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Pubbliche amministrazioni: la normativa sul benessere organizzativo

Pubbliche amministrazioni: la normativa sul benessere organizzativo

Un intervento si sofferma sul benessere organizzativo riportando i vari riferimenti nelle norme relative al mondo del lavoro pubblico. Direttiva benessere, Riforma Brunetta, Delegato lavoro, Direttiva CUG, Codice di comportamento dei pubblici dipendenti.

Urbino, 8 Lug – Come ricordava in un’ intervista a PuntoSicuro il Prof. Paolo Pascucci - professore di Diritto del lavoro nell’Università di Urbino “Carlo Bo” e presidente di  Olympus, l'Osservatorio per il monitoraggio permanente della legislazione e giurisprudenza sulla sicurezza del lavoro – “l’organizzazione del lavoro - intesa non solo come luogo fisico ma anche come insieme di regole, di procedura e quindi di strategia che l’impresa o l’amministrazione utilizza per il proprio progetto produttivo – è effettivamente la chiave di volta del sistema di prevenzione”. E l’importante concetto di benessere organizzativo, benché manchi nel Testo Unico una definizione, è ‘sotteso alla stessa trama normativa del D. Lgs. 81/2008’.
 
Tuttavia in realtà molte norme relative al mondo del lavoro pubblico fanno specifico riferimento al “ benessere organizzativo” (BO). Ma i destinatari delle norme le conoscono? E sanno cosa si intende per benessere organizzativo?
 
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Per rispondere a questa domanda, presentiamo l’intervento che si è tenuto nella conferenza/seminario, organizzato dall’ Università di Urbino “Carlo Bo” (Urbino, 20 aprile 2016), dal titolo “Benessere organizzativo: concetto, evidenze e indicazioni normative”. Seminario in cui la Dott.ssa Laura Barnaba - psicologa, componente Gruppo di Lavoro "Rischio stress lavoro correlato" dell'Ordine Psicologi del Lazio, membro effettivo CUG e membro supplente della Commissione consultiva permanente per il Ministero Infrastrutture e Trasporti – non solo ha chiarito e focalizzato i vari riferimenti normativi che richiamano il benessere organizzativo, ma ne ha chiarito anche il significato e l’applicabilità nell’ambito della salute e sicurezza sul lavoro.
 
La relatrice ricorda innanzitutto che il “Benessere organizzativo” è un “costrutto di psicologia del lavoro, delle organizzazioni e delle risorse umane”. Ed è stato sviluppato “negli anni 2000 dal prof. Francesco Avallone e collaboratori portando a sintesi esperienze internazionali e contributi anche di altre discipline”.
Ma si ricorda anche che nell’ambito della psicologia a volte si usa il termine “benessere organizzativo” in modo generico, “senza un riferimento stringente al modello della ‘direttiva benessere’.
Infatti, come vedremo, il modello “è stato preso a riferimento nella Direttiva della Presidenza del Consiglio - Dipartimento della funzione pubblica - del 24 marzo 2004 recante “Misure finalizzate al miglioramento del benessere organizzativo nelle pubbliche amministrazioni” (c.d. “direttiva benessere”).
 
Ci soffermiamo, in questo primo articolo di presentazione, sulle principali norme che fanno riferimento al “benessere organizzativo”, partendo proprio dalla “direttiva benessere”.
 
La relatrice ricorda che la direttiva sollecita le amministrazioni a:
- “impegnarsi non solo sul piano del raggiungimento degli obiettivi di produttività ed efficacia, ma anche a realizzare, per i propri dipendenti, un insieme di ambienti e relazioni atti a contribuire al miglioramento della qualità della vita lavorativa;
-  a valutare e migliorare il benessere all'interno della propria organizzazione rilevando le opinioni dei dipendenti sulle dimensioni che determinano la qualità della vita e delle relazioni nei luoghi di lavoro;
- a realizzare misure di miglioramento per valorizzare le risorse umane, aumentare la motivazione dei collaboratori, migliorare i rapporti tra dirigenti e operatori, accrescere il senso di appartenenza e di soddisfazione dei lavoratori per la propria Amministrazione;
- rendere attrattive le Amministrazioni Pubbliche per i talenti migliori, migliorare l'immagine interna ed esterna e la qualità complessiva dei servizi forniti dall'Amministrazione;
- diffondere la cultura della partecipazione, quale presupposto dell'orientamento al risultato, al posto della cultura dell'adempimento;
- realizzare sistemi di comunicazione interna;
- infine, a prevenire i rischi psicosociali di cui al D. Lgs. 626/94” (la direttiva è chiaramente precedente all’emanazione del D.Lgs. 81/2008).
 
Un’altra normativa su cui si sofferma la relazione è la c.d. “Riforma Brunetta”, il Decreto Legislativo n. 150 del 27 ottobre 2009 “Attuazione della legge 4 marzo 2009, n. 15, in materia di ottimizzazione della produttività del lavoro pubblico e di efficienza e trasparenza delle pubbliche amministrazioni”.
Nel decreto l’Art. 14 introduce “le indagini annuali sul livello di BO, il grado di condivisione del sistema di valutazione del personale e la valutazione del proprio superiore gerarchico”.
 
Di benessere si parla anche nel c.d. “Delegato lavoro”, la Legge n. 183 del 4 novembre 2010 recante “Deleghe al Governo in materia di lavori usuranti, di riorganizzazione di enti, di congedi, aspettative e permessi, di ammortizzatori sociali, di servizi per l'impiego, di incentivi all'occupazione, di apprendistato, di occupazione femminile, nonché misure contro il lavoro sommerso e disposizioni in tema di lavoro pubblico e di controversie di lavoro”. E precisamente nell’Art. 21 (Misure atte a garantire pari opportunità, benessere di chi lavora e assenza di discriminazioni nelle amministrazioni pubbliche). In particolare la legge innova gli artt. 7 e 57 del D.Lgs. 165/2001 e s.m.i.: “ambienti di lavoro improntati al BO e istituzione CUG” (Comitato unico di garanzia per le pari opportunità, la valorizzazione del benessere di chi lavora e contro le discriminazioni).
 
La relazione riporta infatti i due articoli del D. Lgs. 165/2001 e s.m.i., come modificati dalla legge 183/2010.
 
Ad esempio nell’Art. 7 (Gestione delle risorse umane) al comma 1 si indica che “le pubbliche amministrazioni garantiscono parità e pari opportunità tra uomini e donne e l'assenza di ogni forma di discriminazione, diretta e indiretta, relativa al genere, all'età, all'orientamento sessuale, alla razza, all'origine etnica, alla disabilità, alla religione o alla lingua, nell'accesso al lavoro, nel trattamento e nelle condizioni di lavoro, nella formazione professionale, nelle promozioni e nella sicurezza sul lavoro. Le pubbliche amministrazioni garantiscono altresì un ambiente di lavoro improntato al benessere organizzativo e si impegnano a rilevare, contrastare ed eliminare ogni forma di violenza morale o psichica al proprio interno”.
E l’Art.57 (Pari opportunità) indica che le pubbliche amministrazioni costituiscono al proprio interno (...) il "Comitato unico di garanzia per le pari opportunità la valorizzazione del benessere di chi lavora e contro le discriminazioni" che “sostituisce, unificando le competenze in un solo organismo, i comitati per le pari opportunità e i comitati paritetici sul fenomeno del mobbing, costituiti in applicazione della contrattazione collettiva, dei quali assume tutte le funzioni” (...). E il Comitato unico di garanzia, all'interno dell'amministrazione pubblica, contribuisce, tra le altre cose, “all'ottimizzazione della produttività del lavoro pubblico, migliorando l'efficienza delle prestazioni collegata alla garanzia di un ambiente di lavoro caratterizzato dal rispetto dei principi di pari opportunità, di benessere organizzativo e dal contrasto di qualsiasi forma di discriminazione e di violenza morale o psichica per i lavoratori”.
 
Al BO si fa poi chiaramente riferimento anche nella c.d. “direttiva CUG”, la Direttiva della Presidenza del Consiglio 4 marzo 2011 “Linee guida sul funzionamento dei Comitati Unici di Garanzia per le pari opportunità, la valorizzazione del benessere di chi lavora e contro le discriminazioni”.
Infatti attraverso il CUG, il legislatore “intende favorire la realizzazione del benessere organizzativo”. In particolare il CUG “può fare proposte per favorire il benessere lavorativo; verificare gli esiti delle azioni tese a favorire il benessere organizzativo; collaborare con l’Amministrazione (es. con SPP e MC) per scambio di informazioni su elementi che possono incidere negativamente sul benessere organizzativo in quanto derivanti da discriminazione… (3.2); il CUG relaziona annualmente sulla realizzazione del benessere organizzativo (3.3.);il CUG collabora con l’OIV (Organismo indipendente di valutazione, ndr) per l’introduzione del benessere organizzativo nella valutazione della performance (4.4)”.
 
Invitando ad una lettura integrale dell’intervento, che si sofferma su vari aspetti relativi al benessere organizzativo, concludiamo la presentazione di questa rassegna normativa della Dott.ssa Laura Barnaba, ricordando anche il riferimento al Codice di comportamento dei pubblici dipendenti.
 
Infatti il Decreto del Presidente della Repubblica n. 62/2013 “Regolamento recante codice di comportamento dei dipendenti pubblici, a norma dell'articolo 54 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165”, all’Art.13, comma 5, si indica che il dirigente “cura, compatibilmente con le risorse disponibili, il benessere organizzativo nella struttura a cui è preposto, favorendo l'instaurarsi di rapporti cordiali e rispettosi tra i collaboratori, assume iniziative finalizzate alla circolazione delle informazioni, alla formazione e all'aggiornamento del personale, all'inclusione e alla valorizzazione delle differenze di genere, di età e di condizioni personali”.
 
 
Benessere organizzativo: concetto, evidenze e indicazioni normative”, a cura della Dott.ssa Laura Barnaba (psicologa, componente Gruppo di Lavoro "Rischio stress lavoro correlato" dell'Ordine Psicologi del Lazio, membro effettivo CUG e membro supplente della Commissione consultiva permanente per il Ministero Infrastrutture e Trasporti), intervento alla conferenza/seminario “Benessere organizzativo: concetto, evidenze e indicazioni normative” (formato PDF, 7,28 MB).
 
 
Tiziano Menduto
 
 
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