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Il datore di lavoro pubblico e la carenza di disponibilità economica

Il datore di lavoro pubblico e la carenza di disponibilità economica
Gerardo Porreca

Autore: Gerardo Porreca

Categoria: Sentenze commentate

28/10/2013

Il datore di lavoro della pubblica amministrazione anche in carenza di disponibilità economica per applicare misure di sicurezza è tenuto ad adottare interventi cautelari per eliminare le condizioni di pericolo. A cura di G. Porreca.

 
Commento a cura di G. Porreca
 
Fa riferimento questa sentenza della Corte di Cassazione ai doveri in materia di salute e sicurezza sul lavoro del  datore di lavoro della pubblica amministrazione nel caso in cui lo stesso sia privo del potere di spesa cioè di quel potere che, secondo quanto indicato nella definizione che del datore di lavoro pubblico dà il D. Lgs. n. 81/2008, rappresenta uno degli elementi fondamentali per una individuazione corretta di tale figura. Anche nel caso in cui il datore di lavoro sia privo della disponibilità economica necessaria per potere applicare delle misure di sicurezza nei propri luoghi di lavoro, afferma la suprema Corte, lo stesso è comunque tenuto a dare disposizioni e ad adottare soluzioni cautelari di prevenzione in suo potere che siano analogamente “satisfattive” e “compensative” rispetto agli interventi che non ha potuto attuare per la mancanza della disponibilità economica.

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Il caso e l’iter giudiziario.
 
Il Comandante di un Comando Provinciale dei Vigili del Fuoco è stato riconosciuto dal Tribunale colpevole del reato di lesioni colpose commesse in danno di un vigile del fuoco che aveva subito un infortunio all'interno della sede di servizio. Lo stesso, infatti, mentre stava procedendo ad un'operazione di controllo e verifica del cavo asservito al verricello di un veicolo di servizio, messo allo scopo appositamente in trazione mediante l’aggancio ad un altro mezzo, è stato colpito dai veicoli impegnati nell'operazione a loro volta trascinati da un furgone condotto da un privato il quale, entrato all'interno della caserma e non essendosi avveduto della presenza di un cavo,  lo agganciava determinando lo spostamento dei veicoli. A seguito dell’incidente il vigile ha riportato gravi lesioni e stato di coma insanabile.
Il Comandante ha fatto ricorso alla Corte di Appello la quale ha confermata la condanna inflittagli dal Tribunale ma, riconoscendogli le attenuanti generiche, l’ha riformata in “melius” solo relativamente al trattamento sanzionatorio. La Corte di Appello, infatti, pur evidenziando il comportamento improvvido dell’autista del furgone nonché l'impropria ed eccessiva velocità dallo stesso tenuta all'interno della caserma, ha riconosciuto il ruolo efficiente delle condotte colpose contestate al Comandante.
La Corte di Appello ha messo in evidenza in primo luogo la mancata considerazione del rischio conseguente all'utilizzo promiscuo del piazzale ove si era verificato l'incidente, utilizzato sia dal personale dei VV.FF. che dai privati che avevano occasione di entrare nella caserma. Ha inoltre osservata la mancanza di un sistema di videosorveglianza che consentisse di seguire i movimenti dei mezzi dopo il loro ingresso, che inoltre non era stato predisposto un apposito servizio di informazione e guida e che, infine, mancavano disposizioni puntuali per disciplinare l'accesso in sicurezza degli estranei nella caserma. Tale situazione di rischio è stata considerata accentuata dal fatto che nel piazzale impegnato dagli estranei venivano svolte operazioni, quale quella messa in atto dall'infortunato, pur esistendo nella caserma un’area specificamente destinata che risultava comunque indisponibile perché diversamente utilizzata e che infine mancava quantomeno la predisposizione di un espresso divieto a svolgere le attività nel piazzale stesso.
In secondo luogo  la Corte di Appello ha fatto presente che non era stata predisposta neppure una adeguata segnaletica per distinguere i luoghi di transito dei veicoli e dei pedoni e che la spesa necessaria poteva essere affrontata anche in difetto di esplicita autorizzazione. In mancanza, ha quindi sottolineato la suprema Corte, dovevano comunque essere adottate soluzioni compensative, quale ad esempio l'impiego di personale appositamente dedicato a seguire le manovre dei veicoli provenienti dall'esterno. Anche a volere considerare imprudente il comportamento dell'infortunato, ha ancora sostenuto la Corte di Appello, lo stesso non poteva considerarsi abnorme perché non esorbitante dalle proprie mansioni.
 
Il ricorso in Cassazione e le motivazioni.
 
L’imputato ha fatto ricorso alla Corte di Cassazione adducendo diverse motivazioni. Il Comandante dei Vigili del Fuoco, infatti, ha fatto presente di trovarsi ad operare in una struttura pubblica in cui l'impegno di spesa per realizzare lo strumentario evidenziato negli addebiti doveva essere necessariamente autorizzato dagli organi superiori competenti  per cui nessuna contestazione poteva essergli fatta anche perché si era più volte attivato senza alcun successo. Anche l'addebito articolato nella mancata previsione di un più adeguato sistema di videosorveglianza, ha altresì sostenuto l’imputato, non aveva alcun rilievo causale perché in ogni caso lo strumentario, quand'anche previsto, non avrebbe potuto impedire l'evento, non essendo consentito agli operatori addetti alla videosorveglianza di intervenire direttamente con la necessaria tempestività. L’addebito altresì afferente la mancata predisposizione della segnaletica, ha precisato ancora l’imputato,  non aveva tenuto conto dei limiti di spesa e delle modalità autorizzative previste dalla normativa di settore e che, diversamente da quanto sostenuto in sentenza, erano state date disposizioni affinché il personale addetto all'ingresso ricevesse adeguatamente i veicoli in transito. Secondo il ricorrente, infine, l’infortunato, aveva tenuto in occasione dell’infortunio un comportamento abnorme pur essendo persona tecnicamente qualificata.
 
Le decisioni della Corte di Cassazione.
 
Il ricorso è stato ritenuto dalla Corte di Cassazione infondato ed è stato pertanto rigettato. Non c’è dubbio, ha ricordato la suprema Corte, che nelle pubbliche amministrazioni, la qualifica di datore di lavoro, ai fini della normativa sulla sicurezza e salute nei luoghi di lavoro, deve intendersi attribuita al dirigente al quale spettano poteri di gestione, compresa la titolarità di autonomi poteri decisionali anche in materia di spesa ma è anche vero che la sentenza, rispettando tale principio, “ha evidenziato la carenza comportamentale del Comandante, il quale - a fronte della mancata erogazione delle somme - non si era attivato per trovare soluzioni cautelari analogamente satisfattive e ‘compensative’” e che “rispetto a tale carenza sono stati basati gli addebiti, che tengono in conto del fatto che fosse proprio l'imputato, in ragione della qualità, ad avere il potere gestionale sul luogo di lavoro”. La Sez. IV ha altresì fatto presente che la decisione di condanna “ha evidenziato, nel complesso e in modo analitico, i comportamenti cautelari che ben avrebbero potuto impedire la realizzazione della condizione di pericolo e, tra questi, proprio l'esplicito divieto di svolgere le operazioni di controllo nel piazzale interessato dalla presenza di estranei”. Fra le altre soluzioni cautelari preventive che non sono state adottate dall’imputato in occasione dell’infortunio, pur essendo nel suo potere di intervento, la Corte di Cassazione ha quindi individuato il mancato suo esplicito divieto di operare nel piazzale nel quale è successo l’infortunio, il non avere altresì disciplinato le modalità di accesso al piazzale ed ancora l’ inidoneità della segnaletica per la regolazione della movimentazione dei veicoli sul piazzale medesimo.
 
 
 
 
 

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