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Prima del modello 231: coerenza, formazione, controllo e appalti

Redazione

Autore: Redazione

Categoria: Industria

24/10/2011

Informazioni sulle attività propedeutiche per la realizzazione del “modello 231”. Miglioramento nel tempo della salute e sicurezza, coerenza e sostanza della VDR, formazione, controllo delle attività e gestione degli appalti e dei fornitori.

 
Pordenone, 24 Ott – Per indirizzare le imprese verso adeguate attività propedeutiche per la realizzazione del modello 231”, Unindustria Pordenone (Unione Industriali Pordenone) ha prodotto nel mese di luglio 2011 delle linee guida dal titolo “Prima del ‘Modello 231’ per Salute e Sicurezza sul Lavoro - Una Linea Guida interdisciplinare di Unindustria Pordenone per una conformità razionale al D. Lgs. 81/2008 e al D. Lgs. 231/2001”.
 
Di queste linee guida, che permettono di costruire un “ modello 231” su fondamenta sane, PuntoSicuro ha già affrontato alcuni aspetti: abbiamo parlato in particolare della nomina dei responsabili e della valutazione del rischio di incidenti e malattie professionali.
Ricordiamo che se alcune attività e azioni proposte nel documento sono obbligatorie per legge, altre sono comunque opportune sia per limitare rischi di incidenti che per evitare “l’erosione del patrimonio aziendale” e operare una “corretta gestione dell’impresa nei confronti dei soci”.
 
Il documento di indirizzo parla anche di altri temi: il miglioramento nel tempo della salute e sicurezza, la coerenza e sostanza della VDR, la formazione, il controllo delle attività e la gestione degli appalti e dei fornitori.


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Miglioramento nel tempo della salute e sicurezza
Le linee di indirizzo indicano che nel documento di valutazione dei rischi deve essere presente il piano di miglioramento nel tempo dei livelli di salute e sicurezza. Un piano “obbligatorio ex art 2 comma 1 lettera q, art. 28 comma 2 lettera c e art. 15 comma 1 lettera t” Decreto legislativo 81/2008.
In particolare il piano “deve avere gli stessi requisiti di data certa della VDR” e non deve riportare misure di prevenzione e protezione già obbligatorie per legge”.
Si ricorda che il piano deve indicare le risorse necessarie (umane, economiche, organizzative,…), individuare i responsabili dell’attuazione ed ottenere le approvazioni da chi ha il potere di spesa. Almeno due volte l’anno deve essere tenuto sotto controllo “lo stato di avanzamento dei lavori congruamente con gli altri aspetti aziendali che richiedono investimenti”. Le spese sostenute per il miglioramento nel tempo della sicurezza e salute devono essere “documentate e rendicontate per esercizio nel tempo”.
 
Coerenza e sostanza della VDR
Bisogna verificare la coerenza della valutazione dei rischi. Ad esempio verificando che mansioni o attività evidenziate nella VDR siano “denominate in maniera coerente da tutti gli Attori ( Medico, RSPP, Risorse umane, ..)”. A volte invece si assiste ad una pluralità di designazioni che rischia di ingenerare confusione.
Inoltre sono coerenti le dimensioni del DVR? Non è che per un impresa di costruzione “il rischio polveri ha 30 pagine ed il rischio caduta dall’alto solo 3”?
E la formazione è eseguita in base alla VDR?
Si sottolinea che a valle della VDR l’Organizzazione Aziendale potrebbe non essere più idonea. In questo caso è necessario “prevederne una rimodulazione”.
Infine il Medico “partecipa alla riunione annuale prevista (oltre 15 dipendenti) e visita la fabbrica una volta all’anno almeno”?
 
Formazione
Riguardo alla formazione è bene verificare:
- che per tutti i dipendenti sia stata tenuta “una formazione d’aula coerente con la VDR”;
- che di questa formazione “vi è l’evidenza documentale? Ad esempio: firma docente, firma lavoratore, materiale presentato, test compilati dal lavoratore”;
- che, nel caso che i rischi siano mutati, la formazione  sia stata aggiornata;
- che a Dirigenti e Preposti sia stata “tenuta periodicamente una formazione d’aula adeguata coerente con i rischi individuati dalla VDR anche per le mansioni specifiche”;
- che alle persone che vengano assunte in Azienda (diretti o “interinali”) il primo giorno di lavoro venga “eseguita almeno un’ora di formazione sui rischi principali di infortunio grave o mortale”. Inoltre “vengono consegnati loro i d.p.i.? Viene effettuata la visita preassuntiva di idoneità”?
- venga distribuito, “se non già fatto precedentemente, un opuscolo informativo generale” (“la distribuzione viene documentata da apposita ricevuta firmata dal lavoratore”?);
- già dal primo giorno di lavoro la persona viene poi “affiancata ad un lavoratore qualificato? L’ affiancamento viene documentato dalla attestazione del lavoratore e dell’addestratore”? Ed entro il primo anno di assunzione “viene ripetuta una lezione frontale di almeno un’ora di approfondimento”?
 
Non bisogna poi dimenticare di “verificare l’efficacia della formazione e dell’addestramento” e che le persone provenienti da altri Paesi abbiano “assimilato le procedure ed istruzioni di sicurezza”.
 
Controllo delle attività
Questi alcuni elementi da verificare in merito al necessario controllo delle attività:
- “viene effettuata periodicamente la verifica di conformità legislativa? Quali sono gli strumenti per tale verifica (esempio: informativa delle associazioni di categoria, checklist, registro delle leggi, scadenziari, …)”?
- riguardo agli incidenti “sono analizzate le cause di infortuni e soprattutto dei ‘mancati infortuni’? Le risultanze sono condivise e le azioni di miglioramento vengono attuate? Vengono calcolati e diffusi i principali indici infortunistici (frequenza e gravità) e confrontati con le medie INAIL di settore?
- viene effettuata l’attività di vigilanza e la verifica sul rispetto delle procedure e delle istruzioni di lavoro sicuro da parte dei lavoratori?
- viene effettuata l’attività di verifica d’efficacia sulle procedure e sulle istruzioni di lavoro sicuro”? La guida ricorda che tale attività è “sotto la responsabilità precisa del RSPP che né deve garantire l’implementazione” (Art.33 comma 1 D.Lgs. 81/2008);
- vengono inoltre “adottati provvedimenti disciplinari in caso di violazione alla materia antinfortunistica (es. mancato utilizzo d.p.i., dispositivi di sicurezza by passati o rimossi, procedura non seguita, …)?
- i dirigenti e i preposti tengono comportamenti coerenti?
- vengono rimborsate ai dipendenti le “multe” per eccesso di velocità o le consumazioni di bevande alcoliche, tollerando in questo modo comportamenti scorretti”?
 
Gestione degli appalti e dei fornitori
Riguardo al delicato tema dei lavori affidati a Ditte esterne mediante contratti d’appalto, d’opera e di somministrazione, si ricorda che è necessario seguire le procedure previste dal D.Lgs. 81/2008. In “particolare:
- “viene verificata l’idoneità tecnico professionale delle Imprese (ad esempio mediante il certificato CCIAA, autodichiarazione, anni di esperienza nel settore, anni di rapporto con la nostra Azienda, eventuale DURC, assicurazione RCT/RCO). Si effettuano controlli a campione sulla regolarità dei dipendenti impiegati e sulla formazione impartita, o su quanto richiesto dal capitolato d’appalto?
- viene fatto firmare un ordine, un contratto, un capitolato d’appalto prima del lavoro comprensivo di DUVRI (documento unico di valutazione di rischi interferenziali)?
- l’eventuale prestito d’uso di attrezzature del Committente a favore del Appaltatore (esempio: il carroponte) viene regolamentato in forma adeguata?
- viene condiviso un DUVRI, oppure in caso di lavori edili o riconducibili al Titolo IV del D. Lgs.
 81/2008, un POS (piano operativo di sicurezza) o un PSC (piano di sicurezza e coordinamento)?
- nel DUVRI/PSC si identificano i referenti tecnici per il committente e l’appaltatore?
- viene effettivamente eseguito il coordinamento periodico del cantiere e se ne lascia traccia? Ad esempio annotazioni del referente tecnico, riunioni periodiche, verbali di stato avanzamento dei lavori, contestazioni in caso di lavori eseguiti in carenza delle misure di sicurezza previste da DUVRI, POS o PSC, …
- viene evitata l’ingerenza diretta del personale dell’appaltante sulle attività dei lavoratori dell’appaltatore?
- DUVRI, POS e PSC sono congrui relativamente ai rischi effettivamente presenti? Esempio per un lavoro di poche ore in quota dove vi è una significativa esposizione al rumore la parte relativa al rischio cadute dall’alto è prevalente rispetto a quella del rischio ipoacusia”?
 
Inoltre “lavori o attività non incluse nel Titolo IV o non soggette ad obblighi di coordinamento normati specificamente dall’art. 26 del D. Lgs. 81/2008 sono comunque gestiti per l’informativa sui rischi specifici?
Ad esempio si consiglia di prevedere per le visite dei clienti/fornitori (o altre figure) una cartellonistica idonea o “un controllo degli accessi dove viene distribuito un pieghevole in cui vengono forniti consigli su situazioni pericolose ragionevolmente frequenti”.
 
Il gruppo di lavoro che ha elaborato il presente documento per indirizzare verso attività propedeutiche per la realizzazione del “ modello 231”, ricorda che “partire subito con la predisposizione del Modello (codice etico, procedure di controllo, organismo di vigilanza, etc.) non riscontrando e affrontando parzialmente i punti” indicati dal presente documento di indirizzo “non sia un’operazione consigliabile”.
 
 
Unindustria Pordenone, “ Prima del ‘Modello 231’ per Salute e Sicurezza sul Lavoro - Una Linea Guida interdisciplinare di Unindustria Pordenone per una conformità razionale al D. Lgs. 81/2008 e al D. Lgs. 231/2001” a cura del gruppo di lavoro formato da Ing. Paolo Badin, Avv. Romeo Bianchin, P.i. Ermanno Bon, Ing. Carlo Concini, Rag. Gianfranco Favaro, Dr. Adriano Ferraro, Dr. Michele Marchesini, P.a. Dario Trevisiol (formato PDF, 489 kB).
 
 
Tiziano Menduto


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Rispondi Autore: Marco Masante - likes: 0
02/11/2011 (19:52:43)
Prima del Modello "231" occorre una cultura di organizzazione: quanto evidenziato in materia di Salute e Sicurezza sul Lavoro (sulla scorta delle Linee Guida di Unindustria Pordenone) spinge ad una riflessione complessiva sul rapporto tra “obblighi” 231, sistemi gestionali e adottabilità di un modello conforme. correttamente avete rilevato infatti come l’alta percentuale delle aziende “conformi subito” (alla 231 o all'81), ossia senza necessità di piani di miglioramento, ponga seri dubbi sulla bontà delle valutazioni dei consulenti 231-81.
Teniamo infatti conto che ad oggi il modello non è soggetto a valutazioni di parte terza e che, anche chi si fregia del titolo di “auditor per gli schemi Dlgs 231/01” oppure “esperto tecnico per l'asseverazione dei modelli organizzativi per la sicurezza” non ha ricevuto tale fregio da una autorità pubblica o mediante superamento di un esame abilitativo (il riferimento è chiaramente nei confronti dei professionisti abilitati a rilasciare certificati di conformità o ai revisori abilitati a certificare i bilanci societari). In assenza di una vera e propria certificazione di parte terza secondo uno standard riconosciuto, le varie asseverazioni, audit o check up 231 non hanno particolare valenza, se non nel confronto commerciale tra i vari consulenti di organizzazione.
In questa battaglia di marketing a cadere, principalmente, sono le imprese che, invece di avere una adeguata informazione e formazione sul d. lgs. 231/01, vengono ammaliate dai consulenti con proposte di pacchetti (informatici o meno) all-in-one e adatti a qualsiasi modello organizzativo preesistente.
Che fare quindi nel mare di proposte al fine di evitare i rischi di una navigazione a vista?
1) Pianificare. Sicuramente privilegiando la formazione e l’informazione: che deve essere critica, da parte dei vari “esperti”, e che può essere anche gratuita (oggi usa dire “promozionale”) o finanziata (essendo una formazione non obbligatoria risponde ai criteri di finanziabilità);
2) Eseguire. Attuare sin da subito i criteri di cui i consulenti di organizzazione fanno insegnamento: non si approva un progetto (importante e radicale come l’aggiornamento del modello organizzativo) senza valutare approfonditamente più preventivi. Nel caso specifico “231/81” è importante verificare non solo l’aspetto economico ma la confrontabilità delle proposte (“paragonare le pere con le pere”), la credibilità dei tempi del progetto (l’adeguamento di una SPA con migliaia di dipendenti e decine di stabilimenti e apicali non può avvenire in 2 mesi) e soprattutto il supporto nel piano di formazione e nel piano di miglioramento;
3) Verificare. Sottoporre (e magari vincolare) la proposta commerciale ad un parere imparziale e ad una verifica di parte terza ad esito del progetto. Ad ogni buon consulente fa piacere che il proprio lavoro (se pregevole) possa essere oggetto di valutazione da parte dei suoi pari.
4) Migliorare. Il Modello Organizzativo non è un documento pdf. Non è una serie di documenti, tabelle, flussi e organigrammi. È un bene immateriale costruito giorno per giorno dall’azienda, a cui i consulenti possono solo collaborare. Confondere il “manuale del Modello” con il Modello è come confondere una autovettura con il suo manuale di uso e manutenzione: su entrambi c’è scritto marca e modello, ma solo uno dei due vale le migliaia di euro del prezzo corrisposto.
Questi concetti non sono immediati né di semplice trasmissibilità: per questo han ragione di esistere i consulenti di organizzazione e per questo dovrebbero investire le società clienti.

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