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Lo Stato che non c’è: dov’è la Commissione Consultiva Permanente?

Lo Stato che non c’è: dov’è la Commissione Consultiva Permanente?
Rocco Vitale

Autore: Rocco Vitale

Categoria: Approfondimento

10/10/2018

Si è verificato un corto circuito che di fatto ha bloccato la “vecchia” Commissione e non permette di insediarne una nuova.


Insediata la prima volta il 17 marzo 2009 la Commissione consultiva permanente per la salute e sicurezza sul lavoro era composta da 40 persone, cui aggiungere anche 40 membri supplenti. Suddivisa in 9 gruppi di lavoro o comitati tecnici con compiti particolarmente di tipo istruttorio necessario all’attuazione di quanto previsto al comma 8 dell’art. 6 del D. Lgs. 81/2008. Un lavoro svolto con continuità, che ha coinvolto circa 100 perone, con poco meno di 50 incontri, media una riunione al mese, tra il 2009 ed il 2014 che ha portato all’elaborazione di importanti documenti per gli operatori fatti propri con decreti ministeriali o demandati alla Conferenza Stato Regioni.

 

Con il 2015, di fatto, la Commissione consultiva non funziona. Le speranze che tanti avevano riposto nel Jobs Act di una modifica sostanziale del D. Lgs. 81/2008 si è tramutata in piccole modifiche ad alcuni articoli.

 

Tra le modifiche con il D. Lgs. 151/2015 veniva rimodulata la composizione della Commissione consultiva con uno snellimento ed una semplificazione che doveva facilitarne il funzionamento e l’operatività. Si passava da 40 a 28 componenti.

 

Con il primo decreto di nomina la Commissione consultiva decadeva in data 3 dicembre 2013. In regime di prorogatio di fatto la Commissione operò anche nei primi sei mesi del 2014 (anche perché il decreto istitutivo era del 3 dicembre 2013 ma l’insediamento avveniva il 17 marzo e quindi la scadenza poteva coincidere al 17 marzo 2014). Infatti con Decreto del 4 luglio 2014 viene ricostituita la Commissione consultiva la cui scadenza quinquennale è prevista al 4 luglio 2019.

 

Però succede qualcosa. Tra i mesi di ottobre e dicembre 2014 viene approvata la delega al Governo per l’emanazione di uno o più Decreti Legislativi riguardanti “la riforma degli ammortizzatori sociali, dei servizi per il lavoro e delle politiche attive, nonché in materia di riordino alla disciplina dei rapporti di lavoro e dell’attività ispettiva e di tutela e conciliazione delle esigenze di cura, di vita e di lavoro”. Il cosiddetto Jobs Act che vede la luce attraverso 5 decreti di cui il n. 151 del 14 settembre 2015 che, tra l’altro, riduce i componenti da 40 a 38. Era una occasione per la nomina di una nuova Commissione che, così semplificata, potesse iniziare ad operare. Invece è prevalsa una logica, non tanto di continuità, ma piuttosto di staticità: tenere tutto fermo e non funzionante.  Tutto ciò è stato regolamentato con un Decreto del Ministro del lavoro del 13 gennaio 2016. Nel frattempo, nel corso del 2015 e 2016, pur non essendo di fatto operativa si sono susseguiti decreti per la sostituzione di persone da parte delle associazioni e ministeri rappresentati.

 

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Difficile capire a quale logica di buon senso si cela dietro questa attività, formale, visto che nel corso del 2015, 2016 e 2017 la Commissione si è riunita una sola volta all’anno per la relazione annuale sullo stato di applicazione della normativa di salute e sicurezza. Una azione doverosa ma, purtroppo, solo ragionieristica. La relazione annuale si deve basare sui dati forniti dal SINP (Sistema informativo nazionale per la prevenzione nei luoghi di lavoro), previsto dall’art. 8 del D. Lgs. 81/2008. Ma il sistema non è ancora operativo.

 

Si è verificato un corto circuito che, di fatto, ha bloccato la “vecchia” Commissione (anche se formalmente in carica) e non permette di insediarne una nuova. Assistiamo certamente, sempre più, all’evidenza di una crisi di rappresentanza delle parti sociali cui si deve aggiungere un certo spirito di conservazione. Infatti la maretta rischia di divenire marea quando i rappresentanti delle associazioni datoriali passeranno da 10 a 6 e lo stesso dicasi per i sindacati dei lavoratori dove le sigle passeranno da 10 a 6. In tutto ben 8 sigle dovranno restare fuori!

 

In questi ultimi anni i problemi nel campo della salute e sicurezza non sono mancati ed anche il numero degli infortuni sta invertendo la tendenza tornando ad aumentare.

 

Nella sostanza, l’ultima relazione del 2018, riguardate l’anno precedente propone un elenco interessante di adempimenti amministrativi: c’è da chiedersi quanto questi hanno contribuito alla riduzione degli infortuni ed alla salute e sicurezza nei luoghi di lavoro. Sono riportate tutte le istanze presentate alla Commissione Interpelli e veniamo a sapere che nel 2016 sono state date 41 risposte. Viene, poi, dato conto delle circolari ministeriali, di lavori in fase di conclusione riguardanti diversi aspetti attuativi del D. Lgs. 81/2008 molti dei quali sono i medesimi dell’anno precedente.

 

Correttamente e giustamente vengono riportate le disposizioni non ancora adottate a completamente delle disposizioni indicate dal D. Lgs. 81/2008. Troviamo ben 21 articoli o commi sui quali la Commissione si deve esprimere e sui quali devono essere emessi i relativi provvedimenti per rendere funzionante, a dieci anni di distanza, quanto prevedeva il Decreto 81.

 

Si tratta di un richiamo che la Commissione consultiva rivolge a se stessa evidenziando con consapevolezza cosa deve fare non in termini generici ma con puntualità specificando articoli e commi che attendono una soluzione e la definizione di regole e norme.

 

Di ciò bisogna prenderne atto ma ci conferma uno stato di stanchezza, incertezza e di vuoto quasi di impossibilità ad andare avanti per cambiare le cose.

 

 

Rocco Vitale

Presidente AiFOS, Docente di Diritto del Lavoro, Università di Brescia

 



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Rispondi Autore: fabio santelli - likes: 0
10/10/2018 (08:53:19)
tutto cambia perché nulla cambi

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