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Imparare dagli errori: infortuni mortali nella riparazione di tetti

Imparare dagli errori: infortuni mortali nella riparazione di tetti
Tiziano Menduto

Autore: Tiziano Menduto

Categoria: Imparare dagli errori

20/10/2016

Esempi di infortuni tratti da Suva: un infortunio grave avvenuto durante attività di riparazione di un tetto di un capannone. La dinamica dell’incidente, le riflessioni sulle cause, le superfici non resistenti alla rottura e le regole di prevenzione.


Brescia, 20 Ott – In queste ultime settimane “Imparare dagli errori”, la rubrica di PuntoSicuro dedicata al racconto e all’analisi degli infortuni lavorativi, si è soffermata sulle conseguenze dell’ assenza di DPI, come il casco o i guanti, o di cattive prassi nelle attività di saldatura.

Tuttavia con questa rubrica cerchiamo anche di mantenere alta l’attenzione su una delle principali cause in Italia degli infortuni mortali, le cadute dall’alto, con particolare riferimento al comparto delle costruzioni.

 

Per farlo ci dedichiamo oggi alla presentazione di una scheda di un infortunio, avvenuto in territorio elvetico, pubblicata sul sito di Suva, istituto svizzero per l'assicurazione e la prevenzione degli infortuni, e correlata alla campagna “ Visione 250 vite”.

Una scheda sui rischi nelle attività su coperture, già affrontati in altre puntate della rubrica, ma che in questo caso fa riferimento specifico all’attività professionale di lavoro, particolarmente diffusa in territorio elvetico, del copritetto. Ricordiamo che il copritetto generalmente si occupa della copertura di tetti mediante tegole di laterizio, di ardesia o di altre rocce, di legno, di metallo o di fibra di cemento, ecc. E si occupa spesso anche di altri aspetti relativi al tetto, ad esempio l’isolazione fonica e termica.

 

La scheda – dal titolo “Riparazione fatale per un copritetto” - racconta di un infortunio mortale avvenuto per una caduta attraverso il tetto di un capannone.



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Il caso

Un lavoratore, copritetto qualificato, deve riparare, assieme ad un collega, il tetto di un capannone. I due operai “vogliono lavorare sulla copertura (realizzata in lastre ondulate di fibrocemento) con un dispositivo anticaduta a fune. Riescono a fissare la fune di sicurezza solo a un camino sul colmo del tetto.

Si scopre però che la fune è troppo corta e che non arriva fino al punto in cui bisogna eseguire la riparazione. Per questo motivo, alla fine decidono di lavorare senza alcun dispositivo di protezione.

I due operai appoggiano le tavole da ponte sul tetto che non è resistente alla rottura. Rimuovono i pannelli difettosi e tolgono la lana di roccia dai pannelli isolanti sottostanti”. All’improvviso il copritetto perde l’equilibrio e mette il piede su un pannello isolante che cede.

Il copritetto “fa un volo di 13m e finisce sul pavimento del capannone”.

 

Perché l’incidente è avvenuto?

La scheda di Suva indica che:

 

1. il datore di lavoro del copritetto “non ha chiarito quali misure di protezione erano necessarie per svolgere quella riparazione. Per questo motivo i suoi dipendenti non avevano con sé gli strumenti giusti per la loro messa in sicurezza. Il datore di lavoro è responsabile della sicurezza dei propri dipendenti e deve fare in modo che per ogni incarico di lavoro siano adottate le necessarie misure di sicurezza;

2. non avendo a disposizione il materiale giusto, i due operai decidono di non usare i dispositivi anticaduta”: avrebbero “dovuto dire STOP e non svolgere i lavori senza i dispositivi anticaduta”;

3. il copritetto “mette il piede accidentalmente su un pannello isolante non resistente. Non essendo fissato a una fune di sicurezza, sfonda la copertura del capannone. Mettere un piede su un pannello ondulato avrebbe avuto le stesse conseguenze. I tetti con superfici non resistenti alla rottura rappresentano sempre un pericolo mortale e pertanto non andrebbero più realizzati”.

 

Dunque, riepilogando, questi sono i principali fattori causali dell’infortunio:

- il titolare della ditta di copertura non chiarisce quali sono le misure di sicurezza necessarie per quell’incarico;

- i copritetto non dispongono di materiale adeguato per la loro messa in sicurezza e rinunciano del tutto a usare i DPI anticaduta;

- il tetto di per sé non è resistente alla rottura e non deve essere percorso senza adottare ulteriori misure di sicurezza. La lana di roccia non è un materiale di per sé resistente e quindi cede nel momento” in cui un lavoratore ci cammina sopra per sbaglio”.

 

Prevenzione

Per favorire la prevenzione degli infortuni correlati all’attività sulle coperture degli edifici, la scheda propone degli approfondimenti tratti dal documento “Nove regole vitali per chi lavora su tetti e facciate”. 

 

Ricordiamo brevemente le regole

Regola1 - Realizzare accessi sicuri

Regola 2 - Mettere in sicurezza le zone con rischio caduta

Regola 3 - Impedire le cadute verso l’interno dell’edificio

Regola 4 - Mettere in sicurezza le aperture nel tetto

Regola 5 - Garantire superfici di copertura resistenti alla rottura (regola rilevante per il caso in questione)

Regola 6 - Lavorare sulle facciate solo con attrezzature sicure

Regola 7 - Ispezionare i ponteggi

Regola 8 - Utilizzare correttamente le imbracature anticaduta (regola rilevante per il caso in questione)

Regola 9 - Proteggersi dalle polveri di amianto

 

Ci soffermiamo sulla quinta regola – già segnalata in altre puntate di “ Imparare dagli errori” – che ricorda che è necessario lavorare “solo su superfici di copertura resistenti alla rottura”. La scheda, che fa riferimento ad un Ordinanza elvetica sui lavori di costruzione, indica che “è vietato lavorare su superfici di copertura non resistenti alla rottura”. Si può lavorare solo “se è stato accertato con sicurezza che si tratta di coperture resistenti alla rottura. Se la copertura non è totalmente resistente alla rottura, è necessario adottare adeguate misure di sicurezza”.

In particolare - indica la scheda elvetica - i seguenti materiali non sono considerati resistenti alla rottura:

- “ lastre ondulate in fibrocemento;

-  lucernari ‘Shed’ o a pannelli in materiale plastico (ad es. policarbonato);

- lucernari a cupola in materiale plastico (ad es. policarbonato);

- pannelli in fibra di legno e pannelli in legno-cemento usati spesso nella sottocopertura del tetto”.

 

Si ricordano, infine, anche le misure antisfondamento che possono essere applicate.

Ad esempio:

- “montaggio di reti di sicurezza al di sotto della copertura;

- realizzare un piano di calpestio portante sulla superficie del tetto con una protezione laterale totale;

- passerelle portanti con parapetto su entrambi i lati”.

 

Infine qualche cenno alla ottava regola: “lavoriamo con le imbracature anticaduta solo se abbiamo ricevuto una formazione in materia”.

 

Innanzitutto si indica che i sistemi di protezione collettiva come protezioni laterali, reti di sicurezza o ponteggi per facciate “devono avere la priorità rispetto ai DPI anticaduta. In questo modo tutte le persone presenti sul tetto sono protette allo stesso modo”.

È poi necessario stabilire i lavori che implicano l’uso dei DPI anticaduta. E per usarli correttamente è necessaria un’idonea formazione: “chi lavora con i DPI anticaduta, deve potersi fidare ciecamente e sapere come funzionano esattamente” e quali eventuali limiti possono avere o come affrontare un’eventuale caduta con l’imbracatura.

 

In conclusione segnaliamo ai nostri lettori alcuni articoli sulla prevenzione dei lavori in quota e su coperture con riferimento a quanto contenuto nelle nostre leggi di tutela della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro:

- Definizioni, chiarimenti e normativa sui lavori in quota;

- La sicurezza nei percorsi di accesso alle coperture;

- Una lista di controllo per la sicurezza nei cantieri edili;

- La prevenzione delle cadute da lucernari, tetti e coperture;

- Imparare dagli errori: i rischi dei lavori sulle coperture;

- Imparare dagli errori: morire sul lavoro cadendo dal tetto;

- Sicurezza in edilizia: lucernari, parapetti e bocche di lupo;

- Dispositivi di protezione anticaduta e D.Lgs. 81/2008.

 

 

N.B.: Gli eventuali riferimenti legislativi contenuti nei documenti di Suva riguardano la realtà svizzera, i suggerimenti indicati possono comunque essere utili per tutti i lavoratori.

 

 

Suva, “ Riparazione fatale per un copritetto”, dinamica di un incidente correlata alla campagna elvetica “Visione 250 vite” (formato PDF, 1.16 MB).

 

Suva, “ Nove regole vitali per chi lavora su tetti e facciate. Vademecum”,  edizione maggio 2012 (formato PDF, 1.61 MB).

 

 

Tiziano Menduto



Creative Commons License Questo articolo è pubblicato sotto una Licenza Creative Commons.
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Rispondi Autore: Federico Trolese - likes: 0
20/10/2016 (07:23:23)
Aggiungerei un'altra regola, che definirei essenziale, quella di predisporre le azioni da intraprendere in caso di emergenza. Durante le lavorazioni sui tetti, nonostante siano state valutate le condizioni di sicurezza e poste in essere tutte le protezioni necessarie, potrebbe accadere l'imprevisto ...... La squadra di emergenza di cantiere in coordinamento con quella della committente sono in grado di gestire il recupero di un lavoro rimasto appeso nel vuoto, il cantiere è provvisto di kit di emergenza per recupero del malcapitato? L'imbracatura utilizzata permette un agevole recupero dell'infortunato? O non ha agganci sufficienti per il recupero? L'infortunato ha meno di quindici minuti per non riportare danni permanenti causati da compressione dell'imbracatura, anche se i soccorsi esterni sono celeri un intervento adeguato della squadra di emergenza interno risulta provvidenziale
Rispondi Autore: Vincenzo Lopes - likes: 0
23/10/2016 (11:37:11)
Sono pienamente d'accordo con Federico, anch'io mi sono espresso in tal senso in quanto la normativa non riporta specifiche direttive di attuazione per le emergenze nei lavori in copertura. Ciò presumo a causa delle possibili variabili connesse allo stato dei luoghi, che richiedono maggiore attenzione da parte del legislatore.

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