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La nomina del datore di lavoro nella pubblica amministrazione

La nomina del datore di lavoro nella pubblica amministrazione
Tiziano Menduto

Autore: Tiziano Menduto

Categoria: Pubblica amministrazione

05/10/2015

Un saggio si sofferma sulla nomina del datore di lavoro/dirigente nella pubblica amministrazione e sulle responsabilità conseguenti. L’evoluzione normativa, l’individuazione dell’organo di vertice, l’autonomia gestionale e la delega di funzioni.

Urbino, 5 Ott – Nella pubblica amministrazione la nomina di un dirigente/datore di lavoro è un “vero e proprio atto dovuto che gli organi di governo devono compiere necessariamente al momento del proprio insediamento”. E se tale atto dovuto venisse omesso, “l’organo obbligato, oltre a rispondere penalmente di tale omissione ex art. 328 c.p., sarà inevitabilmente (cor)responsabile anche della mancata realizzazione del sistema prevenzionale interno e quindi dell’inadempimento dei doveri di sicurezza”. Un principio che benché “non del tutto pacifico in dottrina e giurisprudenza”, è stato espressamente sancito dall’ultima parte della lettera b, dell’art. 2 del D.Lgs. 81/2008 dove si indica che ‘in caso di omessa individuazione, o di individuazione non conforme ai criteri sopra indicati, il datore di lavoro coincide con l’organo di vertice medesimo’.

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A parlare in questi termini della nomina del datore di lavoro/dirigente nell’ambito delle pubbliche amministrazioni è un breve saggio sul diritto della salute e sicurezza sul lavoro pubblicati da Olympus (Working Paper), dal titolo “ L’individuazione e le responsabilità del datore di lavoro e dei dirigenti in materia di sicurezza sul lavoro” e a cura di Francesco Stolfa, avvocato a Trani e docente nel Master in “Gestione del Lavoro e delle relazioni sindacali” dell’ Università di Bari. Un breve saggio su cui PuntoSicuro si è già soffermato con riferimento sia alle responsabilità dei datori di lavoro nel settore privato che alla ripartizione di responsabilità fra datore di lavoro e dirigente.
 
In materia di pubbliche amministrazioni il saggio non si sofferma solo sull’atto di nomina o sulle responsabilità penali, ma anche sull’evoluzione della normativa, dal D.Lgs. 626/2994, attraverso il D.Lgs. 242/1996, fino all’attuale D.Lgs. 81/2008 (Testo Unico in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro).
 
Ricordiamo, a questo proposito, la definizione contenuta nel Testo Unico (TU):
 
Articolo 2 - Definizioni
1. Ai fini ed agli effetti delle disposizioni di cui al presente decreto legislativo si intende per:
(...)
b) «datore di lavoro»: il soggetto titolare del rapporto di lavoro con il lavoratore o, comunque, il soggetto che, secondo il tipo e l’assetto dell’organizzazione nel cui ambito il lavoratore presta la propria attività, ha la responsabilità dell’organizzazione stessa o dell’unità produttiva in quanto esercita i poteri decisionali e di spesa. Nelle pubbliche amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, per datore di lavoro si intende il dirigente al quale spettano i poteri di gestione, ovvero il funzionario non avente qualifica dirigenziale, nei soli casi in cui quest’ultimo sia preposto ad un ufficio avente autonomia gestionale, individuato dall’organo di vertice delle singole amministrazioni tenendo conto dell’ubicazione e dell’ambito funzionale degli uffici nei quali viene svolta l’attività, e dotato di autonomi poteri decisionali e di spesa. In caso di omessa individuazione, o di individuazione non conforme ai criteri sopra indicati, il datore di lavoro coincide con l’organo di vertice medesimo;
 
Il documento segnala che i rapporti fra organo di vertice e dirigente nominato datore di lavoro “sono sostanzialmente assimilabili a quelli fra i soggetti della cosiddetta delega di funzioni, fermo restando che, in questo caso, naturalmente, così come accade anche per il direttore di unità produttiva, il contenuto della delega è stabilito dalla legge e comprende necessariamente tutti i doveri prevenzionali, compresi quelli indelegabili ex art. 17”.
 
Inoltre il saggio si sofferma sul “delicato problema” dell’individuazione “dell’organo concretamente abilitato (e obbligato) alla nomina del dirigente che debba assumere, in materia di sicurezza, i compiti e le responsabilità del datore di lavoro”.
La norma parla di organi di vertice: “essi dovranno, quindi, individuarsi applicando le disposizioni legislative e, soprattutto, statutarie che disciplinano la distribuzione delle competenze fra i vari organi. Acquisisce, al riguardo, specifica rilevanza la competenza concernente il conferimento degli incarichi dirigenziali che, ad esempio, negli enti locali, appartiene al sindaco o al presidente (della provincia)”. Viene ricordato che alcuni autori ritengono, invece, che la competenza apparterrebbe – con la modifica operata dal TU rispetto al d.lgs. n. 242/1996 – “al vertice amministrativo e non più agli organi politici elettivi”.
Il documento ribadisce poi che, anche in caso di “mancata creazione del complessivo sistema prevenzionale previsto dalla legge”, i dirigenti “non potranno certo ritenersi assolti dai doveri di sicurezza connessi alle loro funzioni”.
 
Si indica poi che anche quando la nomina del datore di lavoro sia stata tempestiva e corretta “permane in capo agli organi di governo una ineliminabile responsabilità residua di carattere concorrente (artt. 40, 110 e 113, c.p.): quella, per culpa in eligendo, connessa alla individuazione di un dirigente professionalmente e attitudinalmente idoneo al delicato compito. Al riguardo, però, è il caso di precisare che la legge non prescrive che il datore di lavoro sia un esperto di sicurezza; le competenze che gli si richiedono sono infatti puramente gestionali: egli deve semplicemente possedere i requisiti professionali di un buon dirigente, all’altezza del delicato compito che gli viene affidato, analogamente a quanto accade nel settore privato”.
Inoltre la giurisprudenza tende a conservare in capo agli organi di governo, “in particolare al soggetto apicale (sindaco, presidente della provincia, ecc.), una responsabilità residuale ancor più ampia, connessa alla violazione del generale dovere di vigilanza sull’operato del dirigente nominato datore di lavoro. Nello stesso senso si è espressa anche una parte rilevante della dottrina secondo cui l’organo politico di vertice resterebbe comunque gravato da responsabilità concorrente in caso di mancato assolvimento del potere-dovere di vigilanza sul dirigente/datore di lavoro, connaturato al potere di nomina”. E si fa notare come questo orientamento ricalchi quello analogo “tradizionalmente espresso, soprattutto dalla giurisprudenza, in tema di delega di funzioni”.
 
Nel saggio, che vi invitiamo a leggere integralmente, vengono anche riportate alcune voci discordanti sulla tesi della responsabilità residuale degli organi di governo e indicazioni sulla possibilità di nominare datori di lavoro anche gli stessi organi di governo.
Ci soffermiamo brevemente, invece, sul tema dell’autonomia gestionale “che, alla luce dei principi generali in materia di sicurezza e della stessa inequivoca formulazione legislativa deve accompagnare la nomina del dirigente/datore di lavoro nella p.a.”. Autonomia che in questo caso consiste “nel potere di disporre di apposite e adeguate risorse finanziarie destinate a soddisfare le esigenze di sicurezza”. È evidente che in mancanza di effettiva e adeguata autonomia gestionale, “in omaggio al principio di personalità della responsabilità penale, quest’ultima rimarrebbe inevitabilmente a carico degli organi di governo e il dirigente-datore di lavoro – che avesse eventualmente (e malauguratamente) accettato la nomina – ne sarebbe esonerato per il semplice fatto di aver segnalato agli organi competenti gli adempimenti necessari adottando contestualmente le misure prudenziali provvisorie in attesa dell’intervento degli organi dotati dei poteri di spesa. Fra queste ultime misure vi è anche la sospensione dell’attività lavorativa ove questa risulti esposta a rischi intollerabili”.
 
Concludiamo segnalando infine che la giurisprudenza ha ritenuto ammissibile “anche la delega di (alcuni) compiti prevenzionali da parte del dirigente nominato datore di lavoro in favore di ‘persona tecnicamente capace, dotata delle necessarie cognizioni tecniche e dei relativi poteri decisionali e di intervento, che abbia accettato lo specifico incarico’”.
Già prima dell’entrata in vigore del TU si era indicato che per essere rilevante ai fini dell’esonero da responsabilità del delegante, la delega deve ‘... avere i seguenti requisiti: essere puntuale ed espressa, senza che siano trattenuti in capo al delegante poteri residuali di tipo discrezionale; il soggetto delegato deve essere tecnicamente idoneo e professionalmente qualificato per lo svolgimento del compito affidatogli; il trasferimento delle funzioni deve essere giustificato in base alle esigenze organizzative dell’impresa; unitamente alle funzioni debbono essere trasferiti i correlativi poteri decisionali e di spesa; l’esistenza della delega deve essere giudizialmente provata in modocerto’ (Cass. pen., sez. III, 16 luglio 2012, n. 28410).
E chiaramente, dopo il D.Lgs. 81/2008, tale delega deve possedere anche i requisiti previsti dal Testo Unico negli articoli 16 (Delega di funzioni) e 17 (Obblighi del datore di lavoro non delegabili).
 
 
Olympus - Osservatorio per il monitoraggio permanente della legislazione e giurisprudenza sulla sicurezza del lavoro, “ L’individuazione e le responsabilità del datore di lavoro e dei dirigenti in materia di sicurezza sul lavoro”, a cura di Francesco Stolfa, avvocato a Trani e docente nel Master in “Gestione del Lavoro e delle relazioni sindacali” dell’Università di Bari, Working Paper di Olympus 33/2014 (formato PDF, 369 kB).
 
 
 
 
Tiziano Menduto
 
 

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