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Sulla non responsabilità del coordinatore in fase di esecuzione

Sulla non responsabilità del coordinatore in fase di esecuzione
Gerardo Porreca

Autore: Gerardo Porreca

Categoria: Sentenze commentate

13/10/2014

Non è responsabile il coordinatore in fase di esecuzione per l’infortunio occorso al dipendente di un’impresa esecutrice entrata in cantiere a sua insaputa. Annullata dalla Cassazione la sentenza di condanna. A cura di G. Porreca.

    
Commento
 
È importante questa recente sentenza della Corte di Cassazione penale, lunga e complessa, perché “rende giustizia” in un certo senso nei confronti della figura del coordinatore per la sicurezza in fase di esecuzione nei cantieri temporanei o mobili e fa rientrare le sue responsabilità nei limiti fissati dal legislatore. In essa infatti la Corte suprema, dopo aver richiamato i compiti che il legislatore ha voluto assegnare a tale figura professionale ha annullata una sentenza di condanna emanata nei suoi confronti da parte della Corte di Appello che “non correttamente” aveva individuata a suo carico una posizione di garanzia che nei cantieri edili è propria del datore di lavoro e del preposto. Tale posizione gli era stata attribuita dalla Corte di Appello per avere dato in un cantiere  delle disposizioni in materia di sicurezza sul lavoro interferendo così con l’operato del datore di lavoro e del preposto facendo evidentemente riferimento all’art. 299 del D. Lgs. n. 81/2008 secondo il quale devono essere considerati titolari delle corrispondenti posizioni di garanzia anche i soggetti che, pur sprovvisti di regolare investitura, esercitino in concreto i poteri giuridici riferiti al datore di lavoro e al preposto.
 
Nella stessa sentenza vengono anche forniti dalla Corte suprema degli indirizzi sulla individuazione della sussistenza rispetto ad un evento dannoso del parametro della prevedibilità. L’esistenza di tale parametro, ha infatti affermato la suprema Corte, va accertata con criteri ex ante e non ex post nel senso che deve essere fondata sul principio che non possa essere addebitato ad un soggetto il non avere previsto un evento che lo stesso, in base alle conoscenze che aveva o avrebbe dovuto avere, non poteva prevedere.

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Il caso e l’iter giudiziario
 
La Corte di appello ha riformata una sentenza di primo grado, impugnata dalle parti civili e dai rappresentanti della pubblica accusa. e ha dichiarato il coordinatore per la sicurezza e il committente  responsabili ai fini civili del reato di omicidio colposo aggravato dalla violazione della normativa antinfortunistica in danno di un lavoratore dipendente di una ditta subappaltatrice. La stessa ha confermato invece il giudizio assolutorio nei confronti dell’amministratore unico di una società proprietaria di una piattaforma aerea durante l’utilizzo della quale è accaduto l’infortunio. Con riferimento alla dinamica dell’evento il lavoratore, mentre era impegnato al montaggio di pannelli prefabbricati, costituenti la facciata dell'erigendo prefabbricato all'interno di una struttura universitaria, raggiunta l'altezza di metri 21,60 a bordo della navetta con cui terminava il braccio telescopico della piattaforma, a causa del ribaltamento della predetta navetta, franava al suolo riportando lesioni gravissime a seguito delle quali è deceduto.
 
Al coordinatore, designato dall'Amministrazione committente, era stato contestato di avere colposamente dato causa alla morte del lavoratore omettendo di verificare l'applicazione da parte delle imprese esecutrici delle disposizioni contenute nel piano di sicurezza e la corretta applicazione delle relative procedure e di segnalare al responsabile dei lavori l'inosservanza delle disposizioni di cui al D. Lgs. n. 494 del 1996, art. 5, capi a) e b). L'omissione colposa si era concretizzata in particolare nell'avere omesso di segnalare: l'inosservanza da parte del noleggiatore della piattaforma aerea dell'obbligo di fornire adeguata informazione al manovratore dell’attrezzatura in ordine ai rischi per la sicurezza connessi all'attività lavorativa nonché di procurargli il corretto addestramento per la manovra dell’attrezzatura stessa a detta piattaforma mentre al noleggiatore ed al datore di lavoro della ditta incaricata al montaggio dei pannelli prefabbricati era stato contestato il mancato rispetto dell’obbligo di adottare tutte le misure necessarie affinché la piattaforma aerea fosse installata in conformità alle istruzioni del fabbricante ed utilizzata correttamente.
 
Il giudice di primo grado aveva individuato nel manovratore della piattaforma l'unico responsabile dell'evento letale, in quanto unico addetto all'utilizzo del ragno che aveva manovrato in maniera pericolosa e non conforme alle prescrizioni di sicurezza. Venivano, invece, esclusi profili di responsabilità per l’amministratore unico della società proprietaria della piattaforma aerea causa dell'infortunio sul rilievo che lo stesso aveva debitamente formato il proprio dipendente, nonché per l’amministratore unico della ditta di montaggio alle cui dipendenze lavorava il lavoratore infortunato avendo ritenuto che l'evento fosse da ricondurre ad una situazione imprevedibile, quale la condotta dell'operaio addetto al funzionamento di una macchina di un'altra ditta, che richiedeva competenze specifiche.
 
In merito alla posizione del coordinatore il Tribunale aveva affermato, alla luce dell'istruttoria espletata, che il compito dello stesso si esauriva nella verifica in concreto della corretta esecuzione da parte delle imprese presenti nel cantiere delle disposizioni in tema di sicurezza nel corso dei lavori e che tali compiti erano stati dallo stesso adempiuti correttamente, come dimostrato dal fatto che proprio la mattina dell'infortunio, dopo aver verificato che l'operaio, poi deceduto, lavorava in un punto esposto del cantiere, privo dei dispositivi di sicurezza, aveva segnalato l'infrazione al direttore dei lavori, disponendo, a seguito della contestazione formale, l'interruzione dei lavori. Il giudice di primo grado aveva ritenuto, pertanto, che il coordinatore non avesse avuto conoscenza della introduzione della piattaforma in cantiere in quanto non vi erano elementi in atti che dimostrassero che la società appaltatrice avesse comunicato al committente che la ditta originariamente prevista e segnalata dall’appaltante era stata sostituita con un’altra per  una improvvisa indisponibilità della macchina né erano emersi elementi certi che dimostrassero che il coordinatore stesso avesse avuto la possibilità di rendersi conto delle manovre errate del conducente del mezzo e che la macchina stesse operando su un terreno scosceso e sdrucciolevole.
 
La Corte di appello ha, invece, individuata la colpa dell'imputato in un diverso profilo, ed in particolare nella continua ingerenza di fatto da parte del medesimo anche in competenze specifiche del datore di lavoro e del capo cantiere, come dimostrato da un episodio emerso dalla lettura di un verbale di sopralluogo con il quale lo stesso aveva vietato con decorrenza immediata l'utilizzo di una specifica troncatrice perché priva dei dispostivi di sicurezza. Secondo la Corte di Appello l'esercizio in concreto di tali funzioni aveva fatto assumere al coordinatore  una specifica posizione di garanzia che gli imponeva di verificare la sussistenza nell'area del cantiere di adeguate condizioni di sicurezza, anche in considerazione della particolare situazione dei luoghi nonché di attivarsi affinché il manovratore tenesse una condotta più prudente. Non poteva, infatti, essere posto in dubbio, secondo la corte territoriale, che lo stesso coordinatore si avvedesse della presenza in cantiere della gru e che, arrivati a quello stato di avanzamento dei lavori, si dovesse procedere al montaggio dei pannelli, che richiedeva necessariamente l'utilizzo di un ragno dotato di piattaforma aerea, capace di lavorare anche in pendenza per la particolare conformazione del sito ove sorgeva il manufatto.
 
 
Il ricorso in Cassazione e le motivazioni
 
Avverso tale sentenza della Corte di Appello il coordinatore ha proposto ricorso in Cassazione articolando lo stesso con vari motivi. Con un primo motivo il ricorrente ha lamentata la nullità della sentenza di secondo grado per violazione del principio di correlazione tra accusa e sentenza nonché per violazione dell'art. 597 c.p.p., per essere la Corte di merito andata oltre il devolutum. Lo stesso ha messo in evidenza, infatti, che l'imputazione aveva riguardato la violazione degli obblighi su di lui gravanti nella qualità di coordinatore per l'esecuzione mentre il giudizio di responsabilità era stato fondato dalla Corte di merito, con riferimento ai doveri che la legge pone a carico del datore di lavoro e del capo cantiere, sul rilievo che l'imputato avrebbe in concreto esercitato le funzioni spettanti a tali figure, ingerendosi in competenze specifiche facenti capo agli stessi. Il coordinatore, in particolare, secondo la Corte di Appello, non avrebbe prestato attenzione ai sistemi di sicurezza della macchina e non avrebbe esercitato la prescritta vigilanza sulla concreta realizzazione del lavoro di montaggio e sul posizionamento della macchina in un tratto scosceso e difficile. Il difensore dell’imputato ha sostenuto invece che lo stesso non era mai stato posto in condizione di difendersi da tali contestazioni, essendo stata la difesa focalizzata sulle funzioni dallo stesso svolte nella qualità di coordinatore per l'esecuzione ed aveva sostenuto, altresì, che l'ingresso della piattaforma in cantiere non era mai stato comunicato al coordinatore, in violazione di tutti gli obblighi posti dalla legge e dal contratto di appalto.
 
Con un secondo motivo l’imputato ha contestata l'asserita sua continua ingerenza anche in competenze specifiche del datore di lavoro e del capo cantiere non avendo i giudici di appello tenuto conto che tutte le iniziative intraprese erano da ascrivere all'esercizio in concreto "dell'alta funzione di vigilanza" demandata ai sensi del citato art. 5 del D. Lgs. n. 494/1996 al coordinatore per l'esecuzione dei lavori, nettamente distinta da quella operativa demandata al datore di lavoro ed alle figure che ricevono da esso poteri e doveri.
 
Con un terzo motivo il coordinatore ha messo in evidenza che l’avanzamento dei lavori non prevedeva affatto l'utilizzo di quella attrezzatura fornita dal noleggiatore  e che le imprese appaltatrici avevano violato l'obbligo posto a loro carico dalla legge nonché dal contratto di appalto e dal piano di sicurezza e di coordinamento di comunicare alla stazione appaltante ed a lui in qualità di coordinatore per l'esecuzione, l'ingresso nel cantiere del macchinario di una ditta diversa dalla quella prevista dal piano operativo di sicurezza. Tale circostanza anzi, ha messo in evidenza l’imputato, era stata scientemente taciuta al fine di evitare le rigide procedure di preventiva verifica e controllo imposte dal committente. Era stato invece provato documentalmente che lo stesso sapeva che le operazioni di montaggio dei pannelli sarebbero state effettuate con altri macchinari appartenenti a ditte i cui piani operativi di sicurezza erano stati regolarmente sottoposti da lui a verifica per cui non poteva assolutamente prevedere che per le lavorazioni venisse adoperato quel macchinario effettivamente poi utilizzato.
 
Manifestamente illogica, ha ancora messo in evidenza il coordinatore, era stata anche l'affermazione contenuta nella sentenza della Corte di Appello secondo la quale lui era in grado di prevedere che la macchina abusivamente introdotta in cantiere avrebbe potuto lavorare anche in situazioni disagevoli e quindi particolarmente delicate per la salute dei lavoratori. La Corte di merito aveva infatti trascurato che l'istruttoria dibattimentale aveva dimostrato invece che la causa dell'incidente non era stata la disagevole conformazione dei luoghi bensì l'erroneo posizionamento del ragno, in violazione delle direttive contenute nel manuale d'istruzione, da parte del manovratore della stessa (la perdita di stabilità del ragno ed il conseguente ribaltamento era stata determinata dal posizionamento della macchina su tavolette non idonee e da una errata posizione della stessa con una limitata apertura e da un inadeguato posizionamento degli stabilizzatori) e che tale condotta abnorme ben poteva essere considerata come fattore interruttivo del nesso causale ex art. 41 c.p., comma 2.
 
 
Le decisioni della Corte di Cassazione
 
Il ricorso è stato ritenuto dalla Corte di Cassazione fondato. La Corte suprema ha messo in evidenza per prima cosa che il percorso motivazionale seguito nella sentenza della Corte di Appello è risultato essere assolutamente carente essendosi la stessa limitata ad affermare, senza dimostrarla, l'assunzione in concreto da parte del coordinatore per l'esecuzione delle posizioni di garanzia spettanti al datore di lavoro ed al capo cantiere e la prevedibilità in concreto dell'evento letale. L'evento che si è verificato, ha sostenuto la Sez. IV, come correttamente evidenziato dal giudice di primo grado e come emerge dalla analitica descrizione del fatto contenuta nella sentenza impugnata, era stato determinato da una manovra errata e pericolosa, non conforme alle prescrizioni di sicurezza, del conducente della piattaforma aerea, che, per sua stessa ammissione aveva posizionato la macchina con modalità sconsigliate nel manuale di istruzione e su tavole inidonee, in quanto aventi uno spessore minore di quello previsto tant’è che è risultato che lo stesso manovratore era stato individuato dal giudice di primo grado quale unico responsabile dell'evento e che aveva definito la sua posizione in abbreviato dinanzi al GUP con condanna alla pena di un anno e quattro mesi di reclusione.
 
I giudici di appello, ha ancora evidenziato la Sez. IV, nell'affermare l'assunzione in concreto da parte del coordinatore delle posizioni di garanzia spettanti al datore di lavoro ed al capo cantiere, con la conseguente assunzione di responsabilità agli stessi spettante, avevano fatto evidentemente riferimento all’art. 299 del D. Lgs. 9/4/2008 n. 81 secondo il quale titolari delle posizioni di garanzia individuate nell'art. 2, comma 1, lett. b), d) ed e) debbono essere considerati anche i soggetti i quali, pur sprovvisti di regolare investitura, esercitino in concreto i poteri giuridici riferiti a ciascuno dei soggetti ivi menzionati. Tale valutazione però non era stata supportata da una congrua motivazione e si era posta in evidente violazione del principio di correlazione tra accusa e sentenza, come correttamente sostenuto come motivo di ricorso dal coordinatore.
 
In merito alla colpa addebitata dalla Corte di Appello al coordinatore per la sua continua ingerenza nel campo delle competenze specifiche del datore di lavoro e del capo cantiere, la Corte di Cassazione ha messo in evidenza che il coordinatore per la sicurezza è titolare di una posizione di garanzia nei limiti degli obblighi specificamente individuati dal D. Lgs. n. 494/1996 e s.m.i. (ora sostituito dal D. Lgs. 9/4/2008 n. 81). In base alla formulazione dell’art. 5 di tale ultimo decreto, infatti, al coordinatore per l'esecuzione dei lavori (nominato dal committente o dal responsabile dei lavori ai sensi dell’art. 3 comma 4) era attribuito l'obbligo di "assicurare, tramite opportune azioni di coordinamento, l'applicazione delle disposizioni contenute nei piani di cui agli artt. 12 e 13 e delle relative procedure di lavoro" (lett. a) e quello di "adeguare i piani di cui agli artt. 12 e 13 in relazione all'evoluzione dei lavori e alle eventuali modifiche intervenute" (lett. b). I compiti di questa figura professionale, ha proseguito la suprema Corte, sono stati ridefiniti dal D. Lgs. 19/11/1999 n. 528, applicabile al caso in esame, il cui art. 5 ha modificato la riferita disciplina contenuta nell'art. 5 originario, attribuendo al coordinatore per l'esecuzione dei lavori i compiti di "verificare" (e non più "assicurare") l'applicazione da parte delle imprese esecutrici delle disposizioni contenute nei piani di sicurezza e di coordinamento di cui all'art. 12 (lett. a) e quello di "adeguare il piano di sicurezza e coordinamento in relazione all'evoluzione dei lavori e alle eventuali modifiche intervenute".
 
Tale posizione di garanzia gli impone pertanto, nell'ambito dei cantieri temporanei o mobili contrassegnati da lavori appaltati, di assicurare il collegamento tra impresa appaltatrice e committente al fine della migliore organizzazione del lavoro sotto il profilo della tutela antinfortunistica. In particolare sono a suo carico i compiti di adeguare il piano di sicurezza in relazione allo stato di avanzamento dei lavori, di vigilare sul rispetto dello stesso e di sospendere le singole lavorazioni in caso di pericolo grave ed imminente. In altre parole va detto, secondo la Sez. IV, che le funzioni del coordinatore non si limitano a compiti organizzativi e di raccordo o di collegamento tra le eventuali varie imprese che collaborano nella realizzazione dell'opera, ma, in conformità al dettato normativo sopra citato, si estendono anche al compito di vigilare sulla corretta osservanza da parte delle imprese o della singola impresa delle prescrizioni del piano di sicurezza e ciò a maggior garanzia dell'incolumità dei lavoratori.
 
Va, pertanto, chiarito, ha proseguito la Corte suprema, che la presenza in cantiere del coordinatore per la sicurezza non va intesa come stabile presenza in cantiere ma, secondo il significato che consegue dalla posizione di garanzia di cui lo stesso è titolare, nei limiti degli obblighi specificamente individuati dal citato D. Lgs. n. 528 del 1999, art. 5, (ora citato D. Lgs. n. 81 del 2008, art. 92), che comprendono anche poteri a contenuto impedivo in situazioni di pericolo grave ed imminente. Le circostanze di fatto indicate dal giudice di appello, come significative dell'assunzione in concreto da parte del coordinatore della posizione di garanzia del datore di lavoro, ben rientrano invece nell'ambito dei poteri spettanti allo stesso che, come sopra indicato, ha anche il potere di vigilare sul rispetto del piano di sicurezza da parte dei lavoratori, senza limitarsi ad una verifica superficiale, che non tenga conto delle molteplici ed indefinite situazioni di pericolo grave derivanti nei cantieri dalla violazione sistematica della normativa antinfortunistica.
 
Ciò è imposto al coordinatore per l'esecuzione dei lavori dagli obblighi derivanti dalla posizione di garanzia rivestita dallo stesso, che gli impone di intervenire nelle situazioni di pericolo grave per l'incolumità dei lavoratori, come quelle sopra prospettate dal giudice di secondo grado. Nella motivazione della sentenza impugnata, laddove ha attribuito al coordinatore ingerenze nelle competenze specifiche di altri, la Corte di Cassazione ha quindi individuata, accogliendo il ricorso dell’imputato, una violazione del principio di correlazione, non risultando che nel corso del giudizio, lo stesso abbia avuto la possibilità di difendersi sul punto.
 
Con riferimento, infine, alle censure afferenti la prevedibilità dell'evento, anche queste sono state ritenute fondate dalla Corte suprema. E’ risultato dagli atti infatti, ha sostenuto la Sez. IV, che il coordinatore non era stato posto in condizione di conoscere la disponibilità di una ditta diversa da quella originariamente prevista nel piano di sicurezza per cui “è risultato pertanto, evidente in questo caso l'insussistenza rispetto all'evento dannoso del parametro della prevedibilità”. “Come è noto”, ha così concluso la suprema Corte, “la esistenza di tale parametro va accertata con criteri ex ante e si fonda sul principio che non possa essere addebitato all'agente di non aver previsto un evento che, in base alle conoscenze che aveva o che avrebbe dovuto avere, non poteva prevedere”.
 
Per tutto quanto sopra detto la Corte di Cassazione ha annullata la sentenza impugnata senza rinvio per l’insussistenza del fatto addebitato all'imputato.
 
 
 
 

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