, dove i livelli di prestazione (performance requirement) sono una “specificazione oggettiva delle prestazione richieste all’attività per realizzare la misura antincendio”.

Il progettista applica dunque all’attività “tutte le misure antincendio stabilendo per ciascuna i relativi livelli di prestazione in funzione degli obiettivi di sicurezza da raggiungere e della valutazione del rischio dell’attività. La corretta selezione dei livelli di prestazione delle misure antincendio conduce alla riduzione del rischio di incendio dell’attività ad una soglia considerata accettabile”. Infatti “effettuata la valutazione del rischio incendio per l’attività e stabiliti i profili di rischio Rvita, Rbeni e Rambiente nei pertinenti ambiti (compartimento o intera attività) il progettista attribuisce alle misure antincendio i relativi livelli di prestazione”.

 

L’intervento, che vi invitiamo a leggere integralmente, riporta una schematizzazione della metodologia generale, e ricorda che il profilo di rischio Rvita è attribuito per ciascun compartimento dell’attività mentre i profili di rischio Rbeni e Rambiente sono attribuiti per l’intera attività.

 

In particolare il profilo di rischio Rvita è attribuito per compartimento in relazione ai seguenti fattori:

- δocc: “caratteristiche prevalenti degli occupanti che si trovano nel compartimento antincendio;

- δα: velocità caratteristica prevalente di crescita dell’incendio riferita al tempo tα, in secondi, impiegato dalla potenza termica per raggiungere il valore di 1.000 kW”.

Dove per prevalenti si intendono le “caratteristiche rappresentative del rischio di incendio del compartimento in qualsiasi condizione di esercizio. Ad es. la presenza nelle attività civili di limitate quantità di prodotti per la pulizia infiammabili adeguatamente stoccati non è considerata significativa”.

Sono poi riportate nell’intervento:

- tabelle per la determinazione del profilo di rischio Rvita;

- curve per determinare la velocità caratteristica prevalente di crescita dell’incendio;

- dati statistici per determinare la velocità caratteristica prevalente di crescita dell’incendio;

- indicazioni per l’attività “soggetta e senza valutazione del progetto”;

- esempi di profili di rischio Rvita per alcune destinazioni.

 

Si indica poi che l’attribuzione del profilo di rischio Rbeni è “effettuata per l’intera attività in funzione del carattere strategico dell’opera da costruzione e dell’eventuale valore storico, culturale, architettonico o artistico della stessa e dei beni in essa contenuti”.

In particolare ai fini dell’ applicazione del Codice:

- un’opera da costruzione si considera vincolata per arte o storia se essa stessa o i beni in essa contenuti sono tali a norma di legge;

- un’opera da costruzione risulta strategica se è tale a norma di legge o in considerazione di pianificazioni di soccorso pubblico e difesa civile o su indicazione del responsabile dell’attività”. L’intervento si sofferma poi più dettagliatamente su:

- opere da costruzione vincolate con riferimento al D.L.vo 22/01/2004, n. 42 e s.m.i. recante “Il Codice dei beni culturali e del paesaggio”;

- opere da costruzione strategiche, dove si indica che per infrastruttura critica si “intende quel complesso di reti e sistemi che operando in modo sinergico producono un flusso continuato di merci e servizi essenziali per l’organizzazione, la funzionalità e la stabilità economica di un moderno Paese industrializzato e la cui distruzione o temporanea indisponibilità può provocare un impatto debilitante sull’economia, la vita quotidiana o le capacità di difesa di un Paese”.

 

Concludiamo ricordando che nelle attività ricomprese nel campo di applicazione del decreto si valuta il profilo di rischio ambientale (Rambiente) in caso di incendio secondo i criteri che seguono’, con la “precisazione che per le attività rientranti nel campo di applicazione della direttiva “Seveso” si applica la specifica normativa di riferimento.

Inoltre il rischio ambientale, se non diversamente indicato nel Codice o determinato in esito a specifica valutazione del rischio, “può ritenersi mitigato dall’applicazione di tutte le misure antincendio connesse ai profili di rischio Rvita e Rbeni, che consentono, in genere, di considerare non significativo tale rischio”. E infine le operazioni di soccorso condotte dal Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco “sono escluse dalla valutazione del rischio ambientale”.

 

Segnaliamo, infine, che il relatore riporta nella relazione alcuni esempi di calcolo dei profili di rischio di un’attività.

 

 

Determinazione dei profili di rischio: vita, beni, ambiente”, a cura dell’Ing. Gianpaolo Vietri (Funzionario Comando Vigili del Fuoco Milano), intervento al convegno “Il nuovo codice di prevenzione incendi - D.M. 03.08.2015” (formato PDF, 2.12 MB).

 

Decreto del Ministero dell'Interno 3 agosto 2015 - Approvazione di norme tecniche di prevenzione incendi, ai sensi dell’articolo 15 del decreto legislativo 8 marzo 2006, n. 139

 

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