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La tutela della salute e sicurezza dei lavoratori italiani all’estero

Redazione

Autore: Redazione

Categoria: Medico competente

06/07/2012

In un mercato globale sempre più spesso le imprese operano con propri lavoratori oltre i confini nazionali. La gestione dei lavoratori italiani all’estero, la sorveglianza sanitaria, i rapporti di lavoro, le leggi di tutela e i giudizi di idoneità.

Torino, 6 Lug – In questi ultimi anni la globalizzazione e l’allargamento dei mercati hanno portato molte imprese ad operare oltre i confini nazionali e a utilizzare in vari paesi, in maniera più o meno stabile e con contratti diversi, propri lavoratori.
In questa situazione sono applicate, per la tutela della salute e sicurezza dei lavoratori all’estero, leggi nazionali, direttive e regolamenti dell’Unione Europea, a volte integrate o sostituite da convenzioni internazionali.
Ricordiamo a questo proposito che da qualche mese, dal 22 maggio 2012, è entrato in vigore il Decreto ministeriale n. 51 del 16 febbraio 2012, “Regolamento recante disposizioni in materia di tutela della salute e della sicurezza degli uffici all'estero ai sensi dell'articolo 3, comma 2, del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81”. Decreto che si applica agli uffici all'estero - incluse le unità tecniche locali in quanto articolazioni degli stessi uffici - con riferimento, ad esempio, a rappresentanze diplomatiche, uffici consolari e istituti italiani di cultura.
 
 
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Dei problemi relativi alla tutela dei lavoratori italiani impegnati all’estero si sono occupati diverse relazioni e comunicazioni presentate al 74° Congresso Nazionale SIMLII2011 - Dall’Unità d’Italia al Villaggio Globale. La Medicina del Lavoro di fronte alla globalizzazione delle conoscenze, delle regole, del mercato” (Torino, 16-19 novembre 2011), pubblicate sul numero di luglio/settembre 2011 del Giornale Italiano di Medicina del Lavoro ed Ergonomia.
 
Nella relazione “La gestione dei lavoratori italiani all’estero” - a cura di Paolo Bianco (Servizio Sanitario Aziendale, Rai Radiotelevisione Italiana), Vincenzo Nicosia (Servizio Medico SAIPEM S.p.A.), Roberto Ieraci (Travel Clinic, Diagnosi e Cura delle Malattie del Viaggiatore, ASL RME) e Vincenza Anzelmo (Istituto di Medicina del Lavoro, Università Cattolica del Sacro Cuore, Roma) – si sottolinea che negli ultimi venti anni i viaggi all’estero per lavoro sono sensibilmente aumentati. In Italia non riguardano più solo le grandi imprese, ma anche piccole e medie imprese coinvolte nel processo di globalizzazione dei mercati.
 
Ne consegue dunque la necessità di avere la disponibilità di strumenti preventivi standardizzati per la tutela dei lavoratori-viaggiatori, ad esempio con riferimento a “modelli di valutazione del rischio che tengano conto dei fattori di rischio aggiuntivi correlati all’area geografica ed in particolare del rischio biologico”.
La sorveglianza sanitaria di questi lavoratori “richiede innanzitutto un’organizzazione aziendale che coinvolga le componenti interessate alla strategia preventiva: medico del lavoro e/o servizio sanitario aziendale, servizio di prevenzione e protezione, settori coinvolti nell’attività lavorativa all’estero e nella predisposizione del viaggio, travel clinic e altre istituzioni sanitarie pubbliche. Devono essere definiti percorsi e flussi codificati da inserire nei programmi di sorveglianza sanitaria. Queste procedure devono essere adeguate alle reali necessità e alle dimensioni del lavoro all’estero presente in azienda”.
 
La relazione offre diversi suggerimenti in merito alla metodologia e alle fasi applicative della sorveglianza sanitaria. Fasi applicative che possono essere differenziate in due fasi principali:
-  “prima del viaggio, nella quale si susseguono tappe codificate anche dalle linee guida SIMLII;
-al rientro del viaggio, dove si differenziano i percorsi per i soggetti asintomatici e sintomatici”.
Gli autori si soffermano anche sul giudizio di idoneità a svolgere la mansione all’estero, giudizio che “deve essere parametrato alle due variabili fondamentali rappresentate dall’itinerario/destinazione del viaggio e dalle condizioni di salute di chi viaggia”.
 
La relazione si conclude ricordando che se la sorveglianza sanitaria per questo settore lavorativo “risulta complessa e articolata per le numerose variabili presenti rispetto al comparto di appartenenza”, tuttavia “un’adeguata metodologia applicativa consente di attuare interventi preventivi che rappresentano gli strumenti di tutela del lavoratore-viaggiatore. I criteri generali attualmente disponibili permettono adattamenti alle diversificate realtà produttive”.
 
Di lavoratori all’estero si parla anche nella comunicazione dal titolo “Tutela sanitaria dei lavoratori italiani all’estero: complessa e differenziata, ma comunque garantita”, a cura di Luigi Di Lorenzo, Marisa Corfiati e Filippo Cassano  (Dipartimento di Medicina Interna e Medicina Pubblica, Università degli studi di Bari).
 
La comunicazione ribadisce che i contratti che regolano il lavoro italiano all’estero “sono giuridicamente diversi” e comportano l’applicazione di diverse leggi nazionali, direttive, regolamenti dell’Unione Europea e convenzioni internazionali. E vi sono anche Paesi extracomunitari “che hanno una sensibilità verso la salute e sicurezza dei lavoratori piuttosto diversa da quella dell’UE e con i quali non sono state al momento stipulate convenzioni o accordi su queste tematiche”.
Si ricorda che la Società Italiana di Medicina del Lavoro e Igiene industriale ha “opportunamente elaborato utili indicazioni metodologiche e operative sulla sorveglianza sanitaria di questi lavoratori, con particolare riferimento alla profilassi vaccinale, ai disturbi del viaggio, alle patologie capaci di controindicare l’idoneità al lavoro all’estero”. E la “conoscenza delle normative applicabili al  Legislazione in materia di tutela della salute e sicurezza dei lavoratori in base alle caratteristiche contrattuali di lavoro all’estero” è necessaria per definire ruoli e modalità di effettuazione della sorveglianza sanitaria.
 
La comunicazione si sofferma in particolare sulla legislazione in materia di tutela della salute e sicurezza dei lavoratori in base alle caratteristiche contrattuali di lavoro all’estero. Ad esempio con riferimento ai:
-rapporti di lavoro a transnazionalità originaria (“la condizione di transnazionalità può essere presente sin dall’inizio del rapporto di lavoro in quanto le parti stabiliscono, già in fase di stipula contrattuale, che l’esecuzione della prestazione lavorativa dovrà avvenire stabilmente in un Paese estero”);
-rapporti di lavoro a transnazionalità acquisita (“il carattere transnazionale della prestazione lavorativa subentra successivamente all’instaurarsi del rapporto di lavoro e il lavoro si svolge all’estero per periodi più o meno lunghi e talvolta ripetuti, in base alle esigenze aziendali”).
Si sofferma inoltre sulla legislazione in tema di tutela previdenziale contro gli infortuni e le malattie professionali e sulle ricadute sulla sorveglianza sanitaria dei lavoratori all’estero.
 
Questi alcuni elementi rilevati nella comunicazione:
- nei contratti a transnazionalità originaria “le parti scelgono la normativa da applicare, comunque nel rispetto di standard minimi di tutela della salute dei lavoratori”;
- “per il lavoro in Paesi extracomunitari è richiesta inoltre un’autorizzazione del Ministero del Lavoro vincolata alla garanzia di condizioni minime di tutela;
- “i lavoratori distaccati in Paesi dell’UE devono ricevere la stessa tutela garantita da leggi, regolamenti, contratti collettivi o arbitrati ai lavoratori residenti”;
- “la sorveglianza sanitaria dei lavoratori assunti o trasferiti all’estero è effettuata da medici del lavoro attivi nel Paese ospitante”;
- “i lavoratori in trasferta sono sottoposti a sorveglianza sanitaria dal medico competente (MC) italiano. Il sopralluogo all’estero potrebbe essere effettuato dal MC mediante sistemi audiovisivi elettronici, riservando la visita diretta a casi particolari”.
 
La comunicazione si conclude ricordando che se la tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori italiani all’estero è ampiamente garantita, la mancanza di uno specifico ”Testo Unico” sulla tutela prevenzionistica e previdenziale dei lavoratori “richiede ai datori di lavoro la conoscenza delle diverse normative vigenti, già al momento della stipula del contratto con il lavoratore che, a sua volta, deve esserne adeguatamente informato”. E anche il medico competente, per quanto di suo interesse, “deve approfondire queste tematiche, necessarie per svolgere responsabilmente il suo compito nei confronti di un gruppo di lavoratori sempre più numeroso e con caratteristiche contrattuali molto eterogenee, anche al fine di effettuare consapevolmente la sorveglianza sanitaria solo nei casi previsti”.
    
 
 
La gestione dei lavoratori italiani all’estero”, a cura di Paolo Bianco (Servizio Sanitario Aziendale, Rai Radiotelevisione Italiana), Vincenzo Nicosia (Servizio Medico SAIPEM S.p.A.), Roberto Ieraci (Travel Clinic, Diagnosi e Cura delle Malattie del Viaggiatore, ASL RME) e Vincenza Anzelmo (Istituto di Medicina del Lavoro, Università Cattolica del Sacro Cuore, Roma), relazione pubblicata in Giornale Italiano di Medicina del Lavoro ed Ergonomia, Volume XXXIII n°3, luglio/settembre 2011 (formato PDF, 52 kB).
 
 
Tutela sanitaria dei lavoratori italiani all’estero: complessa e differenziata, ma comunque garantita”, a cura di Luigi Di Lorenzo, Marisa Corfiati e Filippo Cassano  (Dipartimento di Medicina Interna e Medicina Pubblica, Università degli studi di Bari), comunicazione pubblicata in Giornale Italiano di Medicina del Lavoro ed Ergonomia, Volume XXXIII n°3, - supplemento al n.3 - luglio/settembre 2011 (formato PDF, 59 kB).
 
 
 
Tiziano Menduto


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Rispondi Autore: Charaf Rguibi - likes: 0
02/02/2016 (00:06:56)
Buonasera ,
vorrei chiedervi informazioni a riguardo di tutela da parte dell'azienda.
Io sono un tecnico trasfertista lavoro solo all'estero e faccio paesi pericolosi e poco igenici; nel ritorno da una trasferta lavorativa svolta in Gibuti ho iniziato a sentirmi male,dopo vari esami ho scoperto di aver contratto un virus e la mia azienda mi dice di non aver nessuna assicurazione che ricopra queste tipologie di cose al momento ho speso più di 500 euro e non è ancora finita . secondo lei e giusto che un dipendente va a lavorare all'estero viene contaggiato e si debba arrangiare ?

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