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Un nuovo approccio per la valutazione dello stress lavoro-correlato

Un nuovo approccio per la valutazione dello stress lavoro-correlato
Redazione

Autore: Redazione

Categoria: Rischio psicosociale e stress

18/12/2013

Alcuni autori indicano che per la valutazione del rischio stress sia auspicabile che la rilevazione delle percezioni dei lavoratori sia realizzata come momento della valutazione preliminare. Proposto un nuovo approccio allo stress lavoro-correlato.

 
Roma, 18 Dic – Se con l’art.28 del D.Lgs 81/2008 diventa esplicito l’obbligo del datore di lavoro – obbligo non delegabile – di valutare il rischio da stress lavoro-correlato, a tre anni di distanza siamo in attesa di sapere i dati, i risultati relativi alla prima applicazione della norma. Quante aziende hanno adempiuto e in che modo? Quali i livelli di stress lavoro-correlato rilevati? Quali le misure di prevenzione individuate e adottate?
 
Tuttavia vi sono sia riscontri, pur non sistematici, raccolti presso operatori della sicurezza aziendale e i risultati di un monitoraggio sulla valutazione dello stress lavoro-correlato condotto dalla UIL. Riscontri che forniscono materia per alcune osservazioni critiche relative alle prassi valutative e prevenzionistiche utilizzate.
 
Su questo tema si è soffermato il seminario di formazione e aggiornamento “Metodologie di valutazione dello Stress lavoro- correlato” che si è tenuto a Roma il 12 novembre 2013, organizzato dalla Provincia di Roma e dalla società di studi socio-economici e organizzativi S3opus.
 
In particolare sul tema si è cimentato un intervento dal titolo “Lo stress lavoro-correlato: dalla valutazione alle misure organizzative di prevenzione” a cura di Ylenia Curzi, Tommaso M. Fabbri (Università di Modena e Reggio Emilia - Dipartimento di Economia, Fondazione Marco Biagi) e Christian Nardella (Fondazione Marco Biagi - Scuola Internazionale di Dottorato in Relazioni di Lavoro).
 
L’intervento, che rientra tra i Quaderni della Fondazione Marco Biagi (QFMB Saggi/Ricerche), sottolinea che la finalità della valutazione dello stress lavoro-correlato è la prevenzione, cioè “l’individuazione di interventi idonei a evitare l’insorgenza oppure a ridurre la presenza di stress lavoro-correlato. Gli interventi di prevenzione, a loro volta, possono riguardare l’organizzazione oppure l’individuo”.
In particolare se l’intervento “mira a contrastare le condizioni organizzative che possono provocare stress lavoro-correlato, cioè a evitarne l’insorgenza, si parla di misure di prevenzione primaria; se l’intervento mira a contrastare lo stress lavoro-correlato in essere, cioè a limitarne/ridurne la presenza, si parla di prevenzione secondaria; se invece lo scopo dell’intervento è di contrastare lo strain, ossia le conseguenze manifeste dello stress lavorocorrelato, se cioè l’intervento consiste (solo) nel limitare/ridurre il danno, si parla di prevenzione terziaria”.
 
Premesso questo gli autori indicano che secondo gli orientamenti normativi e giurisprudenziali “gli obblighi datoriali di prevenzione sono innanzitutto primari; la valutazione cioè deve essere innanzitutto finalizzata alla diagnosi e all’intervento sulle caratteristiche organizzative della situazione di lavoro che influiscono sull’insorgenza dello stress”.
 
Il problema, tuttavia, è che “gli strumenti e le prassi di valutazione oggi più diffusi hanno certamente una valenza diagnostica della presenza di un problema di stress lavoro-correlato e forniscono informazioni utili a orientare la ricerca delle soluzioni; essi, tuttavia,non bastano per risalire alle cause organizzative dei problemi rilevati, e quindi per individuare quale sia lo specifico intervento organizzativo da realizzare in concreto in quanto adeguato alla prevenzione del problema”.
 
Le osservazioni degli autori interessano “sia il potenziale diagnostico delle indicazioni metodologiche della Commissione, evidentemente viziate da un’incoerenza rispetto alle stipulazioni dell’Accordo Europeo sullo stress lavoro-correlato, sia il loro potenziale prevenzionistico, in quanto inadeguate all’individuazione di misure correttive genuinamente organizzative, ovvero radicate nella comprensione del nesso tra concrete condizioni organizzative o di lavoro e benessere dei lavoratori”.
 
Si ricorda che le prassi “oggi prevalenti di valutazione e prevenzione dei rischi collegati allo stress lavoro-correlato sono tenute al rispetto delle indicazioni metodologiche fornite dalla Commissione consultiva permanente per la salute e la sicurezza sul lavoro in ottemperanza agli art. 6, comma 8 m-quater e 28 comma 1 bis del D. Lgs. 81/2008”. Metodologia che “dà priorità alla rilevazione di ‘indicatori’ ‘oggettivi e verificabili, ove possibile numericamente apprezzabili’ della presenza di stress lavoro-correlato, riconducibili a eventi sentinella, fattori di contenuto e di contesto del lavoro, mentre considera secondaria la rilevazione delle percezioni soggettive sulle stesse famiglie di fattori presso gruppi omogenei di lavoratori interessati dalle problematiche rilevate nella prima fase di valutazione”.
La metodologia della Commissione “dovrebbe servire a rilevare la presenza di stress lavoro-correlato inteso come la percezione da parte dei lavoratori di doversi confrontare con richieste lavorative che considerano non fronteggiabili con le risorse/capacità che credono di possedere.
Ma nella misura in cui detta metodologia non considera necessaria la ‘ valutazione approfondita’, e in particolare l’indagine sui cosiddetti ‘fattori soggettivi’, si può dubitare che essa permetta agli operatori aziendali della prevenzione di valutare quanto il fenomeno da rilevare (lo stress come sopra concepito) sia effettivamente presente”. Ciò soprattutto – continua l’intervento/breve saggio – “se si considera che le cognizioni e emozioni alla base di quel ‘non sentirsi in grado’, sono certamente processi consapevoli, ma tuttavia interni, cioè non direttamente accessibili ad un osservatore esterno come invece potrebbero esserlo i comportamenti”.
 
Su queste basi si ritiene legittimo e auspicabile, sul piano normativo e sul piano tecnico, “che la rilevazione delle percezioni dei lavoratori sia realizzata come momento della valutazione preliminare. Da ciò l’utilità di conoscere gli strumenti a tal fine disponibili, in quanto accreditati in letteratura e diffusi nelle prassi valutative, nazionali e internazionali, anche su stimolo dell’Accordo europeo del 2004”. Una tabella nell’intervento, che vi invitiamo a leggere integralmente, “propone una classificazione di alcuni degli strumenti di valutazione dello stress lavoro-correlato disponibili, basata sull’ampiezza dell’oggetto della valutazione; si distinguono così strumenti che rilevano le sole fonti di stress, strumenti che rilevano solo gli effetti dello stress, strumenti che rilevano le fonti, gli effetti e le variabili di moderazione”.


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Questo breve saggio è dedicato dunque all’illustrazione “di un approccio allo stress lavorocorrelato che supera i limiti della prassi prevalente e ristabilisce la centralità dell’organizzazione del lavoro nell’eziologia e conseguentemente nella prevenzione dello stress lavoro-correlato”. In particolare gli strumenti e le prassi di valutazione oggi più diffusi “hanno certamente una valenza diagnostica della presenza di un problema di stress lavoro-correlato e forniscono informazioni utili a orientare la ricerca delle soluzioni; essi, tuttavia, non bastano per risalire alle cause organizzative dei problemi rilevati, e quindi per individuare quale sia lo specifico intervento organizzativo da realizzare in concreto in quanto adeguato alla prevenzione del problema”. E nell’intento di contribuire a colmare questo gap, viene “proposto e sinteticamente illustrato un approccio alla valutazione dello stress lavoro-correlato interdisciplinare e mixed-method, che combina in modo razionale ed efficiente indicatori oggettivi e soggettivi, analisi organizzativa (propriamente detta) e intervento nelle situazioni di lavoro stressogene (eventualmente) identificate”.
 
In particolare in questo approccio la valutazione dei rischi e la diagnosi dei problemi “non sono separate dalla individuazione delle scelte organizzative che possono averli generati, e dalla progettazione delle conseguenti misure di prevenzione”.
 
Sono tre, in conclusione, le opportunità che può offrire questo approccio agli operatori aziendali della prevenzione (datori di lavoro in primis):
- “l’opportunità di aumentare la propria capacità di individuare misure di prevenzione genuinamente primaria, organizzative e collettive, condivise ed efficaci”;
- “l’opportunità di rendere questa capacità esplicita e argomentabile, documentando così il pieno rispetto delle responsabilità datoriali in materia”;
- “l’opportunità di razionalizzare l’investimento di risorse dedicate allo stress lavorocorrelato”: l’approccio proposto, nel medio periodo e nella misura in cui è fatto proprio dagli operatori aziendali della prevenzione, può “generare economie di apprendimento in fase di valutazione, risparmi sulla formazione generica – cui troppo spesso si ricorre come unica misura di miglioramento – e incrementi di produttività derivanti dal maggiore benessere del lavoratori conseguente alle migliorate condizioni organizzative”.
 
 
 
Lo stress lavoro-correlato: dalla valutazione alle misure organizzative di prevenzione”, QFMB Saggi/Ricerche, a cura di Ylenia Curzi, Tommaso M. Fabbri (Università di Modena e Reggio Emilia - Dipartimento di Economia, Fondazione Marco Biagi) e Christian Nardella (Fondazione Marco Biagi - Scuola Internazionale di Dottorato in Relazioni di Lavoro), intervento diffuso al seminario “Metodologie di valutazione dello Stress lavoro- correlato” (formato PDF, 5.9 MB).
 
 
RTM
 
 



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