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Sull’utilità di tener conto dei mancati infortuni

Sull’utilità di tener conto dei mancati infortuni

Autore: Pietro Ferrari

Categoria: Valutazione dei rischi

03/11/2015

Il commento di Pietro Ferrari al convegno sul tema dei near miss organizzato da PuntoSicuro in collaborazione con AiFOS nell'ambito della Fiera di Bologna.

 
Il convegno “Gli incidenti mancati e la consapevolezza del lavoratore”, che PuntoSicuro ha organizzato il 16 ottobre insieme all’associazione AiFOS, non soltanto nasceva dal desiderio di interagire con i lettori, con gli interessi e i commenti che gli articoli sollevano quotidianamente, ma anche dal desiderio di stimolare ulteriore interesse su un tema importante e sostanziale come l’utilità di tener conto dei mancati infortuni nelle valutazioni dei rischi.
Per questo motivo riceviamo, e volentieri pubblichiamo, un interessante commento al convegno che abbiamo ricevuto da Pietro Ferrari - esponente sindacale che i nostri lettori conoscono attraverso i suoi articoli - che ha colto utili e interessanti convergenze tra i relatori intervenuti...
 

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Ho seguito attentamente la videoripresa del convegno sul tema dei near miss organizzato da PuntoSicuro in collaborazione con AiFOS nell'ambito della Fiera di Bologna.
 
Ne ho ricavato l'impressione, da un lato, che Catanoso abbia scelto di rimanere coi piedi ben piantati per terra.
Questa impostazione metodologica (peraltro in continuità con quella già espressa nella discussione, a suo tempo, su PuntoSicuro) ha portato in evidenza proposte di natura organizzativo/procedurale davvero significative.
 
D'altro lato, nonostante l'apparente antagonismo, le stesse valutazioni di Dubini e Soprano -poste su un piano prevalentemente dottrinario-giurisprudenziale- mi pare tendano alfine a coincidere sulla sostanza.
Mi pare, in parole povere, che quanto si condivide nella considerazione dei near miss sia che questi debbano appartenere fisiologicamente all'organismo della valutazione dei rischi.
Mi pare cioè che l'aspetto decisivo (sul quale vedere alfine sostanziale concordanza) non sia tanto la non-esigibilità di un “registro” degli infortuni mancati perché manca la previsione tassativa, quanto, piuttosto, la determinazione di un sistema valutativo che comprenda, in posizione non gregaria, la “costruzione” formativa/educativa alla sensibilità verso la concretizzazione dei “pericoli” in rischi, la cd. percezione del rischio, secondo la gradazione esemplificativa posta da Soprani e che tento di articolare:
 
Torcendo, per il dovuto, Aristotele, provo a metterla così:
1. un martello rappresenta un pericolo, carico di vasta potenza; la valutazione complessiva/esaustiva di tale pericolo si pone per definizione “ad impossibilia” cui “nemo tenetur”. Non è dato poter valutare tutti i pericoli contenuti nella generale, ontologica “potenza” offensiva del martello;
 
2. un martello posto in bilico in altezza, ancora permane nella condizione precedente, anche se inizia percettibilmente a virare verso l' “atto” (il rischio) rispetto alla tipologia indeterminata delle persone che <possano> trovarsi in posizione sottostante;
 
3. un martello che cada su un gruppo di lavoratori senza colpirne alcuno, già costituisce un manifestarsi del rischio; l' “atto” rischioso si impone allora sulla indistinta - o più o meno distinta - potenzialità di pericolo.
Questo mi pare, appunto, il caso dei near miss. E qui hanno ragione entrambi gli “antagonisti”:
Dubini richiamando l'obbligo della valutazione di tutti i rischi, con la conseguente proceduralizzazione  prevista dalla norma, Soprani richiamando come la verifica dell'adempimento (in caso di reato di evento)  avvenga ex post nella sede del giudizio penale. I reati di puro pericolo, afferma infatti, sono già stabiliti dalla norma secondo il criterio di tassatività.
 
Queste considerazioni conducono al punto conclusivo, sul quale ovviamente concordavano tutti i relatori:
4. un martello che cadendo vada a colpire un lavoratore, determina la concretizzazione del rischio in danno. Danno di cui saranno chiamate a rispondere le corrispondenti figure di garanzia.
Mantenendo l'abuso di linguaggio aristotelico, potremmo parlare dell'eventuarsi (cioè il passare dalla potenza all'atto) del pericolo in rischio, eppoi, in questo caso, del rischio in danno.
Rispetto agli eventi di danno -e anche su ciò è ovviamente rilevabile la concordanza- deciderà dunque l'approdo, nel momento dato, della politica aziendale di prevenzione e protezione. E' tale approdo, infatti, a costituire oggetto della valutazione del giudice.
 
Convegno interessante ed utile, che dunque merita complimenti all'organizzatore.
 
Pietro Ferrari
Commissione salute e sicurezza sul lavoro - Filcams-Brescia




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