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Limiti e poteri di intervento del Giudice nel caso di carenze dell’organo di vigilanza

Gerardo Porreca

Autore: Gerardo Porreca

Categoria: Banche e vigilanza

14/02/2008

Sentenze sui limiti e poteri del giudice di sopperire a delle carenze dell’organo di vigilanza in merito alla applicazione delle procedure di estinzione dei reati in materia di sicurezza sul lavoro e di previdenza sociale. A cura di G. Porreca.

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Commento a cura di Gerardo Porreca (www.porreca.it).
 
Si registrano due sentenze della Corte di Cassazione nelle quali si riscontrano due diverse espressioni in merito ai poteri che il Giudice del Tribunale ha di sopperire a delle carenze dell’organo di vigilanza nell’applicazione delle procedure di estinzione dei reati in materia di sicurezza sul lavoro di cui al D. Lgs. n. 758/1994 e di previdenza sociale e di lavoro di cui al D. Lgs. n. 124/2004.
 
Con la prima sentenza, la n. 34900 del 17/9/2007 della Sez. III è stato confermato un indirizzo già fornito più volte in passato dalla Corte di Cassazione circa la improcedibilità dell’azione penale nel caso in cui l’organo di vigilanza non abbia impartita, in presenza di contravvenzioni, la prescrizione obbligatoria prevista dalle disposizioni di legge e nel caso che il contravventore non sia stato ammesso al pagamento della sanzione ridotta. Nel caso in esame il ricorso alla Corte di Cassazione è stato attivato dal Pubblico Ministero il quale in primo grado aveva chiesto al Giudice, sulla base di alcune indicazioni fornite in precedenza dalla stessa Corte di Cassazione, di sospendere il procedimento e di attivarsi per chiedere al contravventore di provvedere al versamento della sanzione ridotta, condizione necessaria per l’estinzione del reato.
 
È la prima volta che la Corte di Cassazione prende atto con questa sentenza che la prescrizione obbligatoria, secondo le indicazioni fornite dall’art. 15 del citato D. Lgs. n. 124/2004, va applicata anche nelle ipotesi in cui la fattispecie sia a “condotta esaurita”  ovvero nella ipotesi in cui il trasgressore abbia autonomamente provveduto ad adempiere agli obblighi di legge sanzionati precedentemente alla emanazione della prescrizione medesima, rivedendo in pratica la propria posizione più volte espressa in passato sulla esclusione della prescrizione in presenza di reati istantanei.
 
Il caso all’esame riguarda un datore di lavoro denunciato per il reato di cui all’art. 8 comma 1 della Legge 17/10/1967 n. 977 per avere occupato lavoratori minorenni senza fare loro effettuare la visita medica preventiva o per averla fatta effettuare in ritardo. Il Tribunale in primo grado aveva dichiarato di non doversi procedere nei confronti del contravventore  per mancanza della condizione di procedibilità prevista dall’art. 15 del D. Lgs. n. 124/2004 e dall’art. 21 del D. Lgs. n. 758/1994 in quanto non era mai stata notificata all'imputata la prevista prescrizione e non erano state seguite le procedure di cui agli artt. 20 e 21 del D. Lgs. n. 758/1994.
 
Avverso la dichiarazione di non procedibilità da parte del Giudice del Tribunale il Pubblico Ministero proponeva ricorso alla Corte di Cassazione sostenendo che il Giudice avrebbe dovuto sospendere il processo, anche in assenza della richiesta dello stesso P. M., e concedere d'ufficio all’imputato un termine per il pagamento della sanzione amministrativa. La Corte di Cassazione non si è detta d’accordo però con il Pubblico Ministero ed ha rigettato il ricorso richiamando le disposizioni contenute nel D. Lgs. 124/2004 sulla razionalizzazione delle funzioni ispettive in materia di previdenza sociale e di lavoro in base alle quali qualora il personale ispettivo rilevi violazioni di carattere penale, punite con la pena alternativa dell'arresto o dell'ammenda ovvero con la sola ammenda, deve impartire al contravventore una apposita prescrizione obbligatoria, ai sensi degli artt. 21 e 22 del D. Lgs. n. 758/1994 e per gli effetti degli artt. 23, 24 e 25, comma 1, del D. Lgs. n. 124/2004, fissando un termine per la regolarizzazione.
 
La Sezione III ha inoltre rammentato che, nel caso di adempimento, l'organo di vigilanza deve ammettere il contravventore a pagare, nel termine di trenta giorni, una sanzione amministrativa pari al quarto del massimo dell'ammenda stabilita per la contravvenzione commessa e quindi, entro 120 giorni dalla scadenza del termine fissato nella prescrizione, deve comunicare al pubblico ministero l'adempimento alla prescrizione e l'eventuale pagamento della sanzione amministrativa, mentre nel caso di inadempimento alla prescrizione l’organo di vigilanza deve darne comunicazione al Pubblico Ministero entro 90 giorni. La stessa Sez. III ha inoltre ribadito che secondo quanto disposto dall’art. 23 il procedimento penale deve essere sospeso fino al momento in cui il Pubblico Ministero non riceve dall'organo di vigilanza la comunicazione che il contravventore abbia adempiuto o meno alla prescrizione ed abbia pagato o meno la sanzione amministrativa e che secondo l’articolo 24 poi la contravvenzione si estingue se il contravventore adempie alla prescrizione impartita dall'organo di vigilanza nel termine ivi fissato e provvede a pagare nel termine stabilito la sanzione amministrativa.
 
In questa sentenza la suprema Corte ha quindi messo in rilievo che il citato D. Lgs. n. 124/2004 con l’art. 15 comma 3 ha disposto che la procedura di estinzione “si applica anche: a) nelle ipotesi in cui la fattispecie è a condotta esaurita, ovvero; b) nelle ipotesi in cui il trasgressore abbia autonomamente provveduto all'adempimento degli obblighi di legge sanzionati precedentemente all'emanazione della prescrizione” ed ha preso atto ancora che “a seguito della modifica legislativa, è ormai superata la giurisprudenza di questa Corte che aveva ritenuto non applicabile la procedura di estinzione delle contravvenzioni di cui al Decreto Legislativo n. 758 del 1994 articolo 20 e segg. nelle ipotesi di reati istantanei già perfezionatisi (sez. 3, 4 novembre 2005, n. 47228, Greco, m. 233190) o nelle ipotesi in cui l'organo di vigilanza non abbia impartito al contravventore alcuna prescrizione, per la già avvenuta spontanea regolarizzazione (sez. 3, 1 febbraio 2005, n. 9474, Pesciaroli, m. 231217). La finalità dell'istituto, infatti,” - prosegue la Sez. III - “non può più essere individuata solo nello scopo di interrompere l'illegalità e di ricreare le condizioni di sicurezza previste dalla normativa a tutela dei lavoratori (cfr. sez. 3, 4 novembre 2005, n. 47228, Greco, cit.), ma altresì in quello di permettere in via generale l'estinzione amministrativa del reato, anche quando non vi sono regolarizzazioni da effettuare perché il reato è istantaneo o perché la regolarizzazione è già spontaneamente avvenuta”.
 
La Sez. III ha quindi concluso ritenendo corretta la decisione assunta dal Tribunale in quanto nel caso in esame non era stata seguita dagli ispettori del lavoro la procedura obbligatoria prevista dalle disposizioni di legge per non essere stata inviata all'imputato la prescrizione e comunque l'invito a pagare la somma prevista come sanzione amministrativa e idonea a determinare l'estinzione del reato.
 
Nel lamentarsi che il Giudice del Tribunale non aveva nel caso in esame ritenuto di intervenire per attivare la procedura di estinzione ma aveva invece dichiarato la improcedibilità del procedimento, il Pubblico Ministero ricorrente ha richiamato alla Sez. III della Corte di Cassazione una decisione di senso inverso presa dalla stessa in occasione della sentenza n. 6331 del 17 febbraio 2006 Pres. Papadia.
 
 
 
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Il caso di cui a questa seconda sentenza riguardava un responsabile di una ditta che, avendo contravvenuto ad alcune norme di sicurezza, ottemperava alle prescrizioni imposte dall’organo di vigilanza e provvedeva al pagamento della sanzione amministrativa sicché veniva dichiarata nei suoi confronti la non procedibilità dell’azione penale. Nell’ambito del procedimento però emergeva la responsabilità anche di due suoi fratelli nei confronti dei quali il Giudice procedeva penalmente senza attivare tempestivamente le procedure ex D. Lgs. n. 758/1994. Il Giudice sospendeva pertanto il procedimento invitando gli interessati a provvedere al pagamento della sanzione amministrativa onde beneficiare della improcedibilità penale ma, non avendo questi provveduto, venivano condannati dal Tribunale.
In quella occasione la Sezione III, nel rigettare il ricorso degli imputati che invocavano la mancata attivazione delle procedure di estinzione del reato richieste dalla legge, aveva modo di affermare che “rientra nel potere del giudice del dibattimento – una volta verificata la omessa comunicazione agli interessati della facoltà di provvedere al pagamento della sanzione amministrativa – concedere un termine, sospendendo il processo, trattandosi di un istituto di procedibilità a beneficio dell’indagato non vincolato necessariamente all’iniziativa del P. M. ed alla fase preliminare del giudizio” e di aggiungere inoltre che “sarebbe illogico e contrario alle esigenze di economia processuale annullare un provvedimento giurisdizionale di merito per provvedere ex post al pagamento di una sanzione amministrativa a cui si poteva provvedere  nel corso del giudizio prima della sua conclusione”.
 
Nella sentenza in esame, però, la stessa Sezione III non ha condiviso la decisione contenuta nella precedente sentenza n. 6331 del 20 gennaio 2006 affermando che “non si vede in base a quale principio o norma legislativa il giudice potrebbe, di sua iniziativa, concedere un termine per il pagamento ed in tal modo rendere valida e procedibile una azione penale che non avrebbe potuto essere esercitata. D'altra parte, nemmeno si vede perché questa soluzione dovrebbe trovare applicazione solo nel caso in cui la pubblica amministrazione abbia omesso di intimare il pagamento della sanzione amministrativa e non anche quando abbia omesso di effettuare le prescrizioni per la regolarizzazione.
È però evidente che non potrebbe essere il giudice a dare le prescrizioni di merito, trattandosi di attività riservata all'apprezzamento discrezionale della pubblica amministrazione, il che appunto conferma la mancanza di fondamento normativo della tesi in esame” e facendo presente in secondo luogo che la richiamata sentenza “ha soltanto ritenuto legittima la concessione da parte del giudice del dibattimento di un termine per pagare la sanzione amministrativa, ma non ha certamente affermato che il giudice dovrebbe obbligatoriamente sostituirsi alla pubblica amministrazione e concedere tale termine. Pertanto, anche se si volesse condividere la soluzione adottata dalla detta decisione, in nessun caso potrebbe censurarsi la sentenza impugnata solo perché nella specie il giudice non ha invece ritenuto di concedere il detto termine per il pagamento dichiarando - del tutto correttamente - improcedibile l'azione penale”.
 


 
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