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La sicurezza sul lavoro fra normativa e realtà

La sicurezza sul lavoro fra normativa e realtà

Un intervento ad un seminario si sofferma sulle specificità dei contratti d’appalto e dei contratti di somministrazione. La normativa, la giurisprudenza e la differenza tra un appalto lecito ed una somministrazione illegale.

 
Urbino, 19 Mag – In molte Università si organizzano interessanti seminari che riguardano la tematica della sicurezza sul lavoro e offrono ulteriori e qualificati strumenti e punti di vista per conoscere e applicare la normativa in materia di tutela della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro.
 
È il caso, ad esempio, di una serie di seminari organizzati dall' Università di Urbino Carlo Bo sul tema “Quale salute e sicurezza per i lavoratori nelle imprese? Metodologie didattiche attive testimonianze e studi di caso”.
 
Ci soffermiamo oggi sull’incontro del 23 marzo 2015 e sull’intervento “La sicurezza sul lavoro fra normativa e realtà”, a cura dell’Avv. Vito Sabatelli.


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Nel corposo intervento vengono presentati vari temi: si parte da un ricco excursus storico della normativa, fino ad arrivare al D. Lgs. 81/2008 e alle sue novità. Con particolare riferimento a:
intreccio del Testo Unico con il D.Lgs. 231/01; art. 299 e principio di effettività; art. 26 e contratti in appalto e somministrazione.
 
Ci soffermiamo oggi proprio su quest’ultimo tema partendo dall’analisi dei contratti di appalto.
 
L’intervento ricorda che, secondo l’art 1655 del Codice Civile, l’appalto è “il contratto con il quale una parte assume, con organizzazione di mezzi necessari e con gestione a proprio rischio, il compimento di un’opera o di un servizio”.
Questi i requisiti:
- “l’organizzazione di mezzi;
- la gestione a proprio rischio;
- l’ assunzione del rischio (responsabile del risultato e dei danni a terzi)”.
 
Invece riguardo al contratto di somministrazione si indica che l’agenzia di somministrazione, “obbligatoriamente in possesso di determinati requisiti ed iscritta nell’apposito albo ministeriale delle agenzie per il lavoro di cui all’art.4 della riforma Biagi, si impegna a fornire la prestazione lavorativa di propri dipendenti all’utilizzatore. I lavoratori somministrati, assunti e retribuiti dal somministratore, per ‘tutta la durata della somministrazione (...) svolgono la propria attività nell’interesse nonché sotto la direzione e il controllo dell’utilizzatore’, che può anche ‘adibirli a mansioni superiori o comunque a mansioni non equivalenti a quelle dedotte in contratto’ e che ‘risponde nei confronti dei terzi dei danni a essi arrecati dai lavoratori somministrati’.
Questi dunque i requisiti:
- “l’agenzia di somministrazione: a) obbligatoriamente iscritta nell’apposito albo ministeriale; b) fornire la prestazione lavorativa di propri dipendenti all’utilizzatore;
- i lavoratori somministrati: a) assunti e retribuiti dal somministratore; b) svolgono la propria attività nell’interesse e sotto la direzione e controllo dell’utilizzatore;
- l’utilizzatore: a) risponde nei confronti dei terzi dei danni a essi arrecati dai lavoratori somministrati”.
 
Si pone dunque un problema di confine fra appalto genuino e somministrazione di manodopera.
Infatti l’assenza dei “requisiti tipici dell’appalto genuino (l’organizzazione di mezzi e la gestione a proprio rischio) comporta l’illegittimità dell’appalto e la riconducibilità della fattispecie alla somministrazione di manodopera; da qualificarsi come irregolare a causa dell’assenza in capo all’appaltatore, della qualità di agenzia per il lavoro autorizzata, alla fornitura di lavoratori”.
E il confine risulta essere “un semplice giudizio di valore, particolarmente complesso, nei casi in cui l’appalto non comporti l’impiego di significative costanti attrezzature di lavoro ma l’erogazione di semplice energia lavorativa con un costante coordinamento tra il servizio reso all’ impresa appaltatrice e il complessivo contesto lavorativo dell’appaltante nel quale lo stesso deve inserirsi”.
 
A questo proposito l’Avv. Sabatelli riporta parte della sentenza della Cassazione del 29 Nov 1996 n. 10697: “sussiste appalto illecito ‘nel caso in cui l’appalto abbia ad oggetto la messa a disposizione del committente di una prestazione lavorativa, lasciandosi all’appaltatore-datore di lavoro i soli compiti di gestione amministrativa del rapporto (retribuzione, assegnazione delle ferie, assicurazione della continuità….) ma senza una reale organizzazione della prestazione stessa finalizzata ad un risultato produttivo autonomo’ (così Cass, 19 Dic 2002 n, 18098 che aveva ritenuto illegittimo un contratto di appalto in cui le attività venivano svolte dai dipendenti dell’appaltatore in base a turnazione con dipendenti del committente di eguale mansione e sotto la direzione di un superiore gerarchico, sempre dipendente della committente; nello stesso senso (Cass. 22 Ago 2003 n. 12363)”.
 
Dopo aver parlato del comma 3 dell’ articolo 26 del D.Lgs. 81/2008 relativo alla promozione della cooperazione ed il coordinamento, con riferimento al DUVRI per ridurre i rischi di interferenze e alle novità normative di questi anni, sono riportati i vari obblighi connessi ai contratti di appalto o d’opera o di somministrazione.
 
Ad esempio si ricorda che (art 26, D. Lgs. 81/2008 Co. 4): ferme restando le disposizioni di legge vigenti in materia di responsabilità solidale per il mancato pagamento delle retribuzioni e dei contributi previdenziali e assicurativi, l’imprenditore committente risponde in solido con l’appaltatore, nonché con ciascuno degli eventuali subappaltatori, per tutti i danni per i quali il lavoratore, dipendente dall’appaltatore o dal subappaltatore, non risulti indennizzato ad opera dell’Istituto nazionale per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro (INAIL) o dell’Istituto di previdenza per il settore marittimo (IPSEMA).Le disposizioni del presente comma non si applicano ai danni conseguenza dei rischi specifici propri dell’attività delle imprese appaltatrici o subappaltatrici.
Vengono poi riportati gli altri commi dell’articolo con riferimento ai costi della sicurezza, alla valutazione dell’adeguatezza del valore economico, alla tessera di riconoscimento. Ricordando, tra l’altro che ai sensi dell’art. 5, della Legge 13 agosto 2010 n. 136 nella tessera di riconoscimento dovrà essere precisata anche la data di assunzione e, in caso di subappalto, la relativa autorizzazione.
 
Concludiamo ricordando che l’intervento si sofferma sulla Circolare n. 5 del Ministero del Lavoro dell’11 febbraio 2011.
L’oggetto della circolare è il ‘Quadro giuridico degli appalti’ e “contiene indicazioni e chiarimenti in merito alla corretta gestione degli appalti e subappalti. In particolare si parla di: criteri che qualificano un appalto come genuino; obblighi di carattere retributivo connessi all’utilizzazione dell’istituto; valore degli appalti e i criteri di scelta dei contraenti; responsabilità solidale tra committente, appaltatore ed eventuali subappaltatori; ricorso alla certificazione; disciplina in materia di salute e sicurezza del lavoro”.
Nella circolare si indica che la differenza tra un appalto lecito ed una somministrazione illegale è nell'oggetto del contratto:
- “l' appalto genuino è un contratto in cui l'oggetto e un ‘fare’, mediante il quale l'appaltatore fornisce al committente un'opera o un servizio da realizzare tramite la propria organizzazione di mezzi e uomini, assumendosi il rischio d'impresa;
- la somministrazione è invece un contratto dove è esclusivo un ‘dare’, in forza del quale il somministratore fornisce solo forza lavoro, da lui dipendente, a un terzo che ne utilizza le prestazioni, adattandole al proprio sistema organizzativo”.
 
E infine si ricorda anche l’art. 21 del D.L. n. 5 del 09 febbraio 2012 convertito in Legge n.35 del 4 aprile 2012 in relazione al vincolo di solidarietà tra committente e appaltatore.
Con l’articolo 21 del DL 5/2012 l'articolo 29, co. 2, del D. Lgs. 10 sett. 2003, n. 276, è sostituito dal seguente: ‘in caso di appalto di opere o di servizi, il committente imprenditore o datore di lavoro è obbligato in solido con l’appaltatore, nonché con ciascuno degli eventuali subappaltatori entro il limite di due anni dalla cessazione dell’appalto, a corrispondere ai lavoratori i trattamenti retributivi, comprese le quote di trattamento di fine rapporto, nonché i contributi previdenziali e i premi assicurativi dovuti in relazione al periodo di esecuzione del contratto di appalto, restando escluso qualsiasi obbligo per le sanzioni civili di cui risponde solo il responsabile dell’inadempimento’.
 
 
 
La sicurezza sul lavoro fra normativa e realtà”, a cura dell’Avv. Vito Sabatelli, intervento a seminario del 23 marzo 2015 “Quale salute e sicurezza per i lavoratori nelle imprese? Metodologie didattiche attive testimonianze e studi di caso” (formato PDF, 2.39 MB).
 
 
 
Tiziano Menduto
 


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Rispondi Autore: Carmelo Catanoso - likes: 0
19/05/2015 (09:04:35)
Presentazione esaustiva.

Solo una piccola osservazione.

Il termine "somministrazione" che si trova all'art. 26 del D. Lgs. n° 81/2008, non c'entra nulla con il contratto di "somministrazione di lavoro" ex artt. 20 e seguenti del D. Lgs. n° 276/2003.

Il contratto di somministrazione citato all'art. 26, riguarda la "somministrazione di cose" che è definita all'art. 1559 del Codice Civile.
Si tratta quindi della fornitura di beni (materiali, ecc.) e non di manodopera.
Rispondi Autore: claudia scaccia - likes: 0
23/05/2015 (16:27:35)
Ringrazio il Dott. Catanoso per l'osservazione riportata che risulta tutt'altro che banale per chi, come me, non è sufficientemente esperto su contratti e relative nozioni civilistiche.
Anzi chiederei gentilmente alcuni dettagli di approfondimento sul tema, magari supportati da qualche esempi, per meglio palesare le differenze pratiche tra un contratto di appalto e uno di somministrazione, così come inteso dall'art.1559 del Codice Civile.
Grazie

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