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La responsabilità penale del medico competente

La responsabilità penale del medico competente
Redazione

Autore: Redazione

Categoria: Medico competente

11/08/2014

Le questioni più spinose in materia di responsabilità penale del medico competente.

 
Pubblichiamo un estratto del Bollettino dei rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza “Toscana RLS”, n. 1/2014 che affronta la questione della responsabilità penale del medico competente.
 
Medico competente: rapporti con gli altri soggetti della prevenzione e profili di responsabilità penale
A cura di Paola Belsito (Giudice presso il Tribunale di Firenze)
 
Per trattare in maniera adeguata ed esauriente il tema affidatomi, che ruota intorno alla figura del Medico competente, ritengo di non potere fare a meno di delineare in via preliminare il quadro d’insieme, la cornice al cui interno i soggetti titolari di una posizione di garanzia vanno ad inserirsi ed a collaborare per il perseguimento di un obbiettivo comune.
E quindi, sebbene per punti ed in maniera estremamente sintetica, può essere opportuno in questa sede richiamare alcuni concetti fondamentali che ci serviranno nel prosieguo del nostro ragionamento, perché ci aiuteranno ad affrontare e, spero, a risolvere, le questioni più spinose in materia di responsabilità penale del medico competente.
 


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E allora :
1) le riforme introdotte in materia di sicurezza nei luoghi di lavoro, a partire dalla Direttiva “quadro” n. 89/391/CEE, passando per il D.lgs. 19.9.1994, n. 626, fino al Testo unico n. 81/2008, hanno riconosciuto un ruolo fondamentale al datore di lavoro, un soggetto sul quale incombe il compito di farsi stratega della sicurezza nel luogo di lavoro, l’artefice della preventiva, accurata, integrale ed adeguata individuazione e valutazione di tutti i rischi connessi alle attività lavorative;
2) al ruolo centrale affidato al datore di lavoro corrisponde un potere discrezionale, di organizzare l’impresa ed il lavoro, che si esplica attraverso due obblighi esclusivi assegnati a lui e non ad altri, e comunque non delegabili : a) di effettuare la valutazione di tutti i rischi, con la conseguente elaborazione del documento previsto dall’art. 28 del T.u., da redigere attraverso un metodo fondato sulla programmazione e sull’organizzazione scientifica dell’attività di prevenzione, e che deve avere di mira l’azzeramento di tutti i rischi presenti nel luogo di lavoro; b) di designare il Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione dai rischi (RSPP).
3) il corretto esercizio di quel potere discrezionale deve portare all’adozione di un modulo organizzativo tale da tutelare la salute dei lavoratori; ove ciò non avvenga, non potrà che derivarne una responsabilità in capo al datore di lavoro, per omessa o carente valutazione di tutti o alcuni dei rischi aziendali, perché non si è ad esempio attenuto ad un criterio di stretta fattibilità tecnica, ad esso preferendo valutazioni di fattibilità economica o produttiva.
4) per perseguire l’obiettivo della predisposizione di tutte le misure necessarie ad assicurare la salute dei lavoratori, il datore di lavoro, pur rimanendo sempre, in prima persona, il garante unico del corretto adempimento previsto dalla legge, può servirsi dei collaboratori o degli esperti che ritenga utili e necessari.
5) tra i soggetti che coadiuvano il datore di lavoro nei compiti fondamentali che il legislatore gli ha attribuito, e che vanno a formare quella che può definirsi una “linea consultiva” finalizzata alla analisi e alla risoluzione delle questioni tecnico-organizzative proprie di ciascuna realtà aziendale, vi è certamente il Servizio di Prevenzione e Protezione (SPP), e cioè «l’insieme delle persone, sistemi e mezzi esterni o interni all’azienda, finalizzati all’attività di prevenzione e protezione dai rischi professionali per i lavoratori» di cui all’art. 2 lett. l) T.u. n. 81/2008, ed al suo interno spicca il ruolo del Responsabile del servizio (RSPP) il quale, in virtù delle capacità e dei requisiti professionali posseduti, viene designato dal datore di lavoro, al quale risponde in prima persona, con il compito specifico di coordinare il Servizio di prevenzione e protezione;
6) il responsabile e gli addetti all’SPP non sono soggetti attivi della prevenzione, responsabili come tali dell’attuazione delle norme di tutela. Il D.lgs. n. 81/2008 non assegna loro obblighi penalmente sanzionati, e essi non sono quindi punibili in caso di mancata attuazione delle norme di prevenzione, così come è stato costantemente riconosciuto dalla giurisprudenza della Corte di cassazione.
 
Date queste premesse di ordine generale, e che possiamo ritenere facilmente condivisibili, arriviamo al tema che ci riguarda e che nel mio intervento affronteremo secondo i seguenti punti :
-anche il Medico competente, tanto quanto il RSPP, fa parte della “linea consultiva” del datore di lavoro; il Decreto 626/94 prevedeva un obbligo di collaborazione con il datore di lavoro nella valutazione dei rischi aziendali; quella scelta è stata confermata e rafforzata dal T.u. che già nella definizione data all’art. 2 lett h) mostra di volerlo inserire nella linea dei “consulenti”, ed è ribadita dall’art. 25 che ne individua gli obblighi e, al primo posto, al comma 1° lett a), prevede che egli “collabora con il datore di lavoro e con l’SPP alla valutazione dei rischi, anche ai fini della programmazione, se necessario, della sorveglianza sanitaria…”
-a differenza dell’RSPP, e a differenza di quanto era previsto nel passato, oggi il M.c. risponde penalmente, in caso di mancata collaborazione alla valutazione dei rischi, ai sensi dell’art. 58 comma 1° lett c), così come modificato dall’art. 35 c. 1° del D.L.vo 106/09, con previsione di una pena dell’arresto fino a tre mesi o dell’ammenda da 400 a 1.600 euro;
-tanto quanto l’RSPP il medico competente è quindi al centro dell’elaborazione del programma aziendale volto alla tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori ma, a differenza del primo, egli viene sanzionato per un obbligo giuridico che grava sul datore di lavoro, e cioè sul soggetto che li ha entrambi nominati;
-il perché di questa scelta, l’individuazione in concreto dei limiti della responsabilità penale del M.C. costituiscono gli argomenti centrali del mio intervento; si tratta di capire come può fare il Medico competente a governare la gestione del processo di valutazione del rischio, che è evidentemente nelle mani del datore di lavoro, specie se quest’ultimo non prende nessuna iniziativa; sono queste le domande che sorgono spontanee in presenza di una previsione normativa che penalizza uno dei due consulenti del datore di lavoro, mantenendo invece ferma la scelta di lasciare indenne da responsabilità l’altro;
-alle domande in precedenza formulate, e alla ulteriore che sorge spontanea, che attiene al se può il medico competente costringere il datore di lavoro a svolgere i compiti che la legge gli affida, e quindi costringerlo a farsi promotore e a partecipare al processo di valutazione dei rischi, e inoltre costringerlo a consultarlo a tale fine, hanno dato una prima risposta i giudici della legittimità, accogliendo un indirizzo preso presso il Tribunale di Pisa.
 
E’ difatti del gennaio 2013 la pronuncia con la quale la Corte suprema ha confermato la sentenza del Tribunale di Pisa del 1° dicembre 2011 che aveva condannato un M.c. per omessa collaborazione in un caso in cui il datore di lavoro aveva a sua volta omesso di individuare i rischi presenti sul luogo di lavoro, e di redigere il Documento di valutazione. Scrive a tale proposito il giudice che “al medico competente non si chiede l’adempimento di un obbligo altrui, ma lo svolgimento del proprio obbligo di collaborazione, vale a dire l’esauriente sottoposizione al datore di lavoro dei rilievi e delle proposte in materia di valutazione dei rischi che coinvolgono le sue competenze professionali in materia sanitaria…nel caso di specie si contesta al M.c. la mancata evidenziazione dei rischi biologico e chimico…in una con le contromisure sanitari ritenute necessarie
E aggiunge ancora il giudice di primo grado, in questo suo ragionamento che viene ancora una volta confermato dalla Corte di Cassazione, che non sarà rimproverabile solo la condotta del M.c. che, sollecitato a partecipare, non abbia collaborato nella valutazione dei rischi, bensì anche la condotta di colui il quale abbia omesso di valutare “quei profili di rischio che egli doveva e poteva conoscere di scienza propria, in virtù dei canali ufficiosi di acquisizione dei dati” quali le informazioni ricevute direttamente dai lavoratori sottoposti a sorveglianza sanitaria, le segnalazioni provenienti dall’ SPP, o dal Rappresentante dei lavoratori; la strada per il momento intrapresa dai giudici di legittimità è quindi rigorosa ed estremamente penalizzante per la figura del M.C.; essa va in un senso diametralmente opposto rispetto alla interpretazione fornita da autorevoli commentatori, che suggeriscono di leggere l’obbligo di cui all’art. 25 lett. a) (il medico competente collabora con il datore di lavoro e con il servizio di prevenzione alla valutazione dei rischi) unitamente alla previsione dell’art. 18 lett. g) che fa obbligo al datore di lavoro di “inviare i lavoratori alla visita medica… e di richiedere al medico competente l’osservanza degli obblighi previsti a suo carico nel presente decreto.”.
 
Con la conseguenza che si dovrebbe ritenere che l’osservanza degli obblighi previsti a carico del M.c. debba essere sempre sollecitata dal datore di lavoro. ai sensi della lett. g) dell’art. 18 mentre, nel caso opposto non potrà mai azionarsi nei suoi confronti lo strumento penale;
 
siamo ancora alle prime interpretazioni delle norme che delineano compiti e obblighi gravanti sul M.C., e le correlate responsabilità penali; certo è che non possiamo non tenere conto del fatto che, ad oggi, di quelle norme è stata data una lettura assai rigorosa, certamente non in linea con la costruzione giuridica precedente, e con le scelte fatte per l’ RSPP; una interpretazione che porterebbe a ritenere che l’obbligo di “collaborazione” che grava sul M.c. non si esaurisce nel momento della valutazione dei rischi, ma è spalmato in tutti i momenti del rapporto tra il medico e la realtà aziendale in cui opera, è cioè un compito diffuso e temporalmente non delimitato;
 
se questo è lo stato dell’arte, merita allora fare un passo indietro, e cercare di comprendere come si sia potuti arrivare alle norme e alle interpretazioni attuali, e alla scelta di disegnare una nuova figura di M.C. come soggetto non più relegato nel presidio sanitario ospedaliero o ambulatoriale e totalmente avulso dalla realtà imprenditoriale; un soggetto diverso dal passato, al quale vengono affidati compiti che esulano dal contesto meramente sanitario, che deve ormai necessariamente collaborare e confrontarsi con tutti gli attori della prevenzione, non solo il datore di lavoro e l’RSPP, per la predisposizione ed attuazione delle misure tese a garantire la salute psicofisica dei lavoratori, ma anche l’RLS, per la comunicazione sui risultati anonimi collettivi, e più in generale per il perseguimento dell’obbiettivo della salute nel luogo di lavoro;
 
il M.C., per svolgere appieno il ruolo centrale che gli è stato affidato, deve necessariamente colloquiare e confrontarsi con gli altri soggetti dell’organigramma aziendale, e deve essere collaborare per creare un sistema in cui sia privilegiata la circolarità delle notizie e delle informazioni; deve praticare il confronto e la comunicazione con i lavoratori e con i loro rappresentati; deve costruire una propria autorevolezza personale fondata sull’approfondimento e sul rigore professionale, perché solo così potrà ottenere una effettiva autonomia dal datore di lavoro, che pure è il soggetto che lo ha nominato e che, conseguentemente, ha il potere di revocarlo, ma che comunque deve assicurargli le condizione necessarie per lo svolgimento di tutti i compiti affidatigli in autonomia, secondo quella che è la previsione dell’art. 39 del T.u.;
 
solo se i nuovi e rinnovati attori della prevenzione nei luoghi di lavoro sapranno fornire risposte adeguate alle richieste che vengono dal mondo del lavoro, e che sono state imposte dalle norme di derivazione comunitaria, sarà possibile affrontare le sempre maggiori difficoltà che si profilano all’orizzonte, e altresì evitare le conseguenze penali di talune condotte, proprie o altrui; quello che si richiede oggi è un apporto di livello professionalmente assai elevato, tanto nel campo specifico di appartenenza di ciascuno di quei soggetti portatori di una posizione di garanzia, quanto in quello tecnico, scientifico, normativo ed etico; non solo, giacchè intanto si potranno affrontare e risolvere in maniera adeguata tutti gli aspetti legati alla prevenzione ed ai rischi presenti sul luogo di lavoro, in quanto si sarà in grado di imboccare un percorso virtuoso, fondato sulla conoscenza e sulla definizione di tutti i rischi aziendali, sulla individuazione delle criticità del sistema e sui rimedi da apprestare, e ottenuto grazie anche alla circolarità delle informazioni e della formazione e alla costante collaborazione all’interno del luogo di lavoro;
 
un percorso virtuoso che consentirà di ottenere dei risultati apprezzabili in materia di valutazione dei rischi in un momento in cui il compito di ciascuno, primo tra tutti il M.c., è divenuto sempre più difficile per la varietà e complessità del mondo del lavoro, e per l’ampiezza dei rischi considerati dal legislatore moderno: parliamo ad es. di differenze di genere, età, lingua e cultura legate alla provenienza dei lavoratori da paesi terzi, o delle nuove patologie correlate ad alcune lavorazioni, o di stress da lavoro-correlato, ecc ecc.;
 
così facendo, valorizzando il ruolo strategico di alcuni dei soggetti della prevenzione, incentivando e migliorando il livello di collaborazione tra di loro, sarà forse possibile sottrarsi ai rischi di una sanzione penale; certamente il cambiamento epocale imposto alla figura del M.c. renderà inevitabile la sua partecipazione attiva al processo di valutazione dei rischi, e fondamentale il suo contributo di conoscenza e di sempre maggiore professionalità.


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Rispondi Autore: maria paola rubinetto - likes: 0
17/08/2014 (10:16:57)
eccezionale interpretazione, totalmente il linea con la mia convinzione che sidebbano modificare le slides che nella forma

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