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Un cortometraggio sulle fibre di amianto nell’acquedotto bolognese

Redazione

Autore: Redazione

Categoria: Rischi da amianto

04/11/2013

“H2A. L’acquedotto in amianto”: un cortometraggio che racconta come nel capoluogo emiliano quasi 1.800 chilometri di tubature in cemento amianto disperdono nell’acqua la fibra killer.

Il rumore e le immagini dell’acqua, sullo sfondo di una Bologna soleggiata e inconsapevole, interrotti dalle parole incredule dei cittadini. Le pause, con le musiche di Pasquale Pettrone, si alternano alle fredde immagini dei tubi in cemento amianto. Il documentario di 30 minuti “H2A. L’acquedotto in amianto”, realizzato da Giuliano Bugani e Daniele Marzeddu, con le riprese di Salvo Lucchese, svela una cruda realtà: la presenza della fibra killer nelle tubature del capoluogo emiliano. E attraverso il parere di alcuni esperti – il presidente dell’ Associazione esposti amianto (Aea), Vito Totire, l’oncologo Luciano Mutti e il direttore scientifico dell’Istituto Ramazzini, Morando Soffritti – tenta di rispondere alle domande dei cittadini.

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“Il progetto realizzato grazie al crowdfunding”. “L’idea del documentario – spiega Daniele Marzeddu – è nata in seguito a una proiezione, avvenuta a Bologna nel 2012, del documentario ‘Anno 2018: verrà la morte’ di Giuliano Bugani, con cui ho co-diretto ‘Fiom. Viaggio nella base dei metalmeccanici’, e Salvo Lucchese, che affronta i problemi dei lavoratori esposti all’amianto. Nel documentario si parla anche dell’acquedotto di Bologna e il pubblico ne rimase così colpito tanto da proporci, insieme ai soci dell’Associazione Orfeonica, di girare un documentario sull’acquedotto cittadino. Lo abbiamo prodotto in un anno, con non pochi sforzi, grazie all’aiuto di cittadini e associazioni che hanno fatto delle donazioni attraverso il sito di giornalismo partecipativo pubblicobene.it”.
 
“La domanda più ricorrente è: cosa fare?”. Dal documentario emerge che Bologna possiede circa 1.800 chilometri di tubature in cemento amianto, che disperdono nell’acqua 10mila fibre a litro. “Questo dato è stato reso noto in giugno dal presidente nazionale dell’Aea, Vito Totire, che ha anche presentato un esposto alla procura – precisa Marzeddu – I cittadini sono rimasti attoniti e la reazione, oltre che di paura, è stata quella di chiedersi cosa fare. E ‘cosa fare?’, forse, è la domanda più ricorrente”. Il problema dell’acquedotto bolognese riguarda, però, anche altre città italiane. “Non abbiamo una mappatura completa di tutte le città, forse ce l’ha l’Aea – spiega il regista – Noi, però, ci siamo limitati a raccontare la situazione di questa città e le conseguenze sulla salute dei suoi cittadini. Secondo gli scienziati che abbiamo intervistato, l’ingestione della fibra è pericolosa tanto quanto la sua inalazione”.
 
“Anche a Carpi fibre disperse dopo il terremoto”. Nel descrivere la situazione, gli esperti interpellati utilizzano termini come “cautela”, “valutazione del rischio dinamica” e “intervento di prevenzione primaria”. “Una volta rilevata la presenza di amianto – sottolinea a questo proposito Marzeddu – la cautela da adottare sarebbe quella di evitare di venire a contatto con l’acqua contaminata, sia per ingestione che per inalazione, cioè quando l’acqua evapora e le fibre si disperdono. Per la questione della dinamicità, è utile riportare l’esempio dell’acquedotto di Carpi, in provincia di Modena, dove la rottura di alcune tubature, in seguito al terremoto dello scorso anno, ha provocato la dispersione di una grande quantità di fibre d’amianto. Sarebbe quindi opportuno provvedere il prima possibile alla sostituzione delle tubature, non solo a Bologna e a Carpi ma in tutte le città dove gli acquedotti sono costruiti in cemento amianto”.
 
 
Fonte: INAIL
 
 
 

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