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Agenti chimici e cancerogeni: le misure per ridurre il rischio

Redazione

Autore: Redazione

Categoria: Rischio cancerogeno, mutageno

04/07/2012

Il Decreto legislativo 81/2008 riporta i principi generali di prevenzione e le misure per ridurre i rischi correlati all’utilizzo negli ambienti di lavoro di agenti chimici pericolosi e agenti cancerogeni e mutageni. Gli obblighi del datore di lavoro.

 
Palermo, 4 Lug – Per favorire l’adozione nelle aziende di idonee politiche di prevenzione del rischio chimico, cancerogeno e mutageno, continuiamo con la presentazione della nuova edizione del documento “ Linee Guida per la Valutazione del Rischio da esposizione ad agenti chimici pericolosi e ad agenti cancerogeni e mutageni”; documento elaborato dal Centro Interagenziale “Igiene e Sicurezza del Lavoro” di ISPRA, con la collaborazione dell’Università Politecnica delle Marche, della Environment Agency (England), della Scottish Environmental Protection Agency (SEPA) e di diverse Arpa regionali, con riferimento alla tutela della sicurezza e della salute dei lavoratori operanti nelle Agenzie Ambientali.
 
Queste linee guida non solo permettono di approfondire i temi connessi al concetto di rischio chimico, alla classificazione dei vari agenti (chimici, cancerogeni e mutageni) e ai possibili modelli di valutazione del rischio, ma offrono varie indicazioni relative a misure e principi generali per la prevenzione.
 
Riguardo alla prevenzione dei rischi il documento fa riferimento al Decreto legislativo 81/2008, un decreto che introduce “un’innovazione sostanziale alle modalità di tutela della salute dei lavoratori, sostituendo la presunzione del rischio da agenti chimici pericolosi, cancerogeni e mutageni, con la sua valutazione”.
 
Ricordando  che la trattazione degli agenti chimici all’interno del decreto è inserita all’interno del Titolo IX (sostanze pericolose) - con una distinzione in due gruppi: Capo I (protezione da agenti chimici pericolosi) e Capo II (protezione da agenti cancerogeni e mutageni) – le linee guida precisano che la definizione degli agenti chimici pericolosi contenuta nel decreto (art. 222) non risulta “di immediata comprensione”.
In realtà lo strumento principale per individuare gli agenti chimici pericolosi “è la classificazione, etichettatura ed imballaggio degli agenti chimici e quindi il Regolamento CE n.
 1272/2008 (CLP), e le schede di sicurezza”. E “sostanzialmente sono classificati agenti chimici pericolosi tutte quelle sostanze o miscele pericolose per la salute che hanno un’etichettatura corrispondente ai simboli (DSP e DPP): Molto Tossici, Tossici, Corrosivi, Irritanti”. E “ai simboli (CLP): Tossicità acuta, Corrosione/irritazione pelle, Gravi danni agli occhi/irritazione occhi, Sensibilizzazione respiratoria o cutanea, Pericolo di aspirazione”.
 


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La normativa stabilisce che “i rischi derivanti da agenti chimici pericolosi devono essere eliminati o ridotti al minimo attraverso la adozione di misure e principi generali di tutela quali:
- “progettazione e organizzazione dei sistemi di lavorazione sul luogo di lavoro. Per i laboratori significa lo sviluppo di una nuova ‘cultura della sicurezza’ che passa attraverso una valutazione più attenta e profonda, sotto il profilo della sicurezza, della ‘pianificazione del metodo analitico (prova)’. Tale pianificazione risulta favorita dal fatto che i metodi analitici sono divenuti procedure operative standard. Inoltre hanno una influenza rilevante nell’organizzazione e nel ritmo del lavoro l’esistenza di condizioni personali speciali come persone molto giovani o anziane, donne in stato di gestazione o di allattamento, persone sensibilizzate o in precarie condizioni di salute e la mancanza di informazione dei lavoratori sui prodotti che manipolano;
-fornitura di attrezzature idonee per il lavoro specifico e relative procedure di manutenzione adeguate;
-riduzione al minimo del numero di lavoratori che sono o potrebbero essere esposti attraverso una idonea organizzazione del lavoro e delle aree dove tale lavoro è effettuato;
-riduzione al minimo della durata e dell’intensità dell’esposizione accorpando, ad esempio se possibile, i campioni da sottoporre ad analisi;
-misure igieniche adeguate quali, ad esempio, l’utilizzo del corretto abbigliamento di lavoro come il camice, l’obbligo dell’utilizzo di occhiali protettivi durante tutte le attività di laboratorio, l’ utilizzo dei guanti quando serve e la periodica pulizia delle mani;
-riduzione al minimo della quantità di agenti presenti sul luogo di lavoro in funzione delle necessità della lavorazione evitando di detenere troppi reagenti sui banchi di laboratorio conservandone opportunamente le quantità non necessarie negli appositi depositi e/o armadi di sicurezza;
-metodi di lavoro appropriati comprese le disposizioni che garantiscono la sicurezza nella manipolazione, nell’immagazzinamento e nel trasporto sul luogo di lavoro di agenti chimici pericolosi nonché dei rifiuti che contengono detti agenti chimici. L’attività di analisi produce quantitativi non indifferenti di residui e prodotti esausti che a volte subiscono ulteriori processi chimici quali recuperi di solventi, separazioni e/o precipitazioni, prima di entrare a far parte dei rifiuti ai sensi della vigente normativa. La gestione di questi processi critici deve essere necessariamente ben codificata all’interno del metodo analitico”.
 
Le linee guida sottolineano che se i risultati della valutazione dei rischi dimostrano che - in relazione a tipo/quantità di un agente chimico pericoloso/modalità e frequenza di esposizione -  “vi è solo un rischio basso per la sicurezza e irrilevante per la salute dei lavoratori e che le misure sopra riportate sono sufficienti a ridurre il rischio, non si applicano le misure specifiche di protezione e di prevenzione, le disposizioni in caso di incidenti o di emergenze, la sorveglianza sanitaria e le cartelle sanitarie e di rischio cioè le disposizioni contenute negli art.
 225, 226, 229 e 230 del D.Lgs. 81/2008”.
In realtà non né stata ancora definita con precisione questa soglia di rischio basso e dunque “permangono ampi margini di soggettività nella effettuazione di una ‘corretta’ valutazione del rischio che salvaguardi la salute e la sicurezza dei lavoratori e tuteli legalmente le aziende senza penalizzarle con misure di prevenzione sovradimensionate”. Gli autori indicano che il metodo quantitativo proposto in questa linea guida “è strutturato per la definizione di questa soglia”.
 
Veniamo brevemente agli agenti cancerogeni e mutageni, che abbiamo presentato e definito in un recente articolo di PuntoSicuro, e alle misure di prevenzione indicate nel D.Lgs. 81/2008. 
 
In realtà il legislatore, “in relazione alla maggiore pericolosità delle sostanze in questione, prescrive, rispetto agli agenti chimici pericolosi, l’utilizzo di una più vasta gamma di misure tecniche, organizzative e procedurali per minimizzare i rischi”.
 
Questi gli obblighi di base del datore di lavoro:
- il datore di lavoro “deve evitare o ridurre l’utilizzazione di un agente cancerogeno o mutageno sul luogo di lavoro in particolare sostituendolo, se tecnicamente possibile, con una sostanza o un preparato o un procedimento che nelle condizioni in cui viene utilizzato non risulta nocivo o risulta meno nocivo per la salute e la sicurezza dei lavoratori”;
- se non risulta  tecnicamente possibile sostituire l’agente cancerogeno o mutageno “il datore di lavoro provvede affinché la produzione o l’utilizzazione dell’agente cancerogeno o mutageno avvenga in un sistema chiuso purché tecnicamente possibile”;
- se il ricorso ad un sistema chiuso non è tecnicamente possibile il datore di lavoro provvede affinché il livello di esposizione dei lavoratori sia ridotto al più basso valore tecnicamente possibile”.
 
Inoltre il datore di lavoro deve:
- “assicurare, applicando metodi e procedure di lavoro adeguati, che nelle varie operazioni lavorative sono impiegati quantitativi di agenti cancerogeni o mutageni non superiori alle necessità delle attività analitiche e che gli agenti  cancerogeni o mutageni in attesa di utilizzo, in forma fisica tale da causare rischio di introduzione, non sono accumulati sul luogo di lavoro e sui banchi di laboratorio in quantitativi superiori alle necessità predette;
- limitare al minimo possibile il numero dei lavoratori esposti o che possono essere esposti ad agenti cancerogeni o mutageni, anche isolando le zone di impiego in aree predeterminate provviste di adeguati segnali di avvertimento e di sicurezza, ed accessibili soltanto ai lavoratori che debbono recarvisi per motivi connessi con la loro mansione o con la loro funzione;
- dotare l’ambiente di lavoro di un adeguato sistema di ventilazione generale e ricambi d’aria;
- provvedere alla regolare e sistematica pulitura dei locali, delle superfici delle apparecchiature e degli impianti;
- elaborare procedure specifiche per i casi di emergenza che possono comportare esposizioni elevate;
- assicurare che gli agenti cancerogeni o mutageni sono conservati, manipolati, trasportati in condizioni di sicurezza;
- assicurare che la raccolta e l’immagazzinamento, ai fini dello smaltimento degli scarti e dei residui delle lavorazioni contenenti agenti cancerogeni, avvengano in condizioni di sicurezza, in particolare utilizzando contenitori ermetici etichettati in modo chiaro, netto, visibile;
- disporre, su conforme parere del medico competente, misure protettive particolari con quelle categorie di lavoratori per i quali l’esposizione a taluni agenti cancerogeni o mutageni presenta rischi particolarmente elevati;
- assicurare che i lavoratori dispongano di servizi igienici appropriati ed adeguati;
-  disporre che i lavoratori abbiano in dotazione idonei indumenti protettivi da riporre in posti separati dagli abiti civili;
- provvedere affinché i dispositivi di protezione individuale siano custoditi in luoghi determinati, controllati e puliti dopo ogni utilizzazione, provvedendo altresì a far riparare o sostituire quelli difettosi o deteriorati, prima di ogni nuova utilizzazione”.
 
Ricordiamo infine che se la valutazione del rischio da esposizione ad agenti cancerogeni e mutageni evidenzia per alcuni lavoratori un rischio per la salute, questi lavoratori devono essere:
- “sottoposti a sorveglianza sanitaria;
- iscritti in un registro nel quale è riportata, per ciascuno di essi, l’attività svolta, l’agente cancerogeno o mutageno utilizzato e, ove noto, il valore dell’esposizione a tale agente”.
  
 
 
 
Linee Guida per la Valutazione del Rischio da esposizione ad agenti chimici pericolosi e ad agenti cancerogeni e mutageni”, versione 2011, documento elaborato dal Centro Interagenziale “Igiene e Sicurezza del Lavoro” di ISPRA, con la collaborazione dell’Università Politecnica delle Marche, la Environment Agency (England), la Scottish Environmental Protection Agency (SEPA), le Arpa Basilicata, Emilia Romagna, Liguria, Piemonte, Campania, Marche e Sicilia (formato compresso ZIP, 3.9 MB).
 
 
 
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