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Domande e risposte sulle verifiche delle attrezzature di lavoro

 
L’obbligazione di sicurezza del datore di lavoro nel corso degli ultimi anni ha subito profondi cambiamenti con l’aggiunta di nuovi e sempre più complessi adempimenti gestionali tra cui spiccano, in particolare, quelli relativi alla verifiche obbligatorie di talune attrezzature di lavoro; si tratta, invero, di casi in cui l’attrezzatura è considerata, almeno potenzialmente, come maggiormente a rischio per l’incolumità degli utilizzatori e, per tale motivo, il legislatore ha definito un’articolata disciplina finalizzata a far si che da un lato siano rispondenti ai requisiti definiti dalla copiosa normativa comunitaria e alle c.d. norme di buona tecnica e dall’altro siano tenute nel corso del tempo in condizioni di efficienza da un punto di vista anche prevenzionistico.
 
In effetti tale sistema normativo è abbastanza risalente in quanto il legislatore fin dagli anni cinquanta ha modellato un regime pubblicistico di controlli che, dando concreta attuazione ai precetti costituzionali contenuti negli artt. 32 e 41, 2° c. Cost., ha imposto al datore di lavoro il dovere di sottoporre determinate attrezzature di lavoro ad una verifica iniziale e a verifiche periodiche successive.
 
Con il D.P.R. n. 547 del 1955, tuttavia, tale regime è stato circoscritto a quelle attrezzature caratterizzate da caratteristiche costruttive e da modalità operative che determinano presuntivamente un maggior livello di rischio per i lavoratori, assegnando al soppresso Istituto Superiore per la Prevenzione e la Sicurezza del Lavoro (ISPESL), costituito nell’ambito della riforma del Servizio Sanitario Nazionale con il D.P.R. n. 619 del 1980, un ruolo centrale ai fini della gestione del sistema dei controlli.

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Tale modello è stato sostanzialmente mantenuto con l’art. 71, c. da 11 a 14, del D.Lgs. n.81 del 2008, anche se il legislatore ha tentato d’inserire alcuni correttivi finalizzati a rendere più efficace tale sistema, rimodulando il meccanismo di verifica e affiancando agli enti pubblici deputati a tali controlli degli ulteriori soggetti abilitati con il riconoscimento di una funzione suppletiva, scelta che ora si rileva di strategica importanza se messa in relazione ai continui tagli alla spesa pubblica.
 
Nel complesso, quindi, l’attuale sistema pur mutuando dalla previgente disciplina i tratti somatici fondamentali, presenta una disciplina che da un lato s’inserisce all’interno di un contesto normativo profondamente riformato e per altro caotizzato dal D.Lgs. n. 106 del 2009, e dall’altro ha favorito l’introduzione di nuove norme regolamentari, contenute nel D.M. Lavoro 11 aprile 2011, che definiscono le modalità di effettuazione delle verifiche periodiche di cui all’allegato VII nonché i criteri per l'abilitazione dei soggetti di cui all'art. 71, c. 13, del D.Lgs. n.81 del 2008, che hanno profondamente modificato il regime degli adempimenti operativi dei datori di lavoro in tale ambito.
 
Rimangono sul tappeto, tuttavia, ancora molti profili problematici legati sia al campo applicativo che a diversi aspetti tecnico – operativi, che rischiano di avere pesanti conseguenze anche sul piano sanzionatorio per i datori di lavoro, che hanno indotto ancora una volta il Comitato Paritetico Territoriale della Provincia di Padova ad organizzare l’11 luglio 2014 un convegno su questo altro delicato tema, con la collaborazione del VAI - Verificatori Associati    Italiani, adottando la collaudata ed efficace formula della tavola rotonda.
 
A tal fine è stato costituito un gruppo di lavoro, coordinato dall’Ing. Gabriele Graziani e diretto dall’Ing. Donato Chiffi, che al termine dell’evento ha elaborato un documento che riporta le indicazioni interpretative sulla disciplina sulle verifiche delle attrezzature di lavoro, redatto sotto forma di domande e risposte, emerse alla luce dei quesiti che sono stati sottoposti dai partecipanti. Ne presentiamo alcune.
 
I. CAMPO APPLICATIVO
1. Una S.n.c. che impiega esclusivamente il lavoro dei propri soci e che si serve di una gru montata su di un autocarro deve sottoporre l’attrezzatura al regime delle verifiche obbligatorie ?
Si, per effetto del combinato disposto degli artt. 2, c.1, lett. a) e 71, c.11, del D.Lgs. n.81/2008, anche in tale fattispecie il datore di lavoro dovrà adempiere agli obblighi previsti del predetto regime.
 
2. Un artigiano che si serve di un apparecchio di sollevamento senza avvalersi di lavoratori subordinati o equiparati è escluso del regime obbligatorio delle verifiche?
No, in quanto per i lavoratori autonomi (art. 2222 c.c.) e alcuni altri soggetti come, ad esempio, le imprese familiari, l’art. 3, c.11 e 12, del D.Lgs. n.81/2008, prevede un regime di tutela più limitato stabilendo che agli stessi si applicano le disposizioni contenute nell’art. 21 dello stesso decreto – oltre che nell’art. 26 per i lavoratori autonomi – che, in particolare, al c.1, lett. a), obbliga gli stessi ad utilizzare le “attrezzature di lavoro in conformità alle disposizioni di cui al Titolo III”.
Con il termine “utilizzare” s’intende qualsiasi operazione lavorativa connessa ad una attrezzatura di lavoro, quale la messa in servizio o fuori servizio, l’impiego, il trasporto, la riparazione, la trasformazione, la manutenzione, la pulizia, il montaggio, lo smontaggio (art. 69, c.1, lett. b, D.Lgs. n.81/2008); pertanto, anche i predetti soggetti risultano attratti dal regime delle verifiche ex art. 71, c.11, tenuto conto anche dei principi contenuti nella legge delega n. 123/2007, che all’art. 1, c.2, lett. c), riconosce a favore dei lavoratori autonomi specifiche tutele in relazione ai rischi propri delle attività svolte secondo quanto previsto della raccomandazione 2003/134/CE del Consiglio, del 18 febbraio 2003.
 
 
Fonte: CPT Padova - Indicazioni interpretative sulla disciplina delle verifiche obbligatorie delle attrezzature di lavoro - Documento n.2 dell’11 marzo 2015.



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