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Come prevenire i rischi chimici negli ambienti indoor scolastici

Come prevenire i rischi chimici negli ambienti indoor scolastici
Tiziano Menduto

Autore: Tiziano Menduto

Categoria: Istruzione

17/10/2016

Una pubblicazione dell’Inail si sofferma sulla sicurezza e benessere nelle scuole con riferimento alla qualità dell’aria. Il rischio chimico nelle attività condotte nei laboratori didattici e nelle attività di pulizia e manutenzione.


Roma, 17 Ott – Non è rassicurante sapere che i livelli di inquinanti presenti negli ambienti indoor scolastici, all’interno dei quali studenti e lavoratori passano molte ore, possono essere molto più elevati di quelli rilevabili all’esterno. Anche in relazione al fatto che è ormai dimostrato che esposizioni prolungate, anche in presenza di basse concentrazioni di inquinanti, possono determinare diversi effetti sulla salute; ad esempio un maggior rischio di irritazioni, sintomi respiratori acuti, iperreattività bronchiale, infezioni respiratorie, broncopneumopatie croniche ostruttive e sensibilizzazioni allergiche.

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Scuola elementare in sicurezza per docenti ed alunni
Corso di specializzazione per docenti ed alunni (D. Lgs. n. 81, 9 aprile 2008)

 

Proprio per conoscere meglio la qualità dell’aria nelle scuole e aumentare le informazioni sugli effetti sulla salute e sulla prevenzione possibile, è stata realizzata dalla Consulenza Tecnica Accertamento Rischi e Prevenzione (CONTARP) dell’ Inail la pubblicazione “ Sicurezza e Benessere nelle scuole. Indagine sulla qualità dell’aria e sull’ergonomia”, curata da Raffaella Giovinazzo, Emma Incocciati, Francesco Nappi, Roberto Piccioni, Diego Rughi (Direzione Generale, CONTARP), Silvia Amatucci, Federica Cipolloni (Consulenza Statistico Attuariale) e Francesco De Matteis. Una pubblicazione che riporta i risultati di uno studio - condotto in collaborazione con un RSPP di alcuni istituti di Scuola Superiore di Roma e provincia – che ha curato l’osservazione dello stato degli edifici scolastici dal punto di vista delle strutture e degli impianti, con particolare riferimento ad alcuni aspetti relativi alla qualità dell’aria e dell’ambiente.

 

Dopo aver analizzato in passato il contenuto del documento con riferimento ai rischi biologici e ai rischi acustici e microclimatici, ci soffermiamo oggi sul rischio chimico nelle scuole.

 

Il documento ricorda che il D.Lgs. 81/2008 disciplina la valutazione del rischio chimico e che, in linea generale, “all’interno degli edifici scolastici possono essere individuate diverse tipologie di ambienti indoor: aule, laboratori, uffici e palestre”.

 

In particolare, per le attività svolte in laboratorio e per quelle di pulizia e manutenzione, per la valutazione è necessario “conoscere le caratteristiche chimico-fisiche dei prodotti, le relative quantità normalmente in uso, quelle stoccate, la frequenza di utilizzo e le modalità di manipolazione da parte di chi è preposto a utilizzarle; di conseguenza il censimento di tutte le sostanze potenzialmente pericolose rappresenta la fase iniziale della valutazione del rischio”.

Invece per gli ambienti in cui si svolge attività didattica, “l’interesse principale è focalizzato sulla verifica della qualità dell’aria indoor (IAQ) e, su tale aspetto, molti degli studi e dei rilievi sperimentali reperibili nella letteratura nazionale e internazionale svolti negli ambienti scolastici riguardano per la maggior parte le aule; da questi risulta inoltre che la scelta degli indicatori da monitorare è fondamentale al fine di:

- identificare sorgenti di inquinanti;

- determinare l’efficienza dei sistemi di riscaldamento, ventilazione e condizionamento di un edificio;

- verificare le azioni correttive e correlare i sintomi degli occupanti alla qualità dell’aria indoor”.

 

Si sottolinea inoltre che le scuole “dovrebbero essere progettate, costruite e manutenute in modo da minimizzare e controllare le sorgenti di inquinamento, anche per rispondere alle esigenze di quei soggetti che mostrano particolare sensibilità ad allergie e ad asma”.

E si indica che il mantenimento di un buon livello di qualità dell’aria indoor dipende, in estrema sintesi, dalla possibilità di controllare una serie di parametri quali:

- materiali di costruzione, impianti di riscaldamento, condizionamento e ventilazione;

- quantità e qualità dell’aria di ventilazione;

- stato di conservazione degli arredi, fissi e mobili, e dei rivestimenti (pavimenti, pareti, soffitti);

- prodotti usati per la manutenzione e la pulizia;

- modalità di uso degli spazi (stile di lavoro);

- presenza di fumo di tabacco (mancata osservanza del divieto di fumo)”.

L’eventuale scarsa qualità dell’aria indoor spesso deriva dall’inosservanza:

- “di adeguati criteri in fase di progettazione e di esecuzione di lavori riguardanti gli ambienti (suddivisione degli spazi e relativo utilizzo per le diverse esigenze di carattere didattico)”;

- “di buone pratiche a livello di abitudini, stili di vita e appropriato utilizzo di attrezzature e dispositivi necessari per lo svolgimento delle attività di lavoro e didattiche”.

 

Il documento segnala poi che tra le attività svolte in ambiente scolastico, “quelle che comportano la presenza, l’utilizzo, la manipolazione e l’immagazzinamento diretti di sostanze pericolose riguardano essenzialmente:

1) la pulizia e l’igienizzazione di locali, servizi, arredi;

2) le attività condotte nei laboratori (in particolare quelli dedicati alle esercitazioni chimiche e biologiche)”.

 

Ricordando che il documento si sofferma nel dettaglio anche sulle misure di prevenzione per le attività di pulizia, fermiamo ora la nostra attenzione sulle attività condotte nei laboratori didattici, spazi che “rappresentano a tutti gli effetti ambienti di lavoro per i quali il dirigente scolastico ha l’obbligo di valutare i rischi per la salute e per la sicurezza”, “nonostante il fatto che le limitate quantità di prodotti pericolosi impiegati e la non elevata frequenza di utilizzo facciano presumere bassi livelli di esposizione”.

 

Si segnala che la presenza dei laboratori comporta anche “la produzione di rifiuti pericolosi per i quali è prevista l’applicazione di procedure di smaltimento e l’iscrizione alSistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (SIS.T.RI)”. E si indica che “dopo aver classificato il livello di rischio connesso alle attività svolte all’interno di un laboratorio didattico, potrebbe essere necessario individuare misure di prevenzione e protezione ulteriori rispetto a quelle già contenute nelle SDS, per ridurne l’entità”.

 

Ricordando che il rischio chimico può derivare sia dalle caratteristiche chimico-fisiche che possono causare infortuni, sia dall’azione tossica e nociva degli agenti chimici manipolati (oltre che dall’impiego di bombole di gas compressi, dallo stoccaggio di sostanze chimiche e dall’impiego di strumenti ed apparecchiature), il documento riporta alcune semplici misure di prevenzione e protezione che possono essere efficacemente adottate per prevenire i rischi:

- “i reagenti chimici devono essere conservati in armadi chiusi (possibilmente aspirati) separandoli per compatibilità e reattività. È necessario eliminare periodicamente i prodotti non più utilizzati, evitando che si accumulino sul piano di lavoro delle cappe di aspirazione e raccogliere i rifiuti separandoli opportunamente, avviandoli allo smaltimento secondo le norme specifiche;

- le bombole dei gas possono determinare seri rischi sia per la natura chimica del fluido stesso (tossico, irritante, infiammabile, asfissiante) sia per il relativo stato fisico (elevata pressione). Generalmente questi gas vengono erogati da postazioni esterne, nelle quali sono stoccati in bombole. L’uso delle bombole è ammesso anche all’interno dei laboratori solo se il volume di gas è limitato: in tal caso è necessario valutare sia la pericolosità intrinseca del gas sia i rischi legati all’elevata energia potenziale derivante dalla sua pressione. Al fine di evitare che si formino atmosfere ‘pericolose’, va verificato il volume (o la massa) di gas contenuto nelle bombole, in quanto a parità di volume il rischio è direttamente proporzionale alla pressione. Considerando inoltre l’eventualità che possano verificarsi perdite non fisicamente percettibili, va definito il numero adeguato di ricambi d’aria necessari ad evitare il crearsi di atmosfere pericolose;

- l’organizzazione delle attività didattiche deve essere progettata individuando: i rischi connessi a ogni esperimento, le misure preventive da adottare, i DPI (Dispositivi di Protezione Individuali) necessari e le eventuali misure in caso di emergenza. Tale progettazione risulta ancora più necessaria e stringente se le esercitazioni prevedono l’impiego di sostanze cancerogene;

- nelle postazioni ove esiste la possibilità che si sviluppino gas, vapori, fumi o polveri devono essere predisposti sistemi aspiranti la cui efficienza va controllata periodicamente;

- gli studenti devono osservare una serie di misure igieniche come, ad esempio, il divieto di fumare, bere e mangiare; l’obbligo di indossare il camice e gli altri DPI (guanti, occhiali ecc.) ritenuti necessari in particolari operazioni; il divieto di conservare alimenti nei frigoriferi adibiti alla conservazione dei prodotti chimici ecc.;

- la gestione delle emergenze deve essere oggetto di apposite procedure con le quali si individuano le figure referenti, gli eventi più comuni ragionevolmente prevedibili, l’elenco dei comportamenti da mettere in atto in caso di pericolo e la descrizione delle modalità d’uso corretto dei presidi disponibili per gestire l’emergenza”.

 

Concludiamo ricordando che “pur considerando che le attività di laboratorio comportano l’uso solo di piccole quantità di prodotti chimici, con un’esposizione comunque discontinua nel tempo, si può prevedere la possibilità di monitorare periodicamente la concentrazione ambientale degli inquinanti aerodispersi. In alternativa si può ricorrere ad algoritmi o modelli matematici che permettono, attraverso l’assegnazione di un punteggio associato ai diversi fattori (pericolosità della sostanza, caratteristiche fisico-chimiche, frequenza e quantità d’uso, modalità di esposizione), di stabilire delle fasce di rischio in funzione delle quali calibrare gli interventi di prevenzione e protezione da mettere in atto”.

E dovrebbero essere infine progettati e realizzati percorsi di formazione specifica “a beneficio degli studenti che operano nei laboratori, coinvolgendo le professionalità presenti all’interno della scuola (insegnanti di chimica, di scienze e biologia, ecc.)”, con particolare rilevanza per la formazione mirata alla lettura delle SDS per la corretta manipolazione dei reagenti chimici.

 

 

INAIL - Consulenza Tecnica Accertamento Rischi e Prevenzione, “ Sicurezza e Benessere nelle scuole. Indagine sulla qualità dell’aria e sull’ergonomia”, a cura di Raffaella Giovinazzo, Emma Incocciati, Francesco Nappi, Roberto Piccioni, Diego Rughi (Direzione Generale, CONTARP), Silvia Amatucci, Federica Cipolloni (Consulenza Statistico Attuariale) e Francesco De Matteis (formato PDF, 20.88 MB).

 

 

Tiziano Menduto



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