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Massima sicurezza possibile: dal concetto astratto alla concretezza

Massima sicurezza possibile: dal concetto astratto alla concretezza
Redazione

Autore: Redazione

Categoria: Normativa

29/01/2015

Un saggio di Olympus si sofferma sul Testo Unico e sulle conseguenze in termini di revisione dei principi della prevenzione e di individuazione e ripartizione degli obblighi di prevenzione. Il principio della Massima Sicurezza Tecnologicamente Possibile.

Urbino, 29 Gen – Più volte i Working Papers dell’ Osservatorio per il monitoraggio permanente della legislazione e giurisprudenza sulla sicurezza del lavoro ( Olympus) - una raccolta di saggi dedicati specificamente al diritto della salute e sicurezza sul lavoro – si sono soffermati sulle novità del Testo Unico in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro, il  D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81, mettendone in luce ogni volta particolari aspetti rilevanti.
 
È quanto avviene anche con il Working Paper 39/2014 dal titolo “ Il quadro normativo dal Codice civile al Codice della sicurezza sul lavoro. Dalla Massima sicurezza (astrattamente) possibile alla Massima sicurezza ragionevolmente (concretamente) applicata?”, inserito sul sito di Olympus il 22 dicembre 2014 e a cura di Gaetano Natullo, professore associato di Diritto del lavoro nell’ Università degli Studi del Sannio.

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Il saggio svolge in particolare un’analisi dell’evoluzione delle norme regolative della tutela della salute e della sicurezza sui luoghi di lavoro “nei suoi snodi essenziali e principali profili problematici”.
 
L’autore innanzitutto – riguardo al “diritto prevenzionale” italiano tra “principi codicistici e legislazione speciale tecnica” - distingue due periodi, quello che “va dal codice civile sino agli anni ’90, e quello che va dai primi anni ’90 sino ai giorni nostri”. Periodo, quest’ultimo, nel quale, “attraverso il decisivo snodo della legislazione europea, il nostro sistema normativo (come quello degli altri paesi membri dell’UE) è profondamente mutato a seguito dell’emanazione del d.lgs. n. 626/1994, prima, e del c.d. Codice della sicurezza sul lavoro del 2008 (d.lgs. n. 81/2008), poi. Tra i due periodi sopra indicati è intercorsa una vera e propria rivoluzione copernicana, non tanto sul piano dei principi fondanti il sistema (tutele per così dire ‘astratte’), quanto su quello delle tecniche di prevenzione (tutele per così dire ‘concrete’)”.
 
E si ricorda che se sul piano della reale “effettività” delle tutele, spesso l’ordinamento italiano si è dimostrato cronicamente carente, “sul piano normativo astratto, al contrario, il nostro sistema legislativo è sempre stato all’avanguardia, grazie alla esistenza di norme di principio come l’art. 2087 c.c., vera e propria ‘architrave’ dell’apparato normativo di tutela”. Tanto che in sede di commento alla normativa europea, si è indicato che la fondamentale direttiva n. 89/391/CE riscopre proprio i valori che stanno al centro dell’ art. 2087 del Codice Civile.
 
Si indica poi che la novità più rilevante della “nuova fase” del sistema di tutela della salute e sicurezza sui luoghi di lavoro, “va probabilmente rintracciata nella decisiva importanza assegnata agli aspetti procedurali ed organizzativi funzionali alla più efficace ed efficiente organizzazione e gestione della prevenzione in azienda”. Infatti il “vero nodo nei percorsi di incremento della tutela della salute dei lavoratori sui luoghi di lavoro non è tanto nella astratta previsione normativa delle tutele stesse, almeno in Italia praticamente da sempre a livelli assai elevati, quanto nella garanzia di effettività di quelle tutele nei luoghi di lavoro. Maggiore effettività cui certamente sono funzionali la previsione di obbligatori e articolati percorsi procedurali nella predisposizione e implementazione di veri e propri sistemi di prevenzione in azienda (per tutti: la Valutazione dei rischi e la predisposizione dei relativi Documenti di Valutazione), così come la rilevanza prioritaria riconosciuta, anche a quei fini, a modelli organizzativi e gestionali ‘virtuosi’, tali dunque da offrire maggiori garanzie di effettivo perseguimento di elevati livelli di prevenzione e di sicurezza del lavoro”. In sostanza la nuova fase del sistema di tutela si sofferma non tanto e non solo sul “cosa garantire” ma sul “come garantire”.
Il saggio si sofferma in particolare sulla disposizione dell’art. 30 del d.lgs. 81/2008 e sul tema dei modelli organizzativi: il legislatore ha “adottato un modello culturale e scientifico, per la sicurezza sul lavoro, ‘socio-tecnico’, per il quale il dato organizzativo è imprescindibile”.
E tra l’altro l’organizzazione diviene anche “elemento essenziale ai fini della individuazione dei
soggetti passivi (lavoratori) ed attivi (datori di lavoro) dell’ obbligo di sicurezza”.
 
Rimandando il lettore alla visione integrale del saggio - che si sofferma ampiamente anche sulla ripartizione/individuazione dell’obbligo di sicurezza e sui diritti/doveri dei lavoratori (con riferimento anche all’importanza della loro partecipazione nel sistema della prevenzione) – riportiamo brevemente i “cenni conclusivi” del saggio, con riferimento alle “luci e ombre nel sistema (normativo ed applicativo) di tutela della salute e sicurezza sui luoghi di lavoro”.
 
Come il saggio mostra, “l’evoluzione normativa, e l’attuale disciplina dopo la ‘Codificazione’ del 2008” ha permesso “notevoli passi avanti sia nella definizione e implementazione degli obblighi di prevenzione in cui si articola il generale dovere di sicurezza del datore, sia nella migliore definizione ed articolazione dei soggetti cui quegli obblighi vanno imputati”.
Se a tutto questo si aggiunge
- la “procedimentalizzazione” dei sistemi di prevenzione negli ambienti di lavoro, “la loro necessaria oggettivazione e ‘qualificazione’ in termini organizzativi e gestionali, anche con possibile certificazione di tali sistemi (modelli)”,
- la “ridefinizione dell’apparato pubblico che, anche con la partecipazione delle parti sociali, assume compiti di coordinamento, monitoraggio e complessivo sostegno del sistema di prevenzione”,
si può ritenere che “l’importante evoluzione normativa possa produrre significativi effetti sia in termini di (parziale) revisione/aggiustamento dei principi generali della prevenzione, sia in ordine alle applicazioni degli stessi nel diritto vivente con riferimento alla individuazione e ripartizione dei destinatari/responsabili degli obblighi di prevenzione”.
Ad esempio “dovrebbe essere oggi più agevole circoscrivere soglie e portata del generale ‘obbligo di sicurezza’, e dare senso agli sforzi della Corte costituzionale (n. 312/1996) di contemperare la valenza garantistica del principio della Massima Sicurezza Tecnologicamente Possibile con l’esigenza di assicurare anche una sua più agevole traducibilità in termini di concreta identificazione ed attuazione delle misure di prevenzione doverose per le aziende”.
Infatti oggi il problema non è più quello di affermare principi generali di tutela della salute sui luoghi di lavoro, quanto quello di “assicurare margini di effettiva ed efficace applicazione delle misure di prevenzione nelle aziende, secondo standard e procedure tecnico-organizzative consolidate. Evidentemente, in questa ottica risulterebbe decisiva la diffusa implementazione di modelli organizzativi di ‘qualità’ e magari certificati” (Modelli di Organizzazione e Gestione della Sicurezza).
 
In questo modo dovrebbe essere possibile:
- garantire ragionevolmente “il rispetto degli standard tecnico-strutturali di legge relativi a attrezzature, impianti, luoghi di lavoro, agenti chimici, fisici e biologici nonché le attività di valutazione dei rischi e di predisposizione delle misure di prevenzione e protezione conseguenti; e, dunque l’effettiva traduzione negli ambienti di lavoro della Massima Sicurezza Tecnologicamente possibile intesa come effettiva applicazione delle misure che, nei diversi settori e nelle differenti lavorazioni, corrispondono ad applicazioni tecnologiche generalmente praticate e ad accorgimenti organizzativi e procedurali altrettanto generalmente acquisiti (così Corte cost., n. 312/1996)”;
 - il non facile “contemperamento tra efficace tutela della salute dei lavoratori sui luoghi di lavoro, intesa quale stato di completo benessere fisico, mentale e sociale” ed “esigenza delle aziende (datori di lavoro) di ragionevole certezza di aver soddisfatto tutti gli obblighi di prevenzione e di aver così sollevato dal proprio capo la spada di Damocle di una incombente possibile responsabilità (penale e civile-risarcitoria) per inadempimento di quegli obblighi”.
 
Inoltre – continua il saggio - una corretta ed effettiva articolazione nell’organigramma aziendale di funzioni (e dunque obblighi e responsabilità) nel sistema aziendale di prevenzione può favorire una “corretta ed ‘equa’ determinazione ed applicazione di obblighi e responsabilità di prevenzione” con un altro importate risultato: quello “di evitare la tentazione, in periodi difficili sul piano economico come quello che stiamo purtroppo vivendo, di aggirare il problema attraverso una eccessiva semplificazione delle procedure e delle modalità organizzative e gestionali”.
 
 
 
Olympus - Osservatorio per il monitoraggio permanente della legislazione e giurisprudenza sulla sicurezza del lavoro, “ Il quadro normativo dal Codice civile al Codice della sicurezza sul lavoro. Dalla Massima sicurezza (astrattamente) possibile alla Massima sicurezza ragionevolmente (concretamente) applicata?”, a cura di Gaetano Natullo, professore associato di Diritto del lavoro nell’Università degli Studi del Sannio, Working Paper di Olympus 39/2014 inserito nel sito di Olympus il 22 dicembre 2014 (formato PDF, 305 kB).
 
 
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