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Videoterminali: la Corte di Giustizia europea condanna l'Italia

Redazione

Autore: Redazione

Categoria: Attrezzature e macchine

31/10/2002

Il nostro Paese non ha adempiuto, nei termini previsti, alle disposizioni della direttiva 90/270/CEE, relativa alle prescrizioni minime in materia di sicurezza e di salute per le attivita' lavorative svolte su attrezzature munite di videoterminali.

E' stata depositata il 24 ottobre la sentenza di condanna della Corte di Giustizia europea nei confronti dell'Italia per non aver adempiuto, nei termini previsti, alle disposizioni della direttiva 90/270/CEE, relativa alle prescrizioni minime in materia di sicurezza e di salute per le attività lavorative svolte su attrezzature munite di videoterminali.

Nella causa C-455/00, la Corte di Giustizia contestava all'Italia il fatto che la legge 626/94 (art. 55 Uso di attrezzature munite di videoterminali- Sorveglianza sanitaria) non definisce le condizioni alle quali devono essere forniti ai lavoratori interessati dispositivi speciali di correzione in funzione dell'attività svolta.

L'Italia nel suo controricorso ha informato la Corte del fatto che la legge 29 dicembre 2000, n. 422, ha sostituito, in particolare, i nn. 3 e 4 dell'art. 55 del decreto legislativo n. 626/94 con i nuovi nn. 3, 3 bis, 3 ter e 4; disposizioni che ''sancirebbero il diritto del lavoratore ad ottenere dispositivi speciali di correzione ogniqualvolta, a seguito di controlli effettuati mediante visite specialistiche, il medico competente ne prescriva l'utilizzo, e altresì porrebbero a carico del datore di lavoro l'onere della spesa relativa a questo tipo di dispositivi.''

Tuttavia la Corte di giustizia ha sostenuto le modifiche introdotte nell'ordinamento giuridico italiano dalla legge n. 422/2000, del 29 dicembre 2000, non potevano essere prese in considerazione nell'ambito dell'esame della fondatezza del presente ricorso, in quanto adottata oltre un anno dallo scadere del termine di due mesi previsto nel parere motivato della Commissione datato 9 luglio 1999. Da qui la condanna.

La sentenza.
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