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Sull’obbligo della gestione aziendale della sicurezza sul lavoro

Sull’obbligo della gestione aziendale della sicurezza sul lavoro
Gerardo Porreca

Autore: Gerardo Porreca

Categoria: Sentenze commentate

26/01/2015

Non sono delegabili da parte del datore di lavoro le scelte di politica aziendale, dalle quali possono derivare carenze strutturali, e l’organizzazione generale della sicurezza sul lavoro di cui l’elaborazione del DVR costituisce l’architrave. Di GPorreca

 
Commento a cura di Gerardo Porreca.
 
La Corte di Cassazione in questa sentenza, in occasione di un infortunio occorso ad un lavoratore dipendente rimasto schiacciato in un’officina meccanica durate dei lavori di manutenzione su di un TIR nel mentre si trovava al di sotto dello stesso a causa di un improvviso movimento del mezzo stesso dovuto ad una carenza di misure di prevenzione non previste nel documento di valutazione dei rischi (DVR), ha trovato l’occasione per ribadire un concetto molto importante riguardante la organizzazione della sicurezza nei luoghi di lavoro e le scelte generali di politica aziendale. In materia di salute e sicurezza sul lavoro, ha sostenuto la Corte suprema nella sentenza stessa, le scelte generali di politica aziendale, dalle quali possono  derivare  carenze strutturali, e l’organizzazione generale della sicurezza sul lavoro, di cui l'elaborazione del documento di valutazione dei rischi costituisce l'architrave, sono a carico diretto del datore di lavoro e non sono delegabili anche se lo stesso ha provveduto ad una ripartizione delle competenze specifiche all’interno della propria azienda.



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Il fatto, l’iter giudiziario e il ricorso in  cassazione
La Corte d'Appello ha confermata la sentenza emessa dal Tribunale che aveva condannato il presidente e legale rappresentante di una cooperativa di autotrasporti alla pena di mesi 8 di reclusione nonché al risarcimento dei danni in favore delle costituite parti civili, da liquidarsi in separata sede, sulla base dell'imputazione del reato di cui all'art. 589 c.p., commi 1 e 2, perché per colpa generica e specifica aveva cagionato la morte di un meccanico dipendente rimasto schiacciato da un TIR sotto il quale stava lavorando per le operazioni di regolazione dei freni. All'imputato era stato addebitato, in particolare, di aver omesso di far adottare, come previsto dall’art. 373 del D.P.R. 27/4/1955 n. 547, le necessarie misure e cautele supplementari in ordine ai lavori di manutenzione di macchine e mezzi nonché di provvedere, come previsto dall’art. 22 del D. Lgs. 19/9/1994 n. 626, alla formazione dei lavoratori con particolare riferimento al proprio posto di lavoro ed alle proprie mansioni.
 
La Corte di Appello, condividendo le argomentazioni addotte dal Tribunale, ha sottolineato come la dinamica del sinistro fosse stata ricostruita sulla base della deposizione dell'agente di polizia giudiziaria intervenuto prontamente sul posto, che aveva visionato le immagini dell'infortunio, ripreso in diretta da telecamere poste nei locali dell'azienda, in base alla quale l’infortunato era rimasto schiacciato dalla ruota posteriore destra di un autoarticolato sotto il quale si era posizionato per effettuare un lavoro di registrazione dei freni posteriori, lavoro sollecitatogli dall'autista del mezzo che si era posto alla guida del camion azionandone la messa in moto e determinando uno spostamento del pesante veicolo.
 
L’imputato, mediante il proprio difensore, ha ricorso in cassazione censurando la sentenza impugnata per diverse motivazioni. Secondo il ricorrente, i giudici di merito avrebbero affermato, in contrasto con quanto accertato dal consulente tecnico della difesa, che l'imputato avrebbe omesso di predisporre una buca all'interno della quale si sarebbe potuto posizionare il meccanico, attribuendo maggiore valenza alle dichiarazioni dell'ispettore del lavoro sulla base di congetture ed illazioni non avendo l'ispettore escluso la presenza delle buche e avendo i testimoni escussi in dibattimento attestato la presenza delle fosse d'ispezione, con ciò provando la conoscenza e l'utilizzo da parte di tutti i lavoratori.
 
La decisione di non utilizzare la buca predisposta per quel genere di operazioni, ha sostenuto, altresì, l’imputato, era stata assunta autonomamente dal lavoratore, il quale neppure avrebbe utilizzato i cunei ferma ruote, certamente disponibili presso l'officina, assumendo un comportamento anomalo, disattento e determinante la causa primaria ed unica dell'evento. I testimoni escussi nell'istruttoria dibattimentale, del resto, ha precisato altresì l’imputato, avrebbero asserito la corretta osservanza della normativa di sicurezza in tema di infortuni nonché lo svolgimento di corsi di aggiornamento, ai quali avevano partecipato tutti i dipendenti. L’imputato ha sostenuto ancora di avere delegato tutte le incombenze relative alla sicurezza del lavoro alla persona tenuta a svolgere le mansioni collegate al servizio di prevenzione degli infortuni sul lavoro, mentre la Corte avrebbe sminuito il ragionamento difensivo senza adeguata motivazione, limitandosi ad affermare l'insussistenza di deleghe scritte, pur in presenza di tutta la documentazione sulla sicurezza del lavoro.
 
Le decisioni della Corte di Cassazione
La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso presentato dall’imputato ritenendo infondate le censure concernenti la ricostruzione della dinamica dell'infortunio ed il giudizio circa il nesso di causalità tra condotta omissiva ascritta all'imputato e l’evento mortale.
 
Con riferimento alla ricostruzione del nesso di causalità tra la colposa omissione ascritta all'imputato e l'infortunio mortale la Corte suprema ha fatto presente che correttamente la Corte territoriale aveva posto in evidenza la correlazione tra quest'ultimo e l'assenza di dispositivi di sicurezza, l'omessa valutazione del rischio e l'omessa formazione del lavoratore in relazione alla specifica attività di registrazione del sistema frenante dei veicoli aziendali, nel pieno rispetto della più moderna concezione della materia prevenzionistica, attuativa delle Direttive Europee emanate in materia che attribuiscono al datore di lavoro non solo l'obbligo di attuare le singole norme cautelari ma anche quello di dotarsi di una rete gestionale i cui requisiti sono rigidamente predeterminati dal legislatore attraverso l'imposizione, tra gli altri, dell'obbligo di elaborazione del documento di valutazione dei rischi. Parimenti infondata la Sez. IV ha ritenuta la censura concernente la delega dei compiti in materia di sicurezza sul lavoro. La stessa ha sottolineato come fosse emerso che sul luogo non esistessero altre figure oltre al datore di lavoro adibite a dare disposizioni "nel piazzale", non dando implicitamente rilievo ai documenti attestanti la nomina del responsabile del servizio di prevenzione ed il progetto di sicurezza da quest'ultimo predisposto.
 
La Corte di Cassazione ha così concluso facendo presente che nella pronuncia della Corte di Appello erano stati giustamente confermati tre fondamentali principi affermati in materia dalla giurisprudenza di legittimità e cioè:
a) il principio secondo il quale la ripartizione interna delle specifiche competenze nell'ambito di un'impresa non esonera il titolare dall'osservanza degli obblighi derivanti dalla normativa prevenzionistica, a meno che tale esonero non risulti da delega espressa, inequivoca, certa e purché l'evento lesivo non sia determinato da difetti strutturali aziendali ovvero non derivi causalmente dalla violazione di compiti non delegabili;
b) il principio secondo il quale la figura del responsabile del servizio di prevenzione e protezione non corrisponde a quella del delegato per la sicurezza (Sez. 4^, n. 37861 del 10/07/2009, Pucciarini, Rv. 245276), in linea peraltro con la funzione consultiva prevista dal testo normativo, che individua i compiti, e non gli obblighi, del servizio di prevenzione e sicurezza;
c) il principio secondo il quale le scelte generali di politica aziendale, dalle quali possono derivare carenze strutturali, e l'organizzazione della sicurezza, di cui l'elaborazione del documento di valutazione dei rischi costituisce l'architrave, non sono delegabili”.
 
 



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Rispondi Autore: Alessio Basilico - likes: 0
26/01/2015 (07:58:08)
La stessa ha sottolineato come fosse emerso che sul luogo non esistessero altre figure oltre al datore di lavoro adibite a dare disposizioni "nel piazzale" : non è chiaro questa frase ... L'infortunio è avvenuto nel piazzale ? Nella delega deve essere presente le zone in cui ha delegato ? Con quale criterio ?
Rispondi Autore: maurizio cappai RSPP - likes: 0
26/01/2015 (21:26:54)
Egregio Porreca
spesso sono intervenuto sottolineando la chiarezza con la quale ha l'abitudine di commentare, tra l'altro, le sentenze della Cassazione.
Questa volta però mi sento decisamente inadeguato a comprendere: Cosa vuol dire "scelte generali di politica aziendale dalle quali possono derivare delle carenze strutturali, quali l’elaborazione del DVR e l’organizzazione generale della sicurezza sul lavoro" ? Come può, l'elaborazione del DVR produrre delle carenze strutturali? O il tutto significa semplicemente che il Datore di Lavoro ha tentato inutilmente (e da ignorante) di delegare DVR e organizzazione della sicurezza aziendale?
grazie
Rispondi Autore: Gerardo Porreca - likes: 0
02/02/2015 (10:18:48)
Giusta osservazione che mi ha portato a rivedere il commento per mettere più correttamente in evidenza il principio che ha voluto esprimere la Corte di Cassazione nella sentenza secondo il quale non sono delegabili da parte del datore di lavoro le scelte generali di politica aziendale, dalle quali possano derivare carenze strutturali, e l’organizzazione della sicurezza sul lavoro di cui l’elaborazione del documento di valutazione dei rischi costituisce l'architrave. Grazie al lettore per la segnalazione.

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