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Donne e lavoro: rischio stress e esposizione combinata a rischi diversi

Donne e lavoro: rischio stress e esposizione combinata a rischi diversi

Approfondimenti relativi alle differenze nei rischi professionali tra uomini e donne: l’esposizione combinata a rischi diversi, la fatica fisica, la maggiore esposizione a fattori di rischio psicosociale e le responsabilità familiari e domestiche.

 
Roma, 22 Lug – Più volte il nostro giornale e vari documenti in materia di sicurezza hanno sottolineato che la valutazione dei rischi e dell’esposizione lavorativa devono essere condotte tenendo ben presente le disuguaglianze/differenze legate al genere e le peculiarità di inserimento delle donne sul mercato del lavoro.
In questo senso due aspetti di cui tener conto, per una reale tutela della salute e sicurezza delle lavoratrici, riguardano in particolare l’esposizione combinata a rischi diversi e l’incidenza di stress e fatica fisica.
 
Per affrontare questi due temi possiamo sfogliare un documento realizzato dall’Inail e dal titolo “ Salute e sicurezza sul lavoro, una questione anche di genere. Rischi lavorativi. Un approccio multidisciplinare. Volume 4”, documento che segue la pubblicazione di altri tre volumi sul tema delle differenze correlate all'appartenenza al genere maschile o femminile,
 
Benché generalmente il tema dell’esposizione combinata a rischi diversi sia discussa nella valutazione dei rischi chimici, in realtà quasi tutte le attività “sono soggette ad esposizioni combinate e multifattoriali che con il loro effetto sinergico possono provocare maggiori effetti dannosi sulla salute dei lavoratori”.
 


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Ad esempio le donne lavoratrici risultano maggiormente esposte “a più rischi ergonomici contemporaneamente da cui può derivare una più alta prevalenza di disturbi muscolo-scheletrici”.
 
Il volume riporta, a questo proposito, diversi esempi di esposizione combinata a più rischi:
- nelle attività a contatto con la clientela “il ritmo di lavoro è condizionato dall’ambiente esterno e generalmente prevede alta velocità, scadenze perentorie e frequenti interruzioni che possono recare una combinazione di stress e disturbi muscolo scheletrici dannosi per la salute della lavoratrice”;
- vi sono lavori a prevalenza femminile, “come per esempio quello impiegatizio (call center, uffici), dove le occupate sono soggette ad esposizione multipla, vale a dire: prolungata posizione sedentaria, rumore di fondo, basso livello di ergonomicità, scarso controllo del lavoro, ritmi frenetici di lavoro nonché pressione mentale ed emotiva”;
- le lavoratrici nel settore dei servizi (ristorazione e alberghi) si trovano spesso di fronte a “fattori di rischi molteplici come movimenti ripetitivi e monotoni, sollevamento di carichi, posture erette prolungate e faticose, molestie da parte della clientela”;
- nel settore della sanità nell’arco della giornata lavorativa “spesso la singola lavoratrice è dedita a più compiti complessi, a pressioni emotive, uso di strumenti informatici, ad interruzioni frequenti, a permanere in posizione eretta nel tempo e al sollevamento di pazienti, senza considerare poi l’alta esposizione degli operatori sanitari al rischio biologico”;
- il lavoro delle pulizie, settore a prevalenza femminile, “effettuato spesso di notte o all’alba deve essere considerato una tipologia di lavoro ad esposizione combinata. Infatti è soggetto oltre a rischi di natura chimica per l’uso massiccio di detergenti, disincrostanti e prodotti disinfettanti, anche ad un maggior rischio di infortunio da cadute o scivolamento, causato nella maggior parte dei casi, da una ridotta capacità di attenzione in orari critici;
- nel settore alimentare talora il rischio microclimatico (freddo) si associa a movimenti ripetitivi degli arti superiori responsabili di uno stress biomeccanico, con conseguente aumento del rischio per apparato muscolo scheletrico”.
 
Nel documento dell’Inail, che vi invitiamo a visionare, è riportata una tabella che riassume i settori lavorativi occupati più frequentemente dalle donne e i relativi fattori di rischio come rilevati dall’Osservatorio sui rischi lavorativi dell’Agenzia Europea e da altri studi.
 
Veniamo ora ad affrontare il tema relativo a “stress e fatica fisica”.
 
L’Inail ricorda che negli ultimi anni “si è registrato un aumento della patologia ischemica cardiaca nella popolazione femminile, sia a causa dell’aumentata longevità, sia per il modificarsi dello stile di vita”.
Alcuni studi, “misurando l’impatto dell’attività lavorativa sulla vita della donna dal punto di vista della salute cardiovascolare, hanno messo in evidenza che il suo ingresso nella vita professionale ha portato a una sostanziale parità di effetti dei due sessi per quanto riguarda la fragilità dell’apparato cardiocircolatorio”.
Inoltre è stato rilevato un “forte legame tra lo stress lavoro correlato delle donne e le malattie cardiovascolari”, ad esempio in uno studio che - condotto su circa 22.086 professioniste di età media (57-65 anni) del settore sanitario degli Stati Uniti – mostrava come le donne, il cui lavoro era altamente stressante ed esigente, presentassero “un 40% in più di rischio di malattie cardiache, rispetto ai loro colleghi maschi meno stressati”.
 
Tra l’altro un concetto di cui tener conto nella valutazione dello stress da lavoro femminile è quello di “lavoro globale”, intendendo con esso “il carico, che grava quasi interamente sulla donna, derivato dall’unione del lavoro in ambito professionale a quello legato alle responsabilità familiari e domestiche. Se un tempo il lavoro domestico e la cura della prole venivano considerati una naturale vocazione della donna e erano, anzi, il ‘destino’ per eccellenza di ogni ragazza, oggi è emerso da numerosi studi che il lavoro familiare rappresenta spesso un elemento che innalza il rischio di malattia, perché è spesso fonte di disagio psichico e di malattie cardiovascolari”.
 
La maggior parte delle donne ha oggi la necessità di “conciliare l’attività lavorativa con le esigenze di cura della propria famiglia”, con il risultato spesso di “un numero di ore di lavoro maggiore per molte donne, rispetto agli uomini”. E con un innalzamento dei livelli di stress da lavoro produttivo extrafamiliare dovuto al lavoro: “le donne e, in particolare, quelle con figli, a parità di condizioni lavorative con i colleghi maschi, evidenziano maggiore vulnerabilità ai fattori stressanti che si manifestano sul posto di lavoro”.
 
In particolare alcuni studi hanno valutato l’incidenza dell’impegno materno osservando che esso “rappresenta uno dei principali fattori di stress femminili, perché è caratterizzato da compiti molto impegnativi sul piano psichico, in cui il ‘genitore responsabile’, finisce con l’essere, nella maggior parte dei casi, la mamma”.
 
Dunque, per concludere, il genere femminile risulta avere una maggiore esposizione a fattori di rischio psicosociale: le donne sono più spesso “impegnate in attività con grande uso delle risorse relazionali ed emotive e avendo spesso un doppio carico di lavoro, operano su versanti che presentano richieste diverse e difficili da conciliare”.
 
 
Inail, “ Salute e sicurezza sul lavoro, una questione anche di genere. Rischi lavorativi. Un approccio multidisciplinare. Volume 4”, quaderno della "Rivista degli Infortuni e delle Malattie Professionali" a cura di Rita Biancheri, Annalaura Carducci, Rudy Foddis e Antonella Ninci, agosto 2013 (formato PDF, 17.11 MB).
 
 
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Tiziano Menduto
 
 
 



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Rispondi Autore: aldo elia - likes: 0
31/07/2014 (10:19:29)
essere aggiornati su argomenti non fscilmente reperibili e' importante grazie.

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