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Quando lo spettacolosi trasforma in tragedia

 
È notizia di questi giorni la richiesta di condanna a tre anni e quattro mesi avanzata dal p.m di Trieste nei confronti dell’ingegnere che era stato incaricato delle verifiche statiche dell'impianto, improvvisamente collassato la mattina di tre anni fa in cui si sarebbe dovuto svolgere il concerto di Jovanotti; con lui sono stati anche imputati l'organizzatore locale del concerto e il titolare della società incaricata della fornitura e montaggio della struttura.
 
Dietro la facciata patinata del mondo dello spettacolo si cela, dunque, tutta una serie di attività lavorative dalle caratteristiche del tutto peculiari sia per quanto riguarda le tipologie di mansioni svolte, sia per quanto riguarda i relativi profili di rischio infortunistico.
 
Quello dello spettacolo, infatti, è un settore economico molto ampio e variegato, che conta circa 35.000 aziende e quasi 130.000 addetti impegnati in attività tra le più svariate, che spaziano dalle figure prettamente artistiche e culturali a quelle assimilabili invece alle lavorazioni tipiche di operatori tecnici o manuali.
 


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In base al sistema classificatorio adottato da INAIL, nel settore sono comprese attività molto diversificate: Produzione di film e cortometraggi, di spettacoli teatrali e di programmi radiofonici e televisivi; Gestione di cinema, teatri, sale da concerti, circhi ed altre attività di intrattenimento; Sale da gioco o da biliardo, Giardini zoologici, acquari, ecc., Musei, biblioteche e archivi; Gestione impianti sportivi (stadi, piscine, campi da tennis, maneggi ecc.) e attività di sportivi professionisti. Ma, come già detto, accanto a queste attività di natura specificamente artistico-spettacolare, convivono operazioni di carattere molto più “industriale” sia per quanto riguarda la tipologia di lavorazione che, conseguentemente, gli alti livelli di rischio infortunistico: Allestimento palchi, stand e scenografie (per fiere, mostre, concerti, teatri, ecc.).
 
Si tratta di operazioni molto delicate e complicate che si rivelano particolarmente pericolose soprattutto nelle attività di montaggio e smontaggio di strutture metalliche per la realizzazione dei grandi palchi in occasione di eventi musicali o di spettacoli vari.
 
Lo stato di potenziale pericolosità, connesso alla perdita di stabilità delle strutture per cedimento, si evidenziò prepotentemente proprio a seguito di due incidenti avvenuti l’uno (di cui si è già accennato) a Trieste nel dicembre 2011, e l’altro a Reggio Calabria nel marzo 2012, in occasione dell’allestimento dei concerti rispettivamente di Jovanotti e Laura Pausini, dove persero la vita due giovani operai.
 
Per tali tristi eventi è stata riscontrata una molteplicità di responsabilità che nasce proprio dal fatto che l’organizzazione di enormi palchi da spettacolo presenta svariati fattori ad alto rischio dovuti alla compresenza di più imprese esecutrici e di un elevato numero di operatori costretti a intervenire nella stessa area di lavoro e spesso nel rispetto di tempi strettissimi. Un luogo di lavoro con tante imprese e tante persone, dunque, (queste ultime, frequentemente, anche di varie nazionalità) impegnate ad avvicendarsi in spazi ristretti, tra strutture di grandi dimensioni e a rilevanti altezze, nello svolgimento di mansioni diverse e con durate d’intervento variabili. Non di rado, inoltre, le stesse operazioni sono anche sottoposte a ulteriori limitazioni quali il rispetto di particolari vincoli ambientali o architettonici o il disagio – in caso di eventi all’aperto – di sfavorevoli condizioni meteorologiche e ambientali.
 
In media, nell’ultimo quinquennio, si sono verificati ogni anno circa 350 infortuni indennizzati dall’INAIL: in pratica un incidente al giorno compresi ferie e festivi. Di questi, la stragrande maggioranza (circa 320 casi l’anno) comportano inabilità temporanea con almeno 4 giorni di assenza dal lavoro; circa 30 casi l’anno comportano una inabilità permanente di grado pari o superiore al 6%. Nell’ ultimo triennio si è verificato un incidente mortale ogni anno.
 
Il dato riferito al 2013, è da ritenersi ancora non consolidato e quindi provvisorio.
 
Nella stragrande maggioranza degli incidenti (oltre il 95% del totale) sono rimasti coinvolti lavoratori di sesso maschile, mentre la componente femminile rappresenta una quota marginale (una quindicina di casi l’anno, per lo più di gravità medio-bassa). Gli incidenti mortali, per fortuna relativamente limitati, hanno colpito esclusivamente gli uomini.
 
Le cause principali degli incidenti sono rappresentate prevalentemente da “scivolamenti, urti, movimenti scoordinati..” (40% circa del totale) e da “ caduta di persona su piano o dall’alto” (circa 35% del totale). Nel caso di incidenti mortali la causa è dovuta sempre al cedimento di ponteggi o altre strutture metalliche utilizzate nella realizzazione del palco.
 
Le aree geografiche dove si registra il maggior numero di incidenti di questo tipo sono le regioni del Nord, in particolare Lombardia, Emilia-Romagna e Veneto.
 
Alla luce della accertata pericolosità di questo particolare comparto, proprio di recente è stato realizzato un importante passo avanti a favore della tutela degli operatori impegnati nelle attività di montaggio e smontaggio dei grandi palchi in occasione di eventi musicali e di spettacolo. Lo scorso 8 agosto, sulla Gazzetta ufficiale, è stato pubblicato il decreto ministeriale 22 luglio 2014 che estende a questo specifico comparto le disposizioni in materia di prevenzione previste dal titolo IV del D.Lgs. n. 81/2008 (“Testo unico per la sicurezza”).
 
 Il provvedimento – come sancito dal “decreto del fare” – indica le modalità con cui le disposizioni che regolamentano la sicurezza nel cantieri temporanei e mobili, si applicano anche agli specifici settori degli spettacoli cinematografici, teatrali e di intrattenimento e alle manifestazioni fieristiche.
 
Una scelta, questa del legislatore, che comporta l'assegnazione della responsabilità dell'opera e della sicurezza degli operatori che la devono realizzare in capo alla figura del committente, riconducendo tale comparto a quella struttura gestionale e organizzativa ben definita proprio dal Titolo IV del Testo Unico per la sicurezza e dalla normativa comunitaria che questo, a sua volta, recepisce.
 
 
TAVOLE ILLUSTRATIVE
 
Gli infortuni lavorativi nell’«Allestimento palchi, stand e scenografie»
 (Fonte: elaborazione ANMIL su dati INAIL-Banca dati statistica)
 
INFORTUNI SUL LAVORO PER TIPO DI CONSEGUENZA
 
 CONSEGUENZA
         2009
         2010
         2011
         2012
 2013(*)
 
 
 
 
 
 
 Inabilità temporanea
           338
           365
           307
           300
           235
 
 
 
 
 
 
 Inabilità permanente
             23
             30
             35
             30
             25
 
 
 
 
 
 
 Morte
-
-
               1
               1
               1
 
 
 
 
 
 
 TOTALE
           361
           395
           343
           331
           261
 
INFORTUNI SUL LAVORO PER SESSO 
 
 SESSO
         2009
         2010
         2011
         2012
 2013(*)
 
 
 
 
 
 
 Maschi
           342
           379
           327
           316
           252
 
 
 
 
 
 
 Femmine
             19
             16
             16
             15
               9
 
 
 
 
 
 
 TOTALE
           361
           395
           343
           331
           261
 % femmine
           5,3
           4,1
           4,7
           4,5
           3,5
 (*) dati provvisori
 
 
 
 
 
 
INFORTUNI SUL LAVORO PER REGIONE (principali). Anno 2013
 
 
 

 
Franco D’Amico
Coordinatore dei sevizistatistico-informativi ANMIL
 
Fonte: ANMIL.
 
 
 



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Rispondi Autore: pier giorgio confente - likes: 0
24/11/2014 (09:36:54)
una riflessione andrebbe fatta su entrambi i corni della vicenda :
= l'allestimento all'ultimo momento per limitare i costi,
= il gigantismo degli allestimenti!
Inoltre la mia esperienza in Arena (membro della CPVLPS)mi fa constatare che proprio i concerti di impronta ambientalista mettono in gioco potenze elettriche rilevanti e palchi enormi alla faccia del principio di "sostenibilità ambientale" d ei "impatto ambientale" così inflazionato quando si tratta di attività produttive utili all'uomo!
Rispondi Autore: carmelo catanoso - likes: 0
25/11/2014 (21:17:12)
Non sarà certo con l'applicazione di una regola pensata per i cantieri edili che si risolverà il problema.
Del resto nessun Paese della UE che recepito la direttiva 92/57/CEE ha neanche lontanamente pensato di estenderla a questo settore.
Negli altri Paesi, infatti, ci sono regole tecniche specifiche per governare la sicurezza sul lavoro degli addetti.

In Italia, invece, pensiamo che l'applicazione del Capo I del Titolo IV (il capo II si applicava comunque) con la nomina del CSP/CSE, la redazione del PSC e dei POS, possa risolvere i problemi.
In Italia c'è un'apposita commissione UNI che sta predisponendo le norme specifiche per il settore e, a livello europeo, il CEN sta facendo la stessa cosa.
Invece, in Italia, estendiamo una norma pensata per i cantieri edili o d'ingegneria civile (raccomando la lettura della Linea Guida UE sulla direttiva cantieri 92/57/CEE recuperabile sul sito dell'OSHA europeo) ad un settore che nulla ha, con essa, a che fare.

L'applicazione dell'art. 26, con una maggiore responsabilizzazione della committenza (organizzatori, ecc.), è sufficiente.

Il Decreto Interministeriale, si è ben guardato dall’intervenire sulle modalità organizzative delle attività del settore degli spettacoli in cui si possono annidare le cause prime degli eventi tragici in fase d’esecuzione dei lavori (addirittura si etichetta come necessità quella di completamento dei lavori in tempi brevi)e si è concentrato solo cause ultime che si concretizzano nelle fasi esecutive dell’attività.
La semplice applicazione del buon senso avrebbe portato a tutt'altro approccio. 

Innanzi tutto, era necessario fare ordine nella giungla del settore. 

Un conto sono le società specializzate che fanno esclusivamente quel lavoro ed un altro sono quelle "imprese" che vengono gettonate localmente per integrare l'opera delle aziende specializzate.
Una maggiore qualificazione delle aziende del settore, mediante criteri oggettivi facilmente verificabili, sarebbe stata cosa utile vista la conseguente necessità per le imprese di adeguarsi o essere espulse dal mercato.
Necessaria, a giudizio di chi scrive, anche una maggiore responsabilizzazione dell'organizzazione committente (spesso di difficile individuazione) nella scelta dei soggetti esecutori per tutta la "catena" dei vari subappalti. 


Anche i vincoli temporali tra uno spettacolo ed un altro della tournée dovrebbero essere definiti in funzione delle distanze tra siti e la complessità della struttura da realizzare, al fine di evitare la compressione dei tempi per il montaggio/smontaggio delle strutture.
Per quanto riguarda gli aspetti prettamente operativi, era necessario mettere intorno al tavolo tutti gli attori a cominciare dai rappresentanti delle società organizzatrici, delle imprese esecutrici di tutte le attività (montaggio/smontaggio, trasporti, facchinaggio, sollevamenti, ecc.), del sindacato, ecc. e definire dei codici di condotta, linee guida, buone prassi, ecc., anche tenendo conto di ciò che avviene negli altri Paesi.
Queste "best practice" dovevano poi essere condivise e sottoscritte dai citati rappresentanti con l’impegno della loro puntuale applicazione. 


E’ vero, come già detto prima, che il Decreto Interministeriale, così come concepito, sembra più un modello ridotto per l’applicazione del Titolo IV del D. Lgs. n° 81/2008 ma è altrettanto vero che ciò che mancava e manca tuttora, sono gli interventi alla fonte del problema che riguardano l’organizzazione generale di questo tipo di attività (qualificazione imprese e personale, tempi e modalità di lavoro, ecc.) e che è la causa prima degli eventi che si verificano.


Perché ricorrere a regole tipiche di un settore che nulla ha a che vedere con il settore degli spettacoli?
Perché pensare che la redazione di un PSC da parte di un CSP e poi la verifica della sua applicazione durante l’esecuzione dei lavori da parte del CSE, possa aumentare il livello di sicurezza per gli addetti?
Qui si è commesso ancora una volta l’errore di pensare che il controllo del rispetto delle regole debba essere esternalizzato a specifiche figure formalmente non soggette a pressioni da parte dei gestori delle attività lavorative
Chi ha scritto le regole di cui stiamo discutendo, ha rappresentato questa specifica realtà come necessaria di un controllore pseudo super partes in grado di "far rispettare" le regole stesse. In altre parole, qui si è perpetuato il solito approccio che ha portato ad una "proiezione" e cioè all'attribuzione a questo soggetto del compito di far rispettare le regole.
Naturalmente, il soggetto più indicato non poteva che essere, secondo questo approccio, che il CSE; da qui l'estensione del Titolo IV (in particolare il capo I) del D.Lgs. n. 81/2008.
Per approccio culturale non si riesce a comprendere che il controllo deve passare da un controllo da parte di un CSE ad un "autocontrollo" da parte delle imprese con proprio personale, facilitato ed incentivato con appositi strumenti.
Fino a quando ciò non avverrà saremo a rincorrere, sotto spinte emozional-emergenziali, solo errate soluzioni a dei veri problemi che, di conseguenza, continueranno a permanere.

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