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Valutazione dei rischi tramite Analytic Hierarchy Process

Tiziano Menduto

Autore: Tiziano Menduto

Categoria: Industria

17/06/2009

Una ricerca sulla valutazione dei rischi negli impianti industriali tramite Analytic Hierarchy Process (AHP) mostra i vantaggi di due nuovi procedimenti di quantificazione del rischio: valutano più parametri e sono più cautelativi.

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La valutazione del rischio rappresenta, come sappiamo, uno strumento fondamentale per permettere al datore di lavoro di conoscere tutti gli elementi che, in relazione alle modalità di svolgimento dell'attività o alle caratteristiche dell'ambiente di lavoro, potrebbero arrecare danni ai propri dipendenti.
Di Valutazione dei rischi negli impianti industriali tramite Analytic Hierarchy Process (AHP)”, a cura di Eleonora Bottani, Roberto Rizzo e Giuseppe Vignali dell’Università degli Studi di Parma, Dipartimento di Ingegneria Industriale.


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Nel documento si ricorda che “la nuova norma UNI EN ISO 14121-1:2007 (Sicurezza del macchinario - Valutazione del rischio - Parte 1: Principi) suggerisce di quantificare il rischio connesso ad un pericolo in base alla gravità delle possibili conseguenze, alla probabilità di accadimento dell’evento dannoso ed alla possibilità di evitare o limitare il danno, essendo quest’ultima riconducibile alla rapidità con cui si manifesta l’evento di rischio, la consapevolezza del rischio stesso e la possibilità di intervento umano”.
E tali indicazioni trovano una perfetta corrispondenza nel documento di valutazione dei rischi presente nel Decreto legislativo 81/2008 e introdotto già con il D.Lgs. 626/94.
 
Quello che si propone il lavoro è di “definire due approcci per la quantificazione dei rischi, entrambi basati sui criteri definiti dall’attuale normativa, nel rispetto della precedente norma UNI EN 1050:1998 (Sicurezza del macchinario - Principi per la valutazione del rischio), e sulla metodologia Analytic Hierarchy Process (AHP)”.
In particolare l’Analytic Hierarchy Process (AHP) è una “tecnica multicriterio, che scompone un problema decisionale in una struttura gerarchica, il cui primo livello rappresenta l’obiettivo del problema, mentre il secondo e gli eventuali livelli successivi costituiscono criteri e sottocriteri ritenuti rilevanti per il raggiungimento dell’obiettivo. All’ultimo livello si trovano le alternative del problema”.
 
Il confronto delle metodologie di quantificazione dei rischi sono applicate con riferimento ad un caso studio relativo alla sicurezza delle operazioni di montaggio e smontaggio di una macchina lavabottiglie di una linea di imbottigliamento per vetro a rendere e sono rapportate “al più tradizionale procedimento di calcolo della cifra di rischio (come la probabilità dell’evento dannoso per la magnitudo delle conseguenze)”.
 
I risultati della ricerca indicano che rispetto al tradizionale calcolo della cifra di rischio le metodologie proposte presentano due principali vantaggi:
 
- “entrambi i procedimenti consentono di valutare un maggior numero di parametri, permettendo, quindi, di rendere più completo il procedimento di valutazione del rischio”. Ad esempio tengono conto del parametro “possibilità di evitare o limitare il danno”, scomposto, a sua volta, in “rapidità con cui si manifesta l’evento di rischio”, “consapevolezza del rischio stesso” e “possibilità di intervento umano”.
- “i risultati forniti da entrambe le metodologie restituiscono un rischio maggiore di quello calcolato con la tradizionale cifra di rischio, risultando, quindi, più cautelative nella valutazione dei rischi”.
 
Valutazione dei rischi negli impianti industriali tramite Analytic Hierarchy Process (AHP)”, a cura di Eleonora Bottani, Roberto Rizzo e Giuseppe Vignali dell’Università degli Studi di Parma, Dipartimento di Ingegneria Industriale, in Prevenzione Oggi, volume 4, n.4 Ottobre – Dicembre 2008 (formato PDF, 357 kB)
  
 
Tiziano Menduto


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Rispondi Autore: Manuel Evangelisti - likes: 0
26/08/2014 (15:52:43)
Salve,
Trovo molto utile l'utilizzo di questa tecnica multicriteria, solo che non e' dubbia la scomposizione della possibilitá di evitare/limitare il danno in quanto la norma uni 1080:1998 attuale 12100:2010 non specifica quella suddivisione e come interpretare il fattore possibilitá di intervento (E3)??
Grazie
ME

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