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Sulla necessità di documentare informazione e formazione dei lavoratori

Gerardo Porreca

Autore: Gerardo Porreca

Categoria: Lavoratori

07/11/2011

La formazione ed informazione dei lavoratori vanno impartite specificatamente e opportunamente documentate. Non è assolutamente sufficiente che i lavoratori assumano “sul campo” generiche informazioni da parte di colleghi di lavoro. A cura di G. Porreca.

 
 
Commento a cura di Gerardo Porreca.
 
E’ obbligatorio da parte del datore di lavoro impartire una specifica formazione ed informazione dei propri lavoratori dipendenti ed è necessario che le stesse siano opportunamente documentate. Questo è quanto emerge dalla lettura di questa breve sentenza della Corte di Cassazione la quale ha altresì ribadito che non è assolutamente sufficiente, per raggiungere tali scopi, lasciare che gli stessi lavoratori vengano informati “sul campo” assumendo generiche informazioni da parte di colleghi di lavoro.
 

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Il caso
Il Tribunale ha dichiarato il datore di lavoro di un’impresa individuale colpevole del delitto di lesioni colpose gravi commesse, con violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro (articolo 590 c.p., commi 1, 2 e 3), in pregiudizio di un dipendente e lo ha condannato alla pena di cinque mesi di reclusione, nonché al risarcimento dei danni in favore della parte civile costituita, da liquidarsi in separato giudizio quanto ai danni biologico e patrimoniale, e liquidando direttamente il danno morale in euro 11.000,00; somma assegnata a titolo di provvisionale. L’imputato è stato ritenuto responsabile di aver cagionato al lavoratore, per colpa generica e specifica, lesioni personali consistite nell'amputazione del 2 e 3 dito della mano destra, venuta a contatto con la lama di una sega circolare con la quale il dipendente stava provvedendo a tagliare alcune assi. L’infortunio era accaduto in quanto tale attrezzatura, nel mentre il lavoratore spingeva con la sola mano destra un'asse verso la lama, si era improvvisamente inclinata verso sinistra per cui si è avuto uno spostamento dell'asse a seguito del quale la mano destra del lavoratore era appunto entrata in contatto con la lama che ne aveva reciso due dita.
 
Il giudice del merito aveva rilevato, nella condotta dell'imputato, precisi profili di colpa per non avere lo stesso adeguatamente curato la formazione professionale del dipendente, per non averlo informato sui rischi connessi alle mansioni allo stesso assegnate e per non avere provveduto a fissare al suolo la sega circolare per renderla stabile e per ridurre, così, il rischio di incidenti. Lo stesso giudice ha sostenuto che l'evento era stato diretta conseguenza del mancato rispetto da parte dell'imputato di norme cautelari generiche e specifiche e che la condotta imprudente della vittima non aveva in alcun senso interrotto il nesso eziologico tra le richiamate inadempienze e l'evento verificatosi. La Corte di Appello, su ricorso dell'imputato, ha successivamente confermata la decisione impugnata.
 
Il ricorso e le decisioni della Corte di Cassazione
Avverso la sentenza di condanna della Corte di Appello l’imputato ha proposto ricorso, per il tramite del difensore, alla Corte di Cassazione sostenendo che l’infortunio non sarebbe stato causato da un difetto di formazione o di informazione del lavoratore, in realtà adeguatamente preparato all'uso della sega circolare, bensì dalla condotta superficiale ed imprudente dello stesso lavoratore che, benché invitato a porre la massima attenzione nell'uso della sega e di utilizzare ambedue le mani, aveva sospinto l'asse da tagliare con la sola mano destra, essendo in tal guisa rimasto vittima del proprio anomalo comportamento.
 
Il ricorso è stato ritenuto infondato dalla Corte di Cassazione la quale ha osservato che i giudici della Corte territoriale avevano legittimamente riscontrato nella condotta del ricorrente, alla stregua delle prove acquisite agli atti, precisi profili di colpa, generica e specifica, da cui è derivato l'infortunio del quale era rimasto vittima il lavoratore. Gli stessi giudici, richiamando le dichiarazioni rese dalla vittima, hanno ricordato come la sega circolare, alla quale la stessa era stata addetta, non fosse stata adeguatamente posizionata e che tale attrezzo era stato il giorno prima dell'incidente non fissato, bensì solo appoggiato sul terreno, e dunque in condizioni di non assoluta stabilità, come avrebbe dovuto essere proprio al fine di evitare spostamenti e scivolamenti, seppur di modesta entità, che avrebbero messo a rischio l'incolumità dell'operatore. L’instabilità dell’attrezzatura era stata confermata del resto non solo da un teste ascoltato che ha sostenuto che la sega era stata solo "appoggiata" e non "piantata" sul terreno, ma anche da un ispettore del lavoro che nel suo rapporto ha sostenuto che all'imprudenza della vittima, che al momento dell'incidente stava trattenendo l'asse da tagliare con una sola mano, si era affiancata, quale elemento imprevedibile, l'improvvisa inclinazione del piano sul quale si trovava la sega rotante che aveva provocato il trascinamento della mano del lavoratore verso l'attrezzo e quindi il contatto con lo stesso.
 
La suprema Corte ha quindi messo in evidenza che il lavoratore infortunato era stato, d'altra parte, assunto da qualche giorno ed era stato addetto alla sega circolare solo il giorno prima, senza adeguata formazione circa l'uso dell'attrezzo né informazione circa i rischi connessi con l'utilizzo dello stesso, circostanza questa che i giudici del merito hanno accertata in quanto riferita dalla stessa vittima e ribadita dall'ispettore del lavoro il quale ha sostenuto di non avere rinvenuto documentazione che attestasse l’attività di formazione svolta nei confronti del lavoratore. Di qui la specifica contestazione della violazione dell’articolo 22 del D. Lgs. n. 626/1994 il quale impone al datore di lavoro di assicurare al dipendente una formazione adeguata in materia di sicurezza e di salute con riferimento alle specifiche mansioni affidate.
 
Quanto alle osservazioni fatte dall’imputato in merito alle precedenti ed analoghe esperienze lavorative che l’infortunato aveva avute ed all'efficacia delle informazioni ricevute sull'uso della sega, sia i giudici del merito che quelli della Cassazione hanno rilevato “da un lato che nelle sue precedenti esperienze lavorative la vittima aveva utilizzato attrezzi diversi da quello adoperato nel caso di specie, attrezzi, peraltro, dotati di dispositivi di sicurezza non rinvenuti nella sega circolare; dall'altro, che le sommarie informazioni fornite ‘sul campo’ dai colleghi di lavoro non potevano ritenersi idonee a garantire un'adeguata formazione del lavoratore”.
 
 
 
 


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