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L’obbligo di vigilanza del datore di lavoro sull’operato dei lavoratori

L’obbligo di vigilanza del datore di lavoro sull’operato dei lavoratori
Gerardo Porreca

Autore: Gerardo Porreca

Categoria: Sentenze commentate

30/05/2016

La semplicità delle operazioni di lavoro non giustifica l’attenuazione dell’obbligo di vigilanza atteso che il grado di complessità del lavoro da espletare non è in rapporto di proporzionalità diretto con il rischio da proteggere. Di G.Porreca.

 
Fa riferimento la Corte di Cassazione in questa sentenza all’obbligo di cui all’art. 4 lettera c) del D.P.R. n. 547/1955, vigente al momento dell’evento infortunistico di cui alla sentenza in esame, in base al quale il datore di lavoro, il dirigente ed il preposto devono disporre ed esigere che i singoli lavoratori osservino le norme di sicurezza ed usino i mezzi di protezione messi a loro disposizione, attuale art. 18 comma 1 lettera f) del D. Lgs. n. 81/2008 secondo il quale il datore di lavoro e i dirigenti devono richiedere l'osservanza da parte dei singoli lavoratori delle norme vigenti, nonché delle disposizioni aziendali in materia di sicurezza e di igiene del lavoro e di uso dei mezzi di protezione collettivi e dei dispositivi di protezione individuali messi a loro disposizione.
 
La semplicità delle operazioni di lavoro, ha sostenuto la suprema Corte in questa sentenza, non giustifica l’attenuazione dell’obbligo di vigilanza atteso che il maggiore o minore grado di complessità del lavoro da espletare non è in rapporto di proporzionalità diretto con il rischio da proteggere, potendo essere delle lavorazioni complesse ma non pericolose e, per converso, altre lavorazioni anche semplici ma con elevato livello di pericolosità.
 

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Il fatto e l’iter giudiziario
Il Tribunale ha condannato una società a pagare ad un lavoratore dipendente, a titolo risarcitorio dei danni derivatigli da un infortunio sul lavoro occorsogli, la somma di euro 105.000,00 per danno esistenziale e biologico e quella di euro 23.000,00 per danno morale, il tutto oltre interessi. La Corte di Appello competente ha ridotto successivamente a complessivi euro 105.000,00 il risarcimento dovuto al lavoratore, confermando nel resto le statuizioni del Tribunale. I giudici di merito avevano accertato che il lavoratore, nell'eseguire le operazioni di revisione di un gruppo leveraggio cambio di un automezzo aziendale, era stato colpito da un bullone che si accingeva ad estrarre, riportando una cecità assoluta all'occhio sinistro e uno stress cronico moderato post-traumatico, con conseguente inabilità permanente del 37%.
 
Il ricorso in Cassazione e le motivazioni
La società ha presentato ricorso per cassazione al quale il lavoratore ha resistito con un controricorso. Come principale motivazione la società ricorrente ha avuto a lamentarsi in quanto la sentenza impugnata aveva ravvisata la sua responsabilità pur essendo stato accertato che l'infortunio si era verificato solo perché il lavoratore, operaio tecnico, non aveva inforcato gli occhiali protettivi regolarmente fornitigli dall'azienda. Ha obiettato quindi la ricorrente di aver adottato tutte le dovute cautele e cioè di aver formato professionalmente il lavoratore e di averlo informato circa i rischi del lavoro svolto, munendolo di occhiali protettivi e di lampade mobili, così rispettando sotto ogni aspetto il debito di sicurezza di cui all'art. 2087 c.c., sostenendo altresì che nell’occasione non era necessaria una particolare vigilanza del lavoratore essendo l’operazione svolta (lo svitamento d'un bullone) di estrema semplicità.
 
Le decisioni della Corte di Cassazione
Le motivazioni addotte dalla ricorrente sono state ritenute infondate dalla Corte di Cassazione. Secondo la stessa, infatti, giustamente i giudici di merito avevano ravvisato a carico della società una violazione dell'art. 2087 c.c. perché l’ambiente di lavoro era scarsamente illuminato e perché l'azienda non aveva vigilato affinché i dipendenti utilizzassero gli occhiali protettivi e i sistemi di illuminazione mobili messi a loro disposizione. In merito all’obbligo di vigilanza, poi, la Corte suprema ha fatto osservare che la sorveglianza dovuta dai datori di lavoro, dai dirigenti e dai preposti non deve essere ininterrotta e con costante presenza fisica del controllore accanto al lavoratore, ma può anche sostanziarsi in una discreta, seppure continua ed efficace, vigilanza generica, intesa ad assicurarsi, nei limiti dell'umana efficienza, che i lavoratori seguano le disposizioni di sicurezza impartite e utilizzino gli strumenti di protezione prescritti.
 
Tale obbligo di vigilanza, ha quindi proseguito la Sezione Lavoro, subisce un'ulteriore attenuazione, in base ad un principio di ragionevole affidamento nelle accertate qualità del dipendente, in ipotesi di provetta specializzazione dell'operaio munito di approfondita conoscenza d'una determinata lavorazione cui sia addetto da lungo tempo. Nondimeno però tale mera attenuazione, che comunque è configurabile solo in ipotesi di lavoratore esperto, già adeguatamente formato professionalmente e informato dei rischi connessi alle mansioni assegnategli, non si identifica con la totale omissione di controllo, ravvisata nel caso in esame dai giudici di merito, circa l’uso di lampade mobili e occhiali protettivi, controllo ancor più necessario viste le condizioni di insufficiente illuminazione dell'ambiente di lavoro. “Né esime da tale obbligo”, ha così proseguito la Corte di Cassazione, “la semplicità dell'operazione lavorativa, atteso che il grado maggiore o minore di complessità del lavoro da espletare non è in rapporto di proporzionalità diretta con il rischio protetto, ben potendosi dare lavorazioni complesse, ma non pericolose e, per converso, altre anche semplici, ma con elevato livello di pericolosità”. In conclusione, ha così sentenziato la Corte suprema, il ricorso è da rigettare.
 
Gerardo Porreca
 




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Rispondi Autore: fabio biasio - likes: 0
30/05/2016 (16:29:26)
Cioè il datore di lavoro dovrebbe guardare tutti gli operai mentre svolgono le loro mansioni? si mettono uno vicino all'altro e il DL dà il via quando è pronto?
Rispondi Autore: raffaele scalese - likes: 1
30/05/2016 (18:48:40)
NON mi appare che la SC abbia detto quanto paventato da FB.

L'obbligo di sorveglianza si DEVE manifestare anche con prassi, abitudini ed usanze NON tollerando MAI omissioni.

E' sulla probabile dimostrazione in dibattimento di questa "tolleranza" che la SC ha emesso la sentenza
Rispondi Autore: giuseppe martino - likes: 0
08/06/2016 (11:35:50)
La Cassazione ha soltanto ribadito un elementare obbligo (purtroppo eluso moltissime volte dai preposti aziendali) già in passato sancito da altra sezione di Cassazione. In sostanza viene ribadito che non è affatto sufficiente che il DL comunichi al lavoratore di rispettare una data disposizione di sicurezza, dovendo invece il DL assicurarsi che in concreto ed effettivamente quel lavoratore rispetti la disposizione (è il sacrosanto principio dell'obbligo di vigilanza). Signori miei, non nascondiamoci dietro un dito: sappiamo bene che, nella prassi, si tende a fare molto fumo (elaborare scartoffie per dimostrare di aver adempiuto ad un obbligo) e pochissimo arrosto (verificare nei fatti che l'obbligo è rispettato)...

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