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Attrezzature di lavoro: formazione entro il 12 marzo

Attrezzature di lavoro: formazione entro il 12 marzo

Accordo Stato-Regioni per la formazione degli addetti all’uso di attrezzature di lavoro che risultavano già incaricati alla data del 12 marzo 2013: ultimi giorni per farsi riconoscere la formazione pregressa e completare l’aggiornamento previsto.

 
Pubblichiamo un articolo sull’aggiornamento degli operatori che utilizzano attrezzature di lavoro ricomprese nell' Accordo Stato-Regioni del 22/02/2012 che ci ricorda che ci sono ancora solo 30 giorni per avvalersi della formazione effettuata prima dell'entrata in vigore dell'accordo e pertanto frequentare un corso di aggiornamento di sole 4 ore rispetto ad un corso completo.
Infatti dopo il 12 marzo anche coloro che avevano un minimo di formazione pregressa dovranno frequentare un corso completo per l'uso delle attrezzature.
 
Le attrezzature comprese nell' Accordo Stato-Regioni sono le seguenti:
- piattaforme di lavoro mobili elevabili (PLE);
- gru mobile;
- gru per autocarro;
- carrelli elevatori semoventi con conducente a bordo;
- trattori agricoli o forestali;
- macchine movimento terra (pale, terne, escavatori);
- pompe per calcestruzzo.

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Considerazioni sull’aggiornamento degli operatori addetti all'utilizzo di particolari attrezzature di lavoro
A cura di Dott.ssa Simonetta Rossi Espagnet, Ing. Mario Alvino
 
Si avvicina la data di scadenza, 12/03/2015, della norma transitoria di cui al punto 12 dell’Allegato all’Accordo Stato-regioni del 22/02/2012, che prevede che i lavoratori che al momento dell’entrata un vigore dell’Accordo (12/03/2013) risultavano essere già incaricati della conduzione di una delle attrezzature in esso comprese, possano effettuare il pertinente corso di abilitazione entro 24 mesi dalla data di entrata in vigore.
L’Accordo del 22/02/2013 ha anche concesso a tali soggetti la possibilità di vedersi riconosciuta, entro la medesima data del 12.03.2015, una eventuale dimostrata formazione pregressa (punto 9 lettere a), b) e c) e, come spesso accade, il picco delle richieste di riconoscimento si ha in prossimità della scadenza dei termini per esso previsti.
Il riconoscimento della formazione pregressa si consegue, in alcuni casi, mediante una integrazione formativa (corso di aggiornamento), secondo le condizioni indicate nello schema qui sotto:
 
caso
 
formazione ricevuta e dimostrata
 
integrazione richiesta
(da fare entro 24 mesi dal 12.03.2013)
a
corso di durata complessiva non inferiore a quella prevista dai singoli allegati dell’Accordo, composto di modulo teorico, modulo pratico e verifica finale dell’apprendimento
nessuna
b
corso composto da modulo teorico, modulo pratico + verifica finale dell’apprendimento, di durata complessiva inferiore a quella prevista dai singoli allegati dell’Accordo
solo modulo di aggiornamento (durata minima 4 ore, di cui almeno 3 relative agli argomenti dei moduli pratici)
c
corso di qualsiasi durata non completato da verifica finale di apprendimento
modulo di aggiornamento (durata minima 4 ore, di cui almeno 3 relative agli argomenti dei moduli pratici) + verifica finale di apprendimento
 
Pur concordando incondizionatamente sull’opportunità di prevedere tale riconoscimento, non si può non rilevare che se si confronta questa previsione con l’enunciato del punto 6. “Durata della validità dell’abilitazione ed aggiornamento (cd. quinquennale)”, emergono notevoli perplessità circa la correttezza, quantomeno dal punto di vista dell’efficacia didattica, della scelta di ritenere contenuti, modalità e struttura del corso di aggiornamento “quinquennale” direttamente trasferibili (ossia applicabili senza alcuna altra precisazione) anche alla progettazione ed erogazione del corso “una tantum” per il riconoscimento della formazione pregressa.
In realtà, dal punto di vista didattico il corso “quinquennale”, previsto (cfr. p. 6.1) per l’aggiornamento di soggetti già abilitati, e quello di integrazione, previsto invece per il riconoscimento della formazione pregressa (cfr. p. 9.1,b) e c) possono essere considerati equivalenti solo per la durata (visto che quella prevista è definita minima), ma certamente non per la metodologia da adottare (nella loro progettazione), né per gli specifici contenuti da sviluppare.
 
Le tipicità della formazione alla sicurezza
Prima però, di passare in rassegna più in dettaglio le differenti problematiche professionali e le correlative implicazioni di responsabilità che la constatazione appena fatta comporta per coloro che assumono la titolarità del progetto formativo in esame, è forse opportuno richiamare alcuni principi di base in materia di formazione che il legislatore del T.U. ha enunciato esplicitamente e che chiamano in causa talune figure aziendali:
− innanzitutto il datore di lavoro in quale (art. 37.1) assicura che ciascun lavoratore riceva una formazione sufficiente ed adeguata: ciò comporta che la formazione (erogata direttamente o
tramite altri soggetti) deve risultare personalizzata secondo le caratteristiche del singolo
lavoratore, indipendentemente dalla circostanza che faccia parte di una popolazione omogenea
per mansione svolta (ad es. tornitore, magazziniere, saldatore, impiegato o carrellista) e
commisurata ai suoi effettivi fabbisogni formativi (affinché possa essere realmente sufficiente ed adeguata, ovvero risulti, in una parola, efficace),
− subito dopo è il SPP (leggasi il relativo Responsabile) che deve (art. 33.1, d) provvedere a
proporre i programmi di informazione e formazione dei lavoratori, sulla base, evidentemente delle esigenze specifiche emerse a valle di opportuna ed apposita indagine e valutazione,
− ed infine, ma snodo essenziale di tutto il processo, il soggetto erogatore dell’azione formativa (vale a dire il formatore/docente/istruttore) la cui attività, dovendo egli essere in possesso di requisiti specifici e non generici (cfr. p. 2.), va ricompresa, a tutti gli effetti, tra quelle di tipo “professionale”, con le relative responsabilità che ne derivano.
 
Le peculiarità dei corsi per i “patentini”…
Per il peso di queste considerazioni, che sono di principio e non vengono limitate dalle previsioni dell’Accordo Stato-regioni 22.02.12, occorre prima di tutto chiedersi, e valutare, se le caratteristiche dei corsi in esso specificate, proprio perché indicate come minime, siano o no davvero tali da dover essere, di caso in caso, ripensate ed integrate dal responsabile dell’iniziativa formativa in modo da rendere questa effettivamente personalizzata, sufficiente ed adeguata al singolo suo destinatario.
Non vi è dubbio che le fonti del T.U. appena citate fanno presupporre irrinunciabile tale valutazione talché ne fanno un obbligo giuridico del datore di lavoro e uno dei compiti del SPP.
Peraltro, trattandosi, nel caso dei “patentini”, di formazione molto specialistica, in genere l’incarico della progettazione e realizzazione del percorso di formazione viene affidato a soggetti esterni alla compagine aziendale, per cui è l’intestatario del progetto formativo, insieme con il docente da lui delegato, che subentra, professionalmente, nell’assunzione delle conseguenti responsabilità (in solido col datore di lavoro) circa l’efficacia della formazione erogata.
Di qui la necessità per gli operatori professionali che intendono dedicarsi ai corsi di aggiornamento in questione di avere riferimenti utili a mettersi in grado di formulare compiutamente e correttamente il proprio giudizio circa l’idoneità raggiunta dai partecipanti, sulla base del corso erogato e degli esiti di eventuali verifiche e prove finali.
Una cosa deve essere affermata senza mezzi termini: che le indicazioni molto succinte (e parziali) dell’Accordo Stato-regioni debbono essere valutate per quello che sono, vale a dire minimi al disotto dei quali certamente si entra nel reato, e che non è altrettanto certo che siano sufficienti ad esimere i datori di lavoro dalle loro responsabilità di ordine superiore (art. 2087 C.C.), né i Responsabili dei servizi di prevenzione e gli operatori della formazione da quelle di carattere contrattuale o professionale, nel caso di formazione che sia stata riconosciuta non efficace.
Il problema di fondo è di comprendere se e come, con le considerazioni fatte e applicando il minimo delle previsioni dell’Accordo Stato-regioni, il docente possa riuscire a formulare un giudizio finale di valutazione che sia concretamente attendibile e professionalmente corretto.
 
… e le criticità dei corsi di aggiornamento
Venendo al caso particolare dei corsi di aggiornamento (più coerente sarebbe parlare di “integrazione”) va osservato che, anche nell’ipotesi di somministrare un test di ingresso ai partecipanti al modulo di 4 ore per indagare il loro livello di preparazione al momento dell’ingresso in aula, è irrealistico pensare che il docente avrebbe tempo e modo di trasferire i contenuti necessari per una efficace integrazione se dovesse effettivamente limitarsi all’unica ora a disposizione per gli argomenti dei moduli teorici e alle rimanenti 3 ore (lorde) per quelli dei moduli pratici. Così come è illusorio credere di poter effettuare una attendibile verifica intermedia e/o finale dell’apprendimento visto che, nel caso di corso di integrazione di cui al p. 9-b), i questionari dovranno riguardare i contenuti dell’intero schema formativo (modulo giuridico-normativo e modulo tecnico) previsto dall’allegato dell’Accordo Stato-regioni applicabile al caso di specie, poiché manca l’indicazione di un reale percorso a supporto di tale tipologia di corso. Né va meglio per quanto attiene ai moduli pratici per i quali, oltre a non essere rinvenibile alcuna indicazione di contenuto, addirittura non è richiesta (p. 9-c)
alcuna prova pratica di verifica finale, che pure è determinante ai fini della validazione globale e la cui effettuazione è prevista in tutti i sacri testi della didattica, e da ultimo “canonizzata” dalla norma UNI-ISO 29990:2011 [1].
 
Indirizzi operativi generali
A questo punto la domanda è: quale indirizzo adottare in una situazione quale quella descritta, per essere professionalmente tranquilli di non aver peccato di omissione?
Innanzitutto va premesso che, quale che sia il comportamento operativo scelto, l’obiettivo finale cui assolutamente si deve tendere è quello di “fare sicurezza in concreto”, ricercando - come sempre dovrebbe essere fatto di fronte ad un problema di sicurezza - la giusta risposta alla “domanda” che ne è alla base, evitando la tentazione di ricorrere a meri adempimenti di carattere formale, non trascurando, anzi curando attentamente, di fornire (documentalmente) una chiara motivazione della scelta fatta.
Passando in concreto al caso qui trattato e considerato che l’Accordo detta i requisiti minimi dei percorsi di formazione, si tratta di esplicitare la ragione per cui si ritiene che l’applicazione dei minimi sia sufficiente ovvero che sia necessario un cammino diverso. In entrambi i casi la decisione non può derivare che dal risultato della analisi dei fabbisogni del singolo lavoratore. Questa analisi, che non può mancare in nessun percorso di formazione (cfr. UNI-ISO 29990), dovrebbe essere condotta (e documentata), come già osservato, a cura del datore di lavoro tramite il SPP, che, se privo delle necessarie risorse, potrà essere coadiuvato da un soggetto competente esterno (organismo di formazione, docente).
 
Indirizzi operativi specifici per l’aggiornamento
Ancora, riguardo ad alcune perplessità sorte in ordine alle modalità di svolgimento dei corsi di aggiornamento di cui al p. 6 dell’Accordo Stato-regioni in argomento, giova osservare che con circolare n. 12 del 2013, il Ministero del lavoro ha precisato che: … ai fini dell’aggiornamento di cui al p. 6 è riconosciuta la possibilità che le 3 ore relative agli argomenti dei moduli pratici possano essere effettuate anche in aula …
A questo proposito va osservato che, rispetto a (ovvero a dispetto di) quanto in precedenza stabilito con Accordo Stato-regioni (avente valore cogente) con una circolare (Ministero del Lavoro n. 12/13 - non avente valore cogente) viene introdotta la mera possibilità di optare per lo svolgimento in aula [2] delle ore destinate al modulo pratico, che lo stesso Accordo prevede si svolgano in campo, o meglio, in un’area opportunamente delimitata con assenza di impianti o strutture che possano interferire con l’attività pratica di addestramento …
 
Di qui alcune considerazioni si impongono:
a) circa la dichiarata “possibilità”, va subito sottolineato che essa è semplicemente riconosciuta. Si tratta, quindi in pratica, di una (purtroppo ingannevole) facoltà, concessa dall’estensore del documento ministeriale - senza alcuna esplicita condizione - al soggetto di volta in volta coinvolto/interessato: si tratta, cioè, di una sorta di deroga in bianco, il ricorso alla quale comporta la completa assunzione di responsabilità di chi se ne serva riguardo alla correttezza di tale scelta;
b) a fronte di tale possibilità, il suggerimento è di ricorrervi con atteggiamento estremamente prudente, giacché le conseguenze di una scelta fatta con disinvoltura possono essere (in caso di infortuni, ad es.) molto gravi. In generale, visto che la natura degli interventi deve essere “pratica”, sarà opportuno che siano preventivamente valutati con attenzione i fabbisogni dei destinatari dell’aggiornamento, prendendo in esame la documentazione disponibile inerente le caratteristiche della formazione a suo tempo loro impartita (specialmente per la parte pratica), tenendo conto della natura delle novità tecniche intervenute e degli eventuali particolari aspetti pratici da curare e così via. Si tratta, cioè, come sempre quando si adottano decisioni discrezionali in materia di sicurezza, di procedere rendendo esplicite (e condivisibili) le ragioni per cui si è optato di svolgere “in aula” ed in quale misura questa parte dell’intervento di aggiornamento.
c) la valutazione di cui sopra deve estendersi alle caratteristiche di pericolosità intrinseca delle diverse tipologie di attrezzature chiamate in causa (ad es. si può ritenere che l’uso di un carrello elevatore “da interni” sia meno rischioso di un carrello a braccio telescopico da usare in cantiere o di una macchina per movimento terra) ed anche alla necessità di richiamare la pratica di quelle manovre o procedure operative la cui effettuazione nelle condizioni usuali non è ricorrente (quelle ad es. da farsi in caso di guasti o di emergenze) o ha carattere di saltuarietà (controlli particolari, ecc.) o occasionalità (condizioni ambientali particolari) e che per questo motivo richiedono di tornarvi su.
 
In sintesi la facoltà di deroga potrà essere consapevolmente esercitata solo all’esito di un attento (e documentato) confronto tra l’entità dei rischi legati all’uso delle attrezzature di lavoro derivanti dalle specificità operative presenti in azienda e gli effettivi fabbisogni formativi del singolo lavoratore.
 
Docente o istruttore: dubbio amletico
Un'altra fonte di dubbio riguarda l’individuazione di quale possa essere il “formatore” più adatto per condurre “in aula” la sezione “pratica” dei corsi di aggiornamento. La perplessità appare non fuori luogo, considerato che la parte pratica dell’aggiornamento dovrebbe essere erogata, ratione materiae, non dal classico “docente di aula” (certamente in grado di trattare argomenti teorici con l’impiego delle pertinenti metodologie, tecniche e strumenti didattici, come facilmente intuibile, del tutto diversi da quelli impiegati di norma per fare “addestramento in campo”) ma da un “istruttore/addestratore”. La perplessità lascia poi il posto allo sconcerto se si pone mente al fatto che le declaratorie dei requisiti di cui al p. 2 individuano, per le due figure, caratteristiche sostanzialmente differenti dal momento che:
1) per i docenti sono richieste esperienza documentata, almeno triennale, sia nel settore della formazione sia nel settore della prevenzione, sicurezza e salute nei luoghi di lavoro,
2) mentre per gli istruttori pratici è necessario (solo) il possesso di esperienza professionale pratica, documentata, almeno triennale, nelle tecniche dell’utilizzazione delle attrezzature (= svolgimento triennale della mansione di operatore?).
 
A questo punto:
a) appare semplicemente discutibile che chiunque abbia mera esperienza (ancorché triennale) in materia di formazione e di prevenzione, senza alcuna supposta conoscenza di dettaglio circa l’uso sicuro in sicurezza della particolare attrezzatura, possa essere considerato all’altezza del compito di trattare il modulo teorico-tecnico (è in gioco l’incolumità dell’operatore e delle persone comunque esposte ai rischi - specie quelli residui e non evidenti - dell’attrezzatura!),
b) desta seri dubbi la possibilità che un “istruttore di campo” possa svolgere efficacemente la sua funzione trattando in aula (quindi con l’uso esclusivo o quasi della parola come strumento didattico) gli argomenti del modulo pratico, non essendogli espressamente richiesta dalla declaratoria del requisito in 2) alcuna esperienza documentata, almeno triennale… nel settore della formazione [3].
Poiché si tratta di effettuare iniziative decisamente volte alla sicurezza, l’unica soluzione possibile e consigliabile non può essere che quella dell’affiancamento/compresenza in aula delle due figure, la cui complementarietà possa rendere efficace il percorso di aggiornamento.
 
Una risposta di professionalità
Quanto sopra espresso potrà sicuramente essere condiviso dagli addetti ai lavori (soggetti formatori, docenti, istruttori, ecc.) ma pone, a sua volta, un quesito non trascurabile: come può un organismo di formazione strutturare un corso di aggiornamento “come si deve” per non incorrere in critiche responsabilità, soprattutto se, vista la possibile pioggia di richieste conseguente la nostrana tendenza ad attendere fino alla vigilia della scadenza, i termini temporali per il riconoscimento della formazione pregressa saranno prorogati?
Il più delle volte, infatti, accadrà che, avendolo messo a catalogo, l’organismo riceva direttamente l’incarico da un datore di lavoro o altro committente. In questa ipotesi il comportamento professionalmente più corretto potrebbe essere quello di:
a) illustrare preventivamente e globalmente la questione al committente, specialmente riguardo ai suoi obblighi (e responsabilità) in relazione alle modalità di formazione previste dalla relativa regolamentazione,
b) richiedere la preventiva effettuazione di una apposita analisi dei fabbisogni (da affidare - eventualmente al SPP - sulla base della somministrazione di un questionario volto a indagare il grado di conoscenza e il livello delle competenze pratiche maturate nella mansione),
c) prospettare il programma dei contenuti da sviluppare “calibrato” in relazione alle risultanze dell’analisi,
d) prevedere, in ogni caso, al termine dell’iniziativa lo svolgimento di una prova di valutazione finale (metodologicamente tanto irrinunciabile quanto l’analisi dei fabbisogni - cfr. UNI-ISO 29990),
e) redigere una dettagliata proposta complessiva che tenga conto di tutto quanto precede, e
f) nel caso che, a valle dell’azione in a), il datore di lavoro/committente decida comunque di attuare, sic et simpliciter, un percorso di adeguamento secondo il modello “minimo” dell’Accordo, farne esplicita menzione in una apposita appendice, sottoscritta, dei documenti contrattuali di incarico, curando di riportare in essa anche il rifiuto da parte del datore di lavoro di una offerta articolata secondo i punti b), c), d).
 
Tale appendice, analogamente a quanto si fa in ambito sanitario, va strutturata secondo un modello (ad es. del tipo in calce proposto), che possa configurarsi come una sorta di “consenso informato”. Ciò consentirà di limitare al massimo la chiamata in causa per comportamento omissivo dell’organismo di formazione in caso di contestazione della mancata efficacia del processo.
 
 
Facsimile CONSENSO INFORMATO
 
 
lo sottoscritto/a___________________________ in qualità di Datore di lavoro della Società ___________________dichiaro di essere stato/a sufficientemente informato/a circa i contenuti dell’Accordo Stato-Regioni del 22/2/2012, che prevede per i lavoratori che al momento dell’entrata un vigore dell’Accordo (12/03/2013) risultavano essere già incaricati della conduzione di una delle attrezzature in esso comprese, la possibilità di riconoscimento di una formazione pregressa e di poter effettuare entro il 12/03/2015 il pertinente corso di aggiornamento ad eventuale integrazione (articolo 9 lettere a), b) e c).
In particolare dichiaro che, per i lavoratori (allegati nominativi) da me incaricati all’uso di ____________________________, sono a richiedere di procedere:
☐ all’erogazione del Corso di aggiornamento di 4 ore
☐ all’erogazione del Corso di aggiornamento di 4 ore + verifica finale dell’apprendimento
☐ all’analisi dei fabbisogni formativi comprensiva del test di ingresso
☐ alla elaborazione del programma più idoneo per contenuti e ore necessarie di formazione teorica e pratica
☐ all’erogazione del Corso di aggiornamento calibrato ad hoc + verifica finale dell’apprendimento
 
………, li ………………
 
 
firma del datore di lavoro
……………………………………………….
 


[1] “Requisiti di base per i prestatori di servizi per l’istruzione e la formazione non formale”
[2] Ai fini dell’effettuazione del corso di aggiornamento di cui al p. 6 … è riconosciuta la possibilità che le 3 ore relative ai moduli pratici possano essere effettuate anche in aula …
[3] In realtà, talune Associazioni di settore operanti attivamente nella formazione all’uso di determinate attrezzature adottano procedure e criteri molto selettivi per il ruolo del formatore-istruttore e di questi – che de facto sono da considerarsi codici di buona prassi – gli addetti ai lavori dovrebbero tenere conto.



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Rispondi Autore: Alberto Baessato - likes: 0
12/02/2015 (03:52:31)
Articolo interessante e tecnicamente utile a dirimere alcune perplessità che mi sono sorte. Tuttavia l'articolo si scontra con la realtà e non tiene conto della reale situazione nelle piccole e medie aziende. Partendo dall'assunto che il D.lgs 81/2008 prevede oltre alla formazione e informazione anche l'addestramento del lavoratore all'utilizzo dell'attrezzatura specifica. Mi chiedo se e come sia possibile in 4h effettuare un'adeguato addestramento, magari in un aula corsi di un organismo di formazione accreditato. Magari anche con classi formate da lavoratori provenienti da fiverse realtà e con diverse capacità ed esperienze. La realtà è che è impossibile e non esistono corsi come quelli ipotizzati dall'articolista. La spiegazione è semplice e nella sua semplicità disarmante. La prima questione è di mero carattere economico la seconda di carattere didattico. Ipotizzando una formazione come quella indicata nell'articolo, il costo per ogni singolo lavoratore in termini di tempo speso e di costo vivo non sarebbe sopportabile per l'azienda. Per quanto concerne la parte didattica gli aspetti sono principalmente due. Il primo riguarda l'esperienza lavorativa del singolo lavoratore, che in molti casi supera di gran lunga quella del docente e dell'istruttore. Il secondo aspetto sta nel capire se tutti gli aspetti tecnici/giuridici impartiti durante la lezione avranno una reale valenza nella vita lavorativa del lavoratore o sono piuttosto delle mere congetture autoreferenziali dei docenti e del legislatore.
Rispondi Autore: Francesco Cattari - likes: 0
12/02/2015 (10:13:38)
Sono perfettamente d'accordo con quanto descritto dal sig. Alberto Baessato.
Questo aggiornamento di formazione è totalmente inutile per il personale che fa questo tipo di lavoro da diversi anni.
Spesso e volentieri i docenti formatori non hanno mai utilizzato loro un carrello elevatore.
Rispondi Autore: Stefano Arcangeli - likes: 0
12/02/2015 (10:26:38)
Apprezzo moltissimo il suo competente e puntuale intervento e me ne complimento. Preciso, corretto, ben documentato va al cuore dell'argomento: lo condivido parola x parola. Devo dire che come Lei, ho sollevato gli stessi dubbi e perplessità presso l'associazione della quale faccio parte, e siamo arrivati alla sua stessa conclusione, la formazione deve essere svolta da un formatore per la sicurezza in collaborazione con un operatore del settore, il quale riporti le esperienze di campo e sia la persona di riferimento per le prove pratiche. Il punto è come "riconoscerlo", ovvero i criteri di selezione di questa figura di affiancamento e la responsabilità del formatore in questo delicato processo. Da questa tematica è scaturita la necessità di un corso rivolto ai formatori per la sicurezza, svolto da docenti e Formatori dei Formatori, corso che tende a stabilire quali possano essere questi criteri e dare una metodologia condivisa a coloro i quali, già Formatori pper la Sicurezza, vogliano intraprendere questo percorso didattico,ovvero un "CORSO DI ALTA SPECIALIZZAZIONE “Formatore per Macchine ed Attrezzature”.
Rispondi Autore: Alfredo Pianelli - likes: 0
12/02/2015 (12:38:24)
Nel caso dei lavoratori del settore agricolo, secondo il punto 9.4 dell'Accordo e secondo la Circolare 38 del 12.03.2013 abbiamo le seguenti situazioni:
- chi è appena assunto (dopo il 12 marzo 2013) e conduce per la prima volta trattori agricoli, deve possedere l'abilitazione seguendo un corso completo;
- chi è stato assunto prima del 12\3\2013 ed è già incaricato dell’uso delle macchine, se non provvisto di esperienza documentata, avrà tempo fino al 12 marzo 2015 per seguire un corso completo;
- mentre chi ha già seguito in passato un corso o è in possesso di esperienza documenta (autocertificazione) alla data del 12 marzo 2013, dovrà seguire un corso di aggiornamento entro il 12 marzo 2017.

Quindi la mia domanda è:
se ad es assumo un dipendente nel 2016 il quale autocertifica la sua esperienza, detta autocertificazione deve attestare che ha maturato esperienza MASSIMO fino al 12 marzo del 2013 e non di più?
Rispondi Autore: Davide - likes: 0
12/02/2015 (16:49:26)
Leggendo tutto l'articolo ed i commenti dei colleghi che come sempre sono interessanti forse a volte anche più degli articoli stessi, la mia riflessione è sempre la stessa :
Le aziende dovrebbero concentrarsi sul rilancio dell'economia italiana, creare nuovi posti di lavoro, produrre ricchezza per i tanti lavoratori che purtroppo a differenza di chi legifera il posto di lavoro non lo hanno ed invece devono confrontarsi ogni giorno con la marea di adempimenti da seguire. La sicurezza è assolutamente il bene primario, ma quando diventa un continuo ostacolo e un costo insostenibile rischia di mettere in seria difficoltà le aziende già economicamente indebolite dalla crisi.
Rispondi Autore: eugenio ferrero - likes: 0
12/02/2015 (17:08:46)
Assolutamente d'accordo con Davide e con Alberto Baessato.Io dovrei insegnare ad un cantoniere l'utilizzo di un trattore che lui guida da quando e' un ragazzino?Bisognerebbe fidarsi un po' di piu' dell'esperienza sul "campo"!E' proprio vero il detto che chi sa, fa,chi non sa, insegna
Rispondi Autore: carmelo catanoso - likes: 0
12/02/2015 (18:32:36)
Diciamo che l'Italia è un Paese particolare.....
Per quanto riguarda le "regole" in tema di tutela della salute e sicurezza sul lavoro, si può dire che:

"In Italia si chiede di scrivere ciò che si dovrebbe fare senza poi controllare che ciò sia stato fatto; in altri Paesi UE, si chiede di fare, senza il bisogno di scrivere, e poi si controlla che ciò sia stato fatto."
Rispondi Autore: Christian Z. - likes: 0
25/02/2015 (12:18:55)
SERVE una rapido aggiornamento del accordo Stato Regioni per ridefinire in modo più puntuale le competenze dei docenti per i corsi attrezzature.
La cosa potrebbe essere gestita alla stessa maniera delle "aree tematiche" definite dal decreto FORMATORI dal punto di vista teorico assieme ad un aspetto pratico da identificare con un percorso di addestramento per formatori per ogni singola attrezzatura definita o il riconoscimento dell'esperienza pregressa.
La cosa deve essere solo specificata meglio dai tecnici della commissione.

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