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Procedure e modulistica del triage sanitario nelle catastrofi. Parte II

Continua l’analisi della direttiva che indica i comportamenti per gli operatori sanitari nelle emergenze catastrofiche. Analisi del processo di triage, scenari possibili, documentazione. Seconda parte.

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Abbiamo già iniziato a presentare il contenuto di questa direttiva in un precedente articolo di PuntoSicuro che ha illustrato gli obiettivi del documento, i processi di triage e il ruolo dei PMA (Posto Medico Avanzato).
 
Nella direttiva si afferma che “l'analisi del processo di triage rappresenta la metodologia di approccio più corretta per la costruzione dello strumento di lavoro, poiché consente di individuare necessità concrete a cui rispondere con  soluzioni  idonee a soddisfare le esigenze operative dei soccorritori. In situazioni ambientali spesso critiche, caratterizzate da scarsi mezzi ed elevatissima componente di stress, ogni strumento di lavoro deve essere progettato in funzione della sua reale possibilità di impiego per non aggiungere agli operatori ulteriori elementi di criticità”.
 
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In questo senso e riguardo ad un “evento catastrofico che travalica le potenzialità di risposta delle strutture locali” vengono indicati due tipologie di scenari.
Uno “scenario incidentale non pianificato” (data e luogo ignoti,  patologia prevalente non prevedibile, possibile difficoltà nel raggiungere l'area di interesse, possibili problemi di sicurezza) e uno “scenario pianificato” per i grandi eventi dove l’evento, in data e  luogo noti, è “preceduto da una fase di pianificazione che consente di prevedere con considerevole precisione quante e quali risorse umane e materiali siano necessarie e, quindi, di procedere ad una selezione mirata del personale e assegnazione precisa di ruoli e compiti”. 
 
In questo secondo caso la “documentazione affidata al personale di primo intervento può tener conto del suo livello di capacità professionale e della tipologia di informazioni che dovranno essere raccolte sul posto”.
 
Secondo la tipologia di scenario, e “quindi sulla base delle diverse modalità operative e conseguenti differenti esigenze di triage”, si porrebbe dunque la necessità di “separare gli algoritmi e la modulistica da utilizzare”.
Tuttavia – ricorda la direttiva – bisogna tener conto che “lo scenario pianificato per i grandi eventi può trasformarsi in scenario incidentale imprevisto” ed è importante “armonizzare gli strumenti con l'operatività quotidiana in modo da facilitare l'intero processo, compresa la compilazione della modulistica”. 
 
Inoltre è necessario considerare che “in caso di maxiemergenza, nella prima fase dei soccorsi è presente, quale risorsa aggiuntiva, anche personale non sanitario”.
Le procedure e i materiali da utilizzare nelle fasi di triage “devono tener conto di ciò per non imporre protocolli e modulistiche di difficile comprensione da parte di soccorritori con minori competenze professionali sanitarie”. 
 
La scheda sanitaria di maxiemergenza dovrà essere “versatile e permettere di segnalare le condizioni del paziente anche in eventi eccezionali come quelli di tipo NBCR” (nucleare, biologico, chimico e radiologico).
 
In caso di maxiemergenza le operazioni di soccorso fino al PMA si realizzano attraverso tre fasi fondamentali:  
- “nella prima fase la squadra di soccorso esegue il triage delle vittime con l'attribuzione di codici-colore di gravità utilizzando l'algoritmi semplici e veloci (Gazzetta Ufficiale 12 maggio 2001, n. 109)”;  
- “nella  seconda  fase si realizzano le prime operazioni di stabilizzazione dei parametri vitali, di solito in un punto di raccolta prossimo al focolaio incidentale, in attesa che il PMA venga installato”;
- “nella terza fase, giunti nel PMA, si eseguirà una rivalutazione del  triage  per  verificare  la  congruità del codice-colore preventivamente assegnato, le informazioni cliniche iniziali verranno integrate in maniera sistematica e verranno effettuate e registrate le procedure diagnostico-terapeutiche erogate”. 
 
Si ribadisce che uno strumento operativo molto efficace è proprio la scheda triage, “eventualmente integrata da dispositivi di diversa tipologia (quali: braccialetto, cartellino colore, ecc.), di rapida applicazione da parte di personale anche non sanitario e particolarmente pratici soprattutto se utilizzati sul “cantiere” ed in condizioni meteorologiche avverse”. 
 
Le caratteristiche della scheda e dei dispositivi (tags) devono rispondere a criteri di:  
- “facile visibilità;  
- facilità di applicazione;  
- tracciabilità  del  percorso  della  vittima, possibilmente attraverso codici prenumerati;
- conoscenza e condivisione, almeno a livello regionale, da parte degli operatori dell'emergenza, sia sanitari che laici;  
- resistenza ad eventi atmosferici e potenziali agenti lesivi;  
- disponibilità in quantitativi adeguati su tutti i mezzi di soccorso”. 
 
La  tipologia ed il dettaglio dei dati da indicare nella scheda sono:
- sezione anagrafica con nome, cognome, età, sesso, indicazione della sede  di  recupero,  dati  cronologici  dell'evento, codice colore di gravità.  “Un  sistema  di identificazione, anche di tipo numerico e' utile  soprattutto  in caso di difficoltà alla compilazione dei dati anagrafici”;
 
- sezione  clinica con dati parametrici di valutazione e trattamento. E’ poi “fondamentale  indicare la possibile evoluzione del codice  colore  e le procedure (rianimazione, decontaminazione, ecc.) eventualmente eseguite”;
 
- sezione  evacuazione con i “dati relativi al trasporto verso l'ospedale di destinazione, mezzo utilizzato, dati cronologici, dati identificativi degli operatori”. 
 
Alla direttiva è allegata una tabella che “riassume in maniera sinottica i bisogni connessi con i ruoli ed i profili professionali del personale impegnato nei soccorsi allo scopo di individuare con maggiore chiarezza in quale fase e che tipo di informazioni possono essere raccolte durante la presa in carico dei pazienti, vittime di una maxiemergenza”.
 
 
Tiziano Menduto


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