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Sicurezza dei ponti: collaudo con tecniche giudiziarie o ingegneristiche?

Sicurezza dei ponti: collaudo con tecniche giudiziarie o ingegneristiche?
Redazione

Autore: Redazione

Categoria: Edilizia

06/02/2015

Un ponte deve essere sicuro non solo per chi lo collauda ma per chiunque dovrà utilizzarlo in seguito. Un commento che evidenzia che le “nuove tecniche giudiziarie” per il collaudo dei ponti non possono sostituire quelle ingegneristiche.

 
 
Ospitiamo e pubblichiamo un commento all’articolo “Le responsabilità per un infortunio con una macchina a nolo” a cura dell’ Ing. Massimo Trolli, ex dirigente Arpa Settore Verifiche Impiantistiche.
Invitiamo quindi i lettori a riprendere l’articolo prima di procedere con la lettura di quanto segue per una maggiore comprensione dell’argomento.
 

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Quando un ponte era una cosa seria: le nuove tecniche giudiziarie per il collaudo dei ponti sostituiscono quelle ingegneristiche!
I giudici che hanno emesso la sentenza in Cassazione Penale Sezione IV - Sentenza n. 25815 del 16 giugno 2014 (u. p. 11 febbraio 2014) -  Pres. Zecca – Est. Marinelli – P.M. Galli - Ric. C. P. e C. F., commentata e pubblicata il 2/2 u.s su Punto Sicuro, si sono spinti ben oltre alle competenze giuridiche in materia di valutazione delle responsabilità connesse alla tutela dell’incolumità dei lavoratori derivanti dai ruoli di progettista, appaltatore, datore di lavoro, direttore dei lavori e coordinatore per la sicurezza.
 
Adottando la tendenza che da molto tempo contraddistingue la gran parte di chi è deputato a far rispettare le regole secondo diritto civile e penale (ed in questo campo di carne al fuoco ce n’è davvero tanta!), i giudici della Corte di cassazione (ma ciò vale purtroppo in generale anche per quelli di I grado e di appello) si sono addentrati in un ambito prettamente tecnico che senz’altro esula dalla loro autorità. Hanno infatti individuato con ammirevole sicurezza (ma il termine da usarsi qui sarebbe invero un altro) le procedure tecnico/pratiche da applicare in occasione di un collaudo di un viadotto, ovvero di un ponte, ed hanno impartito a tutti una vera e propria lezione da “barone” universitario.
 
Senza tener conto della davvero fuorviante questione del nolo a caldo, ed a prescindere dalle responsabilità emerse nella vicenda del collaudo imputabili ad incompetenza professionale, ad evidenti lacune in materia di sicurezza e ad altre gravissime ragioni materiali e morali, le motivazioni tecniche addotte per ritenere infondati i ricorsi dei due personaggi già confermati colpevoli in corte d’appello, sono le seguenti.
Per uno (il progettista/appaltatore) perché “L’imputato avrebbe dovuto impedire, secondo la Sez. IV, che i conducenti degli automezzi si trattenessero a bordo degli stessi sul viadotto mentre altri vi affluivano ed evitare così una grave situazione di pericolo per l'incolumità delle persone che poi sono state travolte dal crollo.
Per l’altro (il direttore dei lavori, peraltro non presente durante il collaudo) per “non avere vigilato affinché fosse adottata quella misura di elementare prudenza consistente nel curare, prima dell'ingresso sul punto di ogni nuovo camion, che i conducenti di quelli che l'avevano preceduto si fossero allontanati dal ponte. Il direttore dei lavori pertanto (conclude la Corte suprema) doveva dirigere le maestranze durante le prove stesse e provvedere ad allontanarle immediatamente dal viadotto, secondo la buona prassi ingegneristica e la normale prudenza, dopo il posizionamento degli autocarri.
 
Le motivazioni di cui sopra mi hanno non solo sorpreso ma in qualche modo mortificato perché mi hanno fatto sentire relegato ad una condizione di Ingegnere Civile quanto meno obsoleta rispetto alla “buona prassi ingegneristica” che i giudici in questione hanno richiamato, prassi ben lontana da quella che ai miei tempi vigeva.
Forse la mia pericolosa lontananza dalle attuali regole da adottare nel collaudo dei ponti professate dai giudici è attribuibile ai molti anni trascorsi dal conseguimento della mia laurea in Ingegneria Civile, sez. TRASPORTI (cioè laurea specialistica in buona sostanza in costruzioni di strade e ponti per l’appunto), avvenuto quasi 40 anni fa.
Ma mi resta comunque difficile eliminare dalla mente il caro ricordo di quanto sosteneva il mio austero Professore universitario titolare della cattedra di “Costruzione di ponti” che, ben lungi dal venir considerato un “barone” nel senso negativo del termine, era da tutti stimato ed ammirato per competenza, esperienza ed autorevolezza nell’infondere nei propri allievi piacevolmente e profondamente i fondamenti di una materia tanto complessa quanto affascinante. Uno dei suoi canoni, ribadito fra l’altro nei numerosi suoi chiari testi universitari che hanno preso per mano illuminandoli molti progettisti di opere tanto rilevanti, era che “un ponte va calcolato una volta ma i calcoli debbono essere verificati per altre dieci volte ed ancora non basta” perché “un ponte DEVE rimanere in piedi non solo per chi l’ha realizzato ma per l’umanità”.
 
Orbene, le procedure divulgate dai giudici con la sentenza in questione mi hanno richiamato alcune puntuali esternazioni con cui durante le sue lezioni il Professore era solito scuoterci dall’intensità dei principi tecnici di cui ci faceva partecipi. Una sua frase in particolare, conseguenza delle sue notevoli esperienze di lavoro, mi è così viva che è come se Egli l’avesse appena pronunciata, nonostante il tempo trascorso che purtroppo mi fa supporre con dispiacere la sua dipartita.
“Nel collaudo di un ponte di cui voi sarete, come Ingegneri, per poco o per tanto responsabili, vi consiglio durante le operazione di carico coi mezzi pesanti appaiati ed in movimento non solo di esser presenti ma di porvi in mezzo a loro e nel bel mezzo della struttura perché, nel malaugurato caso il ponte non reggesse, nel crollo è meglio ci finiate anche voi!”
La frase immediatamente seguente a questa che aveva avuto il merito di riportare noi studenti, dagli asettici schemi concomitanti di carico, alla complessa realtà di un’opera difficilmente uguagliabile in importanza, era: “Come fareste infatti a sopportare il peso della morte di esseri umani ed il disonore causato da vostri errori?” Senz’altro altri tempi…
 
Qui il punto con cui la sentenza mi ha disorientato professionalmente: i carichi per il collaudo di un ponte ai miei tempi era previsto fossero dinamici ancorché statici in quanto gli effetti prodotti da carichi mobili sono, probabilmente anche oggi, alquanto diversi, ben più probanti ed articolati da quelli prodotti da carichi statici.
Non occupandomi più da molti anni professionalmente di costruzioni è possibile che le disposizioni tecniche vigenti concernenti il collaudo di un ponte siano davvero quelle dei giudici: predisporre sulla struttura dei carichi statici e non mobili costituiti sì da mezzi pesanti ma posizionati ad uno ad uno con l’allontanamento immediato degli autisti da ogni singolo mezzo appena raggiunta la posizione prestabilita, prima dell’ingresso sul ponte di un ennesimo mezzo.
 
C’è tuttavia qualcosa che non mi convince nelle disposizioni estremamente prudenziali dei giudici: come evitare l’infortunio mortale dell’ultimo autista andato a posizionare l’ultimo mezzo che potrebbe causare l’eventuale collasso strutturale del ponte, solitamente improvviso?
Ed ancora: si deve quindi ritenere sufficiente il solo collaudo “statico” perché il ponte sia dichiarato idoneo o occorrerà comunque anche un collaudo “dinamico” con tanto di mezzi pesanti appaiati in movimento congiuntamente alla “folla compatta” sui marciapiedi laterali, secondo la buona tecnica impartitaci dal beneamato Professore? O si lascerà ai futuri utenti del ponte la prova degli effetti dinamici complessivi su di esso? Le parole della sentenza paiono non escludere tale eventualità o, peggio, paiono non prenderla nemmeno in considerazione.
 
A ragion di logica quindi dovrebbe esser effettuato dall’apparato collaudatore anche il collaudo dinamico dopo quello statico, sempre che quest’ultimo si sia risolto con esito positivo, e si tornerebbe così al punto di partenza in merito alla sicurezza degli autisti. Quali procedure potrebbero essere in tal caso sentenziate dai giudici?
Tenendo conto dell’evoluzione della tecnica una soluzione potrebbe essere quella di far transitare i carichi mobili sul ponte da collaudare tramite robot radiocomandati ma temo che tale soluzione non sia di facile esecuzione e soprattutto non sia alla portata di tutti, soprattutto di persone che preferiscono star lontane nei giorni in cui si collauda un viadotto od un ponte che dir si voglia. Magari quelle persone preferiscono assistervi con un drone. Ma questo il mio esimio Professore non poteva nemmeno immaginarselo…
 
Ing. Massimo Trolli




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Rispondi Autore: Harleysta - likes: 0
06/02/2015 (08:24:42)
...scusate ma quante chiacchiere, i manufatti progettati e costruiti dai nostri nonni sono ancora in "piedi"; basti vedere le opere del ventennio. in compenso oggi ci sono mille professionisti, progetti computerizzati, tonnellate di carta dove ognuno si "esprime", tecnologie/materiali innovativi e tutto crolla o va sottoposto a manutenzioni costose in tempi ravvicinati...
Rispondi Autore: Pier Giorgio ing. Confente - likes: 0
06/02/2015 (09:10:37)
purtroppo non solo la "politica" si è ritirata dietro il "comodo sipario del magistrato" ma anche la scienza e la tecnica!
In presenza di un fallimento tecnico invece che analizzare il perchè con pazienza si va solo a cercare il responsabile!
Questo evita il progresso tecnico e scientifico, che procede anche dall'esame dei fallimenti, ma impedisce di socializzare tra gli addetti ai lavori il motivo del fallimento.
Dobbiamo cambiare mentalità ed ogni una deve fare la sua parte rispettando le altre!
Rispondi Autore: MB - likes: 0
06/02/2015 (09:50:39)
concordo pienamente... credo che ogni sentenza troppo spinta nel merito di questioni tecniche sia, già a prescindere, un'occasione persa di umiltà e buon senso....
Rispondi Autore: urbano valentini - likes: 0
06/02/2015 (10:39:44)
Le tecniche giudiziarie non possono sostitutire quelle ingegneristiche può essere una bella affermazione ma questa sentenza, alla fine di un processo, dice cose molto gravi. Tra le altro: " la condotta appariva dissonante dalle regole di buona prassi ingegneristica e comunque priva di ogni elementare ed esigibile regola di prudenza" ed ancora " le prove di carico espletate prima della completa ultimazione dell'opera", " con l'utilizzo di calcoli non coerenti alla realtà dei lavoro compiuti", ecc. I giudici si intrometteranno ma arrivano a delle conclusioni constatando cose gravi dal punto di vista della tecnica costruttiva. E' questo su cui riflettere, penso.
Rispondi Autore: FB - likes: 0
06/02/2015 (11:10:49)
Purtroppo in ogni campo tecnico dobbiamo ormai fare i conti con la deriva giustizialista di magistrati che esulano dal loro campo, che dovrebbe essere quello del giudizio supportato da elementi oggettivi e non quello di definire buone prassi. Ne abbiamo avuto un assaggio con il processo per il terremoto dell'Aquila, che ha fatto sghignazzare l'intera comunità tecnico-scientifica mondiale.
Entrando nel merito della sentenza posso essere d'accordo sul fatto che vi possano essere state gravi imprudenze e violazioni (ho il sospetto che ci si riferisca ad un caso avvenuto qualche anno fa nella mia provincia della Lombardia profonda ove si stava costruendo una strada diretta verso una amena valle alpina), ma il problema è che la deriva del potere giudiziario ci sta portando a fare prevenzione più nella forma che nella sostanza.
Rispondi Autore: DM - likes: 0
06/02/2015 (13:17:36)
Un breve riepilogo per chiarirmi le idee
Si fa un collaudo statico con dei camion per verificare se un ponte regge
Si fanno rimanere gli autisti sui camion presumibilmente per guadagnare tempo e perchè si è sicuri che il ponte regge ma dobbiamo fare la verifica perchè "così dice la normativa burocratica"
Il ponte crolla e "fortunatamente" muore solo un lavoratore e altri rimangono feriti
Abbiamo un articolo di un ex dirigente pubblico che ci riporta anche il parere di un professore di altri tempi che diceva che se il ponte non reggeva era meglio che l'ingegnere venisse travolto per prima
Abbiamo tanti indignatos contro i magistrati che cercao di dare giustizia alle vittime e qualcuno aggiunge alle risate di chi speculava sul disastro dell'Aquila le risate contro i magistrati che hanno cercato di colpire alcuni scienziati o sottomessisi magari involontariamente alla volontà politica o poco esperti in comunicazione
Domanda: ma stiamo parlando di tutela della salute e della sicurezza o siamo su scherzi a parte?
Rispondi Autore: urbano valentini - likes: 0
06/02/2015 (13:36:35)
Il mio intento era quello di focalizzare l'attenzione sui fatti oggetto della sentenza, che riguardano i tecnici e non sull'operato dei giudici.
saluti
Rispondi Autore: carmelo catanoso - likes: 0
06/02/2015 (20:41:05)
Parlando in generale, va ricordato che i Giudici Monocratici di I° grado (GUP) arrivano a delle conclusioni anche e soprattutto sulla base delle perizie fatte dai consulenti tecnici del PM, delle Parti Civili ed, eventualmente dei propri consulenti tecnici sentendo anche le controdeduzioni del CT degli imputati.

Evidentemente le tesi accusatorie sono state sostenute da oggettive evidenze tecniche o, almeno, ritenute tali dai Giudici di I grado e di Appello.
La Cassazione ha a sua volta respinto i ricorsi degli imputati.

Sappiamo bene che, come in tutte le categorie professionali, ci sono consulenti tecnici più o meno capaci.
Al netto delle competenze, va detto che se in due gradi di giudizio non si è riusciti a scardinare le tesi accusatorie, allora è evidente che
- c'erano palesi responsabilità degli imputati oppure
- la stretegia difensiva scelta dalle difese degli imputati è stata sbagliata.

Vie di mezzo, purtroppo, non ce ne sono.

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