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Il rischio psicosociale in Europa e l’attività di vigilanza

Il rischio psicosociale in Europa e l’attività di vigilanza

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Categoria: Rischio psicosociale e stress

30/09/2015

L’impatto della crisi sulle condizioni di lavoro e la relazione tra i rischi psicosociali e la medicina del lavoro, l’ispezione del lavoro e la giurisprudenza dei diversi paesi europei.

 
All’inizio del mese d settembre us.s si è tenuto il terzo seminario sul rischio psicosociale organizzato dall’ETUI (Centro Studi di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro del Sindacato europeo).
 
I lavori del seminario sono stati aperti dal Ministro del dialogo Sociale maltese che nel suo intervento ha ben sintetizzato il quadro attuale della salute e sicurezza quando ha affermato che “in questi anni ci si preoccupa di più del numero dei lavoratori e dei posti di lavoro che non della qualità del lavoro”
I temi all’ordine del giorno del seminario oltre ad una analisi dell’impatto della crisi sulle condizioni di lavoro e sulla intensificazione del lavoro erano:
1) i rischi psicosociali e la medicina del lavoro;
2) i rischi psicosociali e l’ispezione del lavoro;
3) i rischi psicosociali e la giurisprudenza dei diversi paesi europei.
Sono state inoltre presentate alcune esperienze nazionali fra cui una indagine sullo stress condotta fra le insegnanti del Regno Unito che sarà oggetto, stante l’interesse anche per la nostra attività di tutela, di uno specifico approfondimento.
 
Sul tema dell’ispezione del lavoro in tema di rischio psicosociale nel corso del seminario si è avuta la presenza di Velazquez, ispettore del lavoro spagnolo che ha coordinato il gruppo di esperti dell’ ILO/BIT [1] .
 

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Dopo la campagna SLIC del 2012, nel 2014 l’ILO/BIT ha avviato un progetto, conclusosi nello mese di dicembre finalizzato a definire una guida per l’ispezione in tema di rischio psicosociale Il gruppo ILO/BIT nell’elaborazione della sua guida ha ritenuto che la definizione migliore di rischio psicosociale sia quella individuate dalla normative belga che si incentra sul lavoro, sul suo contenuto, sull’ambiente di lavoro e sul modo di vita al lavoro.
La legge belga del 2014 relativa alla prevenzione dei rischi psicosociali sul lavoro all’articolo 2 afferma: “rischi psicosociali sul lavoro: la probabilità che uno o più lavoratori subiscano un danno psichico che può egualmente accompagnarsi ad un danno fisico, in seguito all’esposizione a dei componenti dell’organizzazione del lavoro, del contenuto del lavoro, delle condizioni del lavoro, delle condizioni di vita al lavoro e delle relazioni interpersonali sul lavoro, su cui il datore di lavoro svolge un ruolo e che comportano obiettivamente un pericolo”.
Come è noto il ruolo degli ispettori viene definito esclusivamente dalla Convenzione 81 dell’ILO che affianca ad una attività di controllo delle previsioni legislative anche quella di fornitura di consigli , informazioni tecniche su come rispondere alle nozioni di legge, su come conformarsi alle disposizioni di legge..
 
L’idea condivisa dalle Ispezioni del Lavoro Europee, è che la valutazione dei rischi psicosociali è un elemento essenziale per la gestione generale dei rischi e che la stessa deve essere integrata nella gestione generale della prevenzione dell'azienda e non deve essere gestita separatamente da questa.
La valutazione dei rischi psicosociali contribuisce all'identificazione dei problemi e al miglioramento generale delle condizioni di lavoro e le routine di controllo che si sviluppano nelle aziende devono contemplare sempre questi aspetti, poiché dall'organizzazione e ordine del lavoro derivano in ultima istanza l'immensa maggioranza degli infortuni del lavoro come risulta dalla maggior parte degli studi e delle inchieste che portano a termine gli organismi tecnici per la sicurezza e salute del lavoro.
 
Come è noto, mentre il concetto di rischio psicosociale è d'uso comune e concorde tra le istituzioni e tra gli specialisti della prevenzione dei rischi lavorativi dell'Unione Europea, questo termine è a malapena usato in altri ambiti continentali, in cui si preferisce semplicemente parlare di Stress e Violenza sul lavoro (OIL, NIOSH), a volte insieme ma nella maggior parte dei casi in modo separato.
 
L'OIL nell'anno 2003 cercò di approvare un insieme di indicazioni per affrontare lo stress e la violenza sul lavoro nel settore dei servizi che alla fine si limitò ad affrontare la violenza [2].
Il termine “psicosociale” normalmente definisce la relazione e interazione tra l'individuo (psiche) e il suo intorno sociale, tuttavia non esiste alcuna scienza denominata propriamente psicosociologia e alcuni scienziati le preferiscono altre denominazioni come psicologia della prevenzione o gestione delle organizzazioni.
In ogni caso, la denominazione rischi psicosociali è quella che ha avuto fino ad oggi maggior credito nell'ambito della scienza europea della prevenzione dei rischi lavorativi e nella sua genesi ha influito in maniera rilevante la ricerca di un concetto unitario che comprendesse lo studio e l'analisi di questioni come lo stress lavorativo e la violenza sul lavoro, sia interna, che esterna o da parte di terzi.
Così come vengono definiti negli ultimi lavori dell'Agenzia Europea, i rischi psicosociali
comprendono quelli che derivano, in un modo o nell'altro, dall'organizzazione del lavoro e del contesto delle relazioni sociali sul lavoro, sia che si tratti delle relazioni personali interne dentro l'azienda, sia di quelle con i clienti, con gli utenti o anche con le stesse persone la cui azione o comportamento verso l'impresa sia illegale o illegittima.
Si deve anche sottolineare, a tale proposito, lo sforzo sviluppato all'interno del progetto europeo PRIMA-EF per raggiungere un consenso, a questo livello, sui concetti e gli standard minimi da utilizzare in materia di rischi psicosociali e valutazione dei rischi5.
countries.
A livello di Europa non esiste alcuna legislazione specifica sui rischi psicosociali paragonabile a quella esistente per altre materie, come gli agenti chimici, il rumore, i cantieri mobili o itineranti o le attrezzature di lavoro. Questo non vuol dire però che esista un vuoto normativo e che nella nuova impostazione normativa derivata dalla Direttiva Quadro 89/391 e dalle leggi di recepimento di tale Direttiva), non esistano lacune legali poiché le norme e i principi generali della prevenzione sono in ogni caso di diretta applicazione a tutti i rischi lavorativi senza che sia necessario articolare uno sviluppo regolamentare degli stessi.
 
Affermare il contrario sarebbe ricadere nell’impostazione di regolamentare ogni cosa che orientava la precedente normativa sulla sicurezza e igiene del lavoro secondo cui gli obblighi del datore di lavoro si riducevano alla mera ottemperanza o esecuzione di un insieme di norme chiuse in regole di contenuto tecnico. La nuova concezione si basa, invece, sull'applicazione di norme generali a situazioni concrete seguendo l'indirizzo della valutazione preventiva o analisi dei rischi che deve portare a termine ogni datore di lavoro.
 
Il principio generale di questa normativa è quello della regolazione “su misura” delle condizioni reali di lavoro, in contrapposizione al precedente criterio di stabilire in astratto delle regole tecniche la cui applicazione pratica si sarebbe dovuta realizzare indipendentemente da tali condizioni reali del lavoro.
 
Partendo dall'accettazione di tali principi, tutti gli Ispettorati del lavoro europei riconoscono nei propri documenti interni l'implicita e tacita inclusione dei rischi psicosociali nel contenuto delle loro norme nazionali di recepimento della Direttiva Quadro, che prevedono l'obbligo di valutare tutti i rischi derivanti dal lavoro, e quindi anche quelli che determinano disturbi psichici o che derivano dall'organizzazione o della distribuzione del lavoro. Tuttavia è esistita ed ancora sussiste in Europa una volontà generale apertamente contraria alla creazione di norme specifiche su questa materia. D'altra parte, si deve tener conto della difficoltà oggettiva di legiferare su situazioni la cui varietà e casistica fanno sì che sia possibile applicare solo principi generali o concetti giuridici indeterminati.
 
Si può così osservare che le norme legali approvate su questa materia in alcuni Paesi come il Belgio, l'Olanda, la Danimarca, la Norvegia e la Finlandia contengono solo tali principi generici e che addirittura lo stesso Accordo Europeo sullo Stress da Lavoro (2004) è una buona prova di questo.
 
Ma anche che l'approvazione di norme sullo stress lavorativo e sui rischi psicosociali in Paesi come l'Ungheria e l'Estonia non ha portato alla messa in opera di alcuna loro applicazione reale ed efficace.
 
Per questo motivo, nell'ambito europeo si è adottata la decisione comune di rimandare la
regolamentazione di queste materie al dialogo sociale tra datori di lavoro e sindacati mediante l'approvazione di accordi collettivi che non fossero giuridicamente vincolanti, che si iscrivono nella cosiddetta “soft law”, che implica la regolamentazione e la gestione dei conflitti tramite norme volontarie concordate tra le parti coinvolte.
 
Comunque, nemmeno nell'ambito di tali accordi esiste una regolamentazione unitaria per tutti i rischi psicosociali. Si è deciso infatti l'adozione di un Accordo sullo Stress Lavorativo nel 2004 basato chiaramente sulla Direttiva Quadro 89/391 per la Sicurezza e Salute sul Lavoro. L'altro accordo riguarda le molestie e la violenza sul lavoro ed è stato approvato nel 2007. Esso si basa sia sulla citata Direttiva Quadro sia su altre direttive riguardanti l'eguaglianza di trattamento in cui si menzionano anche in modo esplicito le molestie. Infine, nell'anno 2010 sono state approvate delle Linee Guida Multisettoriali sulla Violenza Esterna o di Terzi sul Lavoro (non ancora recepite nel quadro spagnolo della contrattazione collettiva) che si basano anch'esse sulle stesse norme dell'Accordo del 2007, ossia, sia sulle norme di sicurezza e salute sul lavoro, sia su quelle che regolano l'uguaglianza di trattamento nelle relazioni di lavoro.
 
Anche il contenuto di questi accordi è poco chiaro e uniforme. L'Accordo sullo stress da lavoro potrebbe comprendere gli altri due accordi in quanto vi si afferma che le molestie e la violenza sono potenziali elementi di stress legati al lavoro e più oltre segnala che uno dei possibili fattori che causano stress è l'esposizione a comportamenti offensivi. Segnala anche l'obbligo del datore di lavoro di protezione a fronte dei problemi di stress lavorativo in conformità con la Direttiva Quadro e di adozione di ogni misura necessaria a prevenire, eliminare o ridurre i problemi di stress che vengano identificati.
 
Tuttavia, questo accordo non è chiaro nel merito delle tecniche e dei metodi che il datore di lavoro deve seguire, dato che nel suo punto 5 vi si recita che “i problemi relativi allo stress derivante dal lavoro possono essere affrontati nel quadro di una valutazione generale dei rischi professionali, mediante la definizione di una politica sullo stress differenziata e/o con misure specifiche miranti ai fattori identificati di stress”. Quindi, non rimane chiara a sufficienza l'applicazione dei principi preventivi e proattivi che sono propri della Direttiva Quadro 89/391 mediante l'uso delle valutazioni sui rischi che si identificano e che non possono essere evitati.
L'Accordo sulle molestie e la violenza è ancora più confuso sotto questo ultimo aspetti, in quanto segnala nel suo alinea 4 che le azioni di prevenzione consistono nell' ”aumentare la sensibilizzazione di tutto il personale dandogli una formazione adeguata” e che “le imprese devono redigere una dichiarazione secondo cui esse non tollereranno le molestie e la violenza”, “in questa dichiarazione si specificheranno i procedimenti da seguire in caso di incidenti”. Si adotta così un'impostazione propria delle politiche delle risorse umane (formazione, codice di condotta e gestione dei conflitti) che è più consono al diritto del lavoro ed estraneo all'impostazione delle norme di prevenzione dei rischi lavorativi che derivano dalla Direttiva quadro 89/391. Le Linee Guida Multisettoriali sulla violenza esterna o di terzi hanno tuttavia un'impostazione più sintetica e raccolgono sia le misure di risorse umane (sensibilizzazione, formazione, ecc.), che le tecniche proprie della sicurezza e salute su lavoro (valutazione dei rischi). Questa individuazione del carattere misto e plurale dei rischi psicosociali come materia che riguarda sia i diritti dei lavoratori nella relazione di lavoro, sia la loro sicurezza e salute è quanto già viene riconosciuto dalle Linee Guida dell'OIL del 2003 sulla violenza nel Settore dei Servizi [3] e dai Criteri Tecnici dell'Ispezione del lavoro spagnola.
 
Di fatto, le tecniche delle risorse umane sono efficaci solo se si basano su una previa analisi o valutazione dei rischi psicosociali. Si tratta, in realtà, di tecniche che non sono contrapposte, ma complementari, e che spesso non si trovano a essere ben inserite a causa dell'assenza generalizzata di una dottrina legale e scientifica che cerchi di unificarle in modo coerente. Gli esperti di prevenzione dei rischi psicosociali che assistono le imprese dovrebbero in ogni caso dominare entrambe le tecniche e facilitare i datori di lavoro e i lavoratori sia nell'analisi e nella valutazione completa dei rischi psicosociali che nelle raccomandazione sulle misure più appropriate o adeguate per far fronte ai problemi emersi durante la valutazione.
 
In presenza di un panorama legislativo così vario e diffuso a livello europeo, ci si ritrova anche con tecniche di ispezione sui rischi psicosociali molto diverse tra loro che oscillano tra un maggiore e un minore grado di interventismo dell'ispettore, anche in funzione dei modelli di ispezione specializzata in sicurezza e salute sul lavoro o di ispezione generalista su tutte le condizioni di lavoro che si ritrovano nei diversi Paesi.
 
I modelli specializzati in sicurezza e salute sul lavoro si orientano verso la realizzazione di un'analisi dell'insieme del processo di gestione preventiva dei rischi psicosociali nelle aziende senza intervenire sui problemi concreti che possono riguardare individualmente uno o vari lavoratori e senza entrare nel terreno proprio della legislazione lavorativa che comprende aspetti correlati con questi rischi come i salari, la giornata di lavoro, la modifica delle condizioni di lavoro, la contrattazione, la discriminazione e l'uguaglianza di trattamento e il diritto a un trattamento che preservi la dignità sul lavoro.
 
Le ispezioni generaliste, che coprono sia la vigilanza per la prevenzione che quella sul resto delle condizioni di lavoro, realizzano, in generale, un esame meno intenso sulla gestione dei rischi psicosociali e sulle misure puramente preventive, ma nelle loro attività prevedono anche gli interventi reattivi a fronte di denunce o problemi individuali e trattano di aspetti che riguardano la relazione di lavoro ivi compresa anche, nel caso spagnolo, la legislazione sulla sicurezza sociale, nell'ipotesi che qualche lavoratore sia nella condizione di aver contratto una malattia professionale per cause esclusivamente correlate al lavoro (Art.115.1(g) LGSS).
 
In linea generale, anche le ispezioni dei paese nordici, come la Finlandia, l'Olanda, la Svezia, la Germania e la Danimarca, si orientano verso un intervento dell'ispettore che, in diversi gradi e forme, verifichi la valutazione effettuata dall'impresa tramite il proprio servizio di prevenzione. Questo, in alcuni casi (Olanda e Finlandia), comporta analisi dirette dell'Ispettore per identificare i rischi psicosociali sui lavoratori coinvolti. Negli altri Paesi che si analizzeranno (Regno Unito, Austria, Francia e Spagna), invece, predomina una concezione del controllo e della vigilanza dell'Ispettore sul processo di gestione dei rischi psicosociali portato a termine nell'impresa, con il servizio di prevenzione unico soggetto a portare a termine le attività di valutazione diretta dei rischi psicosociali, senza pregiudizio per la facoltà dell'ispettore di rilevare la scorrettezza o la non validità della valutazione realizzata.
 
 
 
Fonte: NL Medico Legale INCA-CGIL  Numero 35°/2015 a cura di Marco Bottazzi della Consulenza legale Inca-Cgil (formato PDF, 326 kB).


[1] Il gruppo era composto da ispettori dei seguenti paesi: Danimarca, Norvegia, Belgio, Irlanda, Francia, Italia e Spagna.
[2] Nelle premesse si dice letteralmente che “tra le conseguenze della violenza nel luogo di lavoro si deve citare lo stress, anche se questo è un concetto che secondo alcuni non può essere chiaramente definito”
[3] Le Linee Guida dell'OIL del 2003 sulla violenza nel settore dei Servizi sopra citate segnalano a tale proposito in premessa che “secondo alcuni la violenza sul lavoro, sia per quel che riguarda la sua prevenzione che le sue conseguenze, sarebbe di competenza della gestione delle risorse umane. Altri, al contrario considerano che si tratti di una questione di sicurezza e salute sul lavoro. La presente Riunione, dopo aver esaminato le complesse questioni portate alla sua attenzione, raccomanda di adottare un Repertorio di raccomandazioni pratiche sulla violenza sul lavoro nel settore dei Servizi e di misure per combatterla. Nell'affrontare queste sfide, i governi, i datori di lavoro e i lavoratori e i loro rappresentanti segnalano soprattutto la necessità di stabilire e seguire un'impostazione previsionale basata sui sistemi di gestione della sicurezza e della salute sul lavoro. Questi sistemi hanno per obiettivo in primo luogo di evitare che emergano problemi, mediante politiche, organizzazione, pianificazione, applicazione, supervisione e valutazione, e sono orientati a introdurre miglioramenti nel contesto lavorativo e ad aumentare l'efficienza dell'organizzazione”.



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